18 Settembre, 2024
Andrea Desana. Il Monferrato Casalese può emergere
Sono nato a Casale Monferrato nel lontano 1949. Mio padre, quando ero piccolo, l’ho visto abbastanza poco perché era stato in Senato dal 58 al 63 ma impegnato anche prima in Comune poi Provincia. Percorso che poi ho fatto anche io. È sempre stato un punto di riferimento, un esempio per me. Cosa che spero abbiano altre persone. Mi ha dato una impostazione già da piccolo.
Siamo con tutta probabilità in un’epoca diversa da quella che era il passato. Contavano gli ideali, contavano i fatti. Si usciva da una disastrosa guerra che aveva lasciato solo macerie. Macerie fisiche e morali. Macerie delle anime e delle cose. Macerie dalle quali occorreva, necessariamente, risorgere. Ogni persona era consapevole che occorreva ricostruire, mattone su mattone. Rimboccandosi le maniche. Lavorando. Guardando al futuro. Dimenticando il passato.
Già il passato. Mica facile da dimenticare per chi, come Paolo Desana, oltre a fare la guerra era stato rinchiuso in un campo di concentramento. Ma, alla fine della Guerra, non c’era tempo per pensare al passato o leccarsi le ferite. Occorreva ricostruire un Paese.
Si faceva e si discuteva. Si discuteva e si faceva. Oggi purtroppo, si discute solo. Pure troppo. Ma senza fare.
Andrea Desana è uno di quelle persone che non rimane con le mani in mano. Non si da pace nel vedere il lavoro di suo padre e la storia che non riescono ad attecchire in un territorio con enormi potenzialità quale è il Monferrato. Non si da pace, ma combatte.
Paolo Desana era il papà di Andrea. Senatore della Repubblica della III Legislatura dal 1958 al 1963. Senatore dopo la Guerra e i campi di concentramento. Senatore con la voglia di fare qualcosa per un paese distrutto dal conflitto. Pensate solo alla differenza con i parlamentari di oggi. Altro che saltimbanchi, cantanti, attori, estremisti e nani ballerini. A quei tempi le Istituzioni erano cosa seria e per entrarci occorreva saper fare e aver fatto qualcosa. Per farne alter appunto. Paolo Desana riuscì, dove altri fallirono nel far approvare la legge che regolamentava la creazione delle DOC. (Dpr 930/1963, Norme per la tutela delle denominazioni di origine dei mosti e dei vini).
Leggere oggi sul collo di una bottiglia “DOC”, Denominazione di Origine Controllata o “DOCG” (Garantita) sembra normale e scontato seppure importante per il sinonimo di “qualità” che le lettere suscitano. Chiamare le cose con il proprio nome è fondamentale poiché ne identifica immediatamente le caratteristiche.
Cosa ci sia però dietro un semplice e banale acronimo non è così chiaro. La complessa e complicata trama di leggi, indicazioni, specifiche, accordi, pratiche, ecc. ecc. ecc. diventa argomento, ostico, per pochi.
Quello che oggi appare scontato per il semplice fatto che c’è, è in realtà frutto di tanto lavoro sia per redigere l’apparato normativo sia, cosa ancora più complessa, trovare le giuste sponde per farlo approvare. Merito infatti di Paolo Desana, il Padre delle DOC, fu proprio quello di tessere una fitta rete di contatti volti a spiegare e superare le diffidenze dei produttori che non vedevano di buon occhio la creazione delle DOC.
Ero il figlio del senatore. Sembravo quasi un raccomandato. Ho fatto il militare anche se ero il figlio del senatore mentre altri no. A Udine. Mio padre era convinto che il militare potesse essere utile. Da giovane non ero il primo della classe. Cantavo in un complesso. Facevo molto sport. Ero un pò distratto. Ho fatto il liceo classico con mamma che era una professoressa di lettere. Essere rimandato in italiano non era bello. Però mai bocciato. Ho imparato in quel contesto a copiare dai primi della classe. Spesso lo dico ai produttori del Monferrato dai primi della classe che sono anche vicino a noi nelle Langhe o in Toscana. Papà mi portava dietro. In Toscana e a Ischia dove sono nate le prime DOC. Poi in Puglia. Mi aveva tutto interessato. Alla fine del liceo inizia a pensare a cosa dovevo fare all’università e sono arrivato a scegliere agraria. A Torino. L’interesse specifico è nato li. Dopo ho iniziato a lavorare alla Coldiretti seguendo l’agricoltura per gli aspetti che mi sono più consoni dell’organizzazione e del coordinamento. Le cose un pò specifiche mi annoiano. Devo vedere le cose più ampie. Sono 17 anni adesso che sono in pensione.
Andrea è innamorato del suo territorio. Di quel Monferrato che è zona di prossimità, passaggio, transito. Oscurato da un territorio nel quale, con il tempo, la giusta dedizione e un gran lavoro collettivo si è realizzato un vero capolavoro di notorietà: le Langhe.
Che sia Alto, Basso o Astigiano, il Monferrato è comunque un territorio meraviglioso riconosciuto solo da poco (2014) come Patrimonio dell’umanità UNESCO. Mentre però nell’Alto e nell’Astigiano lo spirito consortile, l’intraprendenza di alcuni e l’attento lavoro di marketing territoriale ne stanno contrassegnando la crescita, nel Basso, quello che fu con Casale capitale del Monferrato, le cose non vanno di pari passo.
Questo il cruccio di Andrea che con grande spirito di abnegazione e tante iniziative cerca di portare elementi atti a valorizzare il casalese. Lui è di qui. Suo padre Paolo era di qui. Eppure, e sembra un paradosso, un contrappasso o non so cosa, proprio nel luogo di vita del Padre delle DOC non c’è una DOC.
Non solo Paolo Desana ma altri tre grandi personaggi del mondo enologico scelsero Casale Monferrato per mettere a frutto elementi di fermento e innovazione, base per lo sviluppo del quale goderono solo altri distretti.
Giuseppe Antonio Ottavi, fondò nel 1854 il primo giornale agricolo “Il Coltivatore” che diede poi via alla nascita della Associazione della Stampa Agricola Italiana.
Federico Martinotti fu l’inventore (ma fa più fine parlare di Charmat forse per cercare di battersela con lo Champagne!) del Metodo di Spumantizzazione in autoclave. Il suo brevetto risale al 1895 mentre quello di Eugène Charmat risale al 1907.
Arturo Marescalchi, dopo aver sposato la figlia di Giuseppe Antonio Ottavi, iniziò, grazie anche alle sue esperienze enologiche e alla docenza a Conegliano, il suo grande lavoro di valorizzazione dei territori sia come giornalista sia come deputato e senatore (attività che svolse dal 1915 al 1944).
Nel 2013 abbiamo fatto un libro e uno spettacolo teatrale per il cinquantenario della DOC. C’erano i cori che cantavano le canzoni del vino. Quattro attori che impersonavano i quattro moschettieri del vino. L’abbiamo replicato dieci volte.
È infatti proprio durante quel 2013 quando Andrea Desana e la sua associazione individua in Paolo, Giuseppe, Federico e Arturo i Quattro Moschettieri della DOC. Pur non essendo in connessione diretta tra essi, il lavoro di ciascuno di loro fu determinante per l’enologia nazionale.
La legge è uno strumento per raccontare come è stato e come vorremmo che fosse il Monferrato Casalese dalla metà dell’800 in avanti. Un terreno fertile che grazie a Giovanni Lanza, Presidente del Consiglio dell’epoca, ha attirato grandi agronomi. Era un pò la Silicon Valley dell’agricoltura.
Se tanto il Monferrato Casalese ha dato al mondo del vino appare davvero strano come lo stesso territorio non abbia avuto la forza, specialmente consortile, di mettere a frutto la propria identità.
Il coordinamento è quello che manca nelle corde cromosomiche dell’Italia. Quest’anno è il centenario della scomparsa di Federico Martinotti e come Comitato Casale Monferrato Capitale della DOC, gruppo fondato nel 2015 e che grazie al comune di Casale risiede al Castello, abbiamo organizzato una serie di manifestazioni. Lo stiamo ancora facendo. Questo sforzo è culminato il dieci maggio quando abbiamo fatto un convegno importante nell’ambito di Golosaria. Coordinare una regione, più comune, consorzi, è stato uno sforzo immane.
Un uomo Andrea che ha certo preso l’abbrivio dal padre ma poi ha viaggiato da solo. Con idee proprie e con capacità proprie.
Andrea, Martello per gli amici, è sempre li. Lancia idee, come quella, in occasione della celebrazione di Martinotti, di mettere insieme i consorzi che lo usano come il lambrusco e il prosecco.
Quando venne qui il ministro Lollobrigida suggerii di creare un consorzio per il coordinamento dei spumanti di qualità metodo Martinotti.
Non c’è frustrazione nelle parole di Andrea. C’è però incredulità nel vedere il proprio territorio, al quale non manca nulla, non emergere come gli altri. Incredulità che si trasforma in voglia di fare. Senza mai un passo indietro. Mai un tentennamento. Andrea è un pozzo di informazioni. Il suo archivio, quello che ha messo a disposizione del Comune di Casale Monferrato e del Centro DOC (riconosciuto come Bene di importanza storica nel 2022), è pieno di documenti che Andrea ha raccolto partendo dalle attività di papà Paolo.
Durante il covid ho portato una serie di documenti che il Ministero della Cultura ha ritenuto di interesse storico. Sono in fase di riordino grazie ad un bando regionale e al supporto di un gruppo di albesi. Siamo dei volontari e i finanziamenti sono a zero. I bandi chiedono un contributo iniziale e abbiamo potuto iniziare il progetto tramite una fondazione di alba. Servono soldi per iniziare il bando.
Quei documenti e tutta la sua attività sono volti a fornire gli elementi e gli spunti per trovare una identità. È da qui che si deve necessariamente partire se si vuole metabolizzare, per poi narrare, la propria storia e quella del territorio.
Noi cerchiamo di fare tutto il possibile e non lo abbiamo ancora fatto. Siamo la cornice storica che valorizza i produttori nel territorio. Abbiamo dato una mano al gruppo che ha consentito il riconoscimento europeo del territorio del vino 2024. Con l’apertura della sede sono arrivate oltre 500 persone. Poi l’iniziativa su Martinotti. Nel Monferrato mancano alcuni strumenti importanti. Io sono di Casale ma il Monferrato è anche altro. Questo è il primo tema perché ognuno vede il suo Monferrato. Parlando del Barbera del Monferrato ad esempio, li manchiamo di strumenti che possono coordinare e sovvenzionare. La DOC Barbera del Monferrato da oltre quindici anni non ha un consorzio. Lo scrivo sui giornali locali ad esempio. Il primo ottobre dello scorso anno abbiamo festeggiato il sessantesimo anno della DOC ma niente.
Può sembrare ai più un lavoro inutile ma è come l’acronimo DOC: per arrivare a queste tre semplici lettere c’è voluto il lavoro incessante di tante persone, l’analisi di tanti documenti, l’azione di mediatori. Se il Monferrato vuole avere un futuro, non può che partire da qui. Non fosse altro perché c’è e va valorizzato.
La storia rappresenta le fondamenta. Le nostre fondamenta. Ma vanno trovate e valorizzate.
La Storia. Si parla tanto della Storia ma si dimenticano le storie. Quelle delle persone, artefici, interpreti fondamentali di azioni che ne hanno indirizzato il corso. Storie drammatiche, difficili, impossibili. Come quella di Paolo Desana che Andrea racconta nel suo libro La storia di due vite tra lager e vini DOC. Una toccante ricostruzione della vita del padre che dopo aver visto morte e sofferenza trova la forza per aiutare nella ricostruzione. Senza improvvisarsi e con la sola voglia di contribuire, fattivamente, alla rinascita di una nazione..
Andrea continuerà a lavorare, raccogliendo documenti, raccontando storie, promuovendo convegni, perché il Monferrato Casalese possa, finalmente, crescere e vedersi riconoscere quel credito che da tempo merita.
Occorrerebbe solo che tutti capissero che in questo, c’è il bene di una collettività.
PS se vi va di saperne di più delle carte di Paolo Desana, non mancate il 22 settembre alle ore 10.30 nella Sala Marescalchi, durante la Festa del Vino del Monferrato, quando si terrà il convegno Vitivinicoltura e resistenza. Tra passato e futuro. Ne vale la pena!
Ivan Vellucci
ivan.vellucci@winetalesmagazine.com
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