28 Set 2022
Diario di un sommelier

I simboli del Verdicchio: Tombolini e l’anfora verde

L’azienda Tombolini ha radici lontanissime e più di cento anni di storia: tutto nasce quando Sante, giovane fante salvatosi dalla peggior disfatta dell’esercito italiano nel 1917 a Caporetto, torna ad Ancona e sposa Nemorina Staffolani, con cui avvia l’attività di famiglia nel 1921.

Da allora, dopo varie vicissitudini, la strada prosegue con figli di Sante – Giovanni e Paolo – stabilizzano e ampliano l’attività, puntando sul Verdicchio e la vinificazione in acciaio, e adottando la celebre bottiglia ad anfora insieme ai produttori dell’epoca, cavalcando il miracolo economico degli anni ’50 e ’60 ed espandendo enormemente l’attività avviata padre. In quegli anni l’anfora diventa sinonimo di Verdicchio dei Castelli di Jesi.

Tra i fondatori delle DOC più importanti delle Marche, il Verdicchio dei Castelli di Jesi e il Rosso Conero, la famiglia Tombolini è stata pioniera nel valorizzare i Castelli di Jesi, rendendolo celebre anche oltre oceano. Successivamente il marchio cambia in Castelfiora e, negli anni ’90 Fulvia, figlia di Giovanni, prende in carico l’azienda innovando la storica cantina, portando a 30 gli ettari di vigna, puntando sulla qualità della materia prima prodotta dai terreni di famiglia che converte alla sostenibilità e all’agricoltura biologica. Si concentra su un solo Verdicchio, lo veste con un abito da sera “all-black”, lo distribuisce con i marchi dell’eccellenza del vino italiano. Ed è così che riporta Tombolini a New York, Monaco e Tokio.

Il richiamo della terra diventa irresistibile per Carlo Paoloni, figlio di Fulvia, che nel 2013 abbandona la sua carriera di banchiere a Londra per dedicarsi all’azienda di famiglia. Inizia così un nuovo corso con Castelfiora e Doroverde, entrambi Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore che ricercano, ciascuno in modo diverso, la massima espressione di questo straordinario vitigno delle Marche divenendo i due vini di punta dell’azienda.

I vini

Castelfiora – Verdicchio dei Castelli di Jesi DOC Classico Superiore è un vino in cui le caratteristiche uniche del Verdicchio, in particolare la sua ineguagliata longevità tra i bianchi autoctoni d’Italia, si sposano con una intatta freschezza anche dopo lustri di affinamento in bottiglia. E’ un Verdicchio in purezza ottenuto dalle migliori uve raccolte a mano negli appezzamenti più vocati della tenuta Tombolini: vigne caratterizzate da suoli particolarmente ricchi di argilla, arenaria e sabbia che donano al contempo potenza e finezza olfattiva. La pressatura avviene da grappoli interi, con inizio di fermentazione in acciaio che prosegue in contenitori di legno. Buona parte del vino affina in barili di rovere francese per circa 10 mesi, mentre una parte passa attraverso macerazioni di diverso tipo (incluso in otri di ceramica).

Doroverde – Verdicchio dei Castelli di Jesi DOC Classico Superiore è un Verdicchio in purezza prodotto con uve provenienti da vigneti di circa 20 anni piantati su suoli argillo-calcarei che donano peculiare sapidità. E’ un vino che nasce dalla ricerca di un equilibrio perfetto tra il carattere vibrante del Verdicchio e la sua eleganza, tra la tipica freschezza del vitigno e una distintiva finezza. Le uve sono selezionate a mano con raccolta in cassetta cui segue la pressatura dei grappoli interi. La vinificazione avviene al riparo dall’aria per avviare mosti integri ad una fermentazione in acciaio cui segue l’affinamento su fecce fini per circa 6 mesi, mentre una frazione termina la fermentazione in contenitori di cemento al fine di ottenere maggiore complessità e piacevolezza. Doroverde rievoca nel nome i Dori, e cioè i greci siracusani che fondarono Ancona, ma anche il colore delle campagne dei Castelli di Jesi e del Verdicchio.

Anfora come opera d’architettura

Il 2021 è stato l’anno del centenario dalla fondazione dell’azienda, e per questo motivo Carlo decide di lanciare la nuova Anfora Tombolini “100 anni”, nata dopo un lungo studio di design insieme all’Architetto Simonetta Doni di Firenze.

Una bottiglia verde, come i riflessi del Verdicchio, elegante e slanciata come una renana, che rivisita in chiave contemporanea, con stile e leggerezza, le iconiche anfore che la famiglia ha utilizzato sin dal 1954. Una bottiglia preziosa, un oggetto di design concepito per contenere vini di grande finezza, una forma sinuosa simbolo del nuovo corso, una bottiglia gioiello creata per contenere i migliori Verdicchio dell’azienda.

Ma è già nel 1972 che l’anfora è anche opera d’architettura: è in quell’anno che Giovanni Tombolini incarica un noto designer, l’architetto Luigi Massoni di Milano di sviluppare l’anfora personalizzata per il primo Verdicchio dalla sua nuova cantina di Staffolo, ovvero l’anfora Castelfiora. Nel 2021 l’azienda è quindi una delle pochissime cantine marchigiane ad avere due modelli di anfora registrati e disegnati da grandi architetti.

Il ritorno all’anfora rappresenta una scelta di rottura, coraggiosa e lungimirante, per tornare orgogliosi della propria storia e rendere immediatamente riconoscibile il territorio e la denominazione nei contesti più prestigiosi del vino.

Rievocare l’anfora come simbolo di vini prestigiosi e di altissima qualità, oltre ad rievocare la storia di un territorio e di un vitigno autoctono straordinario.

Complimenti a Tombolini per aver valorizzato l’unicità storica ed identitaria che solo in pochi possono permettersi di avere!

I simboli del Verdicchio: Tombolini e l’anfora verde

A cura di Giuseppe Petronio