19 Apr 2022
In legge veritas

Le conseguenze per il mondo del vino della guerra Russo – Ucraina

Quali sono le conseguenze per il mondo del vino della guerra Russo – Ucraina ?

Ne parlo in questo articolo, riservandomi di tornare (e completare) sull’argomento del product placement sotto un profilo più tecnico-giuridico, ma non per questo meno interessante, ho pensato che potesse essere per i nostri lettori, tra i quali anche gli imprenditori del vino, assai e più drammaticamente attuali, alcune riflessioni sul rilievo e gli effetti che le sanzioni, sia quelle applicate dall’UE, che quelle USA e britanniche, stanno avendo sulle esportazioni e commercializzazione di “..vini (compresi i vini spumanti), birre, acquaviti e altre bevande contenenti alcol di distillazione…”.

La dicitura è volutamente in corsivo perché rispecchia fedelmente le categorie merceologiche di nostro interesse ricomprese, insieme ad altri beni di altro genere e natura, tra quelli considerati “di lusso”, il cui commercio ha subìto delle restrizioni verso la Russia e la Bielorussia in forza del Regolamento di attuazione n. 428/22 del 15 marzo 2022 emanato dal Consiglio.

Si tratta di un provvedimento meglio conosciuto come “sanzione”, comminata dall’Unione Europea all’indomani delle attività di guerra poste in essere dalla Russia verso l’Ucraina.

È noto che le sanzioni economiche internazionali sono norme restrittive costituite da provvedimenti emanati da autorità (competente in Europa, è il Consiglio, ma responsabili sono i singoli Stati membri in quanto chiamati a recepire dette norme e ad attuarle nelle singole giurisdizioni) le quali hanno come obiettivo quello di svolgere delle pressioni nei confronti dei soggetti contro cui sono emanate affinché gli stessi modifichino determinate condotte per le quali sono previste misure punitive nel caso in cui dette disposizioni siano  violate.

Le sanzioni UE produrranno effetti (o dovrebbero produrli) nella Russia e Bielorussia attraverso le pressioni sui soggetti colpiti. In altre parole, non si creano obblighi per le persone e per l’entità di questi Paesi terzi, ma esse sono invece vincolanti per i cittadini di uno degli Stati membri ovunque si trovano soggetti cd. “listati”, oppure per società costituite da uno degli Stati membri e sono altresì vincolanti per ogni attività di affari svolta all’interno di uno degli Stati membri.

Per il settore che ci occupa (e preoccupa), il valore che viene colpito dagli effetti della sanzione applicata, che vieta la commercializzazione del vino italiano e dintorni verso la Russia, aggregato a quello conseguente alle vicende belliche che hanno sconvolto stili di vita, consumi e prospettive future, è oggi stimato in circa 345 milioni di euro (dati 2021), maggiore dei competitori francesi e spagnoli.

Il tenore del Regolamento 428/22 fissa ad €.300,00 il valore al di sopra del quale scatta il divieto di esportazione, ma se così fosse, il deterrente non sarebbe così efficace, tanto che la Commissione Europea è in procinto di chiarire se tale limite investe la singola bottiglia oppure, come sembra, si parla di cassa, cioè la confezione da sei bottiglie.

Non va dimenticato infatti che le misure in argomento tendono a sacrificare il commercio di beni di lusso da parte dei famosi oligarchi che, almeno sulla carta, avrebbero potere di influire sulle decisioni politiche e sociali di coloro che comandano. Altro il problema per l’esercente l’enoteca o la cantina rispetto, ad esempio, all’ipotesi in cui si presenta un cittadino russo (listato o meno) o il titolare di un’azienda russa che vive in Italia o in Svizzera: posso liberamente procedere alla vendita (e in caso affermativo, sapere come paga) o incorro in provvedimenti censori ai sensi del regolamento 428/22?

Strettamente connessa a tale congiuntura che colpisce le transazioni verso i Paesi belligeranti, concorre anche la svalutazione del rublo, al di sotto ormai del 50% del valore che, unitamente alle altre considerazioni, impone agli imprenditori del settore di compiere una veloce ed attenta analisi della propria esposizione con il mercato russo (e anche con l’Ucraina, che comunque ha acquistato nel 2021 vino per oltre 50 milioni di euro).

L’attenzione va rivolta in primis allo strumento contrattuale che lega l’impresa italiana al mercato russo.

Mi riferisco ad ipotesi di accordi di distribuzione tra il fornitore italiano e il retailer russo nei quali, qualora sia prevista una clausola di forza maggiore o di cd. “war” o “sanction clauses”, viene consentito all’azienda italiana di interrompere/sospendere l’esecuzione del contratto il cui adempimento è diventato ancor più oneroso per effetto di un rublo svalutato e per la difficoltà di avvalersi di canali di pagamento chiusi o di difficile accesso per effetto delle sanzioni, che pure hanno colpito questo comparto, indicando nei Regolamenti 260 e 261/2022 le banche e le finanziarie, nonché sistemi di pagamento non più accessibili per le transazioni con Russia e Biolorussia.

L’analisi di ogni singola fattispecie è comunque complicata perché il retail russo non sarà d’accordo con la scelta del partner italiano di sottrarsi alle forniture e si avvieranno inevitabili contenziosi dall’alto valore economico, affidati il più delle volte alla giurisdizione russa, sia dei tribunali che delle corti arbitrali locali.

Se tale scelta contrattuale poteva essere efficace in tempi normali e tesa ad ottenere provvedimenti giurisdizionali eseguibili in loco, in questa occasione si rischia di essere penalizzati per aver optato per una scelta che risulta “punitiva” verso il partner russo, ma di sostegno per il popolo dell’Ucraina.

Accanto a queste riflessioni squisitamente giuridiche, che lo Studio sta affrontando anche per altri prodotti considerati di lusso e presenti nel Reg. 428/22, giocano un ruolo non di poco conto anche le considerazioni del cd. danno reputazionale a cui un brand potrebbe essere sottoposto dalla comunità mondiale dei consumatori, qualora mantenesse rapporti commerciali, anche di significativa rilevanza con la Russia, e non dimostrasse rispetto per la restrizione emanata e per la solidarietà da esprimere al Paese attaccato.

Valutazione metagiuridiche e metaeconomiche, che comunque preoccupano l’imprenditore, sia per l’impatto sul piano dei conti (sia quelli diretti ed indiretti del danno da risarcire al partner russo e della perdita di fatturato), sia per quelli futuri, che coinvolgono la credibilità ed affidabilità del marchio e dell’ immagine dell’azienda.

Grande attenzione va poi riservata nelle soluzioni che con superficialità vengono offerte alle imprese e consistenti nelle cd. “triangolazioni” in quanto l’effetto sanzionatorio colpisce anche il prodotto e la cessione destinata verso la Russia, anche se la spedizione ha uno scalo intermedio presso un Paese terzo. Sull’argomento delicato sta per essere varato (al momento in cui scrivo, la presidente Von der Leyen è in conferenza stampa sull’argomento) un quinto pacchetto di sanzioni che imporranno il blocco dei trasporti navali e terrestri, rendendo ancor più difficoltoso ed irto di insidie le spedizioni dei beni verso i paesi belligeranti.

La pratica illegale del re-routing, pure in auge, operata attraverso Paesi non colpiti da sanzioni e consistente nel rilascio in questi Paesi di nuova certificazione di provenienza e di nuova etichettatura al fine di aggirare il divieto di immissione di determinati beni in Russia, espone l’azienda ad alti rischi in caso di accertamento, con pene da 6 a 12 anni di reclusione e multe sino a 250 mila euro.

Non meno rassicurante quel fronte bancario che ha deciso di finanziare forniture di vino all’export russo: l’ipotesi di imbattersi in banche cd. “listate” presso le quali sono stati aperti crediti documentari potrebbe comportare il congelamento del pagamento della fornitura già evasa o nel caso di crediti documentari confermati, l’impossibilità per la banca italiana di poter chiedere il rimborso alla banca russa di quanto anticipato all’esportatore italiano.

Uno sguardo e un’attenzione va poi riservata al sistema sanzionatorio degli USA, il quale distingue due tipologie di interventi: le sanzioni definite primarie, che sono dirette nei confronti di “US person” e non ci riguardano, le seconde invece, dette secondarie, sono quelle che si applicano a qualsiasi persona o entità che effettui determinati affari con soggetti sanzionati (detti SDN, Specially Designated Nationals), quelli che noi indichiamo nel nostro ordinamento come “listati”, (cioè soggetti, persone fisiche o giuridiche, indicati all’interno di allegati ai regolamenti sanzionatori, nei confronti dei quali viene sancito il divieto di determinati rapporti) indipendentemente dalla nazionalità o dal domicilio e pertanto hanno validità extraterritoriale, in grado cioè di poter coinvolgere ed influire sull’attività di impresa di soggetti di diritto italiano in affari con gli USA.

Il quadro appena accennato (e se di interesse per i nostri lettori, siamo pronti ad approfondirlo), conduce alla riflessione che le operazioni di commercio internazionale, anche per gli operatori del settore vitivinicolo, non possono esimersi dal riservare un sempre maggiore impegno e preparazione con l’adozione di programmi di compliance che si sviluppano su un check quanto mai accurato e approfondito delle proprie controparti economiche e sull’individuazione e classificazione del prodotto esportato o importato in relazione a norme restrittive, vietate, con embargo, congelamento e così via. Il tutto poi da conciliare con specifiche norme inserite nei contratti che possono garantire vie di uscita rispetto ad eventi e situazioni eccezionali ed imprevedibili.

Il perdurare degli eventi bellici ha generato poi in capo al comparto vinicolo un ulteriore imprevisto che è andato e va ad incidere sui costi del prodotto finito e dunque sulla sua redditività.

Si tratta degli imprevedibili aumenti del costo delle bottiglie dovuto al rincaro dell’energia necessaria per la lavorazione del vetro, a cui si aggiunge l’aumento dei trasporti in ogni loro classificazione, aumenti che si riservano sulla logistica, sul prezzo finale del prodotto, sulla contrazione delle vendite e dei consumi e che vedono nell’emanando nuovo Regolamento sanzionatorio ulteriori restrizioni.

Se la situazione non fosse drammatica, seppur con flebili spiragli di soluzione, e lasciandoci andare ad una salvifica vena d’umorismo, sarebbe da auspicare la scesa in campo di James Bond (per rimanere nel tema delle precedenti puntate) ed affidare a lui la soluzione migliore come ci ha abituati nella sua filmografia!

Avv. Paolo Spacchetti