06 Mar 2022
Provato per Voi

Cichéti in Alta Brianza

Cichéti e piccola cucina: dove si descrive la proposta per una cena d’arguta, diversamente ignorante soddisfazione a cura di una trattoria alquanto nascosta nell’Alta Brianza (comasca) attraverso un pajo d’occhiali rossi presi a prestito da quell’antico precettore di Alessandro il Macedone… come si chiamava? Ecco, sì, Aristotele.

POLENTINA E GRàS PISTàA

Le quattro cause, ipse dixit

Prendiamola così, alla lontana: all’inizio della sua Nuova Storia della Filosofia Occidentale, Sir Anthony Kenny invoca nientemeno che l’uber-filosofo dell’antichità Aristotele a sua volta in veste di storico della filosofia, attraverso la di lui teoria delle quattro cause. Lo stagirita, infatti, riteneva l’indagine scientifica avesse a che fare soprattutto con le cause per le quali le cose accadono, e che queste cause fossero poi di (soli) quattro tipi: la causa materiale, la causa efficiente, la causa formale e la causa finale. Ipse dixit, l’ha detto lui.

Che Aristotele intendesse catalogare i filosofi venuti prima di lui a suoi utili gregari intestandoli a una delle prime tre cause e di vincere la volata per la corsa riservandosi il diritto di definirsi campione della quarta e per lui definitiva causa finale è cosa che assai poco interessa, in fondo la storia della filosofia non sarà poi avara di sistematizzatori che si porranno a termine ultimo e all’apparenza insuperabile dello sviluppo del pensiero… vabbé: torniamo alle cause.

SALSICCIA COTTA NEL BARBERA

Quattro cause al ristorante

Il Kenny, non riesco a ben realizzare quanto serio o ironico nel caso – ma immagino si sia divertito un bel po’ a scriverne – il Kenny, dicevo, per fortuna ci spiega cosa s’intenda per tipo di causa con un esempio finalmente in tema. Lo riporto così come l’ho trovato: la sua chiarezza e cogenza restano insuperabili, metto solo qualche mia parola tra parentesi.

Per chiarire, sia pure un po’ rozzamente (che diamine, siamo pur sempre in un testo di filosofia), che cosa Aristotele avesse in mente in proposito (delle cause), pensiamo a quanto segue: quando Alfredo cucina un risotto, le cause materiali del risotto sono gli ingredianti che occorrono nella preparazione, la causa efficiente è il cuoco stesso (Alfredo), la ricetta è la causa formale, e la soddisfazione del cliente del suo ristorante è la causa finale.

Analisi “scientifica” della cenetta

His fretus, ora si tratta solo di applicare questo modello di riferimento al prossimo pranzetto, o alla prossima cenetta: che l’indagine possa dirsi scientifica è piuttosto in quel senso già così ben intuito e poeticamente descritto da Francesco Guccini nella sua divertentissima I Fichi:

La canzone, vi sarete resi conto che è di grande serietà e di grande impegno. È una canzone scientifico-morale e in questa strofa io vado a spiegare le prove scientifiche della beneficità del fico per gli esseri umani.

Eccoci quindi alla Trattoria San Biagio (Sàn Biàs), di Parzano, frazione di Orsenigo, provincia di Como (Brianza comasca). Per arrivarci prendi la ex stada provinciale che da Arosio porta a Canzo e confida nel tuo navigatore GPS: un paio di cartelli che la menzionano vi sono, ma solo quasi in vista del traguardo.

La sala del bar, la due salette interne, la veranda quando fa bello: i tavoli non sono poi molti. Il mio preferito è all’ingresso sulla sinistra, quando non ne faccio uso, ve lo concedo davvero volentieri. L’arredo è da fine anni 70, dove Reagan e la Thatcher qui non sono mai visti, e forse non sono mai nemmeno esistiti e di certo la decadente stagione dei bimbiminkia non è mai cominciata.

Il piano della trattoria

Conducono le danze lo chef Danilo ai fornelli e Anita, la padrona di casa. Per chi, e con una certa ragione, abbia a temere un certo registro virato sull’algido dell’ospitalità altobrianzola… si rassicuri: qui vige un benevolo medèn àgan, giusto mezzo – fin dall’impronta solerti e affettuosi, sempre astenuti dal piacioneggiare.

L’attenzione della trattoria è da lungi orientata al farsi conoscere attraverso le proprie opere: in tempi non sospetti, l’iniziativa del Giovedì Pop (poi della Serata Pop) permetteva – si confida prima o poi vederla riproposta – di fare felici incursioni verso cucine vuoi di tradizione locale, vuoi da culture forestiere nel formato essenziale piatto più bicchiere di serata, con la carta sempre disponibile. Prerequisito soddisfatto la fantasia e l’applicazione dello chef, in grado di spaziare tra i generi sempre conservando nel piatto l’impronta della sua educatissima mano: non ne sbaglia una.

LAVAGNA DEI CICHéTI E DEI PIATTI DI SERATA

Lo spirito del tempo è però il tentativo di ritorno a una nuova normalità postpandemica, dove i timori nell’uscir di casa sono ancora parecchi: la soluzione proposta è quella del piattino che invoglia: benvenuti quindi i cichéti (gli stuzzichini celebri nelle osterie popolari di Venezia, i bàcari) benvenuta la piccola cucina (carta ridotta a pochi piatti), spazio al bicchier di vino, alle chiacchiere consolatorie da scampato pericolo.

I cichéti di serata e Franciacorta

Alla lavagna la disponibilità della serata, sul foglio di carta la lista vini. Da consumato rulebreaker (fa più figo di rompiscatole), quasi abusando della pazienza della casa, ho chiesto cortesemente l’applicazione del diritto di tappo: con benevolenza, appunto, tale consuetudine non mi è stata negata. Pregustando i cichéti mi sono portato dietro un mio caro Franciacorta; si andava verso preparazioni gioiose, comunque ben studiate: ho scelto quindi un vino biologico, senza solfiti aggiunti, garrulo, impegnativo quanto basta. Etichetta Simbiotico, cantina Villa Crespia. È andata benissimo.

FRANCIACORTA SIMBIOTICO BIO, VILLA CRESPIA

Dei chichèti, è la volta delle sarde in saòr, della polentina con gràs pistàa, delle salsiccette cotte nel barbera, della testina di vitella: ricca la jam session, pregna di sapori decisi e ben educati, ai quali il Simbiotico suggerisce un’armonizzazione seconda, da sperimentare direttamente sul palato.

TESTINA DI VITELLA

Dolcetto e vino passito

Per dolce, poi, due biscotti di pan meino (cifra del minimalismo pasticcero lombardo, da provare e da provare a fare in casa) con un bicchiere di passito: in trattoria hanno ancora una bottiglia di Càlido, il passito da moscato rosso della brianzolissima (lecchese) Azienda Agricola La Costa.

PASSITO CàLIDO, La COSTA

Ah, però: dal produttore è dato per esaurito (dichiarava comunque 900 bottiglie da 0.375 lt, meno di 350 litri in tutto) – godiamocelo adesso, in attesa del prossimo nuovo imbottigliamento. L’accostamento (e tè dài) è di quelli giusti.

BISCOTTI DI PAN MEINO

In sintesi: abbiamo delle materie prime di qualità, lo chef dalla mano fatata, alcune delle meglio proustiane ricette della tradizione e infine dalla cenetta se ne esce rallegrati, contenti e soddisfatti. A voler di più, si rischia d’irritare il dio.

Alla prossima fotocenetta, sempre a cura del vostro cialtrosaccente consapevole @magnosolo.

p.s.: in un post di @magnosolo ricordarsi di Alessandro Magno fa quasi cliché.

p.p.s.: quando il nerd un cicinìn s’indigna. Come far contento il SEO? basta ripetersi pedissequamente: Cichéti in Alta Brianza / Cichéti in Alta Brianza / Cichéti in Alta Brianza. Se allunghi il testo devi ripeterti once more: Cichéti in Alta Brianza. La decadenza continua.