24 Mar 2023
Suggestioni di Vino

Benvenuti al sud: Le Grazie di Bernardino Cera

Benvenuti al sud: Le Grazie di Bernardino Cera

Quando un forestiero viene al sud piange due volte: quando arriva e quando riparte.

Ve lo ricordate il film Benvenuti al Sud? Sì, quello con Claudio Bisio, Alessandro Siani ed Angela Finocchiaro. Con Bisio che viene trasferito da Milano a Castellabate. Insomma Bisio, da buon settentrionale passa dalle difficoltà di ambientamento dunque la voglia di scappare ad essere stregato dal Cilento e dalle sue persone. Con la voglia di non partire più.

Non è andata esattamente così a Bernardino Cera e alla azienda Le Grazie di Montecorice (Salerno). Perché Bernardino è nato a Novara da genitori di Montecorice che, nonostante avessero parecchi ettari di terra (ventotto!) coltivati ad olive, fichi e pascolo, decisero di andare a trovare maggior fortuna al nord. Magari per ritornare dopo un po’. Dopo anni al nord, si torna sempre al paese prima o poi. Strana la vita invece che fa adattare una famiglia di un luogo così solare come il Cilento, al freddo di Novara. Al paese non si torna se non per le feste comandate. Ci sono i figli che crescono e di andare al paese non ne hanno voglia. Magari in estate. Almeno nel Cilento in estate c’è da divertirsi.

Per Bernardino, il cui nome, come da tradizione, era del nonno, è un po’ diverso. Lui che è malinconico. Di quelli che sentono un insolito malessere dentro. Che non si placa se non quando, per le feste comandate, si trova dai nonni nel Cilento. Non piange per andare al sud. Semmai piange quando riparte. L’estate per Bernardino non è un momento per andare al mare, cosa che nemmeno gli piace. Semmai per vivere di quei luoghi. Della terra. Degli odori del mare. Godere del sole che ti taglia in due e che, quando lo lasci, ti fa sentire nel freddo la sua mancanza.

I genitori lo hanno fatto studiare e lui lavora presso un commercialista. A Novara. Ora, non per denigrare il nord, ma se uno ha nel cuore il sud e il Cilento, può pure fare il più bel lavoro del mondo, ma non regge.

Infatti Bernardino non regge capendo che, per stare bene, deve cambiare vita. Luogo. Tornare alle origini nel Cilento. Tornare alla terra. Così che Bernardino inizia a fare il pendolare tra Novara e Montecorice. Per lavorare nelle terre di famiglia.

Già ma coltivare la terra che da olive e fichi necessita di preparazione e Bernardino lo sa. Sa anche che per realizzare il suo sogno, per stare bene, occorre impegnarsi. E non poco.

Ad un certo punto ho avuto un’altra pazza idea di prendere un secondo diploma in agraria. Volevo delle basi.

Studia e si diploma in agraria e nel mentre si sostiene producendo e vendendo olive, olio, fichi. Fino a che nel 2013 si trasferisce definitivamente a Montecorice per iniziare davvero una nuova vita. Contro tutti e contro tutti. Persino i suoi genitori.

I miei genitori mi volevano ammazzare. Avevano scelto di andarsene per darmi un futuro migliore e io sono tornato in campagna.

Come biasimarli in fondo. Loro che per primi erano andati via da un paese di poche anime dove non vedevano futuro per sé stessi, figuriamoci per i propri figli. Loro che avevano fatto studiare i figli e avevano visto Bernardino con un lavoro solido. L’unica felice di vederlo a Montecorice era ed è la nonna alla quale non pare vero di avere Bernardino, colui che porta il nome del nonno, vicino.

Mia nonna mi ha messo all’ingrasso. Per lei ero Bernardino. Mi adora.

Sto divagando forse ma aiuta a capire come si può essere sentito Bernardino a trasferirsi a Montecorice. E quanta forza deve aver trovato dentro di se per resistere, per realizzare il suo sogno. Per trovare la pace interiore.

Le poche volte che torno a Novara mi manca il mare anche se non amo il mare. D’estate non vado al mare. Amo però vedere il mare. Mi fa stare bene.

La pace. Bernardino ancora non era ancora riuscita a trovarla. Mancava qualcosa. Mancava la magia. Coltivare olive e fichi, produrre olio è meraviglioso ma non magico.

Avevo bisogno di qualcosa di magico e l’ho trovato nel vino.

Ecco, il vino. La meravigliosa, unica magia che il vino può offrire. Ancora più difficile però.

Siamo nel 2018 e Bernardino inizia a piantare le prime barbatelle: 8000 piantine di Fiano e di Aglianico. Non si cura di chi lo prende per pazzo, di chi gli dice “ma chi te lo fa fare”. No, Bernardino va per la sua strada. Anche quando gli dicono che è meglio piantare l’Aglianico. Lui no, vuole un Fiano perché sa che i turisti vogliono il vino bianco (malinconico, sentimentale ma con spirito commerciale Bernardino!).

Insomma Bernardino inizia a fare, anche, il vignaiolo. “Anche” perché non è che il resto lo può lasciare. Quello è il suo sostentamento.

In vigna c’è lui e un suo fraterno amico. Fanno tutto loro su un terreno roccioso di poco più di tre ettari (senza dimenticare gli altri 25..).

Terreno completamente roccioso. È una pazzia per fare questo lavoro. Non dormire la notte per tanto tempo.

Roccioso ma baciato dal sole e cullato dai venti marini. A Montecorice le vigne sono sulla collina più alta. Da qui si vedono i tre golfi sottostanti. Da qui si respira quell’aria di mare che renderebbe mansueto anche un tannino spigoloso come quello dell’Aglianico.

La prima vendemmia è del 2020 e Bernardino già pensava di dare al suo Fiano in purezza il nome 2020. Ma ci ripensa perché capisce che l’anno pandemico è nefasto ed è meglio che stia lontano dalla mente dei clienti (malinconico, sentimentale ma sempre con spirito commerciale Bernardino!).

3 ettari di vigneto su un terreno che nessuno vorrebbe coltivare. Piante giovani perché lì da poco. Insomma, sarà pure un luogo meraviglioso tanto da incantare Bisio nel film, ma cavolo che difficoltà. Per non parlare del resto che sono pure ulteriori 25 ettari sempre impervi e complicati. Vi piacciono i fichi? Buono l’olio? Ecco, tocca andare a farli però i frutti. Farli andando su e portarli giù. Faticoso eh?

I soldi alla fine sono pochi e comunque insufficienti per permettersi una cantina. Così ne usa una che produce vino conto terzi ma non lo vende (malinconico, sentimentale ma sempre con spirito commerciale Bernardino!). Se si mettono in fila tutte queste cose mi viene il dubbio che non sto parlando con uno sprovveduto. Anzi! Bravo Bernardino.

Io non sono un amante dei bianchi. Ad un certo punto ho scoperto il Fiano e la qualità della cultivar. Il Fiano è una delle poche che può invecchiare. Ero abituato ai vini del nord ma quando ho trovato il Fiano ho visto qualcosa di magnifico.

Eccolo Bernardino. Innamorato della sua terra e, forse, ancor più di questo meraviglioso vitigno quale è il Fiano. Innamorato del Fiano dunque.

Ho deciso di piantare anche la Falanghina.

Malinconico, sentimentale ma sempre con spirito commerciale Bernardino!

Quando uno inizia da zero come ha fatto Bernardino può gestire la vigna come meglio crede. Sceglie con saggezza protocollo ZEI, zero impatto ambientale.

Ho un solo problema che è l’oidio per la ventosità.

Utilizzo di soli prodotti naturali lasciando il solo zolfo. Tolto anche il rame andando oltre il biologico perché il terreno possa giovarne dell’assenza.

Assaggiamo il Fiano in purezza Vincenzì (va pronunciato bene, con l’accento sulla “i” finale)

Il nome è un omaggio allo zio di mio padre che si è trasferito in brasile per cercare fortuna. Mi sono immaginato in lui tornando a Montecorice. Tutti i vigneti nascono su suoi terreni. Ho scelto per i miei vini dei nomi che si ricollegano a persone molto care o luoghi che mi emozionano ancora adesso.

La scelta nel volere un Fiano in purezza e affinato in acciaio diventa quasi un dogma. Magari dopo si potranno fare tutti i passaggi ma per Bernardino il suo Fiano deve essere buono già in acciaio. La presenza del mare con la sua sapidità, il terreno roccioso che rende fine il vino. A che sarebbe servito un passaggio in legno?

Bella pulizia nel calice. Un colore paglierino quasi verdolino. I sentori sono quelli tipici del Fiano con aggiunta di grande mineralità. Non c’è l’opulenza del Fiano avellinese perché qui troviamo frutta delicata come la nespola e fiori di margherita che si legano allo iodio del mare. Non c’è molto altro, ma questa semplicità e linearità sono appaganti. La stessa semplicità la ritrovo in bocca dove appare pulito, secco, fresco, sapido. Eccellente coerenza con l’olfatto e una interessante bella persistenza. Un vino che appare pastoso con un finale che lascia la bocca agrumata.  Il vero problema di questo Vincenzì è la sua ruffianeria: se stappi la bottiglia, la finisci senza accorgertene. L’abbinamento non è con un pesce perché la sua ottima persistenza non lo consentirebbe. Una pasta con crostacei. Ecco, così si. Chapeau!

Apriamo l’Aglianico e già si sentono gli effluvi. Nel calice il colore è importante, tagliente. È giovane (2021) e il riflesso porpora del colore rubino, lo dimostra.

Il Sarto, questo il nome, è una dedica a nonno Bernardino, il sarto di Montecorice.

Era lo zio di tutti a Montecorice e per tutti era lo zio Bernardino. Una persona solare alla quale tutti volevano bene. In molti andavano ad imparare il mestiere da lui.

I sentori sono immediatamente vinosi. Si sposano con la prugna non ancora matura. Poi arrivano i fiori. Sembra null’altro, eppure qui c’è un breve passaggio in botte. Roteando il bicchiere, ecco che arrivano spezie dolci come tabacco, chiodi di garofano, cannella. Anche un po’ di ematico. Sentori dolci che contrastano con la frutta non ancora matura. Bel contrasto devo dire. Forse dovuto al terreno e alla vicinanza del mare. In bocca la sapidità spicca e la coerenza con l’olfatto c’è tutta. È fresco, secco, morbido. La frutta prende il sopravvento e si esalta con un tannino non arrogante, non ingombrante. Anzi, è morbido e grandemente rotondo. Non sembra quello spigoloso e deciso dell’Aglianico. Lo puoi bere da solo ma con un ulteriore anno di affinamento si arrotonderà ancora di più. Già me lo immagino con il ragù della nonna. Bella coerenza tra i due vini. Si sente la stessa mano. Si sente soprattutto l’amore. La recensione sul mio blog @ivan_1969.

Ho assaggiato due vini non scontati e rappresentativi del territorio e di Bernardino.

I vini devono rispettare l’azienda. La moda ti porta a fare delle scelte che il mercato ti richiede. Ma mai perdere l’identità

Ciò che mi ha appagato di più è l’amore che Bernardino ha per la sua terra. Un territorio difficile, abitato da persone meravigliosamente ospitali che amano la vita. Ecco, amore. Un amore, un caldo abbraccio che ho ritrovato appieno nei vini di Bernardino.

Malinconico, sentimentale e con un cuore immenso. Così è Bernardino.

 

Ivan Vellucci

Mi trovi su Instagram : @ivan_1969