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3 Luglio, 2024

Rauscedo, le radici del vino

Chissà perché quando beviamo un calice di buon vino pensiamo a chi lo ha prodotto e mai a chi lavora per fornire ai vignaioli le viti migliori! Ora che ho visitato Rauscedo, centro di eccellenza mondiale di produzione delle barbatelle, ci penserò. Si discute sempre molto di vino e vigne, di territorio e stile ma saltando il passaggio fondamentale, ovvero la qualità a monte, le radici, per così dire. Oggi come non mai, il cambiamento climatico e la domanda crescente di sostenibilità obbligano i vivaisti a trovare nuove soluzioni che aiutino i viticoltori. E non solo loro, anche la produzione delle nocciole e delle mandorle ad esempio risente gli effetti del riscaldamento globale… LA STORIA DI RAUSCEDO Partiamo dall’immediato dopoguerra (la Prima) in una zona povera e martoriata dai combattimenti. Precisamente nel piccolo Comune di Rauscedo ai piedi delle Alpi Carniche. In quel periodo, in tutto il mondo si cercò di trovare una soluzione all’invasione della temutissima filossera, “sbarcata” in Europa a fine ‘800 e in rapidissima diffusione. Dopo che fu individuato il fattore di resistenza in alcune specie di viti americane, si comprese che la strada da percorrere era quella dell’innesto. Si osservò infatti che le specie americane resistevano all’attacco della fillossera all’apparato radicale, mentre la vite europea, responsabile della produzione, non reagiva alle punture nell’apparato fogliare. Così, vennero associate le due caratteristiche, selezionato il portainnesto in base alla resistenza a specifiche avversità (in particolare alla fillossera) e il nesto in funzione della sua adattabilità all’ambiente climatico e alle sue caratteristiche produttive. A Rauscedo si formò una cooperativa di uomini che con tenacia e genialità diedero vita alla prima barbatella in terra friulana. Da qui in poi, tutta la comunità si adoperò per sviluppare questo particolare settore. In un territorio povero ma dotato di una buona condizione climatica e di un terreno adatto alla coltivazione, i primi soci si misero all’opera per produrre e commercializzare le barbatelle, dapprima in Italia e successivamente all’estero. E’ del 1933 il primo listino con i prezzi degli innesti in vendita delle ben 24 varietà a bacca rossa, 16 a bacca bianca, 17 da tavola e 17 portinnesti. Quando si dice “fare la storia”!  Oggi siamo passati a 496 varietà, 480 cloni originali VCR®, esclusiva mondiale di 14 varietà resistenti e 4 portainnesti M, con il 77% di resa media in vivaio.  LA RADICI DELLA RICERCA Cos’è la ricerca se non curiosità e studio al servizio della collettività e di un futuro migliore? La prevenzione, la previsione delle problematiche future per la loro risoluzione non è forse la miglior arma che possiamo utilizzare? In sintesi “prevedere il futuro” ci può aiutare a crearne uno migliore? Incoraggiati dai traguardi raggiunti, i soci di VCR decisero di aumentare gli investimenti sulla ricerca fino a creare, nel 1965, un centro per individuare le migliori tecniche vivaistiche e avviare un proprio programma di miglioramento genetico. La selezione clonale muoveva a quel tempo i primi passi e i Vivai Cooperativi Rauscedo, unica azienda privata a potersi fregiare del titolo di “Costitutore Viticolo”, nel 1969 riuscirono ad omologare i primi 51 cloni della serie “Rauscedo”, ancora utilizzati ai giorni nostri. IL RESEARCH CENTER E LE RADICI NEL FUTURO Inaugurata nel 2019, la nuova sede VCR Research Center accoglie 365 m² di laboratori in una costruzione architettonicamente inserita in modo armonioso nel contesto paesaggistico e caratterizzata dall’autosufficienza energetica. Gli 8 laboratori sono divisi per aree e sono dedicati alla diagnostica sierologica e molecolare, alla microbiologia, alla micropropagazione, alle colture in vitro e alle analisi chimiche. L’estensione totale è di 22,5 ettari. Questi comprendono ben 19 ettari di vigneti, 4 serre riscaldate di 2000 m² e molto altro. Per capire come i VCR siano leader mondiali indiscussi del vivaismo viticolo basta leggere alcuni numeri: 210 soci produttori 80 milioni le  barbatelle innestate all’anno 80 dipendenti 1000 lavoratori stagionali specializzatissimi (la selezione viene fatta manualmente) 35 i paesi nel mondo dove VCR è commercialmente presente  Questi sono alcuni dei dati che mi hanno impressionato maggiormente ma vi assicuro ce ne sono tantissimi altri, più tecnici e non meno significativi, che si trovano nel loro sito e che fanno capire come nel tempo questa realtà ha raggiunto il primato del distretto di produzione di barbatelle più importante al mondo.  Ad esempio, sono 100 le strutture nel territorio nazionale e 24 quelle nei paesi esteri. VCR possiede inoltre il 90% di VCR France (società creata nel 2002 a Nimes) e detiene come società partecipate Agromillora in Spagna, Vitro Hellas in Grecia e Novavine in California. Affida inoltre, tramite licenze di esclusività, la commercializzazione oltre oceano delle proprie varietà e dei propri cloni a Chalmers Nursery in Australia, Riversun in Nuova Zelanda e Bosman Adama in Sud Africa. VCR fornisce al viticoltore un servizio a 360°, dalla fase di progettazione del vigneto all’analisi del terreno, proseguendo con la consulenza post-vendita e affiancando il cliente anche in fase di produzione.  LE MICROVINIFICAZIONI DI RAUSCEDO Credo che sia un ‘unicum’ nel mondo…Cosa? La cantina di vinificazione che può effettuare 600 microvinificazioni all’anno e più di 300 nano-vinificazioni, con annesso laboratorio enologico, per l’analisi e la comparazione qualitativa di cloni, varietà convenzionali e nuove varietà di uve da vino e da tavola. Le innumerevoli vinificazioni consentono una verifica costante delle potenzialità enologiche di tutte le varietà e dei diversi cloni italiani e stranieri oggetto di moltiplicazione. Nell’accogliente sala di degustazione abbiamo avuto la possibilità di assaggiare in anteprima tre microvinificazioni di vitigni resistenti (PIWI). Sauvignon Kretos, gradevole, sapido e ben strutturato Sauvignon Rythos frutti tropicali, buona acidità Pinot Iskra MC, limone, agrumi, buona acidità Una curiosità: alla guida del Laboratorio c’è una donna, la Dott.ssa Elisa de Luca, mentre mentre il CDA è  formato da giovani sotto i 30 anni. Anche i dirigenti sono molto giovani, come ad esempio Yuri Zambon. RAUSCEDO LE RADICI DEL VINO La nostra visita prosegue alla sede storica della Cantina Rauscedo, anche questa una cooperativa nata nel 1951, voluta da 130 soci e ispirata all’esperienza delle cooperative nate intorno alla produzione di barbatelle, come ci spiega con orgoglio Michele Leon.  Inizialmente contava 280 ettari di cui 85% a bacca rossa e 15% a bacca bianca. Oggi la cantina ha due sedi produttive, conta 370 soci e 1900 ettari di superficie, il che la rende la più estesa della regione. I vitigni a bacca bianca sono il  92%, mentre il restante è a bacca rossa.  La cantina è ampia, sobria e dotata delle più moderne tecnologie. Spazi immensi ospitano le cisterne storiche in cemento da 200 a 700 ettolitri termocontrollate, tuttora utilizzate a fianco di quelle in acciaio. Qui si lavorano circa 240.000 ettolitri di vino! Le vigne si trovano nella bassa pianura alluvionale, su terreni sassosi e ciottolosi molto drenanti, in mezzo ai fiumi Tagliamento, Meduna e Cellina. Un suolo simile alle famose Graves di Bordeaux. Tra Prealpi e mare, nel bicchiere si apprezzano la sapidità e, allo stesso tempo, gli aromi intensi e una grande persistenza. Bello il detto locale “L’acqua divide gli uomini, il vino li unisce”. GLI ASSAGGI  Brut Villa Manin (in onore del Doge Manin che depose la Serenissima), Metodo Classico con oltre 32 mesi di affinamento sui lieviti, crosta di pane, intenso ed elegante. Chardonnay, fresco e persistente. Traminer Aromatico, pesca, rosa, ananas. Prodotti di qualità e prezzi accessibili a tutti. Controllare per credere. Una curiosità: il Friulano non è un dialetto ma una lingua riconosciuta dallo Stato Italiano nel 1999. Questa lingua pare che derivi dal latino rustico aquileiese, mescolato a elementi celtici, a cui si sono poi aggiunti numerosi elementi slavi e germanici, in quanto i vari popoli di stirpe germanica (longobardi, goti, franchi, tedeschi) hanno dominato il Friuli per oltre 900 anni. Si chiama ‘clap’, che è anche il nome dei sassi che si trovano nei fiumi. E come lasciare il Friuli senza assaggiare il Frico? Una degna conclusione di una giornata che ricorderò!Un sentito ringraziamento a Lorenzo Tosi (Responsabile Comunicazione e Marketing VCR), Michele Leon (Sindaco di San Giorgio della Richinvelda) e all’amico Mauro Genovese che ha reso possibile tutto questo. Sono Claudia Riva di Sanseverino. Assaggio, degusto, scopro, curioso, provo e condivido. Seguimi su Instagram @crivads
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11 Giugno, 2024

Garda Wine Stories. Il Mediterraneo al Nord

Relazioni forti con il territorio, ricerca della qualità senza compromessi ed un approccio dinamico ai mercati internazionali. Questi sono gli assi da giocare per il Consorzio Garda DOC, ora più che mai determinato a crescere, forte dei suoi numeri: con una produzione di 410.000 q.li di uva nel 2023 (+46% rispetto al 2017), il vino ottenuto nella denominazione ha superato i 287.000 hl e le bottiglie prodotte sono state più di 18.7 milioni, mentre 6 anni fa erano soltanto 5 milioni e mezzo. Sono solo alcuni tra i dati che ho appreso durante l’evento “Garda Wine Stories“, organizzato il 6 giugno alla Dogana Veneta di Lazise, incantevole centro del Garda Veronese. Proprio il Lago di Garda è simbolo condiviso e internazionale del territorio in cui opera il Consorzio Garda DOC, raffigurato nel logo con 10 file di onde che rappresentano i filari dei vigneti sui colli morenici, oltre che naturalmente le 10 denominazioni storiche dell’areale di produzione: Riviera del Garda Classico Valtènesi, San Martino della Battaglia, Lugana, Colli Mantovani, Custoza, Bardolino, Valpolicella, Valdadige, Lessini Durello e Soave. Ne deriva, com’è prevedibile, una base ampelografica ampia e variegata con 8 vitigni principali: quattro a bacca bianca (garganega, trebbiano di Lugana, chardonnay e pinot grigio) e quattro a bacca rossa (marzemino, corvina, merlot e cabernet sauvignon, con tutti i vitigni locali dell’areale a completamento. Una varietà che ben si presta alla flessibilità richiesta da mercati internazionali sempre più dinamici, al centro del dibattito di “Garda Wine Stories”. Il Presidente del Consorzio, Paolo Fiorini, ha aperto la giornata con i saluti istituzionali, lasciando poi spazio al professor Eugenio Pomarici del Centro per la Ricerca in Viticoltura ed Enologia degli Studi di Padova. Il professor Pomarici ha illustrato come la Denominazione Garda stia passando da DOC funzionale ai vini varietali per i vini “popular premium” a scaffale (con prezzi fra i 3 ed i 6 euro) a DOC che riscopre nel proprio nome nuovi obiettivi, verso fasce di mercato più premianti. Attraverso una serie d’interviste a 20 testimoni privilegiati, scelti tra produttori Garda DOC e operatori della distribuzione, anche internazionale, il team di ricercatori da lui coordinato ha messo in evidenza i punti di forza e di debolezza che contraddistinguono il posizionamento dell’offerta Garda DOC, nonché le possibili opportunità e minacce. Principale punto di forza è indiscutibilmente il nome della denominazione “GARDA”, così breve, di facile memorizzazione e subito in grado di evocare le bellezze del lago come bacino turistico. Un secondo potente vantaggio è la presenza di vitigni a bacca bianca internazionali, che soprattutto all’estero facilitano il consumatore nelle scelte d’acquisto. Dalle analisi delle interviste emerge invece come punto di debolezza la mancanza di una specifica identità della Denominazione, derivante sia da un’offerta molto eterogenea che da un posizionamento di prezzo impreciso. Ne deriva che i consumatori acquistano in molti casi Garda DOC non per la denominazione in sé, ma per la varietà, il brand aziendale o la convenienza del prezzo. Il contrasto alla minaccia di operazioni speculative che potrebbero sfociare in una lotta al ribasso dei prezzi di fornitura alla GDO non è semplice, ma un’azione di moral suasion nei confronti degli operatori della grande distribuzione è indispensabile per mantenere l’integrità dell’offerta del Garda DOC. Un’ulteriore tattica potrebbe essere la scelta di focalizzarsi su poche tipologie di prodotto, ad esempio Chardonnay e Pinot Grigio, evidenziando con azioni di comunicazione mirate a cura del Consorzio la vocazionalità dei territori della Denominazione rispetto a questi vitigni. Infine, l’introduzione nel disciplinare di menzioni valorizzanti (superiore, riserva) potrebbe agevolare un posizionamento di prezzo su fasce più premianti anche per aziende senza un marchio forte. Un futuro ricco di sfide ma anche d’imperdibili opportunità si apre, dunque, davanti alla denominazione Garda DOC, che ha sì debuttato sul mercato servendo la grande distribuzione, ma che ora si sta evolvendo anche nel canale tradizionale con prodotti di prezzo più elevato offerti da una vasta compagine di imprese piccole e medie a filiera integrata: sono 250 i produttori verticali e le cantine cooperative che utilizzano la denominazione. L’obiettivo su cui continueremo a lavorare è far capire il ventaglio di opportunità che questa DOC può offrire, muovendoci parallelamente e senza mai entrare in contrasto con le denominazioni storiche che coesistono in questo territorio. La denominazione Garda DOC mira a mettere tutti gli utilizzatori in condizione di sfruttare al massimo quello che questo areale può dare dichiara Carlo Alberto Panont, Direttore del Consorzio Garda DOC.   Adele Gorni Silvestrini Mi trovi su Instagram @adelegornisilvestrini Passi in Cantina
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