Le scoperte enoiche di Benny

Benedetta Costanzo ci porta alla scoperta di piccoli vignaioli e territori che prima di essere raccontati, emozionano. Senza però disdegnare il raccontare le esperienze che devono essere considerate dei punti di riferimento o pietre miliari che dir si voglia, per gli appassionati di vino.

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27 Aprile, 2024

Benedetta Costanzo. Il mio Vinitaly 2024

Oltre le Polemiche, i fatti delle Donne del Vino Tra chiacchiere, critiche e polemiche, la 56esima edizione di Vinitaly si conferma come un evento imprescindibile per il settore, ma anche come palcoscenico per discorsi importanti. Quest’anno, in particolare, si è parlato molto del ruolo delle donne nel mondo del vino e delle sfide che ancora devono affrontare. Le affermazioni sulla genetica femminile e il senso di inferiorità atavico e sul bere da sole,  hanno sollevato interrogativi importanti, ma hanno anche offerto l’opportunità di riflettere e discutere su temi cruciali. Quindi mentre Vinitaly chiude i battenti con numeri positivi e un’atmosfera di successo, le polemiche innescate dalle recenti dichiarazioni di Boralevi durante il TG2 Post continuano a far discutere.
Scelgo di guardare oltre le polemiche e di concentrarmi sulle donne che, oltre a bere il vino, sono protagoniste attive nella sua creazione. Il mio Vinitaly Korale In un settore tradizionalmente dominato dagli uomini, è importante riconoscere e celebrare il contributo fondamentale delle donne nel mondo del vino. Esse non solo lavorano nei vigneti e nelle cantine, ma sono anche enologi, sommelier, giornaliste e imprenditrici vinicole di successo. La loro presenza e il loro impegno sono essenziali per l’evoluzione e la crescita del settore.
In questo contesto, la storia di Korale prende vita: un progetto che ho conosciuto al Vinitaly e che voglio far conoscere a tutti per farne un esempio da divulgare.
Nella lotta contro la violenza di genere, ogni iniziativa conta. È con questo spirito che l’Associazione Donne del Vino si impegna attivamente in varie iniziative a livello nazionale e regionale. Oggi voglio raccontarvi di un progetto straordinario portato avanti dalla delegazione calabrese dell’associazione DDV: Korale, il primo vino contro la violenza di genere. Korale: perché tacere non è mai la soluzione
Il nome “Korale”, scelto con cura dall’Associazione, racchiude in sé una storia affascinante da raccontare. Prima di tutto, è un vino “corale”, perché nasce dalla collaborazione di 10 produttrici calabresi, ognuna contribuendo con il proprio migliore rosso, creando così un blend che celebra l’unione e la diversità. Questo connubio di sapori è il risultato della lavorazione di sei vitigni autoctoni: Gaglioppo, Magliocco, Greco Nero, Nerello Cappuccio, Nerello Mascalese e Nocera. L’arte di creare questo mix perfetto è stata curata in cantina dalla produttrice Danila Lento e dalla sommelier Maria Rosaria Romano. Si tratta di un’edizione limitata, solo poche centinaia di bottiglie. Ma ciò che rende questo vino così speciale è il suo scopo: sostenere il Centro Antiviolenza “Roberta Lanzino” di Cosenza.
Il Centro è una struttura fondamentale in Calabria, nata per offrire sostegno e assistenza alle donne vittime di violenza, un luogo che si impegna a non lasciare mai sole le donne in momenti di bisogno. È dedicato a Roberta, una giovane donna che è stata tragicamente vittima di violenza sessuale e omicidio a soli 19 anni. A distanza di 35 anni da questo tragico evento, non è ancora stata fatta giustizia, un fatto che sottolinea ancora una volta le sfide e gli ostacoli che le donne devono affrontare. È davvero triste e sconcertante vedere come ancora oggi le vittime di violenza di genere debbano lottare non solo contro l’abuso stesso, ma anche contro i pregiudizi della società. È inaccettabile che ancora esistano mentalità che suggeriscono che la colpa di ciò che accade alle donne sia in qualche modo della vittima stessa, una mentalità che non solo perpetua l’ingiustizia, ma rende anche più difficile per le vittime ottenere sostegno e giustizia. Obiettivo del progetto Il progetto Korale si pone l’obiettivo di dimostrare che con la solidarietà e la coesione è possibile trovare una soluzione a questa grave problematica. Intanto le bottiglie sono state regalate a chi ha offerto donazioni al Centro Antiviolenza e la campagna è andata benissimo, oltre le aspettative.
La prima presentazione del vino è avvenuta il 3 marzo presso la sede AIS a Cosenza nell’ambito delle “Giornate delle Donne del Vino” che ha visto la partecipazione del Presidente Nazionale delle Donne del Vino, Daniela Mastroberardino. Il tema scelto per le iniziative nazionali e regionali del 2024 è stato “Donne, Vino, Cultura”, un tema che abbraccia i valori fondamentali promossi dall’Associazione Donne del Vino. Questa tematica riflette l’amore per la terra, la valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici, con un’attenzione particolare al patrimonio vitivinicolo, che rappresenta un tesoro culturale di inestimabile valore. Le “Giornate delle Donne del Vino” Le “Giornate delle Donne del Vino” rappresentano un appuntamento imperdibile per tutte le associate, un momento di unione e celebrazione dell’apporto femminile alla società e al mondo del vino. Dal 1 al 14 marzo, in tutta Italia e in dieci Paesi nel mondo, si sono susseguiti eventi diffusi che hanno dato visibilità al ruolo delle donne nel settore vinicolo. Gli eventi hanno compreso degustazioni, incontri, tavole rotonde incentrate sul tema dell’anno e una campagna social che ha coinvolto le socie in scatti fotografici, valorizzando i contesti paesaggistici di grande valore culturale legati al mondo del vino. Queste giornate risultano importanti per la valorizzazione della cultura enologica e la lotta contro la violenza di genere, come dimostra il lancio del progetto Korale. Korale approda al Vinitaly Ho avuto l’opportunità di degustare Korale e capire il progetto durante il Vinitaly. Infatti il 15 aprile, presso lo stand istituzionale della Regione Calabria, si è svolta la presentazione del progetto e ho partecipato a quest’incontro con molto piacere. La degustazione è stata guidata da Chiara Giannotti, una giornalista stimata e donna del vino, fondatrice di Vino.tv, un blog, un profilo social e una WebTv dedicati al mondo vinicolo. Chiara  Giannotti ha sapientemente condotto l’evento coinvolgendo non solo la delegata regione Calabria Vincenza Alessio Librandi, ma anche altre donne produttrici che hanno condiviso la loro visione e il loro impegno nel progetto. Presenti l’Onorevole Gallo e il Maestro gioielliere Gerardo Sacchi. Etichetta ricca di simbolismo antico Centrale l’intervento di Caterina Malaspina, che ha brillantemente spiegato l’etichetta di “Korale”, ricca di simbolismo mitologico. Molti degli elementi presenti sull’etichetta rimandano alla storia di Persefone, la figlia di Demetra rapita da Ade e costretta a vivere negli inferi contro la sua volontà. La madre, nel suo disperato tentativo di ritrovare la figlia, trascura la natura, portando il mondo alla carestia. Per risolvere la situazione, Zeus interviene imponendo ad Ade di restituire Persefone alla madre. Tuttavia, poiché Persefone ha mangiato sei chicchi di melograno negli inferi, è obbligata a ritornare per sei mesi ogni anno. In quei mesi la terra diventava spoglia e non produceva mentre quando riusciva a liberarsi rendeva fertile la terra: nasceva il mito dell’alternanza delle stagioni. ,
Il nome “Kora-le” trae origine dal greco antico (kora” = donna o fanciulla) ma è anche uno dei nomi con cui veniva invocata la dea Persefone. Questa storia di rinascita e fertilità è incarnata dall’etichetta di “Korale”, che raffigura il profilo del volto di una delle numerose statue ex-voto dedicate a Persefone, che punteggiavano la Magna Grecia. Sostenibilità Korale, oltre a rappresentare l’incontro tra i millenari vitigni della regione Calabria, porta avanti un importante impegno per la sostenibilità ambientale. La sua storia affonda le radici nell’antica tradizione vitivinicola della regione, dove furono i Greci a introdurre la coltivazione della vite. Tuttavia, Korale non è solo un omaggio all’antica tradizione vitivinicola della regione, dove furono i Greci a introdurre la coltivazione della vite. È anche un esempio di come sia possibile coniugare la tradizione vinicola con pratiche sostenibili che includono l’utilizzo di bottiglie più leggere e sottili, riducendo così il loro impatto ambientale e il consumo di risorse durante la produzione e il trasporto. Inoltre, i tappi utilizzati sono completamente riciclabili, contribuendo a minimizzare l’impronta di carbonio del prodotto. Anche l’etichetta di Korale è stata realizzata con materiali eco-sostenibili, utilizzando fibre riciclate. Questa scelta non solo riduce l’utilizzo di risorse naturali vergini, ma promuove anche l’idea di economia circolare, contribuendo a ridurre gli sprechi e a chiudere il ciclo dei materiali. Conclusioni In conclusione, il progetto Korale rappresenta non solo un vino di alta qualità e dal profondo legame con le radici storiche della Calabria e della Magna Grecia, ma anche un simbolo di solidarietà, sostenibilità e empowerment femminile nel mondo del vino. Korale dimostra che è possibile coniugare la tradizione vinicola con pratiche moderne e responsabili in un contesto in cui le donne del settore vinicolo sono sempre più protagoniste. Questo progetto è un esempio di come la determinazione e il talento femminile possano dare vita a iniziative significative per combattere la violenza sulle donne. Questa iniziativa rappresenta l’impegno nella società civile per il miglioramento della condizione femminile e per un futuro migliore. Benedetta Costanzo
benedetta.costanzo@winetalesmagazine.com
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21 Aprile, 2024

OperaWine 2024: l’affascinante première di Vinitaly

Il 13 aprile 2024 si è svolto alle Gallerie Mercatali di Verona, OperaWine, Finest Italian Wines, l’unico appuntamento organizzato all’estero da Wine Spectator. E’ uno degli eventi più affascinanti e più attesi di tutto il calendario enologico Italiano e internazionale.
Manifestazione esclusiva per gli amanti del vino di tutto il mondo, anche quest’anno ha fatto da overture all’inaugurazione della 56esima edizione di Vinitaly 2024.
Questo prestigioso evento giunto ormai alla 13esima edizione (prima edizione nel 2012),  ha visto la presenza di ben 131 produttori italiani di vini di alta qualità, delle quali  25 cantine sono state sempre presenti (Allegrini, Antinori, Bruno Giacosa, Ca’ del Bosco, Castello di Ama, Castello di Volpaia, Famiglia Cotarella, Ferrari, Feudi di San Gregorio, Fontodi, Livio Felluga, Lungarotti, Masi, Masciarelli, Nino Negri, Ornellaia, Paolo Scavino, Pieropan, Planeta, San Felice, Tasca d’Almerita, Tenuta San Guido, Tormaresca, Umani Ronchi e Zenato). 131 vini italiani selezionati da Wine Spectator Organizzato da Veronafiere e Vinitaly in collaborazione con Wine Spectator, il più autorevole magazine di settore statunitense, l’accesso a OperaWine è riservato, esclusivamente su invito, a una selezione di giornalisti e operatori specializzati, confermando il suo status di evento elitario nel mondo del vino.
Ecco la lista dei produttori OperaWine 2024, annunciati da Bruce Sanderson e Alison Napjus in occasione di wine2wine Business Forum 2023.
Questa straordinaria selezione di cantine rappresenta il meglio della produzione vinicola italiana, offrendo agli ospiti un’esperienza unica e indimenticabile per i sensi. Dai vini rossi intensi e corposi alle sfumature delicate dei bianchi, OperaWine 2024 ha deliziato il palato degli intenditori più esigenti. Il programma ufficiale alle Gallerie Mercatali di Verona Alle 12.30 si è svolta la Conferenza stampa di Wine Spectator che ha visto gli interventi di Maurizio Danese, amministratore delegato di Veronafiere, Matteo Zoppas, presidente di Ice-Agenzia, Jeffery Lindenmuth, executive editor di Wine Spectator, Alison Napjus, senior editor & tasting director di Wine Spectator, Bruce Sanderson, senior editor di Wine Spectator.
Successivamente, l’arrivo della delegazione della Conferenza Internazionale sul Vino di OIV, con ministri, viceministri e ambasciatori di 30 nazioni produttrici di vino.
Alle ore 13, foto di gruppo con i produttori di OperaWine e a seguire inaugurazione e aperture del Grand Tasting alle ore 14.30. La chiusura era prevista per le ore 17.30 ma di fatto si è un po’ prolungata. Connubio perfetto tra arte dell’Opera e cultura del vino Dopo aver fatto i salti mortali e aver superato qualche piccolo imprevisto, eccomi pronta a tuffarmi in questa nuova avventura. Controlli serrati all’entrata, tantissime persone qualificate e poi la sfinge!
L’edizione 2024, OperaWine infatti, si ispira a un tema classico, legato all’arte e alla cultura italiana: l’opera lirica. Questo tema affonda le sue radici fin nel nome dell’evento stesso, testimoniando l’affinità intrinseca tra la manifestazione e il mondo dell’opera. In particolare, gli allestimenti di OperaWine 2024 richiamano la programmazione della prestigiosa stagione areniana 2024, che proporrà al pubblico opere di grande impatto emotivo e artistico, tra cui Turandot, Aida, Il Barbiere di Siviglia, Carmen, La Bohème e Tosca. La tredicesima edizione di OperaWine si propone quindi di celebrare l’eccellenza del vino italiano attraverso la magnificenza delle scenografie e delle emozioni suscitate da queste straordinarie opere liriche.   Alcuni dati su OperaWine Ancora una volta, i vini rossi saranno i protagonisti indiscussi di OperaWine 2024, rappresentando ben 99 delle 131 referenze in degustazione. Seguono con 22 etichette i vini bianchi, mentre gli sparkling e i vini dolci contano rispettivamente 8 e 2 presenze. Sul fronte dei brand, si registrano tre nuove aziende debuttanti rispetto al 2023, La Valentina – Abruzzo e le due Toscane, Argiano e  Isole e Olena. Sono 6 i produttori che fanno ritorno in lista dopo l’assenza dello scorso anno e precisamente Vincenzo Ippolito (Calabria), Terenzuola (Liguria), Villa Sandi (Veneto), Prunotto (Piemonte), Pietradolce (Sicilia), Gerardo Cesari (Veneto).
Le aziende non selezionate per l’edizione 2024 presenti l’anno scorso, sono 8: Librandi (Calabria), Montevetrano (Campania), Gravner (Friuli Venezia Giulia), Cantine Lunae Bosoni (Liguria), Rainoldi (Lombardia), Leone de Castris (Puglia), Siro Pacenti (Toscana), Zymè (Veneto).
La classifica per regioni conferma la supremazia della Toscana in testa con 34 aziende selezionate, seguita da Piemonte (19 aziende) e Veneto (18). Complessivamente, il Nord d’Italia esprime il 43% dei produttori “bandiera” del made in Italy, mentre il Centro contribuisce con il 33% e il Sud e le Isole con il 24%. Celebrazione dell’eccellenza enologica italiana nel cuore di Verona Varcando le soglie di questa affascinante location con un abbigliamento elegante e curato, requisito imprescindibile per immergersi nell’atmosfera esclusiva di OperaWine, mi sono trovata catapultata in un mondo stimolante e affascinante. È stata un’esperienza straordinaria poter entrare nell’olimpo dei vini italiani, anticipando l’inizio ufficiale di Vinitaly 2024. La possibilità di degustare in anteprima le eccellenze presenti, tra cui annate pregiatissime come il leggendario Sassicaia 1997, è stata un privilegio unico. Avevo già avuto l’opportunità di assaggiare l’annata 2017 durante  Matter of Taste, ma devo ammettere che l’aggiunta di 20 anni di invecchiamento ha trasformato radicalmente il vino, rendendolo a mio avviso ancora più straordinario! Le mie impressioni personali su OperaWine 2024 Il Gran Tasting mi ha offerto l’opportunità di esplorare e apprezzare in modo più approfondito la vasta gamma di vini disponibili, una sola etichetta per azienda, preparandomi in modo ottimale per affrontare le degustazioni durante Vinitaly.
Inoltre, l’occasione di stabilire contatti e connessioni importanti già prima dell’inizio ufficiale della fiera è stata estremamente preziosa. Grazie alle interazioni e agli assaggi presso gli stand di OperaWine, ho avuto la fortuna di entrare in contatto con produttori ed esperti del settore, rendendo nei giorni successivi il mio percorso attraverso Vinitaly ancora più gratificante e significativo.   Ecco gli assaggi che vi racconto
Tanta gente, moltissimi assaggi e meno di tre ore per affrontare il tutto. Di fronte a questa sfida,  mi sono affidata alla mia esperienza e ho optato per un mix di degustazioni, selezionando con cura i vini che meglio rappresentassero la diversità e l’eccellenza delle produzioni italiane. Le considerazioni di Alison Napjus, Senior Editor di Wine Spectator, hanno guidato le mie scelte: il vino italiano, secondo Napjus, esprime il suo massimo potenziale quando è abbinato al piatto giusto, un aspetto che riveste un’importanza cruciale soprattutto negli Stati Uniti, dove l’abbinamento cibo-vino non è ancora così diffuso come in Italia. Ho così cercato di capire se lo stile dei produttori stia andando verso la facilità di beva, incarnando un stile più attuale  e richiesto dai consumatori che anche quando scelgono una bevuta più impegnativa cercano sempre una piacevolezza scorrevole. Ippolito 1845 – Calabria con l’etichetta 160 Anni del 2015 Il mio primo assaggio è stato dedicato a un’azienda che ho avuto il piacere di visitare quest’estate: Ippolito 1845 con il suo straordinario vino “160 Anni” – annata 2015. Questa etichetta è stata creata per celebrare la storia dell’azienda, il suo impegno e la sua passione nel mondo vinicolo. Le tecniche innovative utilizzate per l’appassimento delle uve Gaglioppo su graticci e la lunga macerazione sulle bucce hanno conferito a questo vino profumi di frutti di bosco, viola, uvetta e spezie dolci. Il risultato è un vino complesso, dalla struttura imponente e dall’intrigante rotondità. Ho apprezzato particolarmente l’equilibrio perfetto di questo vino, con tannini ben integrati e una persistenza che si prolunga piacevolmente nel tempo.     Tasca d’Almerita |- Sicilia Contea di Sclafani Tenuta Regaleali Rosso del Conte 2017 Impossibile scegliere tra gli assaggi siciliani che mi hanno colpito di più durante OperaWine 2024: il Pietradolce (Etna) Barbagalli 2018, il Passopisciaro Terre Siciliane Contrada G 2016, il Benanti (Etna) Serra della Contessa Riserva 2016 e il Feudo Maccari Sicilia Vigna Guarnaschelli 2021 sono solo alcuni dei vini che hanno lasciato un’impronta indelebile nella mia memoria sensoriale.
Tuttavia, desidero dedicare un momento speciale per raccontarvi il mio assaggio del Rosso del Conte 2017 di Tasca d’Almerita. In cantina possiedo la 2014 e credo che presto la aprirò per confrontare le sensazioni che possono derivare da annate diverse. La degustazione di questo vino è stata un’esperienza unica, capace di trasmettere l’autenticità e l’eleganza tipiche dei grandi vini siciliani.   Elena Fucci – Aglianico del Vulture Titolo 2020 e Grifalco – Aglianico del Vulture Superiore Daginestra 2019 Un’altra piacevole sorpresa è stata la degustazione dei vini del Vulture: il Grifalco Aglianico del Vulture Superiore Daginestra 2019 ed il famoso Elena Fucci Aglianico del Vulture Titolo 2020 si sono distinti come i migliori assaggi della regione. Quando si parla del Vulture, queste due aziende si possono considerare punti di riferimento assoluti sia in Italia che nel resto del mondo. Pur essendo figli di annate diverse, entrambi i vini presentano caratteristiche simili e promettenti, ma richiedono ancora del tempo per esprimere appieno il loro potenziale.   Marchesi di Barolo | Barolo Sarmassa 2004 Passando a una serie di assaggi in Piemonte, desidero condividere con voi l’esperienza del Barolo Sarmassa 2004. Questo vino, proviene da un terroir che geologicamente appartiene all’epoca tortoniana ma presenta caratteristiche del suolo serravalliane e pertanto regala sensazioni veramente speciali. Tra i migliori cru dei Marchesi di Barolo, il Sarmassa vanta pendii esposti a sud e terreni bianchi relativamente poco fertili, che contribuiscono a limitare le rese e a concentrare la qualità. Dopo un affinamento di 10 anni in botte di piccole dimensioni seguito da ulteriori anni in botti grandi e alcuni mesi in bottiglia, il Barolo Sarmassa si presenta con un colore granato evoluto. Al naso, gli aromi spaziano dalla resina di pino al tabacco, dalla cannella al cuoio, mentre in bocca il vino si rivela un autentico velluto, con tannini ancora presenti ma di una rara setosità. Un vino da grandi occasioni e dalle notevoli capacità di invecchiamento. Per me, il momento culminante è stato poter salutare personalmente Valentina Abbona e sua madre, due donne del vino veramente straordinarie, che hanno reso ancora più speciale questa esperienza. Gerardo Cesari | Amarone della Valpolicella Classico Bosan Riserva 2013 l Veneto e i suoi straordinari vini, tra cui spicca indubbiamente l’Amarone, che regna sovrano tra le eccellenze della regione. Scelgo di condividere con voi la mia esperienza con Gerardo Cesari. Ho avuto il privilegio di scambiare qualche parola con l’enologo e ricevere un invito speciale nella loro cantina. Il Bosan Riserva 2013 di Gerardo Cesari presenta eleganza e complessità tipiche dell’Amarone. Le tonalità scure delle note balsamiche e terrose si fondono armoniosamente con i profumi avvolgenti di ciliegia in confettura, pepe e vaniglia. In bocca si apre con una dolcezza avvolgente, per poi rivelarsi sapido e caldo, avvolgente ad ogni sorso. I tannini decisi, ma perfettamente integrati, donano al vino una straordinaria struttura, mentre i sapori di ciliegia e cioccolato fondente persistono a lungo nel palato. Frutto di un invecchiamento di 3 anni in barrique francesi e 15 mesi di affinamento in bottiglia, questo Amarone ha origine dal vigneto terrazzato omonimo situato a Marano della Valpolicella, a 500 metri di altezza, caratterizzato da suolo calcareo e in parte vulcanico. Un’esperienza autentica nel cuore del Veneto enologico. Tabarrini | Montefalco Sagrantino Il Bisbetico Domato 2020 quando arrivo nella zona dei vini Umbri, mi sembra di respirare un’aria familiare, avendo più volte approfondito il territorio dal punto di vista vinicolo. ritrovo i vini emblematici che raccontano la storia e la tradizione di questa parte dell’Umbria: Lungarotti col Torgiano Rubesco Vigna Monticchio Riserva 2016, Scacciadiavoli – Montefalco Sagrantino 2010, e Giampaolo Tabarrini che mi ha fatto degustare Montefalco Sagrantino Il Bisbetico Domato 2020.
un assaggio che merita di essere riaffrontato fra qualche tempo, anche se lo stile si sta affinando ha bisogno comunque di più tempo per smussarsi un po’.   Arnaldo Caprai | Montefalco Sagrantino 25 Anni 2013 Un incontro importante è stato quello con Marco Caprai e il suo straordinario Sagrantino. Marco è considerato il padre del Sagrantino moderno, quel vitigno che oggi è conosciuto e ammirato in tutto il mondo. È stato lui il promotore e il regista dell’affermazione di questa varietà e del vino nella versione secca, cambiando radicalmente le sorti non solo del territorio, ma anche dell’intero settore vitivinicolo umbro. Ciò che rende ancora più significativo il lavoro di Marco è la sua attenzione per l’ambiente e la sostenibilità. Il Sagrantino 25 Anni, creato per celebrare le nozze d’argento dell’azienda, ha conquistato i Tre Bicchieri del Gambero Rosso nel 1997 e ancora oggi regala esperienze sensoriali straordinarie. Al naso, emergono note di tostature e cioccolato che incorniciano susine e ciliegie sotto spirito, lavanda e liquirizia e note balsamiche avvolgenti. Il sorso è sontuoso e caldo, con un peso specifico notevole, ma moderno e equilibrato. Dopo undici anni di invecchiamento, il vino comincia a trovare un buon equilibrio grazie ai tannini ben integrati, con un finale leggermente astringente che invita a un altro sorso.   Riflessione finale su Operawine 2024
Potrei continuare con altri assaggi ma preferisco fermarmi qui e lasciarvi con le me ultime considerazioni. Secondo me è essenziale porre l’attenzione su due fronti fondamentali che emergono dall’esperienza di OperaWine 2024: l’adeguamento dei vini e la sostenibilità. Vini più versatili per il futuro del vino
In primo luogo, l’aggiornamento dei vini rappresenta una sfida cruciale per l’industria vinicola italiana. È fondamentale che i vini siano più accessibili e facili da bere, al fine di scongiurare il calo del consumo. Questo non significa compromettere la qualità o l’autenticità dei vini italiani, ma piuttosto adattarli alle esigenze e alle preferenze dei consumatori moderni, offrendo una gamma diversificata di opzioni che possano soddisfare una vasta gamma di palati. Vini più versatili e meno da meditazione. Sostenibilità e meno burocrazia
In secondo luogo, la sostenibilità è un imperativo categorico per il futuro vinicolo italiano. È necessario rendere la sostenibilità una realtà tangibile, non solo un concetto astratto. Ciò richiede un impegno concreto non solo da parte dei singoli produttori, ma anche l’adozione di politiche e leggi che favoriscano e promuovano la sostenibilità ambientale in tutto il settore. È fondamentale semplificare le leggi e rendere le normative più accessibili, in modo che anche i piccoli produttori possano adottare pratiche sostenibili senza eccessiva burocrazia. Solo attraverso un impegno collettivo e una visione condivisa per l’innovazione e la sostenibilità, l’industria vinicola italiana potrà continuare a prosperare e a mantenere la propria posizione di leadership nel panorama vinicolo mondiale. OperaWine 2024 ha rappresentato un’importante pietra miliare in questo percorso, evidenziando le sfide e le opportunità che attendono il settore nel futuro. Benedetta Costanzo
benedetta.costanzo@winetalesmagazine.com
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13 Aprile, 2024

Vino e Donne: Avventure Alsaziane!

Alla conquista dell’Alsazia con le donne del vino. L’Alsazia, terra di vini rinomati e paesaggi mozzafiato, è stata la cornice del mio primo viaggio con l’Associazione Nazionale Donne del Vino. Quest’esperienza ha unito passione, conoscenza e quella sensibilità distintiva che spesso caratterizza le donne nel mondo del vino.
L’anno scorso sono entrata a far parte di questa associazione in cui credo molto. Le Donne del Vino Italiane sono un gruppo dinamico e influente che riunisce le menti più brillanti e talentuose del settore enologico, dalla produzione alla vendita, alla comunicazione del vino. Questa associazione gode di un’ottima reputazione sia in Italia che all’estero e non solo celebra il vino, ma anche il ruolo fondamentale che le donne possono esprimere in questo settore. Le Donne del Vino: Passione e Condivisione È molto più di un’associazione: è un movimento che mira a diffondere la cultura e la conoscenza del vino attraverso la formazione e la valorizzazione del ruolo della donna imprenditrice nel settore vitivinicolo ed enoturistico. Gli obiettivi sono ambiziosi e strettamente legati all’aspetto professionale, in particolare mirano alla promozione di un consumo responsabile, alla crescita della cultura del vino e la valorizzazione del ruolo delle donne nella società e nel lavoro. Inoltre collegare le Donne del Vino tra loro favorendo iniziative condivise, la formazione e i viaggi di istruzione, portare la voce delle Donne del Vino alle istituzioni e alle organizzazioni del vino italiane ed estere.   Un’avventura con le protagoniste del vino Questa associazione, la più grande e attiva nel settore enologico femminile a livello mondiale, ha gettato le basi per molte altre organizzazioni di donne impegnate in diversi ambiti economici, dimostrando che l’inclusione di tutta la filiera, dalla produzione alla vendita, è la chiave per il successo e l’innovazione.
E così quando si è presentata l’opportunità di visitare, non solo da un punto di vista enologico, un paese come l’Alsazia mi sono lanciata. La Strada dei Vini Ho così scoperto La Strada dei Vini, un percorso incantevole che si snoda attraverso panorami mozzafiato, caratterizzati da vigneti a perdita d’occhio e punteggiati da castelli maestosi e pittoreschi villaggi dalle case a graticcio. Conosciuta un tempo come “Strada del vino”, con i suoi 170 km che si snodano da nord a sud, ci regala paesaggi che sembrano usciti da una fiaba. Inaugurata il 30 maggio 1953, La Strada del Vino dell’Alsazia è la più antica in Francia e si snoda ai piedi del massiccio dei Vosgi. Lungo tutto il tragitto, seguendo i sentieri viticoli segnalati, i viaggiatori possono esplorare numerose cantine e realtà vinicole, che rappresentano indubbiamente una delle principali ricchezze della regione. Esperienze straordinarie tra i vigneti dell’Alsazia Il viaggio tra i vigneti dell’Alsazia è stata un’esperienza indimenticabile, che mi ha permesso di comprendere territorio, stile e Anima di questi vini molto diversi dai nostri che possono essere considerati la vera essenza di questa terra straordinaria. Con piacere vi invito a seguirmi in un viaggio attraverso l’Alsazia, mentre condivido con voi le ragioni che rendono questo territorio così affascinante e degno di essere scoperto e apprezzato in tutte le sue sfaccettature.
Oltre alle meraviglie enogastronomiche legate al mondo del vino, ci sono alcuni elementi che hanno toccato profondamente la mia sensibilità e che voglio condividere con voi: le affascinanti case dai tetti spioventi, le eleganti cicogne e la suggestiva replica della Statua della Libertà. Questi sono solo alcuni degli elementi che rendono questo territorio così unico! Affascinanti case dai tetti spioventi Le pittoresche case a graticcio che punteggiano i villaggi dell’Alsazia sono tesori architettonici che raccontano storie antiche e incantano con la loro bellezza rustica. Sebbene siano un elemento comune in buona parte dell’Europa centrale, la loro presenza qui aggiunge un tocco di antica bellezza e romanticismo ai borghi e alle città alsaziani. La ragione della loro diffusione è in parte da attribuire alla semplicità dei materiali utilizzati nella loro costruzione: legno, paglia, gesso e malta, tutti facilmente reperibili e poco costosi. Inoltre, la costruzione di queste case richiedeva tempi relativamente brevi, grazie alla disponibilità dei materiali e alla semplicità della tecnica di montaggio. Tuttavia i ricchi preferivano altre tecniche e materiali più prestigiosi, come la pietra, che era un vero status-symbol dell’epoca. Infatti le dimore patrizie spesso erano caratterizzate da torri e altri elementi distintivi che esprimevano ricchezza e prestigio.
Le cicogne, simbolo dell’Alsazia Con i loro modi eleganti e la presenza dei nidi sui campanili delle chiese, sulle case e sulle torri dei villaggi e delle città, aggiungono un tocco di magia e mistero al paesaggio alsaziano.
Ho ammirato con meraviglia gli eleganti voli delle cicogne che solcavano i cieli d’Alsazia, creando una scena incantevole mentre si libravano sopra i prati e tra le vigne. conferendo un fascino unico al paesaggio. È stato un privilegio poter osservare da vicino un animale così raro nel nostro paese, ma così comune e simbolico in questa regione. La cicogna diventava così non solo un elemento caratteristico dell’Alsazia, ma anche un emblema della sua bellezza e della sua ricca biodiversità.   Statua della Libertà: connessione fra due mondi Infine, voglio raccontarvi dell’emozione crescente che provavo quando per raggiungere vigneti e cantine giungevamo all’ingresso settentrionale della città di Colmar e ci si trovava di fronte a una replica imponente della Statua della Libertà. Alta dodici metri e realizzata in resina, questa fedele riproduzione dell’iconica statua di New York è stata eretta nel 2004 per commemorare il centenario della morte di Auguste Bartholdi, l’artista che l’ha creata. Ho interpretato questa presenza come un legame tangibile tra Colmar e New York, due città distanti ma unite da un filo ideale. La statua mi appariva non solo come un simbolo della libertà e dell’illuminazione, ma anche di una connessione speciale tra due luoghi diversi del mondo. Ammirarla era un’esperienza che rapiva l’animo, aggiungendo un tocco di magia alla visita dei vigneti e delle cantine, mentre mi perdevo nei significati profondi che evocava. Ma torniamo al vino! Per comprendere appieno l’importanza dell’enologia in Alsazia è fondamentale esaminare alcuni aspetti chiave della regione, tra cui il suo terroir, la sua storia e le sue denominazioni vinicole. Quindi in questo primo articolo vi spiegherò territorio, clima, vitigni, denominazioni e stili per poi proseguire nei prossimi articoli con il racconto delle aziende visitate e degli assaggi che mi hanno colpito di più. Alsazia e Terroir Dal punto di vista pedologico, l’Alsazia è uno dei territori che vengono considerati di montagna per la produzione di alcuni grandissimi vini. È vero che siamo a una latitudine che non permette un facile allevamento della vite.  Ma è anche vero che le altitudini dei Vigneti vanno dai circa 200 metri di altitudine fino a un massimo di 400 m slm. Quindi non possiamo parlare fino in fondo di viticultura di montagna. Anche perché le caratteristiche climatiche sono molto particolari: inverni estremamente rigidi e freddi; però l’estate e la fine della Primavera tendono ad essere molto calde, a volte addirittura torride.  Quindi abbiamo un clima che per alcuni versi potrebbe anche ricordare il nostro Alto Adige e quindi con dei vini di luce, dei vini generosi, che in alcuni casi maturano una componente alcolica anche abbastanza elevata. Più di 10 varietà di suoli differenti È un territorio ricco e diversificato, caratterizzato da molti suoli differenti e tanti microclimi. lo scostamento delle faglie geologiche ha fatto emergere suoli di tipologia molto differente (sabbiosa, ghiaiosa, marnosa, calcarea, argillosa, granitica o vulcanica, di ardesia e di loess), tanto da essere definita la sorella maggiore della Borgogna. Andiamo dal suolo leggermente più sabbioso,  proprio a ridosso del fiume Reno,  a quelli più calcarei e argillosi nelle aree collinari, fino a una  componente addirittura vulcanica data dai Monti Vosgi, importantissimi perché proteggono dai venti freddi da ovest e da nord, creando un microclima ideale per la coltivazione delle uve. II fiume Reno, invece, fornisce un prezioso apporto di umidità che favorisce lo sviluppo della botrytis cinerea, elemento chiave per la produzione di vini dolci di alta qualità.   Un po’ di storia… Storicamente, l’Alsazia è stata al centro di molte vicende politiche e culturali, passando spesso tra le mani di Francia e Germania nel corso dei secoli. Questo ha influenzato non solo la cultura e le tradizioni della regione, ma anche la produzione vinicola, che riflette una fusione unica di influenze francesi e tedesche. Il territorio dell’Alsazia, con la sua doppia anima francese e tedesca, rappresenta un crocevia di culture e tradizioni che si riflettono anche nella produzione vinicola.
Divisa in due parti, Haut-Rhin e Bas-Rhin, il paese vanta un totale di 15,2 mila ettari dedicati principalmente alla coltivazione delle uve a bacca bianca, con solo l’8% della produzione destinata ai vini rossi, percentuale tuttavia in crescita. Vitigni e denominazioni L’Alsazia è conosciuta per la sua produzione di vini monovarietali, fatti da una singola varietà d’uva, come Riesling, Gewürztraminer, Pinot Gris e Muscat. Questi vini riflettono le caratteristiche distintive del terroir alsaziano e rappresentano alcune delle espressioni più pure e autentiche del territorio. Le tre appellazioni di origine controllata (AOC) dell’Alsazia che rappresentano l’apice della qualità e dell’espressione del terroir alsaziano sono: – Alsace, denominazione riservata ai vini di regola da monovitigno; – Alsace Grand Cru, che portano il nome del vitigno in etichetta; – Crémant d’Alsace, spumante elaborato con il metodo della rifermentazione in bottiglia, prevalentemente da uve Pinot blanc. I Grands Crus alsaziani sono stati definiti negli anni ‘70, a seguito di lunghissime trattative. Oggi sono 51, rappresentano l’espressione dei vari profili di suolo e possono essere elaborati solo da quelli che in Alsazia sono definiti vitigni nobili: Gewürztraminer, Riesling Renano, Muscat d’Alsace e Pinot Gris. La resa dei vini alsaziani grand cru è inoltre inferiore a quello degli altri: 55 ettolitri contro gli 80 dell’appellazione base. Vini dell’Alsazia: una gioia per il palato e il cuore Imbottigliati nella  conosciutissima bottiglia alsaziana con etichette spesso gialle, è impossibile non riconoscere questi vini!
La regione è molto conosciuta per i vini meno secchi. Non di rado, infatti, i produttori vinificano le proprie uve lasciando in bottiglia dei residui di zucchero piuttosto percettibili, rendendo così il vino più morbido e alcolico: sono i cosiddetti vini “moelleux”.
Sul fronte dei vini dolci, invece, l’AOC Alsace e l’AOC Alsace Grand Cru possono includere le tipologie Vendage Tardive, elaborati da uve nobili in sovramaturazione o colpite dalla muffa nobile, e Sélection de Grains Nobles, ottenuti mediante selezione di acini colpiti da botrytis cinerea: sono tipologie dotate di grande complessità e persistenza dovute alla maggiore concentrazione delle sostanze o alla presenza della muffa nobile.
Le Vendange Tardive e le Sélection de Grains Nobles sono gioielli enologici, e rappresentano la quintessenza della dolcezza e della complessità, testimoniando l’eccezionale maestria dei vignaioli alsaziani. Alsazia in tavola Oltre ai vini straordinari, l’Alsazia delizia anche il palato con la sua ricca tradizione gastronomica, influenzata dalla vicina Foresta Nera in Germania.
Ci sono infatti molti piatti e specialità in comune ai due paesi, soprattutto per quanto riguarda le pietanze a base di carne o le famose bretzel, i pani salati a forma di cuore intrecciato.  Piatti come la Choucroute (crauti aromatizzati alle bacche di ginepro che fanno da contorno a salsiccia, pancetta, stinco di maiale o prosciutto), il Bäckeoffe (stufato di carne e verdure)  e il Coq au Riesling (gallo cotto nel vino bianco alsaziano) si sposano armoniosamente con i vini locali, creando esperienze culinarie indimenticabili.     Per oggi mi fermo qui e mi riservo di continuare il mio viaggio con le Donne del Vino la prox settimana raccontandovi delle persone appassionate che ho incontrato e con le quali ho condiviso quest’esperienza di crescita personale, delle aziende e degli assaggi più emozionanti.
Sempre sulla mia rubrica “Le scoperte enoiche di Benny”, sempre su Winetales Magazine. Cin! Benedetta Costanzo
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6 Aprile, 2024

Aprile, aprile, ogni goccia fa barile!

Questa volta, sono entusiasta di condividere con voi un articolo un po’ diverso dal solito. Piuttosto che raccontare di una visita in cantina o di un evento enoico specifico, ho il piacere di introdurvi a una selezione di etichette che ho personalmente gustato e apprezzato enormemente. È un’esperienza che spero diventi un appuntamento ricorrente, permettendoci di esplorare insieme il vasto panorama delle eccellenze enogastronomiche che il nostro paese – e non solo – ha da offrire. Attraverso la degustazione di questi vini, vi condurrò in un viaggio attraverso i territori più affascinanti, suscitando curiosità e interesse per le diverse tradizioni vinicole. Pronti a sollevare i calici e iniziare questo viaggio? Ho scelto di presentarvi sei tipologie diverse di vino, ognuna portatrice di caratteristiche uniche e affascinanti, in modo da offrirvi un viaggio attraverso gusti e profumi che si adattano a una vasta gamma di piatti. La mia priorità è stata sempre privilegiare abbinamenti che valorizzino il territorio di provenienza del vino. Quindi, preparatevi a scoprire insieme le stelle del mese che hanno saputo conquistarmi con la loro straordinaria unicità e raffinatezza.   Bollicina Metodo Classico: Frecciarossa Extra Brut Millesimato 2020 Nel magico mondo delle bollicine, il Frecciarossa Extra Brut Millesimato 2020 della rinomata Azienda Frecciarossa si distingue per la sua eleganza e raffinatezza. Fondata nel lontano 1919 da Mario Odero, un visionario innamorato delle colline dell’Oltrepò Pavese, l’azienda ha saputo tramandare nel tempo la sua passione per il territorio e la produzione di spumanti di alta qualità. Il nome suggestivo dell’azienda, nato da un errore di trascrizione del toponimo “Fraccia Rossa”, racchiude in sé l’essenza di una storia intrisa di tradizione e innovazione. Azienda: Frecciarossa è da sempre una pioniera nello sviluppo dello spumante di qualità, sia sul territorio italiano che oltre confine. Attualmente alla guida c’è quarta generazione, Valeria che insieme alla madre Margherita Odero, nipote di Mario portano avanti l’azienda con una gestione al femminile e dalla forte impronta biologica. Con 21 ettari di vigneto su una tenuta complessiva di 31 ettari, la biodiversità è una realtà tangibile, grazie alle innumerevoli tecniche ed attenzioni. Vitigno: Questa eccellente bollicina è ottenuta esclusivamente da uve di Pinot Nero, espressione autentica del territorio dell’Oltrepò Pavese. Territorio: Le colline dell’Oltrepò Pavese, anticamente sommerse dal mare, custodiscono terreni ricchi di storia e mineralità. La varietà geologica dei suoli, che comprende argille rosse, marne e vene di gesso, conferisce al vino una complessità e un carattere unici, che si riflettono pienamente nel bicchiere. Scheda Tecnica: La vendemmia manuale e la pressatura soffice delle uve intere permettono di ottenere un mosto fiore di alta qualità. La fermentazione alcolica avviene a temperature controllate, seguita da una decantazione spontanea e una stabilizzazione a freddo durante l’inverno. Il tiraggio avviene nella primavera successiva alla vendemmia, seguito da una presa di spuma a 16 °C e un affinamento sui lieviti di 22 mesi, con successiva sboccatura avvenuta nel febbraio 2023. Degustazione Il Frecciarossa Extra Brut Millesimato 2020 si presenta nel bicchiere con un invitante colore giallo paglierino, arricchito da riflessi dorati e un perlage visibile e persistente. Al naso, si apre con fragranti note di fiori bianchi, arricchite da suggestivi sentori balsamici e minerali. In bocca, regala un’esperienza di grande armonia e piacevolezza, con una buona vena acida che pulisce il palato, lasciando un retrogusto caratterizzato da note minerali distintive. Un autentico Pinot Nero dell’Oltrepò Pavese in purezza, che incanta con la sua complessità e eleganza. Abbinamento Questa bollicina di classe si presta magnificamente a essere gustata come aperitivo di benvenuto o in accompagnamento a piatti raffinati a base di pesce, come un carpaccio di tonno o un crudo di gamberi. La sua freschezza e complessità lo rendono inoltre ideale da abbinare a formaggi cremosi e delicati, come il brie o il camembert, e la sua struttura permette di abbinarlo anche a un primo piatto con funghi e tartufo,  esaltando al meglio il carattere unico di questo vino.   2. Vino Bianco: MEZZO BRACCIO TOSCANA IGT 2019 RIESLING In un viaggio attraverso la Toscana, nel cuore della Tenuta Monteloro dei Marchesi Antinori, scopriamo un tesoro enologico, un Riesling Renano che incanta con la sua unicità e raffinatezza. Azienda: Immersa tra le suggestive colline dell’Appennino alle spalle di Fiesole, la Tenuta Monteloro dei Marchesi Antinori è un vero gioiello. I paesaggi mozzafiato, che si dice abbiano ispirato il viaggio dantesco della Divina Commedia, raccontano storie antiche di nobili famiglie fiorentine, tra cui quella di Dante Alighieri e Beatrice Portinari. La tenuta, situata a un’altitudine media di 500 metri s.l.m. su 600 ettari totali, si contraddistingue per un clima fresco e terreni ricchi di minerali, ideali per la coltivazione di varietà aromatiche a bacca bianca. Vitigno e  Annata 2019 Il Riesling Renano trova in questa terra toscana un’espressione unica, grazie ai suoli argillosi e calcarei che conferiscono al vino una straordinaria complessità. Il Mezzo Braccio, prodotto a partire dall’annata 2007, prende il nome da un’antica unità di misura fiorentina, testimone di un passato ricco di storia e tradizione. L’annata 2019 ha visto un inverno rigido seguito da una primavera caratterizzata da piogge benefiche per lo sviluppo vegetativo. L’estate calda è stata mitigata da alcune precipitazioni che hanno favorito un’ottima maturazione delle uve, mantenendo un equilibrio perfetto tra acidità e maturità aromatica.
Vinificazione: Le uve, raccolte manualmente tra settembre e ottobre, sono state diraspate e delicatamente pressate per estrarre il succo con la massima delicatezza. La fermentazione alcolica avviene in tini di acciaio inox a temperatura controllata, seguita da un affinamento sui lieviti e un successivo affinamento in bottiglia per 18 mesi. Degustazione e Abbinamento Il Mezzo Braccio si presenta nel bicchiere con un affascinante colore giallo paglierino. Al naso si aprono fragranti aromi floreali di sambuco e fiori bianchi, accarezzati da leggere note verdi di bosso e sensazioni iodate. In bocca, il vino colpisce per la sua freschezza arricchita da una sapidità che sostiene un’elegante mineralità che conferisce profondità e struttura.
Questo Riesling Renano toscano è l’ideale compagno di piatti di pesce, come un plateau di ostriche o un piatto di linguine con cernia e asparagi. La sua freschezza e complessità lo rendono perfetto anche in abbinamento a piatti a base di verdure, come una terrina di verdure croccanti o un risotto primaverile. 3. Rosato: Vesuvio Lacryma Christi DOC Rosato Black Label della Cantina Del Vesuvio Nel cuore delle terre fertili ai piedi del Vesuvio, la Cantina Del Vesuvio ci regala un’esperienza enologica unica con il suo prestigioso Vesuvio Lacryma Christi DOC Rosato Black Label. Fondata nel 1930 da Giovanni Russo e oggi gestita con passione e dedizione dall’intera famiglia, l’azienda si distingue per la produzione di vini biologici e sostenibili, mantenendo vive le tradizioni vinicole campane e offrendo esperienze autentiche ai visitatori. Filosofia aziendale La Cantina Del Vesuvio ha fatto una scelta coraggiosa nel 1996: quella di produrre esclusivamente vino biologico, mantenendo un approccio sostenibile in tutte le fasi della produzione. Questa decisione, sebbene non facile, si è rivelata fondamentale per preservare l’autenticità e la qualità dei loro vini. La conduzione familiare dell’azienda, con Maurizio Russo e la sua famiglia al timone, testimonia l’impegno e la passione che animano ogni processo, dalla vigna alla bottiglia. Un vitigno autoctono campano Il Vesuvio Lacryma Christi DOC Rosato Black Label è ottenuto da sole uve di Piedirosso, detto pier’e palummo, un antico vitigno autoctono un po’ capriccioso ma dalle caratteristiche uniche. Le vecchie vigne, coltivate con cura e rispetto per il territorio, contribuiscono a conferire al vino una straordinaria complessità e profondità. Vinificazione e Caratteristiche Questo rosato campano si distingue per il suo colore rosa e il suo bouquet floreale e fruttato, arricchito da note di frutti di bosco e fiori primaverili. Al palato, si presenta fresco e vivace, con una piacevole morbidezza e una sottile mineralità che lo rende particolarmente intrigante. Affinato per 6 mesi in acciaio, questo vino esprime al meglio il carattere unico del terroir vesuviano.   Abbinamento Il Vesuvio Lacryma Christi DOC Rosato Black Label è un vino versatile, adatto ad accompagnare una vasta gamma di piatti. Perfetto in abbinamento a formaggi freschi, piatti a base di pesce, risotti e carne bianca. ottimo con un primo condito con pomodorini del piennolo, tipici di questa terra! Si consiglia di servirlo a una temperatura di 8-10°C per apprezzarne al meglio tutte le sfumature aromatiche e gustative.   Vino Rosso: Montetarbato IGT Ravenna Centesimino 2018 di Cantina San Biagio Vecchio Immersi tra le colline romagnole di Oriolo dei Fichi, Andrea e Lucia sono i custodi dell’anima della Cantina San Biagio Vecchio, un’autentica oasi vitivinicola a due passi da Faenza. Con passione e dedizione, coltivano sei ettari di terra dove prendono vita vitigni autoctoni come l’Albana, il Sangiovese e il Centesimino, un tesoro enologico dalla storia avvincente.   Storia e Filosofia La Cantina San Biagio Vecchio è il risultato di un amore condiviso per la terra e la viticoltura. Andrea, subentrato nella conduzione del podere a Don Antonio Baldassari, parroco di San Biagio e appassionato vignaiolo, e Lucia, proveniente dal mondo della ristorazione, uniscono le loro passioni e competenze per dare vita a vini unici e autentici. Con una profonda connessione con il territorio e una filosofia improntata alla sostenibilità, la coppia dà vita a vini che raccontano la storia e le tradizioni della Romagna. Ottenuto al 100% da una selezione di vecchi cloni di Centesimino, vitigno semi-aromatico autoctono della Romagna, questo vino rappresenta un’autentica espressione del territorio di San Biagio Vecchio. Se come me vi recherete a trovarli in azienda, sarà la stessa a Lucia a raccontarvi la storia proprio calpestando i vigneti in cui nasce la storia di questo vitigno. Vinificazione e Caratteristiche: Il Montetarbato si distingue per il suo colore rosso rubino intenso e la sua prorompente aromaticità, che avvolge il palato con note speziate, rosa canina e alloro. In bocca, riprende fedelmente il quadro olfattivo, sviluppando una piacevole persistenza sostenuta dalla sottilissima trama dei tannini e grande freschezza. La fermentazione spontanea con i propri lieviti indigeni e la maturazione in acciaio conferiscono al vino un carattere unico e autentico.
Abbinamento Gastronomico: Il Montetarbato si presta magnificamente all’abbinamento con piatti di carne, come le succulente costolette di agnello con erbe aromatiche. La sua complessità aromatica e la freschezza in bocca si sposano alla perfezione con i sapori intensi come una tartare di manzo al tartufo con germogli verdi.   Vino Dolce: ROMAGNA DOCG ALBANA PASSITO di Cantina Bissoni 2018 Immersa tra le affascinanti colline romagnole di Bertinoro, la Cantina Bissoni rappresenta un autentico scrigno di tradizione e qualità, dove Raffaella Bissoni, donna straordinaria e custode appassionata della terra, crea vini che raccontano la storia e la bellezza di bertinoro e dello Spungone.     Storia e Filosofia Fondata nel 1988 da Raffaella Bissoni, la Cantina Bissoni si estende su un terreno di 12 ettari, di cui 6 vitati, e rappresenta un’eccellenza nella produzione di vini di alta qualità. Da quasi trent’anni, Raffaella si dedica con passione alla coltivazione di uve autoctone come il Sangiovese e l’Albana, seguendo una filosofia improntata al rispetto per l’ambiente e alla valorizzazione delle tradizioni locali. Nel 2016, la Cantina ha ottenuto la certificazione biologica, confermando l’impegno di Raffaella per la sostenibilità e il benessere del territorio. Tra le eccellenze della Cantina Bissoni spicca il ROMAGNA DOCG ALBANA PASSITO, un nettare dorato ottenuto con il metodo di appassimento su pianta. L’Albana, regina indiscussa della Romagna, si trasforma in un vino straordinario, ricco di aromi e note gustative che conquistano i sensi. Vinificazione e Caratteristiche Il processo di vinificazione di appassimento delle uve in pianta, nelle annate favorevoli è impreziosita dall’azione della Botrytis Cinerea. Dopo una vendemmia effettuata in più passaggi per la raccolta delle uve appassite, segue una fermentazione alcolica con lieviti indigeni e un affinamento di circa due anni, parte in acciaio e parte in barriques di rovere francese, seguito da almeno 18 mesi in bottiglia. Il risultato è un vino di una straordinaria complessità, dal colore giallo oro intenso tendente all’ambrato con l’invecchiamento. Al naso si aprono profumi di confettura di albicocca, dattero, fichi secchi, miele e vaniglia, con note speziate e, con l’invecchiamento, sentori tipici di zafferano. In bocca si rivela grasso, suadente a volte con una leggera sensazione tannica, con una persistenza indelebile. Abbinamenti: questo passito è un vino ricco e strutturato, adatto a grandi invecchiamenti. Si sposa magnificamente con formaggi stagionati e erborinati, foie gras, ma anche con torte al cioccolato e pasticceria secca. Da degustare almeno 3 anni dopo la vendemmia, questo vino è in grado di regalare emozioni uniche e indimenticabili, rappresentando il meglio della tradizione vinicola della Romagna. Concludo questo viaggio attraverso i sapori del mese di aprile invitandovi a non dormire ma a scoprire ulteriori delizie enogastronomiche su Winetales Magazine e a vivere ogni sorso in modo consapevole e appassionato. Che ogni bottiglia sia un racconto da gustare con curiosità e che ogni sorso sia un viaggio nei paesaggi e nelle tradizioni che rendono unici i vini che amiamo. Cin cin e buona degustazione! Benedetta Costanzo
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30 Marzo, 2024

Matter of Taste 2024: Trionfo! Parte II

Dove eravamo rimasti?
Riprendiamo il racconto di Matter of Taste interrotto la scorsa settimana perché ho proprio tanta voglia di proseguire. Quest’esperienza, finora raccontata attraverso le eccellenze francesi e non solo, mi ha calato in uno scenario d’élite: assaggi superlativi con vini di elevato punteggio ma anche di pari qualità. Faccio fatica a definire il vino come un semplice prodotto; è molto di più! In questa realtà ho trovato connessioni inaspettate, luoghi non ancora visitati sono stati scoperti, storie studiate e sognate hanno finalmente trovato riscontro, facendo volare la mia anima enoica.
Ricominciamo quindi il racconto, partendo dall’Italia che in quest’evento non ha sfigurato. Anzi! Le eccellenze del Belpaese erano talmente numerose da non permettermi di assaggiarle tutte. Tuttavia, ho fatto del mio meglio e qui racconterò gli assaggi che ho trovato più emozionanti e coinvolgenti. La Toscana in testa alle eccellenze italiane
La regione che ormai mi ha adottata, la Toscana, ancora una volta, si è dimostrata la regina indiscussa, rappresentando il meglio che l’Italia ha da offrire. Da Montalcino alla Maremma, dal Chianti Classico a Bolgheri, la regione, con ben 14 su 23 aziende italiane premiate, si conferma come il fiore all’occhiello del panorama vinicolo italiano. La straordinaria varietà di territori e vini, ciascuno con la propria storia e carattere unico ha espresso Montalcino tramite  Col d’Orcia raccontato dal Conte Marone-Cinzano in persona e Il Marroneto con Alessandro Mori; Nel Chianti Classico, aziende come Fontodi con il Chianti Classico Gran Selezione Vigna del Sorbo e Flaccianello della Pieve, Tenuta La Massa e Bibi Graetz hanno esibito la quintessenza del Sangiovese. A Bolgheri, Tenuta San Guido, Poggio al Tesoro e Marchesi Antinori Guado al Tasso hanno trasportato i presenti con storie di passione tramandate attraverso le generazioni. Petrolo in Valdarno ha dimostrato di produrre solo vini di eccellenza con il suo Galatrona e le tre versioni di Boggina A, B e C, incantando con potenza e finezza. Fattoria Le Pupille, con la Signora del Morellino Elisabetta Geppetti, ha esaltato l’eleganza del territorio. Infine, da Tua Rita, il Giusto di Notri e il Redigaffi hanno rappresentato la quintessenza della qualità e dell’artigianalità toscane. Oltre la Toscana
Le regioni che seguono mantengono un’elevata rappresentanza di eccellenze italiane. Nel Piemonte langarolo, aziende come Domenico Clerico, Paolo Scavino ed Elio Grasso si distinguono con i loro prestigiosi Baroli, regalando al territorio un’eccellenza ineguagliabile. Nel Veneto, spiccano gli Amarone di Masi e Zymé, che confermano la grandezza enologica della regione. Il resto d’Italia è ben rappresentato da Feudi San Gregorio – Tenute Capaldo per la Campania e l’Irpinia, da Tenute San Leonardo con il suo 2016 da punti 97+ orgoglio per il Trentino e da Cantina Terlano per l’Alto Adige (Alto Adige Terlaner Grand Cuvée Primo RP 97+).   Basta indugi e iniziamo con gli assagg!
Partiamo dal cuore stesso del dibattito enologico: il celebre Sassicaia. Questo vino è da sempre oggetto di discussioni accese e polarizzanti. Alcuni lo amano senza riserve, mentre altri lo criticano con una fermezza quasi dogmatica. Personalmente, credo che sia essenziale mantenere un approccio obiettivo quando si valuta un vino di tale prestigio. Le stesse regole dovrebbero applicarsi a tutti i vini: considerare l’annata e scegliere il momento ideale per assaporarlo al meglio. Cominciamo con Guidalberto, vino più accessibile della Tenuta San Guido. Ho avuto il piacere di degustare la sua annata 2021: un vino con un carattere distintivo, caratterizzato da un ingresso in bocca soddisfacente e una chiusura sapida che lascia un’impressione duratura. Passando al famoso Sassicaia, ho avuto l’opportunità di assaggiare la sua annata 2017. Quest’annata in Toscana è stata caratterizzata da temperature più elevate rispetto alla media, dando vita a un vino notevolmente diverso rispetto al suo predecessore del 2016. Fa presagire una longevità minore in quanto già piacevole ed equilibrato al palato. Una sosta indimenticabile a Poggio al Tesoro di Marilisa Allegrini,
Qui l’enologo Christian Coco mi ha guidato attraverso una serie di degustazioni che hanno espresso l’autenticità e l’eleganza del territorio. Abbiamo iniziato con il Vermentino da clone corso “Solosole 2022”, un vino fresco e vibrante che ha catturato l’anima della costa toscana. Successivamente, ci siamo lasciati incantare dal “Bolgheri Rosso Il Seggio 2021” e dal “Bolgheri Superiore Sondraia 2020”, vini che hanno raccontato la storia e la potenza dei grandi rossi bolgheresi. Infine, il culmine dell’esperienza è stato l’assaggio del mio preferito, il Cabernet Franc “Dedicato a Walter 2020”, con un punteggio di 94 da parte di Robert Parker. In tutto questo, l’eleganza del sorso è stata il filo conduttore che ha legato ogni degustazione, lasciandomi con un ricordo indelebile di questa straordinaria esperienza enologica. Il vino è arte
Un salto per salutare Bibi Graetz, il rinomato viticoltore che riempie di ‘Colore’ la Toscana (cit. Forbes 2021). Ho avuto l’onore di assaggiare l’eccellenza del suo “Testamatta” 2021, che ha ottenuto un incredibile punteggio di 96 da Robert Parker. Ma soprattutto, ho avuto il privilegio di degustare il leggendario “Colore”, la massima espressione del suo sogno. Realizzato con uve tradizionali toscane provenienti da alcuni dei vigneti più antichi e rari della regione, questo vino incarna la quintessenza della Toscana. Il Sangiovese conferisce struttura e potenza, il Colorino dona frutta e tannini vellutati, mentre il Canaiolo contribuisce con mineralità e intensità. Solo le migliori botti dell’intera produzione diventano “Colore”. E anche quest’anno, la 2021 ha raggiunto un incredibile punteggio di 98+ da parte di Robert Parker. Alessandro Mori: un’esperienza al di là delle mie aspettative!
Quest’uomo ha trasformato Il Marroneto in un’icona del Brunello, un vino premiato e idolatrato dalle guide e dai critici enoici più prestigiosi al mondo. Situate sul pendio nord della collina di Montalcino, nelle vicinanze della cinta muraria della città, le vigne del Marroneto rappresentano un luogo di magia e tradizione. Alessandro mi ha spiegato l’importanza del rispetto per l’uva, per la terra e per i valori profondamente radicati in lui che lo hanno spinto, nel 1994, ad abbandonare una carriera legale per diventare vignaiolo. I suoi vini sono veri e autentici, urlano l’identità del territorio. Nel Madonna delle Grazie 2019, con un punteggio di 99 da parte di Robert Parker, ho colto la commovente riconoscibilità di un Brunello “puro”, che incarna l’anima di Montalcino. Anche i rossi di Montalcino Ignaccio 2021 e Iacopo 2021 hanno catturato la mia attenzione per la loro personalità accattivante e la versatilità.
Tenuta La Massa:  gemma nel cuore del Chianti Classico
Ho il privilegio di incontrare il carismatico proprietario, Giampaolo Motta, che condivide con me la sua filosofia: utilizzare la conoscenza del territorio non solo per migliorare la produttività, ma per creare vini capaci di un’autentica interpretazione territoriale. Giampaolo ha rilevato l’azienda nel 1992, avviando un lungo processo di ripristino dei vigneti e delle cantine, con il sogno di trasformarla in un paradiso irraggiungibile. Nel calice, l’ottima qualità dei vini cattura il mio cuore: il Giorgio Primo 2019 (con un punteggio di 97+ da Robert Parker) e il Carla 6 2019 (con un punteggio di 96) dimostrano che la Toscana continua a essere una terra di straordinaria bellezza e qualità enologica. La Tenuta di Trinoro, dove la Toscana si unisce all’Umbria e al Lazio.
Un’esperienza unica con gli assaggi dei vini nati dalla filosofia e dalla forte personalità di Andrea Franchetti, uno dei più anticonformisti protagonisti del panorama vinicolo italiano. Produttore di assoluta eccellenza sia nella Val d’Orcia, patrimonio Unesco, con la Tenuta di Trinoro, che sull’Etna, con Passopisciaro, Andrea Franchetti, scomparso nel 2021, ha lasciato un’eredità indimenticabile. Oggi, le aziende sono portate avanti dal figlio Benjamin, affiancato da un team giovane tutto under 35. Tra gli assaggi offerti, ho avuto il privilegio di degustare Le Cupole 2021, un blend bordolese diverso ogni anno, che si distingue nel calice per uno stile internazionale ormai “toscanizzato”. Caratterizzato da freschezza gustativa e gradevolezza di beva, Le Cupole 2021 ha ottenuto un punteggio di 94 da Robert Parker, confermando l’eccellenza della Tenuta di Trinoro anche sotto la guida della nuova generazione. Bodega Chacra: Alla scoperta del Terroir Patagonico
La storia di Bodega Chacra e di Piero Incisa della Rocchetta è un viaggio di passione e scoperta che ha inizio nel 2001, quando Piero si innamora di un vino assaggiato alla cieca. Da questo momento, nasce un sogno che lo porterà a lasciare Tenuta San Guido per acquistare nel 2004 terreni in Patagonia, nell’Alta Valle del Rio Negro, con vigneti risalenti fino al 1932 a piede franco. Oggi, circa 45 ettari di vigneti sono gestiti secondo i principi dell’agricoltura biodinamica. In Patagonia, una “chacra” è un pezzo speciale di terra destinato alla pomologia, ma è anche un centro energetico vitale che ci connette con l’intero universo. Questa filosofia si riflette nei vini di Bodega Chacra, dove il vino diventa compagno di piacere e sensibilità, nutrendoci e connettendoci con tutto ciò che vive e vibra. I vini di Bodega Chacra mi hanno davvero stupito. Nascono da un clima secco, con escursioni termiche da zona desertica e costante irraggiamento solare, e si distinguono per la completa assenza di malattie fitosanitarie e per il rispetto del territorio in cantina, con fermentazioni spontanee, nessuna chiarifica e filtrazione. Diversi assaggi e tante emozioni. I miei “Chacra” preferiti
Il Bodega Chacra – Mainqué Chardonnay 2018 è un’esperienza di eleganza, sapidità e spinta minerale, frutto di fermentazione in legno e affinamento di 11 mesi in barrique di primo, secondo e terzo passaggio. Mentre il Bodega Chacra – Barda 2018, prodotto al 100% da Pinot Noir proveniente dalle vigne più giovani, si distingue per la sua purezza, leggerezza e succosità, con tannini carezzevoli e straordinaria bevibilità. Un inizio indimenticabile in questo viaggio alla scoperta del Terroir Patagonico.   In conclusione
Matter of Taste è stato un vero e proprio sogno, un’immersione che ha stimolato ogni fibra del mio essere. Mi ha svelato il vero potere del vino nel trasportare mente e anima in terre di puro piacere e meraviglia. Torno a casa arricchita da un’esperienza davvero straordinaria grazie al livello superlativo dei vini. Per oggi da Zurigo è tutto… passo e chiudo! Benedetta Costanzo
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23 Marzo, 2024

Matter of Taste 2024: Trionfo! Parte I

Eccellenze Vinicole a Zurigo con Robert Parker Wine Advocate
Zurigo, una città incantevole avvolta dall’aria frizzante di marzo, è diventata il palcoscenico per uno degli eventi vinicoli più prestigiosi del mondo: la sesta edizione di Matter of Taste, organizzata da Wine Advocate. Questo evento, tenutosi il 2 e 3 marzo, ha attirato una miriade di esperti qualificati e appassionati del vino da ogni angolo del globo.
Giudicati secondo rigorosi criteri di qualità, i vini che hanno superato il punteggio di 90/100 sono stati i protagonisti indiscussi, con l’Italia e la Francia a dominare la scena, seguite da Portogallo, Svizzera e il resto del mondo. Questa varietà internazionale ha offerto un’esperienza senza pari, permettendomi di immergermi nell’eccellenza vinicola mondiale.
Per evitare inconvenienti legati ai voli e per godermi appieno l’atmosfera di Zurigo, sono arrivata in città il giorno precedente. Dopo aver immortalato gli splendidi panorami della città, mi sono concessa un aperitivo in un locale dal fascino propriamente “artistico”, di cui vi parlerò dettagliatamente in un prossimo articolo dedicato alle mie scoperte in questa meravigliosa città. Una cena veloce e poi il mio focus si è spostato sullo studio delle cantine che avrei avuto l’opportunità di degustare il giorno seguente. La lista dei partecipanti ha attirato la mia attenzione in particolare verso i rinomati produttori italiani come Antinori, Tenuta San Guido – Sassicaia con la presenza di Priscilla Incisa della Rocchetta, Feudi di San Gregorio, Poggio al Tesoro, Tenuta di Trinoro, Il Marroneto, Tenuta La Massa, e Zymè, solo per citarne alcuni. Queste aziende rappresentano per me una garanzia di eccellenza, avendo avuto l’opportunità di conoscerle nel corso del tempo. Altrettanto importante è stato per me esplorare il panorama vinicolo francese, con la presenza dei prestigiosi Châteaux bordelesi accanto ad altre rinomate aziende della Champagne, della Borgogna, della Provenza e della Côte du Rhône.
Non potevo certo trascurare di esplorare le cantine provenienti da altre parti del mondo, che hanno suscitato la mia curiosità e che promettevano esperienze sensoriali uniche. Dopo aver delineato un piano d’azione, mi sono ritirata presto per la notte, carica di motivazione e anticipazione per la giornata seguente.
Giunta al Palazzo dei Congressi di Zurigo, il Kongresshaus Tonhalle, sono rimasta affascinata dalla sobria eleganza dell’edificio. Salendo al secondo piano, ho varcato la soglia di un sogno enoico. Le aziende erano nei loro stand e io era pronta a vivere un’esperienza indimenticabile.   Alla Scoperta dell’Eccellenza: Cos d’Estournel 2009
Il mio viaggio attraverso l’eccellenza enoica ha preso il via con una memorabile degustazione presso il grandioso Chateau Cos d’Estournel, un’icona tra i Chateaux bordolesi, situata nell’appellazione Saint-Estèphe. Una cantina ricca di storia fin dal 1811, inserito nella classificazione ufficiale dei vini di Bordeaux come 2éme Grand Cru Classé nel 1855.
Oggi dà alla luce quattro etichette, il Cos D’Estournel, in versione rosso e bianco, e il “secondo” vino, chiamato “Les Pagodes de Cos”, in cui confluiscono le uve provenienti dalle viti più giovani. Etichette che continueranno a stupirci, con il proprio stile inconfondibile e la loro inarrestabile evoluzione.     La prestigiosa annata del 2009, insignita dei massimi 100/100 punti da Parker, ha dato vita a un’esperienza degna di essere ricordata per sempre. Ho avuto l’onore di assaporare uno dei vini più celebrati al mondo. Ogni sorso del Cos d’Estournel 2009 è stata un’espressione di eleganza e complessità che ha solleticato ogni parte del mio palato. Il vino, con la sua struttura impeccabile e i suoi aromi avvolgenti, ha confermato perché Cos d’Estournel è considerato uno dei pilastri dell’enologia francese. Ogni dettaglio, dalla profondità dei suoi aromi alla sua lunga persistenza in bocca, ha riflettuto il lavoro meticoloso e l’attenzione ai dettagli che caratterizzano questo prestigioso gioiello del patrimonio vinicolo francese.         Chateau Troplong Mondot 2009  è un vino di Bordeaux dell’appellazione Saint-Émilion, classificato come Premier Grand Cru Classé B nella Classificazione dei vini di Saint-Émilion. La cantina si trova sulla Riva Destra della regione vinicola di Bordeaux, adiacente a Château Pavie.
Chateau Troplong Mondot 2009  mi ha confermato il valore che un  terroir riesce a regalare ai vini donando complessità,
eleganza, persistenza e una trama tannica invidiabile. Ancora più entusiasmante della 2016 e della 2019,
la 2020 annata dal buon andamento che pur mostrando una giovinezza elegante può sfidare il tempo senza esitazioni.     Anche Domaines Delon / Léoville Las Cases mi ha impartito una lezione memorabile:
tra un Clos du Marquise 2014 del terroir di Saint Julien e un Nenin 2018 di Pomerol,
ho potuto percepire le sottili sfumature dei diversi blend e terroir e constatare come
nel Potensac 2018 il Cabernet Franc conferisse eleganza al sorso, mentre il
Léoville Las Cases 2017 si presentava già come un’opera d’arte senza tempo.       La Provenza ha brillato con Chateau d’Esclans, offrendomi l’assaggio di una serie di rosati che hanno catturato il mio cuore per la loro eleganza e il loro fascino.
Chateau d’Esclans si trova a La Motte En Provence nel dipartimento del Varo poco a nord di Saint Tropez e vicino a Cannes.
Ho assaggiato un’intera gamma di rosé composti dai vitigni tradizionali provenzali: Grenache in primis, Mouvedre, Cinsault, Rolle (una sorta di vermentino) e Syrah.
Tra tutti, il mio preferito è stato il Cotes de Provence Rosè Garrus 2021, da Grenache (90%) e Rollo (10%) provenienti da vigne vecchie tra 90 e 100 anni, le più alte della tenuta. Le note esotiche e le sensazioni fragranti di brioches e gli accenni tostati mi ricordavano uno champagne, risultando al palato corposo e incisivo.
L’etichetta più glamour è sicuramente il Cotes de Provence Rosé Rock Angel 2022, un vino graffiante che nasce da vigne allevate in terreni rocciosi e alti..   Ma è stato l’assaggio dello Chateauneuf du Pape Blanc Cuvée Speciale Vieilles Vignes de Clairette in magnum 2019, della Famiglia Isabel Ferrando, a rapirmi completamente.
Affinato parte in legno e in parte in Bon Bon di vetro, è la bottiglia più rara dell’azienda. Una mangum sensazionale che proviene da piante secolari di Clairette Rosé: è un bianco mozzafiato, ma se ne produce soltanto un tonneau all’anno. Offre una complessità e un’eleganza che hanno deliziato il mio palato e i miei sensi.
Infine, lo Chateauneuf du Pape Colombis 2016 si è distinto tra i rossi, ancora giovani, con la sua identità unica e inconfondibile.       Questo viaggio enologico è proseguito, dopo una fugace pausa per il pranzo,  con l’assaggio delle prelibatezze offerte da Philipponnat.
Da quasi 5 secoli, questa famiglia vanta una ricca tradizione di vignaioli e negozianti nelle terre tra Ay e Dizy. Per ben 5 generazioni hanno  vinificato nelle cantine storiche del XVIII secolo di Chateau de Mareuil.
Gli assaggi dell’Extra-Brut Grand Cru Cuvée 1522 del 2016, Royale Réserve Non Dosé e Blanc de Noirs Extra-Brut 2018 hanno catturato la mia anima enoica con la loro complessità e raffinatezza. Questi vini sono stati caratterizzati da un perfetto equilibrio tra intensità, freschezza e mineralità, accentuato dai dosaggi molto bassi che rendono la bevuta ancora più interessante. Wow, davvero!       Un viaggio incantato nel mondo di Niepoort: Eccellenza dal Douro alla Mosella
Sono passata dunque agli assaggi delle cantine iberiche prima fra tutte Niepoort, una vera e propria eccellenza del Douro. Assaggio dopo assaggio, sono rimasta stupita dal fascino unico che questi vini esercitano. I loro bianchi, in particolare, hanno catturato la mia attenzione con la loro sapidità e complessità, soprattutto quelli provenienti dai terreni granitici. Ogni sorso era un’esperienza sensoriale unica, rendendo difficile la scelta del preferito tra tante eccellenze. Ma la sorpresa più grande è stata l’assaggio dei vini provenienti dai loro vigneti in Mosella. Questa nuova scoperta ha arricchito ulteriormente il mio viaggio enologico, offrendomi un’inedita prospettiva della produzione vinicola di Niepoort. La degustazione è stata conclusa in modo memorabile con il Party Port Tawny Reserve in Magnum, affinato a Vila Nova De Gaia secondo la tradizione. Un finale infinitamente delizioso che ha suggellato l’esperienza, lasciandomi desiderosa di continuare il mio viaggio nel mondo dei vini Niepoort.     Gli assaggi delle due aziende della Famiglia Alvarez, proprietaria di Vega Sicilia nella Ribiera del Duero dal 1982 e della cantina Tokaj-Oremus,  hanno aggiunto un capitolo straordinario al mio viaggio enologico. I vini spagnoli,  in particolare Alion 2020, si sono rivelati davvero eccellenti, ma è stato il Tokaji Aszu 5 puttonyos di Oremus del 2000 a lasciarmi senza fiato.
Infatti il Tokaj Aszú è un vino prodotto con un processo meticoloso, reso possibile solo in annate eccezionali e in condizioni uniche che permettono lo sviluppo della muffa nobile. Gli acini botritizzati appassiti vengono posti in apposite gerle chiamate puttonyos (23/25 chili). Una volta ridotti in poltiglia, si ha la pasta di Aszù che viene aggiunta al mosto ottenuto da grappoli non botritizzati nelle botti da 136 litri (gònc). Il numero di puttonyos determina la classificazione del Tokaj Aszù, che può variare da tre a otto: maggiore è la presenza di puttonyos, più dolce ed alcolico sarà il vino prodotto. Durante l’affinamento in botte, interviene un’altra muffa, la “Cladosporium cellare”, che dona al vino note ossidative. Il processo di invecchiamento viene completato in botti da 136 e 200 litri per due o tre anni, seguito dall’affinamento per un ulteriore anno in bottiglia.
Al palato, il Tokaji aszu di Oremus si rivela ricco ed intenso, con un lungo retrogusto. È un vino travolgente, sorprendente, che cattura l’essenza stessa della sua terra d’origine e incanta con ogni sorso grazie alla freschezza gustativa che si beffa del  tempo. 24 anni e non sentirli! Un racconto a parte meritano Bodega Chacra e soprattutto le realtà italiane presenti, con le quali ho avuto l’onore e il privilegio di entrare in contatto.
Per oggi mi fermo qui, lasciando il piacere di continuare queste scoperte alla prossima settimana, quando pubblicherò la seconda parte di questo articolo.
Non vedo l’ora di condividere con voi gli ulteriori emozionanti dettagli di questa avventura enologica! Benedetta Costanzo
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16 Marzo, 2024

Podere Inferno: eravamo quattro amici al bar!

Il Gusto dei Guidi a Poppi e l’incontro con Podere Inferno La mia scoperta di Podere Inferno risale a fine estate scorsa, quando ho avuto il privilegio di partecipare come membro della Giuria a un evento di rilievo nel mondo vinicolo: Il Gusto dei Guidi a Poppi. Insieme a giornalisti, enologi ed esperti del settore, ho avuto l’opportunità di immergermi nell’universo dei sapori e delle tradizioni enologiche toscane. Svolto il lavoro in giuria e premiate le aziende vincitrici ho fatto un giro per assaggiare i vini delle varie aziende presenti alla manifestazione. Grande è stata la sorpresa di incontrare Valerio Giusti, collega sommelier e degustatore AIS che, insieme alla moglie, presentavano i vini di questa nuova realtà vinicola. Rimasi incantata in particolare dalla freschezza e dalla passione che permeava questa nuova realtà mentre la degustazione è stata un’esperienza sensoriale avvolgente, che mi ha catturato attraverso profumi intriganti, sapori complessi e sfumature uniche, proprie di ogni varietà.
Questa esperienza mi ha convinta a condividere le mie impressioni su Podere Inferno, che considero una realtà promettente per molteplici motivi. I loro vini sono testimonianza dell’impegno costante dei loro produttori nel perseguire una vinificazione attenta e rigorosa.
Inoltre sono rimasta affascinata dalla profonda connessione tra il territorio, la tradizione e le profonde radici toscane dei protagonisti. Ma partiamo dall’inizio. Eravamo Quattro Amici al Bar: Podere Inferno, una Passione Radicata nelle Balze del Valdarno”
Il marchio Podere Inferno trae il suo nome dal suggestivo toponimo della vallata situata a nord-est di Terranuova Bracciolini. Queste terre, un tempo fondali marini emergenti a causa delle placche tettoniche in movimento, rientrano fra i territori toscani più vocati. Una storia che si dipana attraverso la formazione di un antico lago le cui sponde accarezzavano le colline circostanti, una terra oggi ricca di fossili marini, tesoro prezioso per le radici delle viti. Questa regione, nota come la porta meridionale delle “Balze del Valdarno“, immortalata anche nel capolavoro di Leonardo Da Vinci, la Gioconda, ha una storia sedimentata nel tempo. L’acqua ha attratto non solo fossili ma anche animali terrestri, spesso intrappolati nel fango. Da qui il nome “PODERE INFERNO”, a sottolineare la sfida di vivere in questa terra tanto difficile quanto affascinante. In questo contesto quattro amici sono cresciuti con un senso di radicamento territoriale molto forte trascorrendo i giorni assolati della loro giovinezza alla ricerca di fossili. Questi terreni, già riconosciuti nel bando di Cosimo III dei Medici del 1716 come luoghi di eccellenza per la produzione vinicola, furono in passato di proprietà del Conte Bettino Ricasoli. Successivamente passarono nelle mani della famiglia dei Marchesi Canevaro, per essere infine acquisite da Trippi Renato nel 1942. I quattro soci della Tenuta la Fratta sas, Giovanna Ghezzi, Rita Giusti, Marco Arnetoli e Valerio Giusti, tutti appassionati sommelier diplomati presso l’Associazione Italiana Sommelier, sono profondamente legati a Terranuova Bracciolini perché cresciuti in questo luogo trascorrendo, come già detto, il tempo della loro gioventù tra le dolci colline che sovrastano il centro abitato, in questi vigneti che rappresentano il Giardino di Terranuova. La preoccupazione per il destino di quei terreni ormai da tempo trascurate, li ha spinti durante una cena a unire le forze e ad agire per ripristinare il loro antico splendore. L’unione delle loro passioni ha trasformato la fatica in un piacere, dando vita a Podere Inferno, un progetto che celebra le qualità enologiche della Toscana e che riflette l’essenza di un territorio ricco di storia e passione. Così, nel 2021, si rilevano quasi  9 ettari di vigne, incolte da ben 3 anni. Una sfida ambiziosa li attendeva, poiché il compito di ripristinare, risanare, ripulire e riportare in produzione le vigne richiedeva un impegno straordinario. Nonostante le numerose fallanze, la terra custodiva un tesoro: “Viti Antiche” con oltre 50 anni di età. Un patrimonio genetico storico composto da vitigni autoctoni come Sangiovese, Trebbiano Toscano, Malvasia del Chianti, Colorino e Foglia Tonda, che sono stati poi vinificati durante la prima vendemmia del 2022, con l’aiuto dell’enologo David Rossi. Gli ingredienti per esprimere una vera identità Toscana ci sono tutti! Questo patrimonio, unico e ricco di storia, è l’anima di Podere Inferno. Qui, la produzione di vino è incentrata sulla sincerità, sulla fragranza e sulla straordinaria bevibilità che solo le vigne di questa terra possono offrire.
La vendemmia del 2022 è stata un’annata molto difficile, caratterizzata da una siccità persistente. Le piogge di settembre hanno fornito un sollievo momentaneo, ma hanno reso complicata l’operazione di raccolta delle uve, completata solo il 10 ottobre. Nonostante le sfide, Podere Inferno ha dato vita a dei vini distintivi. Il Chianti 2022 “CARONTE”, un tipico uvaggio del Chianti di Bettino Ricasoli, è stato vinificato in cemento. L’80% ha affinato in acciaio, mentre il restante 20% ha maturato in barrique nuove. Nonostante la giovinezza, questo vino si presenta con un naso intrigante dominato dal frutto, accompagnato da leggere note speziate e mentolate. Il sorso, succoso e dissetante, invoglia alla bevuta e personalmente considero un vero punto di forza il modesto grado alcolico, soltanto 12,5% vol. alcool.         L’IGT Toscana Bianco “RIDDA”, vinificato in acciaio con un blend del 50% Trebbiano Toscano e 50% Malvasia Lunga del Chianti, ha subito una macerazione di 36 ore e un ulteriore affinamento di 4 mesi in acciaio. Un bianco di carattere, che si esprime con profumi di mela golden, fiori di campo e piacevoli note ossidative, da servire a una temperatura compresa tra gli 8°C e i 10°C, con un modesto 12% vol. alcool.         Con la presentazione dell’IGT Toscana Rosso “GIASONE” nell’autunno del 2023, Podere Inferno ha dato un ulteriore tocco di magia alla sua collezione di vini unici. Questo rosso avvincente, con un blend equilibrato di 65% Sangiovese, 5% Malvasia Lunga del Chianti e 30% Merlot, rappresenta una fusione armoniosa di profumi che affascinano i sensi.
Il Merlot, con la sua morbidezza e suadenza, si fonde elegantemente con i caratteri più decisi del Sangiovese e la complessità aromatica della Malvasia. Il risultato è un vino che delizia il palato con un sorso fresco, rotondo e dissetante, riflettendo la cura e l’attenzione che Podere Inferno dedica a ogni dettaglio del processo di vinificazione. Fra le tante soddisfazioni che testimoniano le potenzialità tutte in crescita di questa azienda c’é senz’altro la presenza nell’Annuario dei Migliori Vini Italiani 2024 di Luca Maroni. Che soddisfazione essere rientrati in questa prestigiosa pubblicazione e anche nella guida Veronelli 2024! È un’emozione profonda vedere che i tanti sacrifici compiuti in vigna e in cantina cominciano a dare i loro frutti, manifestandosi attraverso il riconoscimento di qualità da parte di queste importanti guide.   Una descrizione accattivante del loro bianco leggermente macerato Ridda regala emozioni che invogliano a fare sempre meglio, generano tanto orgoglio e motivazione per il futuro.
Inoltre da aprile 2023 sono entrati a far parte dell’Associazione Strada del Vino Terre di Arezzo, la più rappresentativa del territorio aretino che si pone l’obiettivo principale di promuovere il territorio e l’Enoturismo quale movimento inteso a valorizzare la produzione vitivinicola nell’ambito di un contesto culturale, ambientale, storico e sociale. Concludendo, questa prima incursione virtuale a Podere Inferno genera un autentico entusiasmo pensando a una prossima visita in vigneto e in cantina. Continuerò dunque a raccontare la storia dell’evoluzione di questi giovani produttori, cogliendo sempre nuove  sfumature e dettagli. Stay tuned! Benedetta Costanzo
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9 Marzo, 2024

Francesca Pagnoncelli Folcieri: il Moscato di Scanzo è Donna!

Il Moscato di Scanzo di Francesca Pagnoncelli Folcieri
Oggi vi guiderò attraverso un viaggio unico alla scoperta di Francesca Pagnoncelli Folcieri e del mitico Moscato di Scanzo, un gioiello viticolo situato alle pendici delle Prealpi Orobiche, nel suggestivo paesaggio collinare di Scanzorosciate.
La DOCG si sviluppa su una superficie limitata di soli 31 ettari, a una altitudine che oscilla tra i 300 e i 500 metri di altitudine, estesa lungo la dorsale dei colli da ovest ad est con un’ideale esposizione a sud.
Tre le microzone: Scanzo, Rosciate e Tribulina. Questo vino, di grande pregio, è ottenuto dall’unico moscato a bacca nera coltivato esclusivamente quì e iscritto nel Registro Nazionale della vite solo nel 1981: grappoli spargoli, allungati, alati, con acini piccoli e di colore scuro. La vendemmia in surmaturazione avviene tra settembre e ottobre, seguita da un attento processo di appassimento delle uve per almeno 21 giorni.
Il Moscato di Scanzo, conquistata la propria Doc nel 2002 e diventa DOCG nel 2009, allora la più piccola d’Italia. La sua produzione limitata lo rende un prodotto di nicchia, esclusivo e ricercato. Il disciplinare di produzione prevede che il vino resti in vasche d’acciaio per almeno 2 anni per affinare le sue qualità, prima di essere imbottigliato e conservato in condizioni ambientali favorevoli per diversi anni. La storia del Moscato di Scanzo è antica e affonda le radici nell’epoca proto-veneta. Le tradizioni viticole a Scanzorosciate sono tramandate da secoli, attraverso prove storiche, toponomastiche e testimonianze dei popoli che hanno dominato questa terra. Dalla presenza dei greci all’epoca romana, le radici del Moscato di Scanzo si intrecciano con gli eventi storici, dalle invasioni barbariche alle lotte tra le fazioni dei Guelfi e dei Ghibellini. Qui la vite è stata protagonista di una storia millenaria. Una storia di resilienza e passione nel mondo del vino
La storia che vi presento io non ha radici antiche o testimonianze di secoli passati, ma inizia nel 2020, un anno che sarà ricordato per le sfide imposte dalla pandemia globale. Con il suo lock-down e le restrizioni, è stato un periodo difficile per tutti!
Tuttavia, la passione per il vino si è rivelata un faro, una forza positiva che ha continuato a sostenermi e a canalizzare energie verso la crescita personale. In questo contesto, ho avuto l’opportunità di acquisire nuove competenze, esplorare nuovi orizzonti e stringere legami significativi.
Grazie al format “Buongiorno in vigna” è stato possibile connettermi in diretta con persone sparse per il mondo sostanzialmente attraverso una piattaforma radiofonica. Mentre ero confinata tra le mura di casa o dell’ufficio, ho avuto il privilegio di interagire con appassionati di vino e vignaioli che si trovavano spesso tra i vigneti scambiando opinioni e pensieri sul vino e sulla vita. Sono seguite delle degustazioni online con i produttori, un vero e proprio rifugio, e la degustazione del Moscato di Scanzo è stata un momento indimenticabile.
Ricordo vividamente l’arrivo a casa di una cassetta di legno contenente il prezioso Moscato di Scanzo, un second vin (come direbbero i nostri cugini francesi) denominato “Rosso di Sera” a base di merlot e un 10-15% di moscato, un CD e una presentazione che hanno contribuito a rafforzare la mia determinazione nel conoscere appieno questa affascinante realtà vinicola. Il primo incontro con Lady Moscato
Il mio primo incontro con Francesca si è svolto a Sestri Levante durante un evento di grande importanza per me. In quell’occasione, è nata la promessa di una futura visita in cantina, che si è finalmente concretizzata la scorsa estate, durante un approfondimento territoriale in Lombardia alla ricerca di perle rare da raccontare. Francesca è una donna straordinaria, in grado di conciliare molteplici ruoli nella sua vita frenetica. Laureata in architettura, è anche moglie, madre e, da qualche anno, co-titolare dell’azienda di famiglia insieme al marito, ex grafico pubblicitario. Ma non è finita qui: fa parte dell’Associazione Donne del Vino e si distingue ulteriormente per il suo impegno come Presidente del Consorzio Tutela del Moscato. La sua capacità di gestire tutte queste responsabilità mi ha portato a sospettare che possa avere dei veri e propri superpoteri! Sempre sorridente e positiva, nonostante la complessità dei suoi incarichi, Francesca mostra una dedizione ineguagliabile alla sua famiglia, all’azienda e alla comunità vinicola. Il suo amore per il vino è radicato profondamente nel passato. Fin da piccola, partecipava all’eroica vendemmia del Moscato insieme alla sua famiglia. Un ricordo di quel periodo è la pigiatura dell’uva con i piedi nudi. Un’operazione che richiedeva impegno, specialmente considerando che avveniva in un periodo dell’anno piuttosto freddo, rendendo l’esperienza ancora più memorabile. Nel tempo, il suo amore per il vino è cresciuto. Nonostante le opportunità lavorative l’avessero portata lontana da casa, ogni anno, senza eccezioni, Francesca insieme al fratello e ai cugini ritornavano alla loro terra per partecipare all’irrinunciabile vendemmia, un rituale che ha legato indissolubilmente il vino alla sua stessa identità. L’evoluzione di questa passione ha portato Francesca e suo marito Massimo a compiere una scelta audace: rilevare l’azienda di famiglia. Questa sfida, impegnativa ma stimolante, li ha coinvolti completamente nel mondo del vino. Massimo, si dedica al vigneto ormai da più di 9 anni, partendo praticamente da zero. Senza competenze agronomiche ed enologiche, ha imparato il mestiere da Angelo, uomo di fiducia che si occupava dei vigneti di famiglia. Oggi, con quattro anni di esperienza autonoma, Massimo si è affermato come il custode eroico dei loro vigneti. La sua dedizione si è rivelata fondamentale soprattutto in annate difficili come la 2023, che hanno presentato sfide legate alle condizioni meteorologiche. Queste avversità non hanno fatto altro che accrescere la sua conoscenza e la sua determinazione a fare sempre meglio.   Peculiarità dei vigneti: pendenze mozzafiato e Pietra Matta
L’esperienza di visitare i vigneti con Francesca si rivela incantevole godendo di paesaggi che si distinguono per pendenze mozzafiato, che richiedono una gestione attenta e appassionata. Una maestria agronomica che tende alla costante ricerca di un’armonia perfetta tra vigna e paesaggio. Il clima mediterraneo, testimoniato dalla presenza delle viti, si manifesta anche attraverso gli ulivi che punteggiano il terreno.   Altra caratteristica distintiva del suolo è la presenza del “Sass de Luna”, una roccia marnosa conosciuta anche come pietra matta, in quanto, pur essendo durissima, con l’effetto del sole, diventa friabile e si sfalda in particelle molto piccole che conferiscono una forte mineralità al terreno. La pietra matta ha la sorprendente capacità di trattenere il calore durante il giorno e rilasciarlo gradualmente durante la notte, offrendo alle viti un ambiente termico favorevole. Questa caratteristica si rivela preziosa, soprattutto quando le temperature scendono, permettendo alle uve di affrontare il freddo e giungere a una maturazione ottimale.   Tra viti e canapa: un progetto ambizioso per un terroir sostenibile
Meno di un ettaro vitato in cui ogni vigna racconta una storia avvincente di dedizione e rispetto per la terra, un racconto che si evolve attraverso la continua ricerca di nuove tecniche per preservare la salute del terreno che con il passare del tempo, ha accumulato eccessi di rame, una sfida comune per molti viticoltori. Tuttavia, la determinazione e la ricerca incessante di soluzioni innovative, hanno portato a un progetto che cattura l’immaginazione: l’introduzione della canapa tra le viti, una pianta capace di assorbire la CO2 atmosferica contrastando il cambiamento climatico nonché gli eccessi di rame dal terreno. Oltre ad essere un’opzione ecologica e sostenibile, si rivela una scelta strategica per promuovere la biodiversità. Inoltre si eseguono altre pratiche attente come l’utilizzo di sovesci e una meticolosa lavorazione del terreno, incarnando la volontà di creare un ambiente viticolo equilibrato e sostenibile.   Massimo e la passione per la Pergola Bergamasca
Parlando con Max risulta evidente la profonda passione per il Moscato e un amore particolare per la pergola bergamasca. In uno dei loro vigneti di oltre 40 anni, ha personalmente curato la trasformazione in questo antico sistema di allevamento. La pergola bergamasca, con le cure giuste, si rivela essere la scelta ideale per un’uva così produttiva. L’obiettivo è ottenere grappoli sani, perfetti per il processo di appassimento. Ecco che la pergola, mantenendo i grappoli alti rispetto al suolo e con la sua struttura aperta, offre una distribuzione ottimale della luce del sole e una circolazione dell’aria favorevole, elementi chiave per mantenere la sanità delle uve. Un altro elemento centrale nel vigneto è l’impiego del metodo rispettoso della vite Simonit & Sirch che  mira a preservare la salute delle viti, evitando tagli invasivi che potrebbero creare ferite profonde e compromettere il flusso linfatico della pianta. Villa Pagnoncelli Folcieri: un tesoro storico nel cuore di Scanzorosciate
Dopo l’emozionante visita ai vigneti, ci troviamo di fronte a Villa Pagnoncelli Folcieri, un’autentica meraviglia dell’architettura e della storia bergamasca. Questa antica residenza estiva della nobiltà locale cattura immediatamente l’attenzione con la sua bellezza intramontabile.
Impossibile non rimanere colpiti dalla sontuosità degli affreschi settecenteschi, dagli arredi d’epoca e dai dipinti che adornano le pareti di questa villa che un tempo era circondata da vasti terreni e possedimenti. Oggi, immersa nel centro storico di Scanzorosciate, a pochi chilometri da Bergamo, continua a stupire con il suo fascino senza tempo. La storia della famiglia Pagnoncelli Folcieri è parte integrante di questa villa. Giunta a Scanzorosciate poco prima dell’Unità d’Italia, la famiglia si è radicata in questa terra, mantenendo salda la propria presenza nel tempo. Dopo quattro generazioni di farmacisti, la produzione di Moscato di Scanzo è diventata un’autentica passione, trasformandosi da semplice hobby a vera e propria attività. Il primo a produrre Moscato, nel 1962, è stato Giancarlo Pagnoncelli Folcieri, farmacista di terza generazione e nonno di Francesca. Le uve provengono da un vigneto situato in una posizione collinare privilegiata, noto allora come “il vigneto del parroco”, e successivamente come “vigneto del farmacista”. Dopo aver contribuito insieme a pochi altri a salvare questo vitigno prezioso, passa il testimone al figlio Maurizio, anch’egli farmacista, coinvolgendo l’intera famiglia, per giungere infine a Francesca e Max.       La villa e la cantina: scrigni perfetti per il Moscato di Scanzo
Un temporale estivo arriva all’improvviso, scatenando profumi e atmosfere romantiche che avvolgono Villa Pagnoncelli Folcieri in un’aura di mistero. In questo scenario incantato, decidiamo di visitare la villa e poi la cantina, due tesori preziosi incastonati l’uno nell’altro. La villa è un’autentica meraviglia architettonica e si svela a noi con un tocco di suggestione. Ma è all’interno della cantina che la magia del Moscato di Scanzo prende davvero vita.   Dai locali di vinificazione con i tini in acciaio in cui avvengono le fermentazioni e gli affinamenti, saliamo verso un ambiente particolare dove le uve appassiscono delicatamente su telai artigianali e ceste di plastica, dando vita al processo di appassimento che conferirà al Moscato di Scanzo la sua straordinaria complessità. In questa fase di produzione diventano cruciali la ventilazione forzata e le escursioni termiche tra giorno e notte che aiuteranno a fissare gli aromi raffinati che contraddistinguono questa chicca enologica.   Raggiungiamo poi la parte della cantina in cui riposano le bottiglie, ognuna con una storia unica da raccontare. Qui il tempo è un ingrediente prezioso. Le bottiglie devono attendere pazientemente almeno due anni prima di essere pronte per il mercato, un periodo che contribuisce a enfatizzare le caratteristiche distintive del Moscato di Scanzo. In un angolo, scopriamo poche bottiglie riservate alle preziosissime verticali di Moscato, testimonianza dell’attenzione e della cura che la famiglia dedica alla conservazione di questi tesori enologici nel tempo. Qui, ogni bottiglia diventa un capitolo di una storia più ampia, segnata a mano con il numero totale di bottiglie, (meno di 100 nelle annate più vecchie) rivelando il carattere limitato e prezioso di questo vino straordinario. Ma la cantina nasconde anche un tesoro particolare: le ultime bottiglie di Moscato bianco, create in esclusiva dal nonno per la sua dolce metà. Ogni bottiglia è un omaggio a un amore eterno, un gesto di dedizione che va oltre il semplice atto di produrre vino. Alla ricerca di un vino tradizionale ma più gastronomico e moderno Parliamo di una produzione unica, caratterizzata da una variazione significativa nei numeri in base all’annata, da un minimo di 500 bottiglie in anni avversi a oltre 2000 bottiglie in annate particolarmente favorevoli. Lo stile della produzione sta attraversando un’evoluzione, con una tendenza sempre più marcata alla riduzione del residuo zuccherino superando di poco i 50g/litro. Questo cambiamento mira a creare un prodotto più contemporaneo e gastronomico, una proposta più equilibrata e versatile in grado di sposarsi perfettamente con pietanze raffinate e anche speziate.   E così, con il cuore gonfio di emozioni, ci ritroviamo a tavola, pronti ad assaporare il frutto di tante fatiche e passioni, accanto a prelibatezze locali di estrema qualità: formaggi DOP dalle antiche radici bergamasche e salumi locali creano un trionfo di sapori e profumi che incantano il palato e rievocano antiche tradizioni culinarie.         Sirio: Un Viaggio Aromatico tra Note Tropicali e Freschezza Inimitabile
Ma la cena non sarebbe completa senza l’accompagnamento perfetto, e quindi iniziamo la degustazione con una birra IGA: proprio una bella scoperta! Sirio, nata nel giugno 2019, è frutto della collaborazione stretta tra Massimo Barlocco, marito di Francesca, e il mastro birraio Giovanni Marsan, ed è realizzata in stile #Iga, Italian Grape Ale. Con le sue note spiccate di frutta tropicale, Sirio crea un connubio irresistibile con più piatti, rendendola la compagna perfetta per molteplici occasioni gastronomiche: aperitivi, piatti leggeri e crudité di pesce. La complessità aromatica e la freschezza delle note gusto-olfattive si rivelano il complemento ideale per esaltare i sapori dei piatti e amplificare l’esperienza gastronomica.         Moscato di Scanzo 2017 e i diari del nonno
Il culmine di questa avventura sensoriale è raggiunto con il Moscato di Scanzo 2017, un vino che incarna l’eleganza e la raffinatezza di un territorio unico. Note di rosa, ciliegia sotto spirito, erbette aromatiche cme la salvia, solleticano il naso per poi tuffarmi in assaggio corposo e coerente che esprime piacevolezza e persistenza gustativa.
Questa esperienza, però, va oltre il semplice godimento del palato. In un’atmosfera carica di emozioni, decidiamo di arricchire l’esperienza sfogliando le pagine del diario del nonno, un tesoro scritto che racconta l’andamento delle annate e delle vendemmie in periodi così lontani da rendere il momento ancora più intenso. Le annotazioni del nonno diventano un ponte che collega il presente alle radici profonde della famiglia Pagnoncelli Folcieri, offrendo una panoramica affascinante sul passato viticolo e sulle tradizioni del Moscato di Scanzo.   La degustazione si trasforma così in un viaggio attraverso il tempo, un’occasione unica di connessione con le radici storiche di questa denominazione e dell’azienda familiare. Ogni sorso diventa un tuffo nelle storie e nelle fatiche di coloro che hanno custodito e coltivato questa tradizione con dedizione e amore. Un grazie colmo di gratitudine a Francesca e a Max per avermi accolta: spero di tornare per fare gli assaggi da vasca promessi e svelare altri nuovi progetti che a Villa Pagnoncelli Folcieri non mancano ai! Cin!!! Benedetta Costanzo
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2 Marzo, 2024

Esperienza Unica tra Vigneti e Cantina: San Luciano Vini dal 1972 – parte II

Esperienza Unica tra Vigneti e Cantina: San Luciano Vini dal 1972 – parte II La Straordinaria Degustazione a San Luciano con Eleonora e Stefano Ziantoni Dopo l’emozionante tour tra i vigneti e le cantine di San Luciano, Eleonora e Stefano Ziantoni ci guidano in un’esperienza di degustazione indimenticabile, un viaggio avvolto nei profumi seducenti e nei sapori ricchi dei loro vini. Ci accomodiamo ad una tavola imbandita con prodotti locali a km 0, pronti ad assaporare ogni sorso con l’anima della Toscana. L’inizio di questa straordinaria degustazione è segnato da tre vini bianchi, ognuno dotato di etichette che vanno ben oltre la semplice identificazione del prodotto. Esse sono un’esperienza visiva e tattile tridimensionale, arricchite da tocchi di oro e messaggi che si intrecciano con la filosofia dell’azienda, la passione e le emozioni che si svelano nel godere di ogni sorso. Ciascuna etichetta racchiude una storia unica, pronta a essere svelata ai visitatori che si immergono nell’atmosfera magica di San Luciano.   Notti Bianche: Un Inno alla Freschezza e alla Tipicità Toscana Cominciamo con “Notti Bianche”, un vino prodotto da uve Chardonnay e Grechetto provenienti dai vigneti Castellani e Tre Colli. La fermentazione avviene a temperatura controllata in acciaio, seguita da un periodo di affinamento in bottiglia. Questo vino si distingue per la sua grande pulizia al naso, con note floreali e di frutta a polpa bianca. Fresco e beverino, esprime appieno la tipicità della zona dell’alta Val di Chiana.       Abbraccio 2022 Vermentino Toscano: Una Nuova Emozione da Scoprire Proseguiamo con “Abbraccio 2022 Vermentino”, una produzione in purezza che rappresenta la prima annata di questo vino. La macerazione di 5 giorni sulle bucce conferisce al vermentino una straordinaria complessità. Il naso intrigante, caratterizzato da note di fiori e frutta esotica nonché la dinamica di bocca, ravvivata da una leggerissima sfumatura tannica, lo rendono un vino gastronomico di grande fascino. Privo di note ossidate, ma arricchito da nuance leggermente speziate, questo Vermentino macerato è un vino capace di adattarsi a diverse situazioni culinarie. L’etichetta brillante come il vino che luccica nel calice, è un preludio all’emozione di un caloroso abbraccio che questo vino sa regalare.     Orum: Un Vermentino che Sfida il Tempo La degustazione prosegue con “Orum”2019, un vino che fino a qualche anno fa veniva prodotto in esclusiva per il Giappone. È concepito per sfidare il tempo, come abbiamo potuto intuire grazie alla prova di botte fatta poco prima in cantina con Stefano ed Eleonora. Ora però nel calice ci troviamo di fronte all’annata 2019, e questo ci permette di apprezzare appieno il percorso evolutivo che può compiere questo straordinario vino. La maturazione in botte di acacia conferisce a Orum una complessità unica, con le sue note di biancospino e miele di acacia che rendono il vino versatile e originale. Il nome “Orum”, che significa seta, è un omaggio alla sensazione che ogni sorso regala alla lingua, creando un’esperienza coinvolgente e avvolgente. La sua complessità olfattiva si materializza pienamente in bocca, offrendo un assaggio complesso ed emozionante. È davvero un vino da provare per credere!   Ardhia e il riconoscimento di Tachis Prima di addentrarci nella degustazione dei vini rossi, una bottiglia posizionata su di una mensola cattura la nostra attenzione: “Ardhia”. Stefano con orgoglio e un pizzico di divertimento condivide la storia affascinante di questo vino, mettendo in risalto l’etichetta che risale ai suoi primi esperimenti giovanili al computer, ispirata agli etruschi in quanto “Ardhia” è il nome di un antica  anfora di argilla etrusca in cui si conservava il vino! Giacomo Tachis, il rinomato enologo che non necessita di presentazioni, ebbe occasione di assaggiare questo vino, rimanendo colpito sia dalla potenzialità del giovane vignaiolo che stava sperimentando l’uso della barrique sia dalla “bruttezza” dell’etichetta. Un aneddoto che sottolinea la crescita e l’evoluzione dell’azienda nel corso degli anni evidenziando le esperienze formative e le sfide superate con orgoglio.   Le nuove Creazione di Eleonora e Stefano: I Rossi di San Luciano La sezione dedicata ai rossi si apre con “La Cresta del Gallo 2017”, un blend straordinario composto per l’80% da Sangiovese e per il restante 20% da Montepulciano. Con una maturazione di 4 mesi in barrique e altrettanti in bottiglia, questo vino incarna la freschezza inconfondibile del Sangiovese e la robusta fruttuosità del Montepulciano. La sua sincerità e la capacità di adattarsi alle diverse combinazioni gastronomiche lo rendono un vino versatile, concepito per esaltare i sapori tipici della Toscana. Un vino mutevole, simile al rosso che in base alla luce, rivela mille sfumature diverse.     Boschi Antichi 2016: Eleganza e Respiro Internazionale Passiamo poi a “Boschi Antichi 2016”, composto per l’85% da Sangiovese e il 15% da Cabernet Sauvignon. Dopo 8-9 mesi in barrique di rovere francese, questo vino mostra un profilo più elegante e un respiro internazionale. I tannini, seppur di impatto, sono resi più godibili grazie al legno, conferendo al vino un’armoniosa eleganza. Una scelta perfetta per chi cerca un rosso meno rustico e più raffinato.       Amor Oris: Il Montepulciano di Massima Espressione E giungiamo ad “Amor Oris” 2017, un autentico piacere per il palato, realizzato con uve di Montepulciano in purezza. Con un periodo di affinamento di 18 mesi in barrique di rovere francese, questo vino incarna l’apice dell’espressione di San Luciano. Robusto, corposo e persistente, Amor Oris pone al centro l’equilibrio tra il frutto e il tannino. La bravura di Stefano si manifesta nel gestire con maestria questo vitigno impegnativo, creando un vino toscano potente e allo stesso tempo piacevole. L’accostamento con cacciagione da pelo promette emozioni gustative intense e appaganti.     D’Ovidio toscana Rosso IGT 2007: omaggio al fondatore Come epilogo di questa straordinaria degustazione, Stefano ed Eleonora ci riservano un regalo davvero speciale: “D’Ovidio Toscana Rosso IGT 2007”. Questa bottiglia è un omaggio al fondatore Ovidio, una testimonianza di esperienza e passione che continua a evolversi nel tempo. Ottenuta da uve selezionate di Sangiovese, Montepulciano, Cabernet e Merlot, rappresenta un’eccellenza di rara espressività. Il processo di produzione, attento e meticoloso, culmina in un vino che incanta il palato con la sua complessità e raffinatezza. Ogni sorso è un viaggio sensoriale che avvolge il palato con tannini ormai vellutati e una nota balsamica finale che emoziona e rende omaggio all’esperienza e alla passione della famiglia Ziantoni. Una sorpresa inaspettata! Infine, una sorpresa inaspettata che sottolinea l’autenticità di un luogo in cui la biodiversità è una realtà tangibile: l’incontro casuale con una tartaruga, immortalato in una foto insieme ai padroni di casa, chiude con dolcezza e originalità questa straordinaria esperienza a San Luciano. Con gratitudine, ringraziamo Stefano ed Eleonora per aver condiviso con noi la storia e l’anima dei loro vini straordinari. Non resta che rimanere sintonizzati per altri emozionanti capitoli di avvincenti narrazioni enologiche! Cin!   Benedetta Costanzo
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