Diario di un sommelier

Diario di un Sommelier è la rubrica curata da Giuseppe Petronio, amante del vino e sommelier per passione, noto su Instagram come @peppetronio, in cui racconta in modo originale il mondo del vino, i propri assaggi e le esperienze che vive, selezionando le cantine che più lo colpiscono e mettendo sempre avanti i rapporti umani.

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13 Marzo, 2024

Francesco Rosso: tradizione di famiglia nel cuore del Roero

Ci sono cantine che scelgono l’autenticità e fanno del rispetto della propria filosofia un caposaldo della produzione, e noi appassionati di vino non possiamo che esserne felici. Parliamo dell’Azienda agricola Francesco Rosso.  Siamo a Santo Stefano Roero, appunto nel cuore della produzione dell’omonima denominazione, dove la famiglia Rosso ha sempre avuto uno stretto legame con la terra e con l’agricoltura che si tramanda da generazioni. A partire infatti da Nonno Francesco, che lasciò prova del suo amore per la vigna e per la produzione di un “buon Nebbiolo”, come traspare da un vecchio quaderno tuttora conservato in cantina, passando a Papà Domenico, che scelse di privilegiare il settore degli ortaggi, fino ad oggi, arrivando a Francesco, che dal 2001 conduce l’azienda seguendo le orme del nonno arrivando nel 2012 alle prime etichette di vino del Roero firmate con il proprio nome. Oltre alla sua mano tutto il lavoro di produzione si svolge insieme ad una piccola grande squadra di famiglia composta dalla moglie Maria, i due figli Alex e Giulia, e la nonna. Ma appunto la filosofia di questa realtà è la cosa che risalta assolutamente e che la distingue dagli altri. la cantina, volutamente di piccole dimensioni (3 ettari e mezzo di vigna), segue la filosofia della gestione interamente familiare; tutti i principi della lotta integrata vengono seguiti anche senza avere la certificazione biologica poiché si ritiene che non vi sia alcun bisogno di una certificazione se è il vino a dare tutte le risposte (tra le altre cose, i livelli di solforosa hanno valori conformi ad un vino certificato); la tecnica di mantenimento delle piante è la stessa utilizzata per sé stessi: “non crediamo nelle medicine, ma all’occorrenza, se ci ammaliamo e abbiamo bisogno di antibiotici, ci curiamo. Così con la vigna: anziché riempirla di sostanze nella speranza che non si ammali mai ce ne prendiamo cura con estrema attenzione, per poi trattarla quando insorgono problemi.”; prima di tutto consumatori dei propri vini oltre che produttori! i vini prodotti devono piacere prima di tutto a loro; il vino non è prodotto “in serie”: una produzione intorno alle 15.000 bottiglie annue realizzate unicamente con l’uva delle proprie vigne, mai perfettamente uguale da annata ad annata, con ogni raccolto che viene gestito individualmente; l’affinamento dei vini viene fatto con legni grandi o piccoli a seconda di quanto si voglia agire sul risultato finale, inoltre vengono utilizzati solo legni francesi, Allier se si vuole preservare la rigidità del tannino, rendendolo più deciso, Fontainebleau, se l’intento è quello di dare una maggior morbidezza, arrotondare un tannino particolarmente aggressivo. Andiamo quindi a scorrere i vini che l’azienda propone e che ho avuto modo di provare in prima persona. Tutti delineano i tratti di una produzione di altissima qualità. Vini veri, che hanno la vivacità e la freschezza come tratto comune, insieme al grande carattere. In particolare a farla da padrone è il Nebbiolo in purezza declinato in quattro diverse versioni, il Roero Riserva DOCG, il Roero DOCG ‘Nciarmà, il Nebbiolo d’Alba Superiore DOC Bastianetto e il Nebbiolo d’Alba DOC, seguono poi Barbera d’Alba Superiore DOC Cichin e Barbera d’Alba DOC. Passando infine per l’unico a bacca bianca, Roero Arneis DOCG Madonna delle Grazie presente anche nella versione dolce dello stesso vitigno, con il Langhe Arneis Passito DOCG. Questa è solo una carrellata dei vini prodotti ma invito tutti voi a visitare il loro sito che riporta nel dettaglio estremo tutte le importanti variabili tecniche utilizzate in vigna, nella vinificazione e nell’affinamento, nonché tutte le analisi. Una cantina consigliatissima, cari amici appassionati di vino, e se questa filosofia vi ha ispirato non vi resta che degustare queste meraviglie dal tratto unico, vini che possono catalogarsi secondo la migliore accezione dell’artigianalità!! Francesco Rosso: tradizione di famiglia nel cuore del Roero A cura di Giuseppe Petronio  Mi trovi su Instagram @peppetronio
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6 Marzo, 2024

Castello di Razzano: Monferrato da scoprire

Esistono luoghi ricchi di storia, arte e architettura e soprattutto natura e vocazione per la produzione di grandi vini: il Monferrato. Siamo in Piemonte, tra le zone comprese principalmente all’interno delle province di Alessandria e Asti, zona che, assieme a Langhe e Roero, giusto per parlare di zone naturalmente vocate alla produzione di grandi vini, fa parte lista UNESCO dei beni del Patrimonio dell’Umanità. Ed è qui, ad Alfiano Natta, che nel 1927 la famiglia Olearo entra nel mondo del vino, quando Ernesto Olearo insieme alla moglie Clementina Razzano, costruiscono la prima cantina di piccole dimensioni presso l‘attuale Tenuta Cà di Corte, dando inizio alla produzione e commercializzazione di vini. L’azienda cresce nel tempo e si sviluppa considerevolmente a partire dagli anni ‘40 grazie alla determinazione e alla spiccata capacità imprenditoriale del figlio Eugenio Olearo, il quale sviluppò l’attività di distribuzione, instaurando numerose e diversificate relazioni commerciali e ampliando azienda con l’acquisto di nuovi terreni e proprietà, tra cui la Tenuta Castello di Razzano nel 1968 e la Tenuta Campasso nel 1975, localizzate entrambe a poche centinaia di metri dalla principale Tenuta Cà di Corte. La grande svolta arrivò negli anni ’80 con l’entrata in azienda della terza generazione rappresentata da Augusto Olearo, figlio di Eugenio, il quale a seguito degli studi di enologia presso la scuola di Alba, con grande sagacia impianta numerosi ettari di vigneto volti ad una produzione di qualità. Nel 2002 Augusto Olearo con lungimiranza avvia il progetto di completa ristrutturazione del Castello di Razzano; dopo 7 anni di lavori, l’edificio ritorna al suo originale splendore, con l’apertura di un Relais di charme e l’installazione del Museo ArteVino Razzano. La tradizione familiare non si ferma e i figli di Augusto, Riccardo e Federico, entrano in azienda nel 2006 spinti dalla passione per la storica attività di famiglia. Entrambi hanno assorbito la determinazione, l’audacia, lo spirito imprenditoriale e il coraggio delle generazioni passate e guardano insieme verso il futuro dell’azienda. Nei seminterrati del Castello sono state mantenute le originali cantine con mattoni a vista, ambiente pieno di fascino ideale per l’affinamento di grandi vini in botti di rovere, oltre all’incantevole “infernot”, galleria scavata nel sottosuolo, dove vengono custodite le bottiglie delle migliori annate. Al piano superiore, a disposizione dei visitatori, si trova l’enoteca ed una grande sala degustazione dove è possibile scoprire i vini prodotti. Ovviamente sul loro sito è possibile scoprire tutta la gamma dei vini prodotti grazie anche allo shop online, prenotare esperienze e approfittare della loro meravigliosa ospitalità prenotando direttamente. Andando ai vini prodotti che dire, servirebbe un articolo di 8 pagine per descrivere tutte le grandi referenze che vengono prodotte dall’azienda, si spazia dagli spumanti metodo classico, ai vini a bacca bianca, sia internazionali che della tradizione, ai rosati, per poi passare ai grandi rossi, con Barbera e Nebbiolo tra i principali vitigni utilizzati e declinati in varie versioni, insieme al Ruchè, Cabernet, Croatina e Merlot. Il tratto principale della produzione è improntato su una produzione di qualità garantita dall’impegno costante e totale in tutte le fasi di lavorazione, a partire dalla cura dell’uva nel vigneto, fino alla conservazione del vino in bottiglia nelle cantine. Quotidiano è il lavoro nelle vigne, dove, al fine di ottenere un’uva di ottima qualità, ingrediente essenziale per ottenere vini di pregio, le piante non vengono sottoposte a forzature nel pieno rispetto dei loro ritmi biologici, utilizzando concimi naturali organici e l’inerbimento naturale tra i filari. Provenienti da un luogo distinto dal caratteristico terreno argilloso, calcareo con fondo marnoso, ecco alcune delle produzioni che ho avuto il piacere di degustare: “Nero di Razzano” – Monferrato D.O.C. Nebbiolo Superiore: Nebbiolo 100% coltivato ad una altitudine di 300 metri con esposizione Sud, Sud-Ovest. Produzione di 45 hl per ettaro con diradamento estivo: dal 20% al 30% per concentrare qualità e sentori. La vinificazione avviene in vasche di acciaio a temperatura controllata di 30° con macerazione sulle vinacce per 8 gg, segue poi un affinamento in barrique nuove di rovere francese per ben 3 anni! Ne deriva un vino dalla grande longevità, ricco di sentori di spezie scure, chiodi di garofano e una grande balsamicità, carattere che si esplica con un sorso caldo, strutturato e dal tannino ben fitto che si dispiega su un finale vellutato che richiama la nota speziata e di tostatura; “Campasso” – Barbera d’Asti Superiore D.O.C.G.: Barbera in purezza coltivato ad una altitudine di 290 metri con esposizione Sud. Produzione di 50 hl per ettaro con vinificazione in acciaio inox a temperatura controllata. Lunga macerazione sulle vinacce per 40 gg e affinamento in botti di rovere francese da 20 HL per 3 anni. Vino di grande struttura ben coniugata alla piacevolezza di beva, sentori di ciliegia e lampone accompagnano un sorso rotondo e sapido con un bel finale sul frutto; “Valentino Caligaris” – Barbera d’Asti Superiore D.O.C.G.: 100% Barbera, altitudine di coltivazione sempre 300 mslm, con esposizione Sud, Sud-Ovest. In questo caso abbiamo una produzione più bassa, 30 hl per ettaro, e grande concentrazione grazie anche al diradamento estivo che va dal 30% al 50%. La vinificazione avviene in tini di legno e permane sulle vinacce per 50 gg. Affinamento in barrique nuove di rovere francese per 15 mesi. Al calice, grazie anche alla mancanza di filtrazione, ha una grandissima intensità e lo rende impenetrabile, profumi di marasca e mirtillo a cui seguono sentori vanigliati e di pepe nero, un vino dal corpo importante che però non trascura la piacevolezza, anche in questo caso la sapidità è ben presente anche sul finale. Una grande realtà nel panorama vinicolo che mi piacerebbe approfondire anche di persona prima o poi vista anche la grande offerta di ospitalità, i vini prodotti rappresentano confermano la grande qualità e dedizione a cui si accompagna, e non è trascurabile, un prezzo davvero molto interessante rispetto all’alto tenore di quanto si ha nel calice, una cantina che vi consiglio vivamente!! Castello di Razzano: Monferrato da scoprire A cura di Giuseppe Petronio  Mi trovi su Instagram @peppetronio
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22 Febbraio, 2024

Marchesi Pancrazi: quando il caso diventa eccellenza

Ci sono delle volte in cui il caso o un semplice errore fa proprio la differenza, ed è proprio così che è andata nell’esempio di Marchesi Pancrazi. Siamo in Toscana, tra Prato e Pistoia, alle pendici del Monte Ferrato, dove l’azienda si sviluppa intorno alla Villa di Bagnolo con 5 ettari di vigna di Pinot Nero, circa 3.000 piante di ulivi e 45 ettari di boschi. Il caso ha giocato un ruolo fondamentale nella storia del Pinot Nero della Villa di Bagnolo, infatti negli anni ’70 quando il Marchese Pancrazi volle reimpiantare i vigneti incorse in un errore da parte del vivaista che fornì, al posto del tradizionale Sangiovese coltivato in queste zone, del Pinot Nero. Solo dopo qualche anno, a fine anni ’80, grazie all’intervento dell’attuale enologo Dott. Nicolò D’Afflitto, in azienda ci si accorse dell’errore e compreso il potenziale dato dal territorio si convertì la produzione aziendale a Pinot Nero dal 1989. Il bello è che proprio qui il Pinot Nero ha trovato la sua casa: Il microclima di Bagnolo si presenta adatto per questo vitigno grazie alla presenza di forte escursione termica tra giorno e notte, un terreno ricco di minerali (serpentino) e umidità superficiale. La Villa di Bagnolo è stata costruita nel 1500 dalla famiglia fiorentina dei principi Strozzi che ne rimasero proprietari fino al 1965 quando passò per eredità alla famiglia Pancrazi, specializzandosi nella produzione di Pinot Nero (vino e grappa) ed Olio Extra Vergine d’Oliva. Ecco i vini prodotti dall’azienda: Pinot Nero “Vigna Baragazza”: La Vigna Baragazza è collocata nei terreni di maggiore altitudine dell’azienda per i quali è stato selezionato un unico clone di Pinot Nero il 777 affinamento per 18 mesi in barriques di 1 e 2 passaggio; Pinot Nero “Villa di Bagnolo”: Ottenuto dalle vigne della Villa di Bagnolo, in prossimità del torrente omonimo a 150 s.l.m., nelle quali è presente il Pinot Nero in diversi cloni, provenienti dalla Borgogna, selezionati negli anni (236, 292, 386, 777, 828, 943 e 583) affinamento per 18 mesi in barriques di 1 e 2 passaggio; Pinot Nero “Monte Ferrato”: Ottenuto dalle vigne ai piedi del Monte Ferrato che originariamente furono protagoniste dell’errore da parte del vivaista dove, nel 2011, sono stati reimpiantati i vigneti con i cloni 236 e 292. Affinamento per 12 mesi in barriques di 3 e 4 passaggio; Rosé di Pinot nero “Villa di Bagnolo”: Ottenuto da uve di Pinot Nero 100% mediante selezione in vendemmia ed in parte salasso entro 12 ore dalla diraspatura. Il tratto distintivo che ho rilevato dalla degustazione dei vini di Marchesi Pancrazi è l’eleganza, la pulizia e l’equilibrio tra frutto, tannini e freschezza, vini che delineano con chiarezza e unicità il profilo di una realtà toscana che si distingue per l’eccellenza del suo Pinot Nero. Da provare assolutamente! Marchesi Pancrazi: quando il caso diventa eccellenza A cura di Giuseppe Petronio  Mi trovi su Instagram @peppetronio
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12 Febbraio, 2024

Marchesi Alfieri: lunga storia di qualità in un territorio unico

Negli ultimi 300 anni, Marchesi Alfieri è stata artefice dell’eredità storica, culturale e vitivinicola del Piemonte. Conserva cantine storiche in cui si producono vini di grande eleganza, vere e proprie icone del terroir di San Martino Alfieri. Pensate, risale al 1696 la costituzione della prima cantina all’interno delle proprietà, poi nel 1851 Giuseppina Benso di Cavour, nipote dello statista Camillo Benso di Cavour, sposa Carlo Alfieri di Sostegno. Sarà proprio Camillo Benso a dare un impulso alla produzione vitivinicola della famiglia Alfieri, migliorando la qualità dei vini e introducendo in Piemonte il Pinot Nero. Dopo varie vicissitudini e lunghi anni tocca poi a Casimiro San Martino di San Germano, nel 1982 rilanciare la produzione viticola della proprietà. Dopo la sua morte, nell’88 alla guida della cantina subentrano le figlie Emanuela, Antonella e Giovanna, che con coraggio e determinazione hanno condotto l’azienda. È il 1990 e quell’anno, trovandosi di fronte alle loro prime diecimila bottiglie, tutte e tre le sorelle si chiesero la stessa cosa: “E ora chi se le berrà tutte quante?” Sono anni in cui arrivano novità, soddisfazioni, premi, nuovi vigneti e progetti, con l’impianto del primo vigneto di Nebbiolo sulla collina Quaglia e il progetto legato alla produzione di un Metodo Classico da uve Pinot Nero in purezza. Nel 2018 viene realizzata la seconda barricaia e la trasformazione di svariati ettari di bosco in una tartufaia didattica. Viene impiantato un nuovo vigneto di Pinot Nero a nord della collina Quaglia e viene realizzata una nuova vigna votata alla coltivazione di Barbera: la Vigna del Castello. Nel 2022 viene presentato il Carlo Alfieri vendemmia 2015, prodotto solo in annate eccezionali con le uve che meglio hanno saputo interpretare l’identità del vitigno Barbera, questo vino nasce da una attenta selezione in vigna seguita da un lungo processo di affinamento in legno e in bottiglia. Un territorio davvero magico, colline e montagne in ogni direzione, e poi il fondovalle che si tinge del verde dei boschi e dell’azzurro del Tanaro. È proprio il fiume a segnare uno dei confini naturali che delimitano questo spazio che nasce nel punto in cui Roero, Langhe e Monferrato si incontrano nelle Terre Alfieri. La composizione variegata del suolo ci dice che siamo in una terra di frontiera, capace di esprimere nei vini il meglio dei territori limitrofi: i profumi intensi e floreali del Roero; il frutto pieno e la freschezza del Monferrato, l’eleganza, la potenza e la longevità delle Langhe. Vigneti storici che si alternano a impianti più giovani, per un totale di 20 ettari vitati, distribuiti su quattro diverse colline che da sempre fanno parte delle terre della famiglia Alfieri di Sostegno: Sansoero: Il nome deriva da una cappella votiva dedicata a San Saverio che si trovava a metà della collina. È la collina più vicina alla residenza, nonché il nucleo più antico di vigne con il Pinot Nero che qui ha una storia centenaria! Il suolo di Sansoero è ricco di argilla e sabbia rossa, che virano al bianco andando verso ovest vengono coltivati Nebbiolo, Barbera, Grignolino e Pinot Nero; Quaglia: Il suolo della collina Quaglia è caratterizzato non solo da un perfetto mix di sabbie, argilla e limo, ma anche da alte percentuali di sodio, potassio e calcio, che aiutano la vite a sviluppare grappoli con bucce più spesse e resistenti. Il versante sud della collina è vocato alla coltivazione delle viti di Barbera, che vanno a costituire la base viticola per la Barbera d’Asti DOCG La Tota, la Barbera d’Asti Superiore DOCG Alfiera e per il Terre Alfieri Nebbiolo DOCG Costa Quaglia. A nord troviamo il Pinot Nero, utilizzato per produrre il Piemonte Pinot Nero DOC San Germano, il Metodo Classico extra brut millesimato Blanc de Noir e il Piemonte DOC Barbera Pinot Nero Sostegno; Calandrina: La collina della Calandrina è votata interamente alla coltivazione del Barbera. L’andamento est e nord-est, la conformazione con sabbie e argille bianche e la minor pendenza rispetto a Quaglia consentono una maturazione più tardiva, distesa e uniforme delle uve. La Barbera proveniente dalla Calandrina viene usata in assemblaggio per produrre la Barbera d’Asti DOCG La Tota; La nostra viticoltura “leggera” con l’equilibrio che significa non forzare la mano della natura, ma guidarla in una direzione in cui possa esprimersi al meglio. Questo si traduce in trattamenti fitosanitari a basso impatto e pratiche agronomiche sostenibili. Lavorare per sottrazione vuol dire intervenire solo quando necessario, riducendo il numero dei trattamenti all’indispensabile, evitando l’uso di automezzi pesanti e facendo ricorso al diserbo meccanico. Sottrarre vuol anche dire selezionare la qualità direttamente in vigna: fin dagli anni ’90, quando ancora molti agricoltori pensavano fosse una pratica inutile, si effettua il diradamento selettivo al fine di diminuire la quantità di grappoli e concentrare, senza forzature, la massima qualità in ogni grappolo. Ne derivano vini di grande stile, eleganza, purezza e pulizia che rendono questa realtà d’eccellenza in uno dei territori più espressivi, vini che vi consiglio assolutamente! Marchesi Alfieri: lunga storia di qualità in un territorio unico A cura di Giuseppe Petronio  Mi trovi su Instagram @peppetronio
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4 Febbraio, 2024

Manera: le Langhe dal gusto genuino e di famiglia

Esistono alcune realtà che una volta scoperte non si dimenticano, per me una di queste è la cantina Manera, dove il gusto per i vini piemontesi incontra la genuinità e la piacevolezza, il tutto garantito dalla sapiente conduzione familiare da generazioni. L’Azienda Agricola Manera è situata in Frazione San Rocco Seno d’Elvio a 5 km da Alba ed è costituita da quattro cascine storiche per un totale di circa 20 ettari vitati. È la tipica cantina langarola a conduzione esclusivamente familiare, con tradizioni consolidate che si tramandano di padre in figlio. La coltivazione dei vigneti nella tenuta ha origine negli anni ‘50, quando i fratelli Franco e Luciano, con la moglie Maria, iniziarono giovanissimi con l’unico scopo di produrre e vendere uva. Pian piano l’Azienda si è ampliata e sono aumentate le varietà di uve coltivate, prendendo sempre più la forma della cantina odierna. Nel 2005, con l’arrivo in azienda dei figli enotecnici Gabriele Daniele e Carlo, inizia la produzione di vino che unisce la tradizione, sempre rispettata, alle più moderne tecniche di vinificazione. Per la cura dei propri vigneti si utilizzano la lotta integrata, pratica di difesa delle colture che prevede una drastica riduzione dell’uso di fitofarmaci e la lotta agli insetti dannosi tramite la confusione sessuale, le concimazioni organiche e si praticano diradamenti fogliari/grappoli in pre-vendemmia, allo scopo di produrre uve migliori per vini unici. Il territorio è uno dei migliori al mondo, parliamo delle Langhe, con la tipica composizione del suolo langarolo deriva dal ritiro del Mare Padano, iniziato circa 16 milioni di anni fa, con un substrato caratterizzato da argille, marne calcaree e gesso. Qui trovano la perfetta ambientazione con Manera sia i vitigni tipici, Favorita, Moscato e Arneis a bacca bianca, Dolcetto, Barbera e Nebbiolo a bacca rossa, sia i grandi vitigni internazionali come Pinot Nero, Chardonnay e Cabernet Sauvignon. La produzione è di circa 30.000 bottiglie. In questi freddi giorni ho scaldato le mie serate con alcuni dei loro vini, in particolare: NEBBIOLO D’ALBA DOC SERRE BUATTO 2021: Nebbiolo in purezza, segue una metodologia classica con l’uva sottoposta a pressatura soffice e diraspatura, con fermentazione alcolica in vasche di acciaio a temperatura controllata per circa 8/10 giorni. Affina poi per dodici mesi in barrique di secondo passaggio e riposa in bottiglia almeno un mese. Al calice si esprime con granata lucentezza, lampone e prugna al naso su uno sfondo di frutta secca che richiama la mandorla, equilibrio fruttato in bocca che si amalgama bene con la trama tannica, lungo, sapido e piacevole il finale; BARBERA D’ALBA SUPERIORE DOC BRICCO SERAFINO 2021: anche in questo caso si segue una classica vinificazione e affinamento come per il Nebbiolo appena descritto, una Barbera che mi piace sempre accompagnare alla pizza, versatile in quanto di pronta beva ma adatta a lungo invecchiamento, capace sempre di competere con i grandi rossi. Calice rosso rubino intenso, ciliegia e frutti di bosco, pepe nero e una sfumatura balsamica, bella struttura, sapidità e carattere sia in bocca che sul finale; LANGHE DOC ROSSO FURESTÈ 2019: ideato nel 2008 anno in cui è stato impiantato il primo vigneto di 1,5 ha di Cabernet-Sauvignon con lo scopo di vinificare in purezza questo nobile vitigno in un territorio vocato come quello di Langa. Vinificazione simile ai precedenti vini, a cui segue però un affinamento in legno per 24 mesi. Rosso rubino denso, naso intrigante di marasca e cioccolato fondente, in bocca è speziato e sapido con un tannino fitto che indica il grande potenziale di invecchiamento; BARBARESCO DOCG RIZZI 2020: coerente nella vinificazione tradizionale, questo vino rappresenta la storia a cui si aggiunge la MGA (menzione geografica aggiuntiva) Rizzi, affinamento sapiente che prevede dodici mesi in botti da 10hl, seguiti poi da ulteriori dodici mesi in barrique di secondo passaggio e un anno in bottiglia. Calice rosso granato con sfumature aranciate, la naso racconta il territorio con amarena, chiodi di garofano, cacao, ricordi di salvia essiccata, percorso che prosegue con un sorso di ampia sapidità e freschezza, piacevolissima scorrevolezza di beva grazie al suo tannino levigato, lungo sul finale speziato. Un viaggio fantastico tra le vigne delle Langhe con una cantina di famiglia che assicura qualità, genuinità e piacere di beva, vini che raccontano il territorio e che consiglio a tutti di portare nella propria cantina e nel calice! Manera: le Langhe dal gusto genuino e di famiglia A cura di Giuseppe Petronio  Mi trovi su Instagram @peppetronio
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24 Gennaio, 2024

Tenuta ISAquas, la Sardegna autentica

La Cantina Isaquas, di proprietà della famiglia Argiolas, si trova in provincia di Cagliari, a Serdiana, viene fondata nel 2003 e comprende 49 ettari, 28 dei quali coltivati con la varietà tradizionali sarde: Vermentino, Cannonau, Nuragus, Bovale, Nasco e Moscato. L’azienda, acquistata pochi anni fa proprio con l’idea di valorizzare il connubio vino e natura, è un vero e proprio paradiso agreste e comprende anche una fattoria, oltre a essere luogo di passaggio per molte specie di animali, come aironi, germani e fenicotteri. Le vigne hanno un’età compresa tra i 5 e 20 anni e danno vita a vini identitari e territoriali in ogni aspetto, fieri rappresentanti dei dettagli della loro terra. Questa cantina rappresenta la prima cantina sarda del catalogo Visconti43, una realtà distributiva firmata dal Gruppo Meregalli, che comprende un listino con poche realtà, tutte di alta qualità che, per ogni produttore scelto, si distingue dal numero ridotto di bottiglie prodotte e dalla conduzione familiare. La cantina si innesta in paesaggi mozzafiato, con vigneti, baciati dal sole, alternati a oliveti e altre colture, oltre a un laghetto, punto di passaggio e di sosta per varie specie di uccelli, e una fattoria, il contesto ideale per la coltivazione di vitigni di alta qualità. I vini proposti abbracciano la ricchezza della Sardegna in tutta la sua tradizione, con il Cannonau e il Vermentino in prima linea. Il Vermentino nasce su suoli argillosi e la vendemmia è effettuata alle prime ore del mattino. La vinificazione punta a esaltare l’autenticità del vitigno e dà vita a un bianco con un impatto chiaro, preciso, dove emergono freschezza, note fruttate e sapidità. Il suo carattere lo rende estremamente versatile: un Vermentino che in ogni sorso esalta la natura più genuina della Sardegna. Poi c’è anche l’altro grande autoctono sardo, il Cannonau, che in questa versione 2021 curata nei minimi particolari esprime tutta la sua territorialità. Un rosso caldo, rotondo, di grande equilibrio ed eleganza, un vino mediterraneo in tutto e per tutto. Un fiero ambasciatore della sua terra e simbolo dell’enologia sarda, che riposa in piccoli fusti di rovere per 5-6 mesi, prima di completare l’affinamento in bottiglia. Cannonau 2021 e Vermentino 2022 sono testimonianza della dedizione e della tradizione, portando in ogni bicchiere l’anima autentica della Sardegna. Tenuta ISAquas, la Sardegna autentica A cura di Giuseppe Petronio  Mi trovi su Instagram @peppetronio
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9 Gennaio, 2024

Famiglia Cecchi: una storia di successo e qualità

Famiglia Cecchi: una storia di successo e qualità Cari amici si riparte con il mio diario e oggi vi racconto dei vini che ho bevuto nelle feste, partendo in particolare quelli di Famiglia Cecchi. L’azienda nasce nel 1893, grazie alla passione e alla dedizione di Luigi Cecchi, che in quegli anni diventa assaggiatore professionista e comprende le potenzialità della viticoltura italiana. Lo spirito imprenditoriale, unito al talento, porta l’azienda ad essere sinonimo di viticoltura di qualità in Italia e nel mondo. L’azienda oggi vanta più di cento anni di storia e diverse realtà sparse in luoghi vocati alla viticoltura tra Toscana e Umbria. Il rispetto dell’ecosistema ha sempre accompagnato la crescita aziendale: l’impatto ambientale minimo è una prerogativa che la famiglia ha deciso di seguire per tutelare il futuro ecologico dell’habitat circostante in ogni contesto in cui si è insediata. Il centro produttivo e direzionale Cecchi si trova a Castellina in Chianti ed è stato oggetto di continui investimenti conservativi, che hanno consentito all’azienda di operare nel rispetto delle persone, del paesaggio e del territorio. La compagine aziendale è composta da cinque realtà: Cecchi, Villa Cerna, Villa Rosa, Val delle Rose e Tenuta Alzatura. Vi racconto i miei assaggi partendo da Villa Cerna, la prima acquisizione di famiglia Cecchi avvenuta all’inizio degli anni Sessanta. In questo luogo, antico monastero dell’anno 1000, Luigi Cecchi riconosce, oltre al valore storico, il grande potenziale vitivinicolo. Dopo la ristrutturazione della Villa, ai piedi della collina, inizia la costruzione della cantina di vinificazione e invecchiamento. I vigneti si estendono sul primo colle che si incontra provenendo da Siena e dirigendosi verso il Chianti Classico, a Castellina in Chianti. Da qui prende il nome il Chianti Classico Primocolle 2020, vinificato in rosso con macerazione prolungata sulle bucce a temperatura controllata e macerazione di 15 giorni cui segue un affinamento di 6 mesi in piccole botti di rovere e minimo 3 mesi in bottiglia, un biglietto da visita di notevole carattere e vivacità, con i tratti peculiari che regala in Sangiovese e che apre le porte al Chianti Classico Villa Cerna Riserva 2019, floreale e armonioso, che stupisce per il suo grande equilibrio tra freschezza e morbidezza al palato, un vino composto da Sangiovese 95% e Colorino per il restante 5%, a differenza del Primocolle segue un affinamento di maggiore lunghezza permanendo per 14 mesi in barriques e tonneaux e per minimo altri 9 mesi in bottiglia. Altra bellissima realtà della Famiglia Cecchi è Villa Rosa, proprietà acquisita dalla Famiglia Lucherini Bandini, che ne son stati attenti custodi per quasi 70 anni. La tenuta di Villa Rosa è fra quelle più ricche di storia a Castellina in Chianti e fra i suoi vigneti si respira l’aria del Chianti Classico da sempre. si estende per 126 ettari di cui 30 a vigneto e 15 a oliveto, su terreni calcarei a matrice argillosa caratterizzati da profili eterogenei che uniscono la roccia di tipo alberese ai galestri scistosi. A predominare su quelle colline è il Sangiovese, ad un’altitudine che varia dai 255 ai 425 metri. Nel 2015, non appena acquisita l’azienda, la Famiglia Cecchi ha iniziato un meticoloso lavoro di caratterizzazione geo-pedologica volto a studiare in modo approfondito il territorio. Da qui è emersa una grande varietà di terreni dove sono stati inseriti i migliori cloni e portainnesti. L’apice della piramide qualtativa è rappresentato dalla Gran Selezione Villa Rosa, con la 2019 che si esprime con grande imponenza, maturità e vivacità, integrando perfettamente il frutto alle note terziarie e speziate, in una elegante armonia tra le parti, con freschezza, sapidità e tessitura tannica in grande equilibrio tra loro. Altro vino degustato in queste feste è il Chianti Classico Ribaldoni 2020, un vino che conferma le potenzialità espressive del territorio, la tipicità del Sangiovese con tutte le sue caratteristiche di vitalità, con una nota balsamica che avvolge tra intense note di marasca e tabacco tostato. I vini di Villa Rosa colpiscono davvero molto, grande struttura e carattere accompagnati da vigore ed eleganza, vini che assolutamente devono ritornare nella mia cantina e nel mi calice, per cui farò in modo di riprenderli, piaciuti!! Famiglia Cecchi non poteva mancare anche nel cuore produttivo del Morellino di Scansano, dove nel 1996 acquista l’azienda Val delle Rose in località Poggio la Mozza. Qui la Famiglia opera una piccola rivoluzione agricola andando a migliorare non solo le tecniche agronomiche ma anche quelle di cantina. Qui l’azienda viene acquisita con 25 ettari vitati che, con lo studio dei suoli che rivela l’enorme potenziale di questo terroir, si estendono oltrepassando i 100 ettari. Oltre al Sangiovese trovano grande espressione i vitigni internazionali, con due grandi belle scoperte per me con Samma e Aurelio: Samma 2019 è un DOC Maremma Toscana, Cabernet Franc in purezza proveniente da un singolo vigneto “Poggio la Mozza” da cui se ne ricavano sole 6000 bottiglie. Segue una vinificazione in rosso con macerazione prolungata sulle bucce, per massimizzare l’estrazione, in acciaio inox di piccola capacità a temperatura controllata, cui segue una maturazione in barrique per 12 mesi e un affinamento in bottiglia per minimo 6 mesi. Rosso con sfumature violacee, bouquet di prugna e spezie, rosmarino, arancia candita, tannino fitto e grande struttura, sapido e fruttato nel final di bocca; Aurelio 2019 è anch’esso un DOC Maremma Toscana, un nome che omaggia la zona prendendo spunto dall’arteria principale che la attraversa, la Via Aurelia, in questo caso parliamo di un Merlot 95% e Cabernet Franc 5%, come il precedente vino ha un lungo contatto con le bucce massimizzandone l’intensità, 12 mesi di barrique e 6 di bottiglia, regala grande struttura nel calice, un rosso rubino luminoso, mirtilli e ribes al naso, seguiti da tabacco e cacao, tannini integrati e morbidezza in un sorso di grande piacevolezza. Un cenno infine a Tenuta Alzatura: alla fine degli anni Novanta, l’azienda oltrepassa per la prima volta nella sua storia i confini della Toscana, per affrontare una nuova avventura produttiva. L’acquisto in Umbria della Tenuta, nel territorio del Sagrantino di Montefalco, comporta una riorganizzazione della strategia produttiva, agronomica ed enologica, al fine di adattarsi alla nuova realtà. Sono molto curioso di provare anche il lato umbro di questa azienda. Altra realtà che non tratterò in questo articolo e che fa sempre parte della stessa compagine, è il marchio Cecchi, anch’esso caratterizzato da diverse altre chicche enologiche provenienti da San Gimignano, Montepulciano, Montalcino, Montefalco, Maremma e altri meravigliosi luoghi della Toscana. Cecchi è una storia di famiglia, di successo, di qualità, di rispetto del territorio e delle tradizioni, una realtà da approfondire in tutte le sue declinazioni e che spero di poter visitare in prima persona. Come detto, tutti vini di notevole fattura e che incontrano il mio gusto, da mettere in cantina e nel calice quanto prima!! A cura di Giuseppe Petronio  Mi trovi su Instagram @peppetronio
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15 Dicembre, 2023

Castello di Querceto: oasi di qualità sostenibile nel cuore del Chianti Classico

Castello di Querceto: oasi di qualità sostenibile nel cuore del Chianti Classico
Come molti di voi sanno sono un grande appassionato dei grandi vini che la Toscana ci regala e innamorato delle sue mille sfaccettature territoriali. Proprio lo scorso anno, a giugno, ho fatto un piccolo tour per cantine che ha consentito di vedere da vicino alcune realtà e che si è concluso da Castello di Querceto, dove ho pernottato con la mia famiglia e dove, tra calda accoglienza, vini unici e natura incontaminata, mi sono sentito a casa. L’azienda, sita a Greve in Chianti e di proprietà della famiglia François, come in pochissimi altri casi in Italia, è sempre rimasta di famiglia e vanta oltre 125 anni di storia nella produzione di vini pregiati dai vigneti intorno al Castello, inoltre, è stata tra i soci fondatori del Consorzio Chianti Classico nel 1924, partecipando alla storia enologica del territorio e non solo. Oggi l’azienda è gestita dalla quinta generazione della famniglia e si estende su 190 ettari, di cui 65 a vigneto e 10 a oliveto, con la restante parte costituito da boschi di quercia e castagno, con la sua grande biodiversità che rappresenta un vero patrimonio verde di flora e fauna che circonda il Castello edificato nel XVI secolo d.C.. Tra le uve prodotte primeggia, come ovviamente ci si aspetta da quelle parti, il Sangiovese, a cui si affiancano numerose altre varietà, tra cui Canaiolo e il Colorino, a cui si affiancano gli internazionali, Cabernet Sauvignon, Syrah, Petit Verdot e Merlot. Tra i vitigni a bacca bianca ci sono la Malvasia del Chianti, il Trebbiano Toscano, il San Colombano e lo Chardonnay. Sin dall’inizio, la famiglia François ha posato le fondamenta del lavoro aziendale sulle basi della conoscenza profonda del proprio territorio, molto vario a livello geologico e climatico, e sul potenziale del suo Sangiovese, oggi declinato in tutte le tipologie della denominazione e non solo. La gamma di Castello di Querceto, infatti, si esprime in due macro-direzioni: da una parte il Chianti Classico, codice imprescindibile del territorio, dall’altra un’interpretazione più libera e personale che dà voce alle parcelle più peculiari del Castello, con un elemento comune che è quello dei cru, di cui Alessandro François è stato pioniere nella zona sin dagli anni ’70. Diverse sono le etichette prodotte, partendo dal Chianti Classico, biglietto da visita di notevole fattura e piacevolezza, classificatosi al 42º posto nella lista dei Top 100 Vini del 2023 di Wine Spectator, si passa poi a referenze sempre più strutturate e caratteristiche, con il Chianti Classico Riserva e ben due Gran Selezione, “La Corte” ed “Il Picchio”, due cru che ci raccontano nel calice le diverse caratteristiche che conferiscono le due differenti parcelle aziendali, i supertuscan “Cignale” (90% Cabernet Sauvignon e restante parte di Merlot), “Querciolaia” (65% Sangiovese e 35% Cabernet Sauvignon) e “QueRceto Romantic” (50% Petit Verdot, 30% Merlot, 20% Syrah). Notevoli anche il “Sole di Alessandro”, Cabernet Sauvignon in purezza di grande carattere, struttura e piacevolezza, e il Vin Santo prodotto secondo la tradizione. Tutti vini caratterizzati da una forte territorialità e da una freschezza e sapidità che vanno a esprimere esattamente le caratteristiche della parcella da cui provengono le uve. Anche in questo caso mi piace sottolineare il carattere sostenibile dell’azienda che si concretizza con l’attività quotidiana, per la quale è stato scelto di applicare parametri e standards definiti da norme ed organizzazioni terze, sotto il costante controllo e le verifiche di soggetti esterni. L’azienda aderisce infatti al Protocollo Viva, promosso dal Ministero della Transizione Ecologica, che certifica l’applicazione dei principi della sostenibilità partendo dalla produzione dell’uva e coprendo tutta l’organizzazione della filiera, secondo gli indicatori di riferimento per il territorio, l’acqua, la gestione del vigneto e l’aria. Tutti i prodotti sono tutelati dagli standard di qualità e sicurezza alimentare BRC (Brand Reputation Compliance) e IFS (International Food Standard), con l’attività aziendale che segue un approccio legale ed etico attento nel suo complesso, applicando la normativa 231/01 ed adottando un codice etico. Ogni volta che penso a questa azienda e bevo i loro vini mi immergo in quella natura incontaminata che circonda il Castello, una vera e propria oasi sostenibile nel cuore della Toscana e del Chianti Classico che spero presto di poter tornare a vivere in prima persona e che consiglio a tutti voi di approfondire! A cura di Giuseppe Petronio  Mi trovi su Instagram @peppetronio
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11 Novembre, 2023

Casa alle Vacche: tradizione familiare, qualità e accoglienza nel cuore della Toscana

Casa alle Vacche: tradizione familiare, qualità e accoglienza nel cuore della Toscana Oggi vi racconto di una scoperta che ho fatto ormai alcuni anni fa, ma che con piacere ritrovo sempre nel mio percorso di degustazioni e segnalazioni per chi vuole qualità dei prodotti e una buona dritta per le vacanze, da tenere sempre in considerazione: vi parlo oggi di Casa alle Vacche. Siamo un uno dei punti focali della produzione vinicola Toscana, in particolare a San Gimignano, zona ad altissima vocazione produttiva e nota per la famosa per la Vernaccia e non solo. Ci troviamo nello spettacolare scenario che offre la campagna toscana, una azienda che segue la tradizione vinicola familiare da generazioni, fatta di passione e particolare attenzione al territorio. Da generazioni è infatti la famiglia Ciappi a seguire con amore e passione tutte le fasi produttive di vino e olio, facendo nascere anche circa vent’anni l’attività agrituristica con l’idea di far godere le bellezze del territorio ad ospiti provenienti da ogni dove. Qualche tempo fa ho avuto il piacere e l’onore di incontrare Andrea Ciappi a Roma che rappresenta la nuova generazione dell’azienda impersonandone a pieno la filosofia. Il particolare nome dell’azienda deriva dal fatto che nell’800 l’area dove oggi sorge ed in particolare l’edificio più antico, erano adibiti a stalle per le vacche che venivano utilizzate per il traino dei carri ed il lavoro nei campi. Il nome oltre a ricordare la storia del territorio vuole anche evocare la semplicità, la genuinità, la fatica ed il duro lavoro di una famiglia di viticoltori, valori che tutti noi dobbiamo tenere a mente quando degustiamo vini e talvolta li giudichiamo. Perché mi piacciono i loro vini? Perché sono ricchi di vita, di slancio, di integrità del frutto, dotati di freschezza e giusta armonia. Ma questa è solo una considerazione di carattere generale dopo aver degustato diverse annate, l’azienda ha infatti una produzione molto variegata che va da i classici della tradizione del territorio fino ad alcune chicche particolari. Tre le versioni di Vernaccia di san Gimignano DOCG, disponibile nella versione base, “I Macchioni” e la Riserva “Crocus” che segue una fermentazione controllata in barili nuovi con continui “batonnage” e un affinamento in bottiglia per almeno 4 mesi. Altro vino di grande struttura e tradizione è Chianti Colli Senesi DOCG Riserva “Cinabro”, realizzato con Sangiovese in diverse qualità clonali e fermentazione tradizionale in rosso per almeno 20 gg. con controllo termico a 30°C. e dopo il primo travaso elevazione in barrique su fecce fini e permanenza in legno per almeno 18 mesi, con almeno 4 in bottiglia. Prodotta anche in questo caso la versione base Chianti Colli Senesi DOCG. Ulteriori rossi di grande struttura sono gli Igt “Acantho”, blend di Cabernet Sauvignon e Ciliegiolo e “Aglieno”, blend di Sangiovese, e Merlot. Prodotto anche un Igt “Merlot” in purezza molto interessante. Negli ultimi anni l’azienda si sta focalizzando soprattutto nella ricerca di vitigni autoctoni, un “ritorno alle origini” dove le colture antiche incontrano le moderne tecnologie. Da qui derivano alcune produzioni in purezza: Canaiolo, Colorino, Sangiovese B. (vinificato in Bianco) e il Ciliegiolo. Non mancano anche alcuni blend con l’Igt Rosso “Lorenzo” (Sangiovese, Canaiolo e Ciliegiolo), Igt Rosato “Raffy” (Canaiolo, Colorino, Ciliegiolo) e Igt Bianco “Fernando” (Vernaccia di San Gimignano, Chardonnay e altri vitigni a bacca bianca). Ultimo arrivato il “Mater”, metodo ancestrale Sangiovese rosato, di grande vivacità, estro e piacevolezza. Chiudiamo il lungo elenco dei prodotti con il dulcis in fundo, il nettare “Vin Santo”. Non posso far altro che consigliarvi di degustare questi vini e anche meglio andare in visita in azienda per immergervi nella tipicità e genuinità della Toscana! A cura di Giuseppe Petronio  Mi trovi su Instagram @peppetronio
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