Diario di un sommelier

Diario di un Sommelier è la rubrica curata da Giuseppe Petronio, amante del vino e sommelier per passione, noto su Instagram come @peppetronio, in cui racconta in modo originale il mondo del vino, i propri assaggi e le esperienze che vive, selezionando le cantine che più lo colpiscono e mettendo sempre avanti i rapporti umani.

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17 Aprile, 2024

Taverna, un sogno che si realizza

Partecipare ad alcuni eventi e degustazioni di settore permette sempre di fare delle bellissime scoperte, così è stato per me nel partecipare alla scorsa edizione di Nebbiolo nel Cuore e conoscere, con gran positiva sorpresa, Roberto Taverna e i suoi vini prodotti a Neive, uno dei 4 comuni della zona del Barbaresco DOCG. L’azienda di famiglia è stata fondata negli anni ’30. In quegli anni fu Ludovina Versio ad avviare l’attività nel mondo del vino, inizialmente aiutando il marito nella conduzione dei vigneti, ma negli anni ’50 lui la lasciò inaspettatamente vedova all’età di 30 anni, con la figlia Luciana. Non si risposò mai e con grande dedizione continuò a gestire i vigneti e a produrre vini per 30 anni fino a quando il marito di Luciana, Piero Taverna, ne prese le redini e gestì la tenuta per altri 30 anni. L’azienda è stata tra le prime a imbottigliare vini cru di Barbaresco, come quello “Cascina Slizza”, oggi parte di Gaia-Principe MGA, da un singolo vigneto ancora di proprietà della famiglia, nel 1974 sotto il nome appunto di Vina Versio, vedova del fondatore. Sono ancora presenti alcune bottiglie di quella gloriosa annata. Allora la maggior parte dei viticoltori vendeva l’uva o il vino sfuso, ma Vina riuscì a creare e gestire anche bacino di clienti privati, risultando tra le prime a iniziare a imbottigliare il proprio vino in bottiglie da 0,75 l e a produrre anche vini cru. Per la famiglia la coltivazione dell’uva, la produzione e la vendita del vino sono sempre state un’attività secondaria. Luciana era maestra, Piero lavorava per la Regione. Il loro figlio Roberto, diventato ufficialmente proprietario dell’azienda nel 1998 (menzionato nel logo di Taverna), è un elettricista. Ma questo non ha impedito la realizzazione del grande sogno di produrre vini di altissima qualità. Quando è arrivato il turno di Roberto di gestire la vinificazione, ha deciso di portare l’azienda ad un nuovo livello. Nel 2016 infatti richiede la licenza ufficiale di imbottigliatore e produce il suo primo Barbaresco. Nel 2019, diventata evidente la necessità di ampliare la produzione, si concretizza la partnership con Bisso, critico enologico ed enologo “locale” di fama internazionale. Piero aiuta ancora nei vigneti (quasi a tempo pieno) e si prende cura dei clienti privati. Nonna Vina è stata testimone delle prime 5 vendemmie della nuova era prima che arrivasse il suo momento, nell’agosto 2021, a quasi 98 anni. Diceva:  “A volte preferirei vedere o capire meno, ci sono molte cose che mi rendono nervosa nel mondo moderno”, ma ogni tanto chiedeva campioni di vasca e dava consigli. A pranzo o a cena Nonna Vina beveva solo Nebbiolo invecchiato, che lei o Piero avevano prodotto: “A questa età non voglio bere un vino meno importante, me lo sono meritato”. Diverse sono le referenze ma vorrei soffermarmi su due vini che mi hanno colpito particolarmente: Langhe DOC Chardonnay Vigna Gaia-Principe: Gaia-Principe è un cru importante del comune di Neive. La vigna, situata nella sottozona Slizza è una proprietà storica della famiglia Versio / Taverna, estesa per 0,2 ettari, una piccola parte accanto alla più vecchia vigna di Nebbiolo. Il sesto d’impianto non è della tradizione locale: due viti sono piantate accanto una all’altra e potate a Guyot lungo. La distanza fra le “copie” è di 2 metri. Un vino davvero importante, con la combinazione di metodi di produzione francesi e californiani, moltiplicata per la qualità dell’uva di questo cru, pensata per dare un vino di una grande profondità con potenziale d’invecchiamento. Dopo la raccolta l’uva viene pigiata, diraspata e poi pressata. Per pulire il mosto dai residui e particelle varie viene usato un flottatore, un metodo veloce e green. La fermentazione si svolge in tonneau usato di rovere francese senza controllo della temperatura mentre l’affinamento avviene per 14 mesi in tonneau nuovi da 5 hl di rovere francese, su feccia fine. Vino di grandissima eleganza, struttura ma anche piacevolezza. Barbaresco DOC Cottà Senteùndes: Cottà è un cru del comune di Neive. La vigna di dove proviene questo vino è la più piccola e la più giovane fra tutti i nostri Nebbioli. La sua peculiarità è che è piantata esclusivamente con Nebbiolo Rosé, che prima era considerato un clone del Nebbiolo (CN111) ma poi le analisi genetiche recenti hanno rivelato che si tratta di un “figlio” del Nebbiolo e quindi di una varietà diversa la cui origine genetica è sconosciuta. I vini che produce hanno caratteristiche molto simili al classico Nebbiolo, tuttavia ha anche le sue particolarità come il colore meno carico, come di fatti suggerisce il suo nome, assieme alle intense note floreali al naso. Sent-e-ùndes in piemontese vuol dire «centoundici» ovvero il numero del clone del Nebbiolo da catalogo. Un vino dal corpo leggiadro ma che sa esprimersi con grande carattere ed eleganza. Una grandissima e interessante scoperta i vini di Taverna, capaci di competere con i blasonati della zona, vini che rappresentano una storia di famiglia e un sogno realizzativo che si concretizza nel modo migliore, con qualità e carattere, da non perdere assolutamente!! Taverna, storia di una vita e di un sogno che si realizza A cura di Giuseppe Petronio  Mi trovi su Instagram @peppetronio
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9 Aprile, 2024

Vignamaggio: sintonia con la natura

Realtà come Vignamaggio non possono assolutamente mancare nel nostro bagaglio di conoscenza, ecco perché ve la racconto oggi. Adagiata sulle colline del Chianti, tra boschi e ruscelli, Vignamaggio rappresenta un grande giardino dove il vigneto è parte integrante di un sistema agricolo biologico in cui uomo e terra vivono in sintonia in una comunità sostenibile, reinterpretando la tradizione policolturale delle tipiche fattorie toscane. Una tenuta di 400 ettari tra Greve e Panzano in Chianti, patrimonio condotto a regime biologico che si integra con il paesaggio circostante all’interno di una visione policulturale e che, oltre alla centralità del vino, comprende la cura del bosco, gli uliveti, i cereali, gli orti, l’allevamento di maiali di Cinta Senese e di pecore. Osservando il loro marchio si possono scorgere tutti questi elementi, infatti insieme alla Villa, simbolo di accoglienza e dell’offerta di ospitalità che offre Vignamaggio, ci sono la vigna, il giardino riqualificato, gli olivi, simbolo della produzione storica, e i cereali, rappresentativi della diversificazione colturale, tutti a testimonianza della molteplice attività dell’azienda. Oggi Vignamaggio è un microcosmo produttivo retto da un ecosistema autosufficiente: un laboratorio di biodiversità che pensa al presente per progettare il futuro di un’agricoltura sostenibile, il più possibile varia e interconnessa. Le cantine quattrocentesche della villa di Vignamaggio costituiscono il punto di partenza di un lungo percorso cominciato più di 600 anni fa. Oggi Vignamaggio è una fattoria biologica con una cantina all’avanguardia e produce vini di alta qualità, esprimendo le peculiarità dei diversi terroir della tenuta. La prima attestazione della produzione vitivinicola a Vignamaggio risale al 1404. In una pergamena dell’epoca venuva pianificava l’utilizzo delle botti vuote a disposizione e stabiliva quanto vino elargire all’assetato destinatario della lettera. I vigneti di Vignamaggio coprono una superficie di oltre 70 ettari, coltivati secondo i principi dell’agricoltura biologica. Sangiovese, Merlot, Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon, Malvasia Bianca e Trebbiano costituiscono i vitigni principali della tenuta, ma un particolare riguardo è stato rivolto al recupero di alcune varietà di viti locali come il Canaiolo nero e il Mammolo. Nella cantina di Vignamaggio si svolge tutto il processo di vinificazione, dalla selezione delle uve raccolte all’affinamento del vino in barriques e in grandi botti di rovere. Durante la vendemmia, sulla terrazza superiore, che costituisce il tetto della cantina stessa, vengono selezionate le uve; da qui esse scendono per caduta nei serbatoi in acciaio sottostanti, dove inizia il processo di fermentazione. Vignamaggio è una delle più antiche aziende agricole d’Italia, annoverata tra le aziende fondatrici del Consorzio del Chianti Classico, di cui è ambasciatrice nel mondo con i suoi prodotti d’eccellenza tra cui il Chianti Classico Riserva Gherardino e il Gran Selezione Monna Lisa. Il nome del CHIANTI CLASSICO DOCG RISERVA GHERARDINO è dedicato a Gherardino Gherardini capostipite della illustre casata che edificò Vignamaggio nel XIV secolo. Questo vino viene prodotto con uve Sangiovese per l’80-90% e Merlot per il 10-20%. Dopo le fasi di raccolta e vinificazione, si effettua un affinamento di circa 18-20 mesi in botti e barrique di rovere. Le uve provengono dai vigneti del Prato (Ovest), Solatio (Sud-Ovest) e di Querceto (Ovest/Sud-Ovest). Il CHIANTI CLASSICO DOCG GRAN SELEZIONE MONNA LISA: la villa rinascimentale di Vignamaggio è opera della famiglia Gherardini, la cui fama è legata alla figura leggendaria di Monna Lisa de Gherardini, la celebre Gioconda ritratta da Leonardo da Vinci tra il 1503 e il 1506. Folclore e storia si fondono e confondono nei secoli a venire: l’assonanza tra Via Maggio a Firenze (luogo di nascita di Monna Lisa) e Vignamaggio, unita al paesaggio ritratto da Leonardo, hanno portato molti a ritenere erroneamente che la Gioconda fosse nata qui. Per questa ragione, ancora oggi, la figura della Monna Lisa è legata a Vignamaggio, che ha voluto dedicarle questo vino. Il Chianti Classico Gran Selezione viene prodotto solo nelle annate migliori, con le uve aziendali provenienti dai vigneti più vocati, ovvero quelli del Prato (Ovest), Solatio (Sud-Ovest) e Querceto (Ovest / Sud-Ovest). L’uvaggio è costituito da Sangiovese per il 95% e da Cabernet Sauvignon per il 5%. Il vino è affinato in parte in barriques di rovere francese per 18-20 mesi e in parte in botti più grandi. L’affinamento complessivo minimo è di 30 mesi, di cui almeno 6 in bottiglia. Di grandissimo pregio anche le espressioni internazionali di Vignamaggio. IGT TOSCANA ROSSO CABERNET FRANC DI VIGNAMAGGIO è un vino storico dell’azienda, il Cabernet Franc di Vignamaggio viene prodotto con uve provenienti da viti di oltre quaranta anni, riscoperte per caso negli anni ’90 nei vigneti Solatio (Sud-Ovest) e Orto (Est). Il vino che si ottiene sfugge agli schemi tradizionali, infatti le bassissime produzioni per pianta e il clima piuttosto caldo della zona, rendono questo vino pieno e ricco di tannini eleganti. Il vino è affinato per 18-20 mesi in barriques di rovere francese, in parte nuove e in parte di secondo impiego, per poi proseguire con un lungo affinamento in bottiglia. L’IGT TOSCANA ROSSO MERLOT DI SANTA MARIA: Dopo oltre 25 anni di coltivazione del Merlot a Vignamaggio, l’azienda ha deciso di dedicargli un cru, espressione del vigneto migliore chiamato appunto Santa Maria a Petriolo, situato poco distante dalla Villa ed esposto ad ovest. Il Merlot di Santa Maria unisce alle note fruttate del vitigno, l’eleganza e la freschezza tipiche di Vignamaggio e del territorio di Greve. Il vino è affinato per circa 20 mesi in barriques di rovere francese, in parte nuove e in parte di secondo impiego, e successivamente per almeno 6 mesi in bottiglia. I vini di Vignamaggio vogliono esprimere l’essenza stessa di questo territorio con l’obiettivo di trovare persistenza, colore, equilibrio, profumo e storia, in un unico sorso, vini da non perdere e che non possono mancare nel vostro bagaglio di conoscenza! Vignamaggio: storia e qualità in sintonia con la natura A cura di Giuseppe Petronio  Mi trovi su Instagram @peppetronio
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3 Aprile, 2024

Le Masche: qualità dal cuore dell’Alto Canavese

Cari amici, oggi parliamo di un territorio meno usuale del solito, siamo in Piemonte, nella zona nord della Provincia di Torino, in particolare, sulle colline dei comuni di Levone e Rivara. Qui nel 2007 nasce l’Azienda agricola Le Masche, dal desiderio del giovane Lorenzo Simone che, mosso da una grande passione per il proprio territorio e per la viticoltura, recupera all’avanzare del bosco circa 10 ettari di terre vitate. Nel 2013 terminati gli studi di agraria, decide di intraprendere in maniera concreta questa esperienza professionale realizzando la sua cantina. Egli stesso segue costantemente tutte le fasi del ciclo produttivo dal vigneto alla cantina puntando sempre ad esprimere al massimo le qualità dei suoi vigneti e del suo vino, con l’obiettivo di valorizzare le denominazioni della Doc del Canavese producendo un vino che possa diventare immagine del suo territorio. Il vitigno più rappresentativo, il Nebbiolo, lo ritroviamo nel Vigneto “Gaiarda”. Sul versante con esposizione a Sud / Est della collina di Rivara caratterizzato da un terreno sabbioso ghiaioso. Questo versante grazie alla sua esposizione permette un clima ventilato e mite durante tutto l’anno che conferisce una maggior sanità e maturazione delle uve. Le vigne storiche e più antiche sono situate sulla collina di Rivara in località Vigna Grande e Vigna Veja dove i vitigni principali: Barbera, Freisa, Uva rara, Neretto, Chatus ed altre varietà autoctone producono il Canavese Doc. Ulteriori vigneti di Barbera, Pinot e Cortese sono situati nel comune di Levone, sul versante Est del Monte Sepegna rivolti verso la collina di Pescemonte, vigneti scoscesi caratterizzati dalla presenza di rocce di tufo emergenti ai bordi dei vigneti che catturano il calore durante il giorno per rilasciarlo durante la notte. L’azienda, a testimonianza del rispetto per l’ambiente e autenticità del prodotto, accompagnato da passione e ricerca di qualità, è certificata SQNPI – Sistema di qualità nazionale di produzione integrata. Come detto, a farla da padrone è il Canavese Nebbiolo DOC, prodotto nelle versioni Gaiarda, macerazione a contatto con le bucce circa tre settimane in vinificatore controllato e affinamento di 18 mesi in legno e almeno 12 mesi di bottiglia, Gaiarda A l’è Chièl, macerazione sulle bucce più lunga, di circa 50 giorni cui segue poi un affinamento di 18 mesi in barrique di rovere e almeno 12 mesi di bottiglia, versioni che risaltano le tipicità del nebbiolo con una distinta nota speziata balsamica, e il Roccia, versione più giovane e delicata che fa solo acciaio. Molto interessante per eleganza e struttura anche il Piemonte pinot nero DOC spumante 1474, uve in purezza vendemmiate tra la fine di agosto e la prima settimana di settembre, rapida e delicata pressatura delle uve senza sgretolamento della massa e avvio della fermentazione alcolica a temperatura controllata e fermentazione di circa 10-15 giorni. Affinamento sui lieviti in vasca di acciaio per 4-5 mesi. In bottiglia affina poi per un minimo 36 mesi. Notevoli infine il Canavese Barbera DOC Bonaveria, l’Erbaluce di Caluso DOCG Antonia e il Canavese rosato DOC Francesca prodotto da Barbera e Nebbiolo. Un viaggio davvero notevole in una zona del Nebbiolo diversa dal solito, vini realizzati con cura e sapienza, testimoni del territorio, da non perdere! Le Masche: qualità dal cuore dell’Alto Canavese A cura di Giuseppe Petronio  Mi trovi su Instagram @peppetronio OLYMPUS DIGITAL CAMERA
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27 Marzo, 2024

Costa di Bussia: pionieri del Barolo

L’azienda agricola Costa di Bussia si trova tra Barolo e Monforte d’Alba, il cuore delle Langhe, e vanta quasi 150 anni di storia. Siamo sulla famosa collina della Bussia, circondati da vigne che scolpiscono un panorama dichiarato Patrimonio dell’Unesco: le Langhe. La cantina viene infatti fondata nel 1874 da Luigi Arnulfo, considerato il Pioniere del Barolo per le sue innovative imprese nel mondo enologico locale e nel mercato internazionale del vino. Pensate, fu il primo produttore ad esportare il Barolo nel Nord America nel 1890! Visse un’epoca storica piuttosto drammatica per la viticoltura a causa delle epidemie di oidio, peronospora e fillossera, che decimarono i vigneti in tutta Europa. La ricerca di soluzioni a queste calamità produsse grande fervore scientifico e lo stesso Arnulfo viaggiò in Francia per aggiornarsi circa l’utilizzo dell’innesto su viti americane, adottò i moderni strumenti di cura del vigneto e sperimentò nuovi sistemi di coltivazione”. Egli fu, inoltre, pioniere del marketing e delle menzioni geografiche. Già a fine 1900 fece realizzare uno specchio da appendere nelle osterie o nei caffè per pubblicizzare il suo brand. La sua storia è raccontata nel Museo Storico a lui dedicato, cuore del percorso di visita ideato per mostrare la tenuta e i suoi undici ettari di vigneti, la cantina e le varie fasi di vinificazione e produzione dei vini. È innegabile che un buon vino nasce in vigna, grazie alle caratteristiche del terreno, all’esposizione al sole ed al clima, fattori naturali che vengono valorizzati da mani sapienti che ne sanno esaltare le qualità. La zona nota come Bussia è un “cru” riconosciuto per la produzione di vino, in particolare di Barolo. Questo terreno argilloso è infatti ricco di sali minerali che vengono trasferiti dalle viti all’uva ed infine al vino, arricchendolo in struttura e complessità. La pendenza dei filari, che difficilmente permette l’uso di mezzi meccanici, esalta però la qualità del prodotto. La mappa che trovate nella galleria fotografica rappresenta la suddivisione delle vigne attualmente coltivate ed è incredibile come ciascuna porzione abbia delle caratteristiche geo-climatiche proprie che vanno assecondate sia durante i lavori stagionali, sia durante la vinificazione, per poi ritrovarle anche nel bicchiere. Ed ecco i preziosi prodotti Costa di Bussia: Langhe doc Chardonnay, Dolcetto d’Alba doc, Barbera d’Alba doc, Barbera d’Alba doc vigna Campo del Gatto, Langhe doc Nebbiolo Arcaplà, Barolo docg Bussia, Barolo docg  Bussia Campo dei Buoi, Barolo docg  Arnulfo (0,75 L e 3 L), Barolo docg Riserva, Barolo Chinato e Grappa di Barolo. Tra questi vorrei soffermarmi, senza nulla togliere agli altri, sul Barolo D.O.C.G. Bussia Vigna Campo dei Buoi, annata 2016, che ho avuto il piacere di degustare, al quale sento di associare un aggettivo che ne riassume l’essenza: elegante. Un Nebbiolo di grande espressione, uve provenienti esclusivamente dalla vigna storica “Campo dei Buoi”, già menzionata nell’atto di acquisto del 1874, con la citazione “Campo detto terra dei buoi” riprodotta sull’etichetta del vino. Vigna esposta esclusivamente a sud di estensione poco più di un ettaro. I filari partono da quota di 250m e arrivano fino a 350m. In questa particella, la componente principale è la marna, mentre argilla e arenaria sono minoritarie. L’elevata presenza di carbonati garantisce un perfetto equilibrio idrico, sì da fornire risposte adeguate anche in caso di annate difficili. Le componenti minerali, quali potassio, fosforo, calcio e gli altri elementi, sono ben bilanciate e consentono una perfetta maturazione dei grappoli accompagnata da una ricchezza in componenti. Ricchezza ed equilibrio che ritroviamo anche nel calice, un vino che tra frutto, spezie, nota balsamica e tannino perfettamente levigato, regala un grandissimo piacere di beva. Abbinato perfettamente ad un filetto al tartufo, puro godimento. E per chi volesse immergersi a pieno nella vita di Langa, occorre segnalare anche l’Agriturismo Costa di Bussia ricavato in quello che era l’appartamento di Luigi Arnulfo. Un agriturismo immerso nei vigneti in cui rifugiarsi per vivere una vacanza slow, dove il ritmo del tempo è scandito solamente dalla natura che ci circonda. Una cantina di altissimo livello che produce vini che meritano davvero tanto e che devono essere nella cantina e nel calice di tutti noi appassionati, davvero consigliatissima! Costa di Bussia: pionieri del Barolo A cura di Giuseppe Petronio  Mi trovi su Instagram @peppetronio
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20 Marzo, 2024

Rocche Costamagna: una storia di eccellenza

Cari amici, appassionati di vino, oggi vi porto in uno dei luoghi di produzione a noi più caro, siamo in provincia di Cuneo, in particolare a La Morra, zona altamente vocata, non a caso il più importante comune della denominazione Barolo in quanto a produzione enologica e numero di viticoltori. Proprio qui una delle più storiche realtà vitivinicole è rappresentata da Rocche Costamagna, cantina con una storia di dedizione alla vite e al vino che, nel corso del tempo, ha saputo elevare la qualità delle proprie etichette, valorizzando lo straordinario terroir di La Morra e, in particolare, esaltando i frutti del prestigioso cru del Barolo Rocche dell’Annunziata, che l’azienda ha l’onore di coltivare da oltre due secoli. Le storiche cantine di epoca napoleonica, restaurate e riportate all’antico splendore, ospitano oggi un’elegante struttura ricettiva, dove l’esperienza del Barolo incontra la calda e generosa accoglienza delle Langhe. Le origino sono rappresentate all’origine dal Regio decreto del 15 maggio 1841, con il quale si concedeva a Luigi Costamagna, figlio di Francesco Antonio, un permesso per il «commercio di vino al minuto […] per il vino prodotto dalle uve dei suoi vigneti” ubicati in La Morra». È il primo documento che attesta la vocazione enologica dell’azienda. Un atto importante perché sanciva limiti quantitativi e geografici dei vini allora prodotti, riconoscendo ai Costamagna un certificato di eccellenza, all’interno di un territorio specifico, quello del comune di La Morra. Nel 1911, Francesco Costamagna vince la Medaglia d’Oro al Gran Premio dell’Esposizione Internazionale di Torino: un riconoscimento per aver presentato cinquant’anni d’ininterrotta produzione. Negli anni viene mantenuto saldo il valore delle Rocche dell’Annunziata e dei vigneti lamorresi, trasmettendoli alle nuove generazioni che continuano a coltivarli e vinificarli. Alla fine degli anni ’60 I i vigneti vengono reimpiantati e razionalizzati, le storiche cantine di La Morra ristrutturate e dotate di nuove tecnologie enologiche. Tanta anche la cultura che ruota intorno all’attività agricola, si susseguono negli anni, infatti, manifestazioni culturali che valorizzano il Piemonte sotto gli aspetti dell’arte locale, la microstoria, le minoranze e la cultura enogastronomica, ma anche eventi in cui si discute di enogastronomia attraverso convegni, libri, saggistica. Pionieri anche dell’accoglienza in cantina, con la cantina che era già aperta dalla metà degli anni ’70 per degustazioni e visite guidate. Gli anni ’80 segnano l’ingresso in azienda di Alessandro Locatelli, oggi titolare dell’azienda. In quel periodo il Barolo comincia a svelare il suo potenziale e ad affermarsi come uno dei rossi più apprezzati e prestigiosi al mondo. Segue un periodo dedicato al miglioramento della gestione dei vigneti e alla cura nella vinificazione: anni di esperimenti, di innovazioni in vigna e in cantina, ma soprattutto di esperienze nuove, volte a trovare e sedimentare tecniche in grado di esaltare e sottolineare le già incredibili caratteristiche del terroir di La Morra e la spiccata personalità delle Rocche dell’Annunziata. Valorizzare i vitigni autoctoni a partire dalla vigna, conoscere bene le parcelle, i filari, i ceppi, i terreni, il microclima, saper adattare tecniche e operazioni in base alle reali necessità delle piante, rispettando il loro naturale equilibrio e portando i frutti a piena maturazione, senza stressare o forzare i ritmi della natura: questa è la sintesi della viticoltura sostenibile adottata da Rocche Costamagna negli ultimi vent’anni. Una serie di attenzioni e cure per limitare i trattamenti e accudire i vigneti in un’ottica di conservazione nel lungo periodo del patrimonio viticolo inserito nel famoso contesto ambientale e paesaggistico delle Langhe Albesi. «In vigna è inutile avere fretta. Vige una sola regola: la perfetta maturazione delle uve e la tempestiva raccolta. È questo il punto di partenza da cui nascono grandi vini» Alessandro Locatelli La parte verde delle vigne viene attentamente lavorata in ogni fase dell’anno, secondo interventi tempestivi e dedicati, al fine di ridurre i rischi fitosanitari e limitare gli interventi di ogni genere, praticando attenti diradamenti, volti a concentrare la qualità delle uve in pochi grappoli ben maturi. Le vigne, in buona parte ripiantate a partire dagli anni ’90 dopo un’attenta valutazione del terroir e delle caratteristiche pedologiche di ciascun suolo, sono state preparate con un’impostazione razionale con l’obbiettivo principale dell’uniformità della produzione qualitativa. Per poter contenere il vigore vegetativo da parecchi anni si pratica l’inerbimento, evitando lavorazioni con attrezzature che alterino la struttura del terreno, impoveriscano i suoli e favoriscano l’erosione superficiale. Un percorso verso la gestione sostenibile dei vigneti, con l’eliminazione del diserbo sottofila e l’impiego privilegiato di rame, zolfo e induttori di resistenza. La cantina produce diverse etichette, con Nebbiolo, Dolcetto, Barbera, Arneis, ma a risaltare è senza dubbio il Barolo Rocche dell’Annunziata, presente anche nella versione Riserva. La parcella aziendale, nell’omonima frazione, è posseduta e coltivata dalla famiglia Costamagna fin dall’800. Rocche Costamagna possiede in quest’area un corpo unico di 3,2 ettari coltivato a nebbiolo da Barolo, sormontato dalla Cascina Costamagna. Si tratta di una parcella stretta e lunga ubicata tra i 350 e i 310 metri di altezza, quindi nella fascia ottimale di produzione del Barolo, con esposizione prevalente a Sud-Est, aspetto caratteristico che rende la zona più fresca rispetto ai versanti esposti ad Ovest, delle stesse Rocche, favorendo maturazioni più lente e tardive. I suoli, caratterizzati dalla stratificazione di marne e argille grigio-azzurre appartenenti alla formazione geologica denominata “Marne di Sant’Agata Fossili” (tra gli 11 e i 7 milioni di anni fa), hanno una grande capacità di trattenere l’acqua ed evitare gli stress idrici nei periodi di siccità. I vini qui prodotti hanno un’identità fortissima: eleganti, morbidi e suadenti, sono estremamente complessi nella componente olfattiva, floreale e balsamica, con evidenti note di eucalipto. I vini di Rocche Costamagna non possono mancare nel vostro bagaglio di degustazione, vini che lasciano il segno, e che vi consiglio davvero di portare nella vostra cantina e nel vostro calice! A cura di Giuseppe Petronio  Mi trovi su Instagram @peppetronio
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13 Marzo, 2024

Francesco Rosso: tradizione di famiglia nel cuore del Roero

Ci sono cantine che scelgono l’autenticità e fanno del rispetto della propria filosofia un caposaldo della produzione, e noi appassionati di vino non possiamo che esserne felici. Parliamo dell’Azienda agricola Francesco Rosso.  Siamo a Santo Stefano Roero, appunto nel cuore della produzione dell’omonima denominazione, dove la famiglia Rosso ha sempre avuto uno stretto legame con la terra e con l’agricoltura che si tramanda da generazioni. A partire infatti da Nonno Francesco, che lasciò prova del suo amore per la vigna e per la produzione di un “buon Nebbiolo”, come traspare da un vecchio quaderno tuttora conservato in cantina, passando a Papà Domenico, che scelse di privilegiare il settore degli ortaggi, fino ad oggi, arrivando a Francesco, che dal 2001 conduce l’azienda seguendo le orme del nonno arrivando nel 2012 alle prime etichette di vino del Roero firmate con il proprio nome. Oltre alla sua mano tutto il lavoro di produzione si svolge insieme ad una piccola grande squadra di famiglia composta dalla moglie Maria, i due figli Alex e Giulia, e la nonna. Ma appunto la filosofia di questa realtà è la cosa che risalta assolutamente e che la distingue dagli altri. la cantina, volutamente di piccole dimensioni (3 ettari e mezzo di vigna), segue la filosofia della gestione interamente familiare; tutti i principi della lotta integrata vengono seguiti anche senza avere la certificazione biologica poiché si ritiene che non vi sia alcun bisogno di una certificazione se è il vino a dare tutte le risposte (tra le altre cose, i livelli di solforosa hanno valori conformi ad un vino certificato); la tecnica di mantenimento delle piante è la stessa utilizzata per sé stessi: “non crediamo nelle medicine, ma all’occorrenza, se ci ammaliamo e abbiamo bisogno di antibiotici, ci curiamo. Così con la vigna: anziché riempirla di sostanze nella speranza che non si ammali mai ce ne prendiamo cura con estrema attenzione, per poi trattarla quando insorgono problemi.”; prima di tutto consumatori dei propri vini oltre che produttori! i vini prodotti devono piacere prima di tutto a loro; il vino non è prodotto “in serie”: una produzione intorno alle 15.000 bottiglie annue realizzate unicamente con l’uva delle proprie vigne, mai perfettamente uguale da annata ad annata, con ogni raccolto che viene gestito individualmente; l’affinamento dei vini viene fatto con legni grandi o piccoli a seconda di quanto si voglia agire sul risultato finale, inoltre vengono utilizzati solo legni francesi, Allier se si vuole preservare la rigidità del tannino, rendendolo più deciso, Fontainebleau, se l’intento è quello di dare una maggior morbidezza, arrotondare un tannino particolarmente aggressivo. Andiamo quindi a scorrere i vini che l’azienda propone e che ho avuto modo di provare in prima persona. Tutti delineano i tratti di una produzione di altissima qualità. Vini veri, che hanno la vivacità e la freschezza come tratto comune, insieme al grande carattere. In particolare a farla da padrone è il Nebbiolo in purezza declinato in quattro diverse versioni, il Roero Riserva DOCG, il Roero DOCG ‘Nciarmà, il Nebbiolo d’Alba Superiore DOC Bastianetto e il Nebbiolo d’Alba DOC, seguono poi Barbera d’Alba Superiore DOC Cichin e Barbera d’Alba DOC. Passando infine per l’unico a bacca bianca, Roero Arneis DOCG Madonna delle Grazie presente anche nella versione dolce dello stesso vitigno, con il Langhe Arneis Passito DOCG. Questa è solo una carrellata dei vini prodotti ma invito tutti voi a visitare il loro sito che riporta nel dettaglio estremo tutte le importanti variabili tecniche utilizzate in vigna, nella vinificazione e nell’affinamento, nonché tutte le analisi. Una cantina consigliatissima, cari amici appassionati di vino, e se questa filosofia vi ha ispirato non vi resta che degustare queste meraviglie dal tratto unico, vini che possono catalogarsi secondo la migliore accezione dell’artigianalità!! Francesco Rosso: tradizione di famiglia nel cuore del Roero A cura di Giuseppe Petronio  Mi trovi su Instagram @peppetronio
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6 Marzo, 2024

Castello di Razzano: Monferrato da scoprire

Esistono luoghi ricchi di storia, arte e architettura e soprattutto natura e vocazione per la produzione di grandi vini: il Monferrato. Siamo in Piemonte, tra le zone comprese principalmente all’interno delle province di Alessandria e Asti, zona che, assieme a Langhe e Roero, giusto per parlare di zone naturalmente vocate alla produzione di grandi vini, fa parte lista UNESCO dei beni del Patrimonio dell’Umanità. Ed è qui, ad Alfiano Natta, che nel 1927 la famiglia Olearo entra nel mondo del vino, quando Ernesto Olearo insieme alla moglie Clementina Razzano, costruiscono la prima cantina di piccole dimensioni presso l‘attuale Tenuta Cà di Corte, dando inizio alla produzione e commercializzazione di vini. L’azienda cresce nel tempo e si sviluppa considerevolmente a partire dagli anni ‘40 grazie alla determinazione e alla spiccata capacità imprenditoriale del figlio Eugenio Olearo, il quale sviluppò l’attività di distribuzione, instaurando numerose e diversificate relazioni commerciali e ampliando azienda con l’acquisto di nuovi terreni e proprietà, tra cui la Tenuta Castello di Razzano nel 1968 e la Tenuta Campasso nel 1975, localizzate entrambe a poche centinaia di metri dalla principale Tenuta Cà di Corte. La grande svolta arrivò negli anni ’80 con l’entrata in azienda della terza generazione rappresentata da Augusto Olearo, figlio di Eugenio, il quale a seguito degli studi di enologia presso la scuola di Alba, con grande sagacia impianta numerosi ettari di vigneto volti ad una produzione di qualità. Nel 2002 Augusto Olearo con lungimiranza avvia il progetto di completa ristrutturazione del Castello di Razzano; dopo 7 anni di lavori, l’edificio ritorna al suo originale splendore, con l’apertura di un Relais di charme e l’installazione del Museo ArteVino Razzano. La tradizione familiare non si ferma e i figli di Augusto, Riccardo e Federico, entrano in azienda nel 2006 spinti dalla passione per la storica attività di famiglia. Entrambi hanno assorbito la determinazione, l’audacia, lo spirito imprenditoriale e il coraggio delle generazioni passate e guardano insieme verso il futuro dell’azienda. Nei seminterrati del Castello sono state mantenute le originali cantine con mattoni a vista, ambiente pieno di fascino ideale per l’affinamento di grandi vini in botti di rovere, oltre all’incantevole “infernot”, galleria scavata nel sottosuolo, dove vengono custodite le bottiglie delle migliori annate. Al piano superiore, a disposizione dei visitatori, si trova l’enoteca ed una grande sala degustazione dove è possibile scoprire i vini prodotti. Ovviamente sul loro sito è possibile scoprire tutta la gamma dei vini prodotti grazie anche allo shop online, prenotare esperienze e approfittare della loro meravigliosa ospitalità prenotando direttamente. Andando ai vini prodotti che dire, servirebbe un articolo di 8 pagine per descrivere tutte le grandi referenze che vengono prodotte dall’azienda, si spazia dagli spumanti metodo classico, ai vini a bacca bianca, sia internazionali che della tradizione, ai rosati, per poi passare ai grandi rossi, con Barbera e Nebbiolo tra i principali vitigni utilizzati e declinati in varie versioni, insieme al Ruchè, Cabernet, Croatina e Merlot. Il tratto principale della produzione è improntato su una produzione di qualità garantita dall’impegno costante e totale in tutte le fasi di lavorazione, a partire dalla cura dell’uva nel vigneto, fino alla conservazione del vino in bottiglia nelle cantine. Quotidiano è il lavoro nelle vigne, dove, al fine di ottenere un’uva di ottima qualità, ingrediente essenziale per ottenere vini di pregio, le piante non vengono sottoposte a forzature nel pieno rispetto dei loro ritmi biologici, utilizzando concimi naturali organici e l’inerbimento naturale tra i filari. Provenienti da un luogo distinto dal caratteristico terreno argilloso, calcareo con fondo marnoso, ecco alcune delle produzioni che ho avuto il piacere di degustare: “Nero di Razzano” – Monferrato D.O.C. Nebbiolo Superiore: Nebbiolo 100% coltivato ad una altitudine di 300 metri con esposizione Sud, Sud-Ovest. Produzione di 45 hl per ettaro con diradamento estivo: dal 20% al 30% per concentrare qualità e sentori. La vinificazione avviene in vasche di acciaio a temperatura controllata di 30° con macerazione sulle vinacce per 8 gg, segue poi un affinamento in barrique nuove di rovere francese per ben 3 anni! Ne deriva un vino dalla grande longevità, ricco di sentori di spezie scure, chiodi di garofano e una grande balsamicità, carattere che si esplica con un sorso caldo, strutturato e dal tannino ben fitto che si dispiega su un finale vellutato che richiama la nota speziata e di tostatura; “Campasso” – Barbera d’Asti Superiore D.O.C.G.: Barbera in purezza coltivato ad una altitudine di 290 metri con esposizione Sud. Produzione di 50 hl per ettaro con vinificazione in acciaio inox a temperatura controllata. Lunga macerazione sulle vinacce per 40 gg e affinamento in botti di rovere francese da 20 HL per 3 anni. Vino di grande struttura ben coniugata alla piacevolezza di beva, sentori di ciliegia e lampone accompagnano un sorso rotondo e sapido con un bel finale sul frutto; “Valentino Caligaris” – Barbera d’Asti Superiore D.O.C.G.: 100% Barbera, altitudine di coltivazione sempre 300 mslm, con esposizione Sud, Sud-Ovest. In questo caso abbiamo una produzione più bassa, 30 hl per ettaro, e grande concentrazione grazie anche al diradamento estivo che va dal 30% al 50%. La vinificazione avviene in tini di legno e permane sulle vinacce per 50 gg. Affinamento in barrique nuove di rovere francese per 15 mesi. Al calice, grazie anche alla mancanza di filtrazione, ha una grandissima intensità e lo rende impenetrabile, profumi di marasca e mirtillo a cui seguono sentori vanigliati e di pepe nero, un vino dal corpo importante che però non trascura la piacevolezza, anche in questo caso la sapidità è ben presente anche sul finale. Una grande realtà nel panorama vinicolo che mi piacerebbe approfondire anche di persona prima o poi vista anche la grande offerta di ospitalità, i vini prodotti rappresentano confermano la grande qualità e dedizione a cui si accompagna, e non è trascurabile, un prezzo davvero molto interessante rispetto all’alto tenore di quanto si ha nel calice, una cantina che vi consiglio vivamente!! Castello di Razzano: Monferrato da scoprire A cura di Giuseppe Petronio  Mi trovi su Instagram @peppetronio
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22 Febbraio, 2024

Marchesi Pancrazi: quando il caso diventa eccellenza

Ci sono delle volte in cui il caso o un semplice errore fa proprio la differenza, ed è proprio così che è andata nell’esempio di Marchesi Pancrazi. Siamo in Toscana, tra Prato e Pistoia, alle pendici del Monte Ferrato, dove l’azienda si sviluppa intorno alla Villa di Bagnolo con 5 ettari di vigna di Pinot Nero, circa 3.000 piante di ulivi e 45 ettari di boschi. Il caso ha giocato un ruolo fondamentale nella storia del Pinot Nero della Villa di Bagnolo, infatti negli anni ’70 quando il Marchese Pancrazi volle reimpiantare i vigneti incorse in un errore da parte del vivaista che fornì, al posto del tradizionale Sangiovese coltivato in queste zone, del Pinot Nero. Solo dopo qualche anno, a fine anni ’80, grazie all’intervento dell’attuale enologo Dott. Nicolò D’Afflitto, in azienda ci si accorse dell’errore e compreso il potenziale dato dal territorio si convertì la produzione aziendale a Pinot Nero dal 1989. Il bello è che proprio qui il Pinot Nero ha trovato la sua casa: Il microclima di Bagnolo si presenta adatto per questo vitigno grazie alla presenza di forte escursione termica tra giorno e notte, un terreno ricco di minerali (serpentino) e umidità superficiale. La Villa di Bagnolo è stata costruita nel 1500 dalla famiglia fiorentina dei principi Strozzi che ne rimasero proprietari fino al 1965 quando passò per eredità alla famiglia Pancrazi, specializzandosi nella produzione di Pinot Nero (vino e grappa) ed Olio Extra Vergine d’Oliva. Ecco i vini prodotti dall’azienda: Pinot Nero “Vigna Baragazza”: La Vigna Baragazza è collocata nei terreni di maggiore altitudine dell’azienda per i quali è stato selezionato un unico clone di Pinot Nero il 777 affinamento per 18 mesi in barriques di 1 e 2 passaggio; Pinot Nero “Villa di Bagnolo”: Ottenuto dalle vigne della Villa di Bagnolo, in prossimità del torrente omonimo a 150 s.l.m., nelle quali è presente il Pinot Nero in diversi cloni, provenienti dalla Borgogna, selezionati negli anni (236, 292, 386, 777, 828, 943 e 583) affinamento per 18 mesi in barriques di 1 e 2 passaggio; Pinot Nero “Monte Ferrato”: Ottenuto dalle vigne ai piedi del Monte Ferrato che originariamente furono protagoniste dell’errore da parte del vivaista dove, nel 2011, sono stati reimpiantati i vigneti con i cloni 236 e 292. Affinamento per 12 mesi in barriques di 3 e 4 passaggio; Rosé di Pinot nero “Villa di Bagnolo”: Ottenuto da uve di Pinot Nero 100% mediante selezione in vendemmia ed in parte salasso entro 12 ore dalla diraspatura. Il tratto distintivo che ho rilevato dalla degustazione dei vini di Marchesi Pancrazi è l’eleganza, la pulizia e l’equilibrio tra frutto, tannini e freschezza, vini che delineano con chiarezza e unicità il profilo di una realtà toscana che si distingue per l’eccellenza del suo Pinot Nero. Da provare assolutamente! Marchesi Pancrazi: quando il caso diventa eccellenza A cura di Giuseppe Petronio  Mi trovi su Instagram @peppetronio
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12 Febbraio, 2024

Marchesi Alfieri: lunga storia di qualità in un territorio unico

Negli ultimi 300 anni, Marchesi Alfieri è stata artefice dell’eredità storica, culturale e vitivinicola del Piemonte. Conserva cantine storiche in cui si producono vini di grande eleganza, vere e proprie icone del terroir di San Martino Alfieri. Pensate, risale al 1696 la costituzione della prima cantina all’interno delle proprietà, poi nel 1851 Giuseppina Benso di Cavour, nipote dello statista Camillo Benso di Cavour, sposa Carlo Alfieri di Sostegno. Sarà proprio Camillo Benso a dare un impulso alla produzione vitivinicola della famiglia Alfieri, migliorando la qualità dei vini e introducendo in Piemonte il Pinot Nero. Dopo varie vicissitudini e lunghi anni tocca poi a Casimiro San Martino di San Germano, nel 1982 rilanciare la produzione viticola della proprietà. Dopo la sua morte, nell’88 alla guida della cantina subentrano le figlie Emanuela, Antonella e Giovanna, che con coraggio e determinazione hanno condotto l’azienda. È il 1990 e quell’anno, trovandosi di fronte alle loro prime diecimila bottiglie, tutte e tre le sorelle si chiesero la stessa cosa: “E ora chi se le berrà tutte quante?” Sono anni in cui arrivano novità, soddisfazioni, premi, nuovi vigneti e progetti, con l’impianto del primo vigneto di Nebbiolo sulla collina Quaglia e il progetto legato alla produzione di un Metodo Classico da uve Pinot Nero in purezza. Nel 2018 viene realizzata la seconda barricaia e la trasformazione di svariati ettari di bosco in una tartufaia didattica. Viene impiantato un nuovo vigneto di Pinot Nero a nord della collina Quaglia e viene realizzata una nuova vigna votata alla coltivazione di Barbera: la Vigna del Castello. Nel 2022 viene presentato il Carlo Alfieri vendemmia 2015, prodotto solo in annate eccezionali con le uve che meglio hanno saputo interpretare l’identità del vitigno Barbera, questo vino nasce da una attenta selezione in vigna seguita da un lungo processo di affinamento in legno e in bottiglia. Un territorio davvero magico, colline e montagne in ogni direzione, e poi il fondovalle che si tinge del verde dei boschi e dell’azzurro del Tanaro. È proprio il fiume a segnare uno dei confini naturali che delimitano questo spazio che nasce nel punto in cui Roero, Langhe e Monferrato si incontrano nelle Terre Alfieri. La composizione variegata del suolo ci dice che siamo in una terra di frontiera, capace di esprimere nei vini il meglio dei territori limitrofi: i profumi intensi e floreali del Roero; il frutto pieno e la freschezza del Monferrato, l’eleganza, la potenza e la longevità delle Langhe. Vigneti storici che si alternano a impianti più giovani, per un totale di 20 ettari vitati, distribuiti su quattro diverse colline che da sempre fanno parte delle terre della famiglia Alfieri di Sostegno: Sansoero: Il nome deriva da una cappella votiva dedicata a San Saverio che si trovava a metà della collina. È la collina più vicina alla residenza, nonché il nucleo più antico di vigne con il Pinot Nero che qui ha una storia centenaria! Il suolo di Sansoero è ricco di argilla e sabbia rossa, che virano al bianco andando verso ovest vengono coltivati Nebbiolo, Barbera, Grignolino e Pinot Nero; Quaglia: Il suolo della collina Quaglia è caratterizzato non solo da un perfetto mix di sabbie, argilla e limo, ma anche da alte percentuali di sodio, potassio e calcio, che aiutano la vite a sviluppare grappoli con bucce più spesse e resistenti. Il versante sud della collina è vocato alla coltivazione delle viti di Barbera, che vanno a costituire la base viticola per la Barbera d’Asti DOCG La Tota, la Barbera d’Asti Superiore DOCG Alfiera e per il Terre Alfieri Nebbiolo DOCG Costa Quaglia. A nord troviamo il Pinot Nero, utilizzato per produrre il Piemonte Pinot Nero DOC San Germano, il Metodo Classico extra brut millesimato Blanc de Noir e il Piemonte DOC Barbera Pinot Nero Sostegno; Calandrina: La collina della Calandrina è votata interamente alla coltivazione del Barbera. L’andamento est e nord-est, la conformazione con sabbie e argille bianche e la minor pendenza rispetto a Quaglia consentono una maturazione più tardiva, distesa e uniforme delle uve. La Barbera proveniente dalla Calandrina viene usata in assemblaggio per produrre la Barbera d’Asti DOCG La Tota; La nostra viticoltura “leggera” con l’equilibrio che significa non forzare la mano della natura, ma guidarla in una direzione in cui possa esprimersi al meglio. Questo si traduce in trattamenti fitosanitari a basso impatto e pratiche agronomiche sostenibili. Lavorare per sottrazione vuol dire intervenire solo quando necessario, riducendo il numero dei trattamenti all’indispensabile, evitando l’uso di automezzi pesanti e facendo ricorso al diserbo meccanico. Sottrarre vuol anche dire selezionare la qualità direttamente in vigna: fin dagli anni ’90, quando ancora molti agricoltori pensavano fosse una pratica inutile, si effettua il diradamento selettivo al fine di diminuire la quantità di grappoli e concentrare, senza forzature, la massima qualità in ogni grappolo. Ne derivano vini di grande stile, eleganza, purezza e pulizia che rendono questa realtà d’eccellenza in uno dei territori più espressivi, vini che vi consiglio assolutamente! Marchesi Alfieri: lunga storia di qualità in un territorio unico A cura di Giuseppe Petronio  Mi trovi su Instagram @peppetronio
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