Passi in cantina

Adele, sommelier e consulente marketing per aziende agroalimentari, ci porterà a conoscere realtà wine&spirits che hanno scelto di comunicare la propria unicità in maniera originale, innovativa, a volte magari perfino sfrontata… in ogni caso, di sicuro, differenziante e memorabile.
La Rubrica “Passi in cantina” ha infatti una doppia valenza nel suo titolo.
Racconta sì, in senso letterale, esperienze di viaggio e di degustazione, l’atto vero e proprio dell’andare a spasso per cantine, quindi. Ma ritrae anche, in senso metaforico, i percorsi di crescita e rafforzamento della propria identità che hanno intrapreso i produttori. Passo dopo passo, appunto, con costanza e coerenza.
Lasciamoci guidare da Adele tra esposizioni interattive, installazioni tecnologiche o tuffi nel passato che ci riporteranno indietro di secoli.
Saranno in ogni caso passeggiate ricche di curiosità e suggestioni inedite. Si parte!

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17 Luglio, 2024

Viaggio sensoriale in Calabria

Come la Notte Rosa del Vino mi ha fatto scoprire l’Alto Jonio cosentino La Notte Rosa del Vino, che lo scorso 6 luglio ha coronato la sua quarta edizione, nasce da un’idea di Francesco Pingitore, delegato regionale della Scuola Europea Sommelier, con il sostegno dall’Assessorato all’Agricoltura della Regione Calabria, del Comune di Trebisacce e di associazioni del territorio, per celebrare professioniste da tutt’Italia – ed oltre – distintesi per il loro contributo alla filiera produttiva e alla promozione, comunicazione e divulgazione della cultura del vino. Questa è la doverosa premessa per inquadrare lo scopo istituzionale dell’iniziativa, ma per me la Notte Rosa del Vino è stata molto di più. Per me è stata una due giorni in cui ho rappresentato la Lombardia in un’esperienza immersiva di gusto, di bellezza e di condivisione. Nella prima tappa del nostro viaggio veniamo accolte Giuseppe Chiappetta nella sua Azienda Terre di Balbia nei pressi del borgo medioevale di Altomonte in provincia di Cosenza, appunto l’antica Balbia citata da Plinio il Vecchio (23-79 dC). In questo terroir unico, tra le brezze dello Jonio e le escursioni termiche del Monte Pollino, prendono vita 3 assaggi imperdibili, tutti monovitigno. Ligrezza, un rosato pieno e persistente da Gaglioppo, poi Fervore, un deciso ma avvolgente rosso Magliocco dolce, ed infine un interessante internazionale: un Merlot dal nome Blandus.       La degustazione serale ha invece visto protagonista la gamma di vini di una delle donne del gruppo, Vincenza Librandi, titolare dell’omonima cantina di Cirò Marina, in una location decisamente inedita: su un veliero al tramonto sui Laghi di Sibari. Si tratta di un complesso residenziale e portuale creato su laghi artificiali di bonifica, tra i più grandi poli turistici di attracco del Mediterraneo e contornato da gioielli naturalistici come il massiccio montuoso del Pollino. Un autentico gioiello di natura, luci e colori al tramonto. La giornata successiva è cominciata con un’escursione guidata da Fernando Di Leo tra le sue coltivazioni di limoni. Lì abbiamo appreso le proprietà del Limone di Rocca Imperiale IGP con una forma allungata, di medie dimensioni, ed una buccia di colore variabile tra il verde chiaro ed il giallo. Si tratta di una varietà praticamente priva di semi, che produce un abbondante succo né acido né amaro, oltre che dal profumo straordinario. Nel corso dell’anno, il Limone di Rocca Imperiale produce ben tre tipi di frutti derivati da altrettante fioriture: il Primofiore raccolto da maggio a luglio, il Maiolino raccolto da maggio a luglio, ed infine il Verdello raccolto da agosto a ottobre. Farnando Di Leo e la sua famiglia producono da tre generazioni il rinomato Limone “Oro di Federico”, proprio in omaggio alla città d’origine Rocca Imperiale, fondata dal re Federico II di Svevia. E appena lasciata l’Azienda Di Leo, anche il nostro gruppo ha voluto rendere omaggio a Rocca Imperiale con una visita! Ogni anno, nell’ultima settimana di agosto, nel borgo calabrese si celebra il Concorso internazionale di poesia inedita “Il Federiciano”. Questo forte legame con la scrittura in versi spiega la presenza di tante poesie riportate su ceramica decorata tra i vicoli. Ma torniamo a concentrarci sullo scopo primario della nostra visita, in quanto donne del vino. In un giardino interno nel cuore di Rocca Imperiale ci aspettava Francesco Gabriele Bafaro, archeologo per professione e viticultore per vocazione, che ha fondato la propria azienda archeo-enologica, valorizzando l’uso delle anfore. La produzione dell’”archo-vino” Acroneo è frutto di uno studio attento delle fonti letterarie, iconografiche e archeologiche di varie epoche. Ogni fase della produzione è curata nei minimi dettagli per ricostruire il processo di vinificazione antico, in un vero e proprio percorso di archeologia sperimentale. Il “Vino di Raffaele”, Magliocco al 100% degustato dopo la presentazione mi ha colpita per la sua estrema piacevolezza: una potenza alcolica ben bilanciata dalla freschezza piena dei frutti rossi e dall’ingentilimento del passaggio in barriques di rovere francese. Non si concludono però con l’archeo-enologia le nostre scoperte sensoriali della seconda ed ultima giornata! La paradisiaca meta conclusiva del nostro breve tour è la Tenuta del Castello di Montegiordano, cantina tra le più antiche della Calabria, al confine con la Basilicata, con vigneti a strapiombo sul mare e dolci colline ricoperte di pini e macchia mediterranea. Lì ci accoglie calorosamente il titolare Renato Bocca, che ci illustra entusiasta i suoi progetti di sviluppo aziendale in collaborazione con il celebre enologo Riccardo Cotarella e ci fa degustare due splendide interpretazioni d’Aglianico in purezza: il rosato «Pian delle rose» ed il cru rosso «Soprano», affinato in barriques nuove per 18 mesi. Se puntare sull’Aglianico significa scommettere sul «Barolo del sud», certamente vini rappresentativi come quelli di Tenuta del Castello concorrono alla valorizzazione di un patrimonio enologico ed enoturistico ancora in gran parte inesplorato. Le mie colleghe donne del vino ed io, ciascuna con i propri canali e con la propria rete di relazioni, abbiamo dato il nostro piccolo contributo alla narrazione del territorio fino alla serata conclusiva di premiazione, in cui siamo diventate ambasciatrici della Calabria attraverso gli abiti di Luigia Granata, stilista identitaria che sui propri capi, tutti pezzi unici realizzati a mano con tessuti pregiati, ritrae le bellezze paesaggistiche e le chicche agroalimentari calabresi. L’abito turchese che indosso nella foto, per esempio, riporta nella stampa la patata della Sila IGP. Dopo alcuni giorni di relax al mare sono ripartita, carica di generosi omaggi enogastronomici e desiderosa di tornare a scoprire quella fantastica Regione che è la Calabria.   Adele Gorni Silvestrini Mi trovi su Instagram @adelegornisilvestrini Passi in Cantina  
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25 Giugno, 2024

Trionfo enogastronomico in Franciacorta

La Federazione Italiana Circoli Enogastronomici si ritrova sempre più affiatata con l’ospitalità di Muratori Una giornata franciacortina all’insegna del gusto, delle tradizioni locali e della cultura enogastronomica.
Così descriverei la mia seconda domenica di giugno, ospite del Circolo Enogastronomico Lombardo La Franciacorta nell’azienda Muratori di Adro.
Il Circolo è un affiliato storico (si consideri che questo Incontro in Franciacorta ha raggiunto quest’anno la sua 31esima edizione!) della F.I.C.E., Federazione Italiana Circoli Enogastronomici, nata a Savona nel 1974 da per opera di Francesco Mazzoli e di un piccolo gruppo di amici.
Storicamente le “confraternite”, dal latino “cum” – con e “frater” – fratello, erano associazioni di laici, aventi scopo di culto, di beneficenza o di devozione, poste sotto la protezione di un santo.
Soprattutto tra il XIII e il XV secolo ebbero un enorme sviluppo, in quanto insieme alla famiglia e alla Chiesa, s’impegnarono in ciò che oggi può essere sintetizzato come “mutuo soccorso”. Molte attuali Confraternite hanno origine antica, mentre altre sono nate in tempi molto più recenti, con l’obbiettivo di tramandare alle future generazioni il bagaglio culturale e storico dei propri territori, con una particolare attenzione verso le loro tradizioni enogastronomiche.
Posso dire che il loro entusiasmo è palpabile e contagioso, perché ne ho conosciute diverse in Muratori quella domenica: la Confraternita della Corniola di Cornedo Vicentino, i 12 Apostoli dell’Enogastronomia di Scorzè, la Confraternita del Cotechino Magro di Spessa, l’Antica Cunsurtarija dal Tapulon di Borgomanero e molte altre.
Quella che più mi ha incuriosita, già a sentirne il nome, è stata la Confraternita del “Ris in Cagnun cul Persic”, che vuole rivitalizzare le acque del lago varesino riportando in auge con gli operatori locali della ristorazione e dell’ospitalità quest’antica ricetta di riso bollito, e non mantecato, con il pesce persico. Ad accogliere nella Sala Zero di Muratori le Confraternite ed il pubblico è stata Michela Muratori, che si occupa della comunicazione della cantina di famiglia, nata nel 1999 come Villa Crespia ma che dallo scorso anno ha cambiato veste in Muratori, valorizzando il nome della famiglia che porta avanti l’azienda da tre generazioni.
Michela, con orgoglio e affetto, ha parlato del nonno Gianni e di come, nonostante la grande passione di quest’ultimo per i vini rossi, la famiglia abbia deciso di cimentarsi senza esitazioni, “tardi, ma bene”, in un progetto di sola Franciacorta, coltivando su 55 ettari Chardonnay, Pinot nero e Pinot bianco. Sulla determinazione a lavorare bene non ci sono dubbi, vista la collaborazione con il celebre enologo Riccardo Cotarella.
La nuova linea di spumanti Muratori è stata presentata per la prima volta al Vinitaly 2023, con una degustazione guidata dallo stesso enologo. Lui che si è sempre occupato di aziende note a livello globale, ha ammesso in conferenza a Vinitaly che quella in Franciacorta è stata una sfida piacevole ed entusiasmante, e soprattutto guidata da idee molto chiare condivise con la famiglia Muratori: vendemmia manuale eseguita in poche ore, pochissimi zuccheri aggiunti, niente legno. Frutta e fiori in bocca sono un segno di un grande vino aveva commentato Cotarella, e confermo che i fiori bianchi, il gelsomino e la pera hanno colpito subito anche il mio naso alla degustazione di benvenuto del Brut Muratori, 100% Chardonnay. In bocca è cremoso e lungo, con un’acidità energica e ancora tanta frutta bianca. All’intervento di Michela Muratori è seguito quello del famoso giornalista gastronomico Riccardo Lagorio, che ha incoraggiato una presa di posizione più informata da parte dei consumatori che negli ultimi anni si sono avvicinati, ad esempio, al mondo del vino. Anche per la carne rossa, che ha vissuto anni recenti di demonizzazione, occorre più informazione. Anche per la carne bisognerebbe essere esigenti ed informati sulle razze, sui tagli e sulle ricette per valorizzarli. Lagorio ha illustrato come le razze bovine siano frutto di una selezione dell’uomo nei secoli, per la produzione di carne (ad esempio la chianina, da lavoro, con una carne soda e più sviluppata nel costato) o per la produzione di latte (ad esempio la bruna alpina).
Anche nell’intervento di Riccardo Lagorio, quindi, ha dominato il legame vincente tra i territori e le loro popolazioni, in un tramandarsi di cultura che le Confraternite FICE tutelano e valorizzano con il proprio operato. Adele Gorni Silvestrini Mi trovi su Instagram @adelegornisilvestrini Passi in Cantina
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28 Maggio, 2024

Il Poggiarello. Sorsi di Val Trebbia al Best Wine Stars

Più che una masterclass, un tuffo nel passato dei miei primi passi nella promozione agroalimentare con FISAR Piacenza ed il Consorzio Vini DOC Colli Piacentini. Un ritorno con la memoria tra vallate mozzafiato come quella che incornicia l’azienda Il Poggiarello, creata nel 1980 dalle famiglie Ferrari e Perini e brand di punta del gruppo Cantine 4 Valli. Oggi i vigneti de Il Poggiarello si estendono su 20 ettari, e dal 2018 sono certificati biologici, in un territorio come quello della Val Trebbia, simbolo per antonomasia di salubrità ed equilibrio con la natura. La Val Trebbia è una delle quattro valli dei Colli Piacentini, celebre per ospitare alcuni dei borghi più suggestivi d’Italia. È stata definita come “la valle più bella del mondo” da Ernest Hemingway. Il noto scrittore americano, infatti, vi rimase bloccato nel corso della Seconda Guerra Mondiale e s’innamorò dei suoi paesaggi. Non abbiamo potuto teletrasportarci sulle rive del Trebbia per crogiolarci al sole, ma certamente la masterclass di Best Wine Stars “Malvasia e Gutturnio: l’Emilia che non ti aspetti” ha consentito ai presenti d’intraprendere un viaggio tra i Colli Piacentini, comprendendo le potenzialità di un territorio di cui si parla ancora troppo poco. Una Malvasia bianca di Candia aromatica colpirà sempre con le sue note fresche di fiori bianchi e richiami di frutta esotica nelle versioni più giovani, ma questi elementi immediati di freschezza si accompagneranno a sentori più evoluti con un affinamento in barrique di rovere francese… e sorprenderanno anche il degustatore più esperto, dopo qualche ulteriore anno in bottiglia. Pur conoscendo da tempo la malvasia dei Colli Piacentini nelle sue varie declinazioni, ogni volta rimango colpita dalle mille “vesti” che può indossare. A metà del percorso, dopo 3 calici di Malvasia (o meglio, delle Malvasie!) abbiamo svoltato verso il Gutturnio, un blend di Barbera e Croatina che si lascia ricordare per il suo rosso rubino e la sua fresca effervescenza quando si trova nella versione frizzante, come quello della linea “Gli Spaghi” de Il Poggiarello, ma che diventa potente ed autorevole quando ci s’imbatte, ad esempio, ne La Barbona, una Riserva la cui potenza alcolica è sostenuta da tannini vellutati, corpo avvolgente e una presenza ancora ricca di frutta. Ancora oggi, spesso, quando si pensa all’Emilia, si pensa al vino frizzante… ma l’Emilia non è solo questo! Chi era presente con me alla masterclass ha potuto immergersi con i vari assaggi in colori, aromi e consistenze sorprendentemente diversi ma sempre coerenti, per la filosofia produttiva e l’impronta stilistica de Il Poggiarello. Non resta che darsi appuntamento l’anno prossimo al Best Wine Stars, per conoscere altre cantine italiane ed internazionali curiose come questa. E possiamo star certi che avremo l’imbarazzo della scelta: in questa quinta edizione c’erano oltre 200 aziende, con quasi 1.200 etichette in degustazione!   Adele Gorni Silvestrini Mi trovi su Instagram @adelegornisilvestrini Passi in Cantina
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14 Maggio, 2024

Fotografia non convenzionale e Franciacorta. Freccianera Fratelli Berlucchi

Ci sono Aziende che fin dalla loro fondazione mostrano una spontanea predilezione per la cultura e l’arte. Una di queste è Fratelli Berlucchi, che con la “Collezione Freccianera” di Millesimati Brut, Nature, Satèn e Rosé ha creato una linea dall’impatto – anche visivo – molto forte. Così la descrive la presidente Pia Donata Berlucchi L’etichetta nera ed oro la dobbiamo al grande Maestro grafico (e molto di più) Franco Maria Ricci, che sconvolse il marketing alimentare degli anni ‘70, quando il colore nero era bandito dalle etichette di cibi e bevande. A noi fratelli piacque molto, e rischiammo! In breve tempo, il nostro Franciacorta arrivò ad essere chiamato “l’etichetta nera”, senza nemmeno specificare di cosa si trattasse. Avvolgevamo personalmente ogni bottiglia in velina nera con stemma in oro, scatole nere ed oro… e il binomio nero-oro diventò il nostro segno distintivo.” Innovazione e indipendenza espressiva caratterizzano quindi da sempre Fratelli Berlucchi, che questo mese ha affiancato un programma artistico di Brescia Musei non solo con un sostegno finanziario, ma anche con l’organizzazione di un progetto artistico inedito, una side exhibition, nella sede di Corte Franca. Il 4 maggio gli ospiti di Fratelli Berlucchi hanno potuto ammirare tra gli affreschi storici della Cantina (i più antichi risalenti addirittura al ‘300) gli scatti di Gabriele Micalizzi, un fotografo che ha coniugato il reportage di guerra con progetti fotografici di natura umanitaria, sociale e artistica. Le opere rimarranno esposte nelle sale della Cantina fino al 9 agosto, in una esposizione collaterale a quella che proseguirà fino al 1° settembre nel Museo di Santa Giulia a Brescia, dal titolo “Legacy”: ritratti di uomini, donne e bambini immortalati in contesti che testimoniano la complessità dell’esperienza umana durante alcuni dei conflitti degli ultimi 15 anni, dalle proteste delle Camicie Rosse in Thailandia allo scoppio della guerra civile in Ucraina, fino ai combattimenti per la liberazione del territorio libico e del Nord Africa dalle forze dello Stato Islamico. Con questa rassegna, Gabriele Micalizzi si propone di esplorare questioni essenziali legate al lavoro del fotogiornalista: che cosa lo rende degno di essere ricordato e quale valore riesce a conferire a una fotografia lo status di testimonianza storica. Esamina sia il significato del mezzo fotografico, attraverso un excursus sulla propria esperienza, il proprio lavoro e le proprie immagini, sia il mezzo stesso, cercando di evidenziare la dicotomia tra fotografia digitale e analogica. Nicola Berlucchi, consigliere delegato di Freccianera Fratelli Berlucchi, Siamo particolarmente felici di essere Main Partner della Mostra Gabriele Micalizzi. Legacy. Arte, tradizioni e cultura sono care alla nostra famiglia, e per questo da adesso fino al 2027, anno del nostro centenario, si moltiplicheranno le occasioni e gli appuntamenti perché Freccianera diventi per tanti una destinazione che regala esperienze belle e intense, della stessa qualità dei suoi superiori Franciacorta.”     Adele Gorni Silvestrini Mi trovi su Instagram @adelegornisilvestrini Passi in Cantina
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26 Marzo, 2024

Il Taglio d’Amburgo di Fabio Finazzi

Staccarsi per un attimo dai consigli delle guide, partecipare ad eventi che non siano solo quelli specifici del settore e più blasonati… Forse è questo il modo per lasciarsi sorprendere da produttori spregiudicati nell’accezione più positiva del termine, produttori carichi di audacia ed indipendenza di pensiero. Audace ed indipendente è Fabio Finazzi, che ho avuto il piacere di ospitare in una manifestazione coordinata assieme all’ideatore giornalista gastronomico Riccardo Lagorio all’interno della 133esima edizione Lombardia Carne, conclusasi lunedì 18 marzo. Nella sua tradizione secolare Lombardia Carne è un punto di riferimento in Franciacorta per l’allevamento e l’agricoltura, e quest’anno in aggiunta – per la prima volta – ha potuto contare sulla presenza di oltre 20 piccoli produttori di eccellenze enogastronomiche da tutta la Regione. Per la Provincia di Bergamo c’era anche Fabio Finazzi, a rappresentare orgogliosamente Chiuduno, borgo a ridosso della Valle del Fico, un suggestivo anfiteatro naturale affacciato a sud in cui si concentra una biodiversità viticola sorprendente. Raramente capita infatti di trovare tanti vitigni “dimenticati” tutti insieme. Due di questi vitigni compongono il Taglio d’Amburgo 1999 di Fabio, il vino che fece innamorare Luigi Veronelli al punto tale da guadagnarsi l’ambito Sole sulla sua guida: il Moscato Rosso al 90%, completato con un 10% di Merlotì, un clone di Merlot dalla bacca piccola e ricco di tannini, che ben bilanciano l’ampiezza del Moscato. Solo dopo che abbiamo concluso brevi appassimenti di Moscato Rosso in pianta sappiamo quale Merlotì aggiungere, se d’annata o delle vendemmie precedenti, per ottenere un vino di corpo, lievemente aromatico e piacevole alla beva senza passaggi in legno Dichiara Fabio Finazzi, vero e proprio custode di tesori rari e liberi, svincolati da disciplinari. Il Taglio d’Amburgo è infatti un Vino da tavola, che ammette nel proprio assemblaggio solo le uve più sane e naturalmente equilibrate, selezionate con cura e soltanto in determinate vendemmie, per una produzione che in poche annate supera le 1.000 bottiglie. Una di queste, fortunatamente, riposa già nella mia cantina con la sua etichetta caratteristica, che ritrae i dipinti nella chiesetta della Valle del Fico realizzati dall’artista bergamasco Pietro Brolis, un’amalgama suggestiva di eterea devozione e solido contatto con la terra.       Adele Gorni Silvestrini, marzo 2024 Mi trovi su Instagram @adelegornisilvestrini Passi in Cantina
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14 Febbraio, 2024

Tôt d'un Fiè, i Colli Bolognesi a Vino in-dipendente

Gennaio ha visto noi della redazione WineTales riuniti a Venezia per la seconda, memorabile edizione di Wine in Venice. Ma in quelle stesse giornate un altro appuntamento, oltre al “red carpet del vino”, mi ha attirata. Era a pochi kilometri da casa mia, e se me lo fossi persa non mi sarei mai perdonata. Sto parlando di Vino in-dipendente, ideato e coordinato da Stefano Belli, che raduna ogni gennaio a Calvisano, in provincia di Brescia, oltre 60 vignaioli da tutta l’Italia. Si tratta di un vero polo d’attrazione per tutti gli appassionati di vini artigianali, una mostra-mercato dove incontrare vignaioli che difendono l’integrità del proprio territorio attraverso una solida etica ambientale, per produrre vino con il minor numero possibile d’interventi in vigna ed in cantina. Questa nona edizione ha inoltre regalato l’opportunità preziosa di conoscere le storie di Tôt d’un Fiè, un gruppo di 15 contadini del vino delle colline bolognesi che mescolano cultura autoctona e ricerca di personalità riconoscibili nei vitigni internazionali. L’idea di questa chiacchierata con degustazione è stata di Matteo Capacchione di Tannarte Vini, ed ha funzionato benissimo: i posti sono andati a ruba, e alcuni ospiti si sono persino seduti sulle scale fuori dalla sala per non perdersi le storie avvincenti e coraggiose di questi produttori dalla mente aperta e dal cuore generoso. Non erano presenti tutti i vignaioli del gruppo, ma la passione dei rappresentanti presenti e la piacevolezza dei calici versati hanno trasmesso efficacemente l’impegno che mettono nel lavoro di ogni giorno. Cito, a titolo di esempio, il Rosolaccio de L’Upupa da vigneti di Cabernet sauvignon, Lambrusco Grasparossa e Barbera a Zola Pedrosa (Bologna), un Rosso Emilia IGT da fermentazione spontanea, affinato in acciaio, senza chiarifica né filtrazione, che rende bene la commistione di locale ed internazionale citata poco sopra. Ma non erano da meno, in fatto di carattere e piglio gustativo, le proposte di AgriKoi, Inula e Scandelara. Ho davvero apprezzato i sorsi territorio, genuinità e personalità offerti nel corso della degustazione. Sicuramente tornerò ad approfondire le storie di questi – per citare le parole di Matteo Capacchione – “professionisti seri e folli sperimentatori”.       Adele Gorni Silvestrini, febbraio 2024 Mi trovi su Instagram @adelegornisilvestrini Passi in Cantina  
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8 Gennaio, 2024

Comunicare con l’olfatto, la proposta esperienziale di Montresor

Qual è il senso che ha più connessioni con la sfera delle emozioni, e dunque con la memoria? Senza ombra di dubbio, l’olfatto. Perché l’area del cervello responsabile dell’olfatto è collegata al sistema limbico, il quale ha una diretta connessione l’amigdala, che si occupa dell’elaborazione delle emozioni e con l’ippocampo, che presiede la formazione della memoria. Per questo l’odorato è in grado di captare l’essenza di ciò che ci circonda, imprimendola in maniera indelebile nella mente, fino addirittura a rituffarci nel passato, come narrato da Marcel Proust nel suo celebre libro Alla ricerca del tempo perduto. Probabilmente non con la madeleine rievocata dall’autore francese, ma magari con quella particolare confettura di visciole usata da tua nonna per preparare la crostata… potrebbe capitarti la stessa cosa, al Museo del vino Montresor! E così non solo con questi sentori di frutta rossa conservata, ma anche con il tabacco di quel sigaro, forse il souvenir di un viaggio a Cuba. Oppure le spezie usate per cucinare il brasato di vitello in famiglia, in certe domeniche invernali… Questi ed altri sono i potenti ed inebrianti sentori dell’Amarone nella galleria olfattiva di Montresor, alla chiusura del suo percorso museale. 130 anni di storia tra il territorio d’origine ed i mercati internazionali sono un traguardo che pochi produttori di vino in Italia posso vantare. Cantine Giacomo Montresor ha scelto di condividerlo con gli operatori del settore, oltre che con tutto il pubblico più curioso ed appassionato, inaugurando a dicembre 2022 un Museo del Vino. La sede Montresor è a poche centinaia di metri dal centro storico di Verona, ed il profondo legame con la città è testimoniato dalla prima sezione del percorso narrativo del Museo, che occupa in tutto 500 metri quadrati in un’area ristrutturata della cantina. In questa parte iniziale del percorso il visitatore s’immerge immediatamente nella storia della famiglia Montresor, di cui ci sono chiare testimonianze delle sue origini risalenti alla metà del 17° secolo, quando un ramo della casata del Conte Claude de Montresor, consigliere del Duca d’Orleans, si trasferisce nei pressi della sponda veronese del Lago di Garda. In quei terreni morenici trova l’ambiente ed il clima ideali per proseguire nella viticoltura, già in quei tempi una delle principali attività di famiglia. Sono documentati vari momenti in cui la famiglia Montresor ha favorito nel corso dei secoli successivi lo sviluppo della viticoltura e dell’economia del territorio veronese, ma un momento in particolare segna la nascita dell’azienda come la intendiamo oggi: è il 1892, quando Giacomo Montresor fonda le Cantine Giacomo Montresor. Si tratta del primo atto di un percorso nel mondo del vino, a cui fanno seguito l’acquisto di un’osteria in pieno centro a Verona negli anni ’20 e la costruzione, nel 1934, di quella che tuttora è la sede aziendale. In quest’area del Museo, vengono ripercorsi i passaggi essenziali della storia di Giacomo Montresor e delle 3 generazioni successive, che hanno continuato a far conoscere i vini Montresor in tutto il mondo, dalla prima bottiglia di Recioto Rustego secco del 1946, alla presentazione in Canada nel 1969 di quella che presto sarebbe diventata il simbolo dei vini veronesi in Nord America: la bottiglia satinata d’Amarone della Valpolicella. L’idea di questa bottiglia, detta “Mula”, risale a diversi decenni prima, già al primo Dopoguerra, quando nel periodo dell’emigrazione italiana negli Stati Uniti le bottiglie vengono stoccate sui ponti dei mercantili. Giacomo Montresor progetta bottiglie di vetro scuro satinato proprio per preservare il vino dagli effetti negativi dell’esposizione al sole. La seconda sezione è dedicata alla tradizione vitivinicola, narrata attraverso i suoi attrezzi agricoli: botti antiche, tini, pigiatrici, aratri… A condurre questo tuffo nel passato è un fattore virtuale della cantina, che guida il visitatore attraverso decenni di tradizioni e cultura popolare. Non poteva mancare in questa parte del Museo un omaggio ai “Torcolotti”, agili e robusti giovani che anticamente recapitavano a famiglie ed osterie veronesi il vino arrivato in città dalla campagna, dotati di una capiente brenta portata a spalle. La terza ed ultima parte del percorso esalta infine il territorio della Valpolicella nel suo complesso: clima, paesaggio e varietà di uve. Vuole ricordare al visitatore che il vino nasce dalla terra e si arricchisce con la cultura che lo circonda, e così ogni bottiglia Montresor è una testimonianza di questo scambio continuo e prezioso con il terroir da cui trae linfa. In linea con questa percezione ampia e profonda della natura è anche la grande opera artistica di Emanuele Marchesini “Dionisiaco e Apollinea”, realizzata con materiali della filiera vitivinicola: vino, vinaccioli, vinacce, raspi, foglie di vigna e vari pigmenti.L’opera s’ispira alla filosofia di Nietzsche, secondo il quale l’uomo vive sospeso tra lo spirito dionisiaco e quello apollineo, tra caos e stasi, tra istinto e razionalità. Così allo stesso modo il vino, vero protagonista del Museo, reca in sé follia e ragione. Quale modo migliore, quindi, per lasciarci trasportare da queste forze opposte, se non attraverso gli ammalianti sentori dell’Amarone nel percorso olfattivo proposto da Montresor? Il Museo è aperto gratuitamente al pubblico tutti i giorni. Una volta conclusa la visita, si potrà degustare una vasta gamma di referenze Montresor presso il wineshop annesso.   Adele Gorni Silvestrini Mi trovi su Instagram @adelegornisilvestrini Passi in Cantina  
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