Passi in cantina

Adele, sommelier e consulente marketing per aziende agroalimentari, ci porterà a conoscere realtà wine&spirits che hanno scelto di comunicare la propria unicità in maniera originale, innovativa, a volte magari perfino sfrontata… in ogni caso, di sicuro, differenziante e memorabile.
La Rubrica “Passi in cantina” ha infatti una doppia valenza nel suo titolo.
Racconta sì, in senso letterale, esperienze di viaggio e di degustazione, l’atto vero e proprio dell’andare a spasso per cantine, quindi. Ma ritrae anche, in senso metaforico, i percorsi di crescita e rafforzamento della propria identità che hanno intrapreso i produttori. Passo dopo passo, appunto, con costanza e coerenza.
Lasciamoci guidare da Adele tra esposizioni interattive, installazioni tecnologiche o tuffi nel passato che ci riporteranno indietro di secoli.
Saranno in ogni caso passeggiate ricche di curiosità e suggestioni inedite. Si parte!

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26 Marzo, 2024

Il Taglio d’Amburgo di Fabio Finazzi

Staccarsi per un attimo dai consigli delle guide, partecipare ad eventi che non siano solo quelli specifici del settore e più blasonati… Forse è questo il modo per lasciarsi sorprendere da produttori spregiudicati nell’accezione più positiva del termine, produttori carichi di audacia ed indipendenza di pensiero. Audace ed indipendente è Fabio Finazzi, che ho avuto il piacere di ospitare in una manifestazione coordinata assieme all’ideatore giornalista gastronomico Riccardo Lagorio all’interno della 133esima edizione Lombardia Carne, conclusasi lunedì 18 marzo. Nella sua tradizione secolare Lombardia Carne è un punto di riferimento in Franciacorta per l’allevamento e l’agricoltura, e quest’anno in aggiunta – per la prima volta – ha potuto contare sulla presenza di oltre 20 piccoli produttori di eccellenze enogastronomiche da tutta la Regione. Per la Provincia di Bergamo c’era anche Fabio Finazzi, a rappresentare orgogliosamente Chiuduno, borgo a ridosso della Valle del Fico, un suggestivo anfiteatro naturale affacciato a sud in cui si concentra una biodiversità viticola sorprendente. Raramente capita infatti di trovare tanti vitigni “dimenticati” tutti insieme. Due di questi vitigni compongono il Taglio d’Amburgo 1999 di Fabio, il vino che fece innamorare Luigi Veronelli al punto tale da guadagnarsi l’ambito Sole sulla sua guida: il Moscato Rosso al 90%, completato con un 10% di Merlotì, un clone di Merlot dalla bacca piccola e ricco di tannini, che ben bilanciano l’ampiezza del Moscato. Solo dopo che abbiamo concluso brevi appassimenti di Moscato Rosso in pianta sappiamo quale Merlotì aggiungere, se d’annata o delle vendemmie precedenti, per ottenere un vino di corpo, lievemente aromatico e piacevole alla beva senza passaggi in legno Dichiara Fabio Finazzi, vero e proprio custode di tesori rari e liberi, svincolati da disciplinari. Il Taglio d’Amburgo è infatti un Vino da tavola, che ammette nel proprio assemblaggio solo le uve più sane e naturalmente equilibrate, selezionate con cura e soltanto in determinate vendemmie, per una produzione che in poche annate supera le 1.000 bottiglie. Una di queste, fortunatamente, riposa già nella mia cantina con la sua etichetta caratteristica, che ritrae i dipinti nella chiesetta della Valle del Fico realizzati dall’artista bergamasco Pietro Brolis, un’amalgama suggestiva di eterea devozione e solido contatto con la terra.       Adele Gorni Silvestrini, marzo 2024 Mi trovi su Instagram @adelegornisilvestrini Passi in Cantina
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14 Febbraio, 2024

Tôt d'un Fiè, i Colli Bolognesi a Vino in-dipendente

Gennaio ha visto noi della redazione WineTales riuniti a Venezia per la seconda, memorabile edizione di Wine in Venice. Ma in quelle stesse giornate un altro appuntamento, oltre al “red carpet del vino”, mi ha attirata. Era a pochi kilometri da casa mia, e se me lo fossi persa non mi sarei mai perdonata. Sto parlando di Vino in-dipendente, ideato e coordinato da Stefano Belli, che raduna ogni gennaio a Calvisano, in provincia di Brescia, oltre 60 vignaioli da tutta l’Italia. Si tratta di un vero polo d’attrazione per tutti gli appassionati di vini artigianali, una mostra-mercato dove incontrare vignaioli che difendono l’integrità del proprio territorio attraverso una solida etica ambientale, per produrre vino con il minor numero possibile d’interventi in vigna ed in cantina. Questa nona edizione ha inoltre regalato l’opportunità preziosa di conoscere le storie di Tôt d’un Fiè, un gruppo di 15 contadini del vino delle colline bolognesi che mescolano cultura autoctona e ricerca di personalità riconoscibili nei vitigni internazionali. L’idea di questa chiacchierata con degustazione è stata di Matteo Capacchione di Tannarte Vini, ed ha funzionato benissimo: i posti sono andati a ruba, e alcuni ospiti si sono persino seduti sulle scale fuori dalla sala per non perdersi le storie avvincenti e coraggiose di questi produttori dalla mente aperta e dal cuore generoso. Non erano presenti tutti i vignaioli del gruppo, ma la passione dei rappresentanti presenti e la piacevolezza dei calici versati hanno trasmesso efficacemente l’impegno che mettono nel lavoro di ogni giorno. Cito, a titolo di esempio, il Rosolaccio de L’Upupa da vigneti di Cabernet sauvignon, Lambrusco Grasparossa e Barbera a Zola Pedrosa (Bologna), un Rosso Emilia IGT da fermentazione spontanea, affinato in acciaio, senza chiarifica né filtrazione, che rende bene la commistione di locale ed internazionale citata poco sopra. Ma non erano da meno, in fatto di carattere e piglio gustativo, le proposte di AgriKoi, Inula e Scandelara. Ho davvero apprezzato i sorsi territorio, genuinità e personalità offerti nel corso della degustazione. Sicuramente tornerò ad approfondire le storie di questi – per citare le parole di Matteo Capacchione – “professionisti seri e folli sperimentatori”.       Adele Gorni Silvestrini, febbraio 2024 Mi trovi su Instagram @adelegornisilvestrini Passi in Cantina  
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8 Gennaio, 2024

Comunicare con l’olfatto, la proposta esperienziale di Montresor

Qual è il senso che ha più connessioni con la sfera delle emozioni, e dunque con la memoria? Senza ombra di dubbio, l’olfatto. Perché l’area del cervello responsabile dell’olfatto è collegata al sistema limbico, il quale ha una diretta connessione l’amigdala, che si occupa dell’elaborazione delle emozioni e con l’ippocampo, che presiede la formazione della memoria. Per questo l’odorato è in grado di captare l’essenza di ciò che ci circonda, imprimendola in maniera indelebile nella mente, fino addirittura a rituffarci nel passato, come narrato da Marcel Proust nel suo celebre libro Alla ricerca del tempo perduto. Probabilmente non con la madeleine rievocata dall’autore francese, ma magari con quella particolare confettura di visciole usata da tua nonna per preparare la crostata… potrebbe capitarti la stessa cosa, al Museo del vino Montresor! E così non solo con questi sentori di frutta rossa conservata, ma anche con il tabacco di quel sigaro, forse il souvenir di un viaggio a Cuba. Oppure le spezie usate per cucinare il brasato di vitello in famiglia, in certe domeniche invernali… Questi ed altri sono i potenti ed inebrianti sentori dell’Amarone nella galleria olfattiva di Montresor, alla chiusura del suo percorso museale. 130 anni di storia tra il territorio d’origine ed i mercati internazionali sono un traguardo che pochi produttori di vino in Italia posso vantare. Cantine Giacomo Montresor ha scelto di condividerlo con gli operatori del settore, oltre che con tutto il pubblico più curioso ed appassionato, inaugurando a dicembre 2022 un Museo del Vino. La sede Montresor è a poche centinaia di metri dal centro storico di Verona, ed il profondo legame con la città è testimoniato dalla prima sezione del percorso narrativo del Museo, che occupa in tutto 500 metri quadrati in un’area ristrutturata della cantina. In questa parte iniziale del percorso il visitatore s’immerge immediatamente nella storia della famiglia Montresor, di cui ci sono chiare testimonianze delle sue origini risalenti alla metà del 17° secolo, quando un ramo della casata del Conte Claude de Montresor, consigliere del Duca d’Orleans, si trasferisce nei pressi della sponda veronese del Lago di Garda. In quei terreni morenici trova l’ambiente ed il clima ideali per proseguire nella viticoltura, già in quei tempi una delle principali attività di famiglia. Sono documentati vari momenti in cui la famiglia Montresor ha favorito nel corso dei secoli successivi lo sviluppo della viticoltura e dell’economia del territorio veronese, ma un momento in particolare segna la nascita dell’azienda come la intendiamo oggi: è il 1892, quando Giacomo Montresor fonda le Cantine Giacomo Montresor. Si tratta del primo atto di un percorso nel mondo del vino, a cui fanno seguito l’acquisto di un’osteria in pieno centro a Verona negli anni ’20 e la costruzione, nel 1934, di quella che tuttora è la sede aziendale. In quest’area del Museo, vengono ripercorsi i passaggi essenziali della storia di Giacomo Montresor e delle 3 generazioni successive, che hanno continuato a far conoscere i vini Montresor in tutto il mondo, dalla prima bottiglia di Recioto Rustego secco del 1946, alla presentazione in Canada nel 1969 di quella che presto sarebbe diventata il simbolo dei vini veronesi in Nord America: la bottiglia satinata d’Amarone della Valpolicella. L’idea di questa bottiglia, detta “Mula”, risale a diversi decenni prima, già al primo Dopoguerra, quando nel periodo dell’emigrazione italiana negli Stati Uniti le bottiglie vengono stoccate sui ponti dei mercantili. Giacomo Montresor progetta bottiglie di vetro scuro satinato proprio per preservare il vino dagli effetti negativi dell’esposizione al sole. La seconda sezione è dedicata alla tradizione vitivinicola, narrata attraverso i suoi attrezzi agricoli: botti antiche, tini, pigiatrici, aratri… A condurre questo tuffo nel passato è un fattore virtuale della cantina, che guida il visitatore attraverso decenni di tradizioni e cultura popolare. Non poteva mancare in questa parte del Museo un omaggio ai “Torcolotti”, agili e robusti giovani che anticamente recapitavano a famiglie ed osterie veronesi il vino arrivato in città dalla campagna, dotati di una capiente brenta portata a spalle. La terza ed ultima parte del percorso esalta infine il territorio della Valpolicella nel suo complesso: clima, paesaggio e varietà di uve. Vuole ricordare al visitatore che il vino nasce dalla terra e si arricchisce con la cultura che lo circonda, e così ogni bottiglia Montresor è una testimonianza di questo scambio continuo e prezioso con il terroir da cui trae linfa. In linea con questa percezione ampia e profonda della natura è anche la grande opera artistica di Emanuele Marchesini “Dionisiaco e Apollinea”, realizzata con materiali della filiera vitivinicola: vino, vinaccioli, vinacce, raspi, foglie di vigna e vari pigmenti.L’opera s’ispira alla filosofia di Nietzsche, secondo il quale l’uomo vive sospeso tra lo spirito dionisiaco e quello apollineo, tra caos e stasi, tra istinto e razionalità. Così allo stesso modo il vino, vero protagonista del Museo, reca in sé follia e ragione. Quale modo migliore, quindi, per lasciarci trasportare da queste forze opposte, se non attraverso gli ammalianti sentori dell’Amarone nel percorso olfattivo proposto da Montresor? Il Museo è aperto gratuitamente al pubblico tutti i giorni. Una volta conclusa la visita, si potrà degustare una vasta gamma di referenze Montresor presso il wineshop annesso.   Adele Gorni Silvestrini Mi trovi su Instagram @adelegornisilvestrini Passi in Cantina  
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