El Gottin

Ho scelto come titolo della mia rubrica una parola del dialetto milanese “gottin” che significa “goccino” per identificare al meglio lo spirito informale dei miei articoli.
Nessuna sofisticata lettura di vini estremamente costosi, solo un semplice racconto delle emozioni che una buona bottiglia di vino è in grado di regalare, parlandone come se fossimo
insieme in un osteria della vecchia Milano, tra una partita a scopa e qualche vada via al…

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26 Aprile, 2024

Ambra Sargentoni. Il mio Vinitaly 2024

Tutti pazzi per il Vinitaly! Finalmente quest’anno ce l’ho fatta: ogni aprile c’era sempre un impedimento, un imprevisto, un ostacolo insormontabile, ma, finalmente, quest’anno sono andata al Vinitaly.
Grandi aspettative, montate da anni dei più disparati racconti e feedback.. Delusione? Direi di no. Indimenticabile? Nemmeno… direi piuttosto “interessante”. Innanzi tutto il Dove e il Come Siamo nella zona fiera di Verona, una posizione comoda da raggiungere per chiunque; io ho scelto il treno e dalla stazione c’erano navette di collegamento di continuo.
Lo spazio è immenso ed è diviso in “blocchi” di regione, il che aiuta moltissimo a orientarsi e a prediligere le zone che più interessano. Bello anche il poter camminare liberamente senza percorsi obbligati o mani occupate, dal momento che i bicchieri vengono dati ad ogni stand, sempre perfettamente puliti ed intonsi.   La mia esperienza. Tra tutti i giorni a disposizione ho scelto mercoledì per la mia visita.
L’ultimo giorno ha un grande pro e un grande contro: non c’era un’eccessiva affluenza visto la giornata infrasettimanale, ma alle 14.00 iniziavano già a sbaraccare in molti. C’è da dire che ora delle 14.00 io ero già ‘cotta’ dai tanti assaggi: anche da bevitrice più che allenata quale sono -modestamente-, è veramente impossibile riuscire a godere a pieno degli assaggi dopo aver viaggiato fra tutte quelle etichette… già dopo tre o quattro vini, la bocca ‘perde di lucidità’, e per quanto tu ti possa sforzare, non si riesce più capirci granché. Sicuramente un giorno non è affatto sufficiente.
Sicuramente, se si è veramente interessati a conoscere nuove realtà e nuovi orizzonti, è fondamentale dedicare ogni giornata ad una zona delineata. I miei assaggi Ero particolarmente interessata ai vini internazionali – lo so, è il Vinitaly, ma quando capita l’occasione di provare prodotti esteri di qualità?! -, e quindi ho passato una buona parte del mio tempo tra l’Africa, il Brasile, la Georgia e la Slovenia. Interessanti le bollicine brasiliane, inaspettato il Syrah africano, inconsueto il vino in terracotta georgiano e modesti i cabernet sloveni. Dopo sta carrellata di esotico, prima di passare all’Italia, ho cercato di distrarre le papille gustative con un inadeguato panino… esperimento mal riuscito. Torno all’attacco, stavolta è tempo di bolle fatte come dio comanda, e via nell’Oltrepò pavese, la magica terra del Pinot Nero. Credo, senza voler fare la sborona, di essermeli assaggiati tutti. Mi rendo conto della follia del mio gesto, ma uno chiamava l’altro!
Tutte quelle etichette, tutta quella sapienza, tutte quelle infinite possibilità di bouquet…meraviglia.     Credo sia ormai chiaro ai più che la mia capacità di discernimento fosse totalmente storia antica, ma nonostante questo, non mi sono arresa. Che non lo fai un giro in Toscana? Che non vado a trovare i produttori della mia terra?
Oh via, una volta nel padiglione con un grande Gallo nero a troneggiare sull’ingresso, mi trovo in uno spazio a dir poco stupendo.
Tutto organizzatissimo, tutto decorato, tutto curato nei minimi dettagli.. che dire, è la Toscana, siamo dei fighetti in fatto di vino! Dopo aver salutato qualche amico produttore, ho dato un occhio alle varie proposte, e sono rimasta molto felice nel vedere gli stand dei vari consorzi di tutela con etichette miste delle varie cantine del territorio… un ottimo modo per dare la possibilità di comparare etichette, annate e produttori! Bravi! A onor del vero ho anche provato ad assaggiare qualcosa, ma potete immaginare quanto ci possa aver capito. Perplessità?! Vagando per le mie adorate bollicine metodo classico, sono incappata in un azienda molto grande con un packaging fenomenale.
Si capiva che il prodotto aveva qualcosa di ‘sbagliato’, sembrava più un decoro che un vino, ma lo sberluccichio mi ha attratto.
Non faccio in tempo ad arrivare al banco che il ragazzo prende questa bottiglia di spumante in mano, la agita, la capovolge sottosopra e la riappoggia sul tavolo.
«Vedi!», mi dice, «si fa così per far entrare in circolo i cristalli di oro che si trovano sul fondo». Ora, io sono solo un umile sommelier, ma posso assicurare che nonostante il mio basso rango, il mio battito cardiaco è stato prossimo allo zero nel vedere questa povera bottiglia di spumante volteggiare violentata come fosse una sfera di natale con la neve o una di quelle lampade anni ‘90 con coi liquidi colorati che si spostavano da una parte all’altra.
(Tale Lampada Lava, ho cercato su internet) Dopo aver ripreso l’uso della parola ho espresso il mio disappunto, e lui mi ha sorriso e consolato dicendomi che quello era un vino per i giovani.
In che senso? Nel senso che i giovani – quelli entro i 28 anni- non bevono vino. Passano da un’infanzia di bibite iper dolci ad un’età adulta dei cocktail imbevibili e pasticciati.
C’è una chiara lacuna nel mercato, serve un prodotto che possa andare incontro anche alle esigenze dei più giovani che vogliono una bevanda meno alcolica, più dolciastra, con un bouquet meno evoluto – tanto, dice, non lo sanno apprezzare- e che abbia un’anima chic ed inimitabile.
Ecco spiegato il misfatto, non è un vino, è un ibrido con una missione ben specifica: abbracciare una generazione che, sebbene non sia così lontana dalla mia, sembra distante anni luce. Devo essere sincera, ho apprezzato molto l’idea, il packaging, l’attenzione e lo studio, ma sono anche piuttosto spaventata da questo tipo di produzioni.
E’ labile il confine fra creare prodotti per un pubblico più ampio, e cambiare la produzione per andare incontro ad un pubblico più ampio. Finché rimane una nicchia di mercato ben venga, ma se questi giovani vengono abituati a quell’idea di vino, riusciranno mai ad apprezzare ‘quello vero’, oppure bisognerà creare i prodotti per i ‘consumatori di domani’ dimenticando la tradizione fino ad oggi? Conclusioni Giornata entusiasmante nel complesso!
Il prossimo anno acquisto almeno due biglietti, mi divido le degustazioni con più consapevolezza, e mi porto una scorta di panini! In generale è un’ esperienza che raccomando a chiunque abbia un minimo di interesse per il vino. E’ sempre un orgoglio vedere di cosa è capace la nostra bella Italia.   A cura di Ambra Sargentoni. Se vuoi sapere di più su di me scopri il mio sito      
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4 Marzo, 2024

Una passione, una famiglia, un successo: Il metodo Marcalberto.

Una passione, una famiglia, un successo: Il metodo Marcalberto.
Il Piemonte è una regione infinitamente sorprendente, non le manca nulla: cibi ottimi, paesaggi mozzafiato, antiche tradizioni e, ovviamente, vini incredibili. Niente Barolo, Barbaresco o Gattinara per questa volta, bensì un altro dei caposaldi della produzione vinicola regionale: il metodo classico di Langa. Quale fra le infinite realtà ho selezionato per voi? La cantina della quale sto per narrarvi oggi, si trova proprio tra questi dolci colli delle Langhe, a Santo Stefano Belbo, ed è una piccola realtà a conduzione famigliare che produce esclusivamente spumanti Metodo Classico: L’Azienda Agricola Marcalberto. Tutto ebbe inizio nel 1993 quando Piero Cane, affermato enologo, decide di dar vita ad un primo embrione di produzione vinicola che, già da lì a pochi anni, si evolverà in una piccola serie dalla distinta identità; per diversi anni è rimasta una modesta produzione di nicchia, finché, nel 2008, i due figli Marco e Alberto hanno dato il via ad un piccola rivoluzione. Con gli occhi pieni di entusiasmo e di amore per la loro realtà, i figli sono riusciti a rendere quell’ investimento paterno una vera e propria azienda a conduzione familiare, dove qualità e genuinità sono le colonne portanti. Quali sono le unicità di questa azienda? In questa realtà giovane e dinamica, c’è un evidente sguardo alla metodica francese che mi si palesa immediatamente con la pressa Coquard, una meravigliosa macchina in legno che ho avuto modo di vedere solo nelle piccole cantine dello Champagne, capace di regalare una spremitura delle uve dolce e soffice, ottima per ottenere un mosto chiaro e limpido.
Già il mio sguardo si colma di gioia nel vedere una tale attenzione e ricercatezza. Partenza al top!  Oltre ad una strumentazione di tutto rispetto, c’è un altro lato dell’azienda che rimane certamente degno di nota: la cantina ottocentesca sita proprio sotto l’abitazione di famiglia dove ‘le ragazze’ passano il periodo di maturazione sui lieviti. Davvero interessante, perché oltre ad essere un ambiente molto suggestivo, fra pupitre e scaffali, le bottiglie affrontano qui il loro invecchiamento senza timore di sbalzi termici, data l’impercettibile differenza di temperatura fra estate ed inverno. Quali sono i vitigni impiegati? Pinot Nero e Chardonnay sono i re della produzione, con diverse etichette e diverse sfumature che si esprimono al meglio in gioco di dosaggi e affinamenti. Particolarmente da me apprezzato il Sansannée, un vino che si preannuncia come un “base” ma che forse, fra tutti – proprio per le “minori” aspettative che nutrivo – mi ha lasciata più di stucco.
È un blend Pinot nero e Chardonnay, senza annata come suggerisce il nome, ma che risulta davvero freschissimo, sapido e con una acidità incredibilmente bilanciata. Altro gioiellino interessante l’Alta Langa 2019, una pungenza verticale, una sapidità che chiama un altro sorso, una acidità dolce che pulisce il palato ma, soprattutto, un naso bello evoluto, con note travolgenti di crosta di pane leggermente abbrustolita. Una nota la devo fare anche per il Blancdeblacs di Chardonnay, non proprio il mio genere di bollicina, ma che al naso si è presentato subito diretto e protagonista, mentre in bocca ha preferito un passo delicato, fresco, decisamente minerale e con un finale di vaniglia così gentile che chiamava il sorso successivo solo per poterla risentire. Mi é rimasto un grande punto interrogativo sul Brut Nature di Pinot Nero, che sulla carta ha tutte le prerogative per divenire il mio preferito, ma che, ahimè, era terminato. Eh niente, tocca tornare per assaggiare anche l’ultimo cucciolo di casa. UNA PASSIONE, UNA FAMIGLIA, UN SUCCESSO. Per chiunque cerchi vini raffinati, bilanciati, sinceri e seri, consiglio una capatina da Marcalberto; ottima qualità a prezzi giusti!   A cura di Ambra Sargentoni. Se vuoi sapere di più su di me scopri il mio sito      
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22 Gennaio, 2024

Il Signor Rosso di Montalcino di Canalicchio di Sopra

Per inaugurare al meglio questo 2024, è necessario cominciare con una grande bottiglia (possibilmente piena di vino)! Tra i tanti, infiniti, meravigliosi vini del nostro Paese, iniziamo questo anno bisesto -sperando non sia funesto – con un Rosso di Montalcino.
Il ragazzo in questione è il Rosso di Montalcino 2021 di Canalicchio di Sopra, ottima azienda nel versante nord della collina di Montalcino. Canalicchio di Sopra Si tratta di una delle poche cantine rimaste nella zona a produrre Rosso di Montalcino e Brunello, senza rosati, senza Super Tuscan e senza vitigni internazionali.  In produzione hanno solo Sangiovese grosso, declinato in Rosso, Brunello, riserva e single vineyard. Di questa azienda ho assaggiato tutta la linea e c’è stata un’altra bottiglia che mi ha fatto sgranare gli occhi oltre al giovane Rosso del quale sto per raccontarvi, ovvero il Brunello dalla vigna “la Casaccia”, anno 2018. Una vera opera d’arte, dalla vista al naso, fino all’assaggio. Per questa rubrica però, ho scelto il fratellino piccino, il Rosso di Montalcino, sia per il costo estremamente più contenuto, sia per la mia personale predilezione ai Rossi. Negli ultimi anni, secondo quanto ho potuto constatare, il Rosso di Montalcino ha compiuto un salto enorme, passando da essere il fratello sfigato del Brunello (quello cioè con un costo decisamente più abbordabile – a volte anche indice di una qualità meno eccelsa – e quindi più consumato anche dai meno abbienti), ad un vino di tutto rispetto, con un suo carattere ed una sua impronta, completamente emancipato dalla nomea del suo fratellone. Il Rosso di Canalicchio di Sopra ha un naso eccezionale – per usare espressioni da Sommelier: si sentono i frutti, i fiori, le erbe, e, dal fondo, spuntano delicate note terziarie. Tutte perfettamente bilanciate ed armoniose. Veduta di Montalcino dall’azienda Canalicchio di Sopra All’assaggio conferma la prima sensazione: un vino veramente armonico, profondo, rotondo e definito, con un’enorme dignità. Rimane umile, capace di abbinarsi sia ad un primo più o meno elaborato, sia ad una carne bianca o rossa che sia. Davvero difficile non finirlo una volta stappato. Buono. Si può dire semplicemente buono? Beh, è la parola che ho pensato al primo assaggio e che ho continuato a ripetermi fino alla fine delle due bottiglie che mi sono portata a casa. Uno dei migliori Rosso di Montalcino che abbia assaggiato finora…e vivendo io a 40 minuti, “avoglia” quanti ne ho bevuti! Il prezzo è fattibile. 20 euro in cantina, Non economicissimo, ma sicuramente li vale tutti, dal primo all’ultimo centesimo! Buon inizio 2024… Che sia un anno di ottimi vini per tutti! A cura di Ambra Sargentoni. Se vuoi sapere di più su di me scopri il mio sito      
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