Editoriale

Editoriale a cura di Simone Bonoccorso, Ivan Vellucci e Francesca Pagnoncelli Folceri.
Un punto di vista, una guida, una riflessione mensile sui temi del mondo del vino.

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27 Febbraio, 2024

Report. Facciamo il punto

Ho voluto far passare del tempo e con esso l’ondata lunga delle polemiche seguite all’ultima puntata di Report per cercare qualche punto di ulteriore discussione sul tema o sui temi sollevati. Partiamo dal metodo. Le inchieste giornalistiche devono esserci. Sono l’essenza della democrazia oltre che del giornalismo. Mettono spesso in risalto qualcosa di sotteso, sotterraneo, sporco, cattivo. Ciò che non dovrebbero mai fare, senza dichiararlo anticipatamente, è esprimere una opinione o voler dimostrare un teorema. Faccio un esempio estremo. Se volessi fare un servizio giornalistico per rafforzare la mia opinione che la terra è piatta, basterebbe intervistare portandone le istanze, una serie di terrappiattisti e il gioco è fatto. Senza un contraddittorio ovvero senza un equilibrio, passerebbero dei concetti privi di un parere più rotondo. Oltre questo, parlare solo ed esclusivamente di un paese, in questo caso l’Italia, facendone emergere un quadro, ancorché parziale e non oggettivo, desolante, senza alcun tipo di rimando ad altri mercati, identifica quest’ultimi come migliori. Ma questo non corrisponde alla realtà. Che le logiche di una grande azienda vitivinicola siano e debbano essere diverse da quelle del piccolo artigiano, è palese. Nei primi conta di più il volume dunque il margine, nei secondi, magari lo stesso ma con valori numerici decisamente inferiori. Di certo, la qualità non può che essere un focus di entrambe le categorie anche se con specificità diverse. Per le grandi aziende ciò che conta maggiormente è una “uniformità” dei prodotti per garantirne “l’identità”; per gli artigiani o le piccole medie aziende la “riconoscibilità” del territorio ovvero del terroir.
Ci sono vini standard? Si, certo. Negarlo sarebbe osceno. Lo sono per logica commerciale e non già per “frode”. Tempo fa andai al Lidl a provare del vino che poi ho recensito sul mio blog Instagram. Era un Aglianico del Vulture acquistato a meno di 3€. Le conclusioni furono queste: Non si tratta di un grande Aglianico né di un grande vino ma nemmeno di una schifezza. Un vino buono, certamente migliore di tanti altri che costano anche di più. Lo suggerisco? Suggerisco solo di non avere mai pregiudizi! Nel volantino del mese di Lidl c’è ad esempio Muller Turgau a 2.19€, un Cabernet Sauvignon a 2.39€, un Rosso di Montefalco a 5.99€. Quello che costa di più è un Prosecco DOC millesimato a 6.99. Spesso si trovano anche Chianti Classico DOCG, Amarone, Barolo. Possibile? Tecnicamente no certo però, grazie alle multinazionali e ad un po’ di attività in cantina, si possono ottenere prodotti, non nocivi, ma per tutti. Sbagliato? Non lo so e ognuno avrà la sua opinione. Un vino omologato è peggiore di altri? Mi sarebbe piaciuto che i giornalisti di Report fossero andati nello Champagne. Li, specialmente le grandi Maison, sono maestri della omologazione. Non vorrei bestemmiare ma aggiungere il liqueur d’expedition al vino base dopo il degorgement, oltre che per determinare il grado zuccherino del prodotto finale, serve ovviamente per fornire un gusto “riconoscibile”. Forse è meglio che non ci siano andati in Francia. Sai che incidente diplomatico avrebbero creato?   La chimica e i metodi. Quando nostro figlio ha la febbre, gli diamo il paracetamolo. Se sta ancora più male, probabilmente, sarà necessario l’antibiotico. Non siamo scettici. Non pensiamo che gli stiamo dando qualcosa di non naturale. Certo, ci sono i prodotti omeopatici o i rimedi della nonna ma, sfido chiunque a dire che non ha mai dato antibiotici al proprio figlio anche se il pediatra lo ha prescritto. Allo stesso modo, se una pianta sta male, non usare la chimica, potrebbe essere drammatico ai fini del risultato finale. Ci sono ovviamente altri metodi, naturali, previsti dai disciplinari biologici e biodinamici. Anche se spesso vengono comunque permessi rame e zolfo poiché considerati come naturali. Poi le conseguenze sul terreno non sempre vengono calcolate. Senza dimenticare che non esiste un vero disciplinare per i vini naturali con la conseguenza che ognuno fa un pò come vuole. Oggi, sempre più rispetto al passato, i produttori stanno puntando la propria attenzione sulla qualità della vigna. Non è tanto un tema di manualità o meccanizzazione dei processi quanto della necessità di far arrivare in cantina acini sani. Solo così infatti, si può non solo immettere tutto il territorio nella bottiglia ma rendere il processo di vinificazione più lineare possibile.   La cantina e i lieviti. Possono i lieviti selezionati e le sostanze ammesse modificare e migliorare il prodotto finale? È inutile prenderci in giro: si. Conti alla mano possono essere usati come “addizionanti” oltre 50 sostanze diverse. Lieviti, vitamine, acidi, solfiti, chiarificanti, stabilizzanti, addolcenti, astringenti, acidi, ammorbidenti, ecc. Chi più ne ha, più ne metta. Sempre rispettandone la legalità. Ora, essere sostanze autorizzate, implica due cose: Non sono nocive (altrimenti non sarebbero autorizzate); Non necessariamente devono essere usati.   Mi concentrerei su quest’ultimo punto dando per scontato il primo dando per scontato che nessuno, a valle degli scandali del metanolo e antigelo, utilizzi più sostanze illegali. I produttori hanno la capacità, in funzione delle proprie conoscenze e della filosofia produttiva, scegliere come realizzare il vino. Ho personalmente conosciuto decine produttori che usano lieviti selezionati o spontanei ma mai nessuno che usa chimica e additivi. Non mi sono mai volutamente interfacciato con grandi aziende perché quelle giocano in un campionato che non mi interessa. I piccoli e medi produttori sono aziende tipicamente a carattere familiare. Lavorano autonomamente la terra e sono i primi utilizzatori del proprio vino: chi è il pazzo che usa chimica in vigna quando è li che vive o beve il proprio vino quando non sano? Sgombro anche il campo dall’equivoco di chi sta pensando che fanno un vino diverso per sé stessi ovvero per sé stessi buono e per gli altri edulcorato perché le attrezzature in cantina sono poche e costose e non è possibile differenziarle. Una volta un grande vignaiolo mi disse che non ci possono essere vini naturali perché, di per sé, il vino è un prodotto di trasformazione. Prendi l’uva, la lavori, ne estrai il succo, la conservi. Si possono avere tutti i metodi che si vuole per fare questi passaggi ma di certo non sono passaggi naturali. Se prendi il frutto dalla pianta e lo mangi, allora non c’è trasformazione ed è tutto naturale. Sempre che alla pianta non sia stato dato qualcosa prima. Oltretutto, se il “succo” lo si vuole conservare per qualche tempo, occorre aggiungere dei “conservanti” ovvero antibatterici. Non fosse altro che il vino o qualunque liquido non chimico, è materia viva per la presenza di microorganismi che, se non mutati, portano alla decomposizione dunque alla impossibilita di consumo. Anche l’acqua presa dalla migliore fonte al mondo potrebbe fare questa fine e non già perché marcisca in bottiglia, quanto a causa di possibili contaminazioni dei recipienti. L’acqua imbottigliata, per legge, non può ricevere additivi. Tornando ai lieviti, sarebbe bello se ogni vignaiolo potesse usare solo lieviti spontanei. Ma non è così semplice. Le diverse condizioni che si creano in vigna prima e soprattutto in cantina dopo (dove ci sono veramente i batteri responsabili dei lieviti), non è detto che generino la fermentazione. Quando questo non accade, il lavoro di un intero anno può andare direttamente nella fognatura. Pardon! Nello smaltimento. Lavoro. Investimento. Guadagno. Tutto gettato via. Come si fa a biasimare un vignaiolo che non riesce a rischiare? Come si fa a condannare grandi aziende con centinaia di dipendenti se non vogliono mettere a rischio il fatturato e ciò che ne consegue? Inutile e sciocco condannare l’utilizzo di lieviti. Le caratteristiche organolettiche di un vino dipendono anche, ma non solo, dai lieviti. Sarà comunque il mercato a scegliere e compito di divulgatori e sommelier (onesti) è proprio quello di far scoprire ai consumatori i vari prodotti con le loro differenze e peculiarità. Qualche settimana fa sono andato alla manifestazione Vignaioli Naturali a Roma e un mio amico incontrato li mi chiese sottovoce: ma perché qui ci sono produttori che usano lieviti?  Cosa gli potevo rispondere se non che non ci sono regole per i vini naturali? Il mercato sceglie anche, e tanto, di bere birra che è un prodotto completamente chimico e dove i lieviti sono aggiunti come nella pizza o nel pane. Ah ecco. Il pane, la pizza, la birra, i dolci. Allora tutto è edulcorato! Dunque, giusto che i giornalisti di Report aprano la discussione su qualcosa di poco noto ma, sarebbe stato più corretto avere una visione più attenta e un maggior coinvolgimento di chi sa. Non solo di chi si vuol far parlare. Esplorare ed indagare vuol dire guardare il mondo con gli occhi di un bambino che si fa le domande. Per ottenere le risposte però, non si può usare lo stesso bambino altrimenti crederemmo ancora a Babbo Natale.     Ivan Vellucci ivan.vellucci@winetalesmagazine.com Mi trovi su Instagram come @ivan_1969    
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1 Agosto, 2023

Agosto: "mai come adesso è bello inebriarsi di vino e di calore, di vino e di calore"

Non si lavora Agosto, nelle stanche tue lunghe e oziose ore | mai come adesso è bello inebriarsi di vino e di calore, di vino e di calore. (Francesco Guccini) Con questa massima gucciniana, legata al nostro amato mondo del vino, apriamo l’editoriale di agosto. Un editoriale che scaturisce da alcune riflessioni che un po’ di tempo libero di luglio ha fatto nascere spontaneamente. Queste riflessioni sono legate alle nuove modalità di comunicazione e di consumo del vino, a nuove strategie che le cantine e i produttori mettono in atto per andare incontro alle esigenze di un consumatore che non si limita a comprare e aprire la bottiglia, ma che vuole l’esperienza. La descrizione di un vino non basta (forse non è mai bastata perché è più difficile per i nostri clienti immagine un vino dalla sua descrizione. Più facile immagine piatto.) Le fotografie sui social sono più efficaci per un piatto, del quale passano colori, composizione, descrizione cui è più facile dare forma mentale personale, ricordando i profumi e i sapori degli ingredienti che lo compongono e cercando di farsi un’immagine gustativa di tutte le sue componenti e della loro armonia nel piatto. Parlare di vino rosso rubino (intenso, carico o come il vino appare) non ci aiuta a capirne l’essenza. Parlare di profumi di frutta rossa, o esotica, o di fiori gialli, di cuoio, liquirizia, ecc. non serve a cogliere le sfumature e le variazioni che questi aromi, tipici di tanti vini, possono assumere in tipologie di vitigni e quindi vini differenti. La varietà di vini disponibili ovunque, dal supermercato all’enoteca, dal ristorante alla cantina, e il fatto che si beva purtroppo con poca cognizione di causa non aiuta. I nasi sono in generale poco allenati, la diffusione della conoscenza e della cultura del vino è ancora ai minimi livelli. In questo mare magnum trovo molto utile il lavoro di tanti Wineblogger o, per meglio dire, cultori del vino che fanno cultura del vino. Appassionati, divulgatori, performer a volte, con le loro narrazioni aiutano in primis a sdrammatizzare i toni e i termini di cui si servono, per forza di cose, i professionisti del settore, umanizzando il contenuto delle nostre bottiglie. Inoltre sempre più spesso sono proprio i wine blogger che sanno fare la differenza perché investono in conoscenza in prima persona, si spostano, organizzano il proprio tempo libero in funzione della visita di cantine e territori, diventano narratori coinvolti e coinvolgenti. Sono proprio loro spesso a contestualizzare umanizzare la bottiglia, riuscendo a legare una degustazione, e quindi profumi e aromi del vino, ai propri ricordi personali. Sono loro che vengono a conoscere noi produttori, a chiedere di vedere le vigne, di capire gli sforzi che vengono fatti per dare vita al vino. Nonostante ciò sono spesso bistrattati e ridicolizzati. Intendiamoci, il vino è di moda e in tanti le mode le cavalcano per interessi di vare genere e tipo. Ma la curiosità che spinge gli appassionati non ha prezzo e non ha valore. Traducono il nostro fare in linguaggio semplice, comprensibile ai più, attuale. Sono in grado di creare fascinazione, di suggerire il piacere che si prova aprendo una bottiglia, consigliando il momento giusto per la degustazione, insegnando l’ABC del nostro universo, indirizzando, incuriosendo, stimolando la fantasia di chi li segue. A loro un grande grazie, e un doppio grazie, sopratutto alla luce di due spiacevoli episodi recenti che ci hanno portato a individuare la DISINFORMAZIONE che invece rischia di generare un nuovo strumento di ricerca di facile accesso a tutto il mondo, ovvero l’intelligenza artificiale. Se è concepibile l’errore umano, difficile per noi pensare all’errore digitale. Già oggi dobbiamo faticare per capire quale informazione scovata online sia attendibile e quale no. Le Fake news sono un fenomeno recente ma preoccupante, in grado di fare grandissimo danno in pochi minuti, ore, giorni. E’ successo, davvero, di individuare due casi di disinformazione totale relativamente al vitigno e al vino che produco, il Moscato di Scanzo. E’ successo a noi ma può succedere a tutte le realtà enologiche e non solo.   Da vitigno Moscato rosso è diventato Moscato bianco o Moscato rosa; la maturazione in acciaio è stata dimenticata e sostituita con quella in legno; da vino fermo è diventato frizzante, ecc.ecc. La storia che rende importante questo vitigno, documentata dal 1325, è stata completamente cancellata e si parte dal 1891. Insomma l’intelligenza artificiale, nei due casi che siamo riusciti a scovare, non ne ha azzeccata una. L’intelligenza artificiale non è riuscita nemmeno, in questi due casi, a impegnarsi in un’operazione di copia-incolla sensata. Visto che questo tipo di informazione e l’uso di queste AI per scrivere e comporre testi è solo all’inizio mi sento di averne paura. Certo si migliorerà, si sistemerà, forse gli errori diminuiranno, ma sino ad allora perché accettare la menzogna? Siamo davvero tutti in grado di capire questo tipo di errori? Non credo. Unico modo è costruirsi un proprio bagaglio culturale e critico sul vino. Le strade sono poche: iscriversi ai corsi professionali, necessari per capire e orientarsi in un universo ricchissimo e variegato. Partecipare alle degustazioni che le Associazioni professionali organizzano, spesso occasione di seri approfondimenti su regioni, territori, vitigni, ecc. Inoltre bere, bere bene, bere guidati e consigliati. Consigliati da chi ne sa di più, consigliati dai sommelier, consigliati da fine blogger. Fate domande, siate curiosi, lasciate parlare chi ne sa di più. Quando bevete annusate, cercate di cogliere le sfumature più semplici, ma annusate anche quando siete in passeggiata (il muschio, i fiori), annusate negli orti, dal fruttivendolo, annusate l’aria dopo la pioggia, soffermatevi sul profumo dell’erba bagnato del finto appena tagliato (se avete la fortuna di trovarne). Immergetevi nella natura, prestate attenzione, e vedrete che anche il mondo del vino saprà con calma, aprirsi a voi con tutte le sue infinite sfumature e donarvi soddisfazioni così complesse e durature da farsi vostro personale bagaglio culturale. Iniziate ad agosto, mese di pausa per i più. E chiudiamo invitandovi a Scanzorosciate a settembre, per la Festa del Moscato di Scanzo: in quest’occasione potrete assaggiarli praticamente tutti. Chiosiamo ancora con Guccini, esortandovi ad inebriarvi (con moderazione) di vino e di calore, di vino e di calore. Francesca Pagnoncelli Folcieri @francypagno
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12 Luglio, 2023

Bel sole a luglio spera buon vino

Bel sole a luglio spera buon vino Luglio col bene che ti voglio, è uno dei mesi cruciali per le lavorazioni in vigna e per poter poi avere dei buoni raccolti sia per i bianchi, che si vendemmiano solitamente ad agosto, ultimamente anche prima, e per i rossi di settembre e ottobre. Sono tanti i detti popolari legati al mese di luglio, al suo clima, e al vino che verrà. Ne cito di seguito alcuni, su cui si potrebbe dibattere poi molto: A luglio il temporale dura poco e non fa male… Bel sole a luglio spera buon vino Nuvole di luglio fan presto tafferuglio Se non pardon luglio e agosto dentro al tino poco mosto… Gli editoriali di questo’anno li abbiamo voluti interpretare così, andando a scovare nella saggezza popolare i segni di un cambiamento climatico che ci porta a rivedere le conoscenze acquisite anche nel mondo del vino. La coltura dei campi e dei vigneti vive molto di conoscenze tramandate, di esperienze fatte e ripetute adattandole ogni anno, ogni raccolta, alle condizioni climatiche dell’annata. Anche in questa stagione si gioca d’azzardo: un inverno secchissimo prima, che ha fatto temere il peggio perchè preceduto da un’altra annata molto siccitosa; una primavera estate molto piovosa che ora fa gridare ovunque all’allarme peronospora. Sono tante le questioni che il cambiamento climatico pone a chi vive di vino, sono tanti i dubbi che attanagliano i viticoltori, a partire da una geografia climatica che spinge già molti a spostarsi verso nord. Verso nord non solo portando i vigneti, dove possibile, verso altezze più elevate, ma addirittura verso paesi europei con climi un tempo freddi, ora decisamente più miti e probabilmente più adatti per certi tipi di produzioni. E’ sempre pertanto più necessario essere ricettivi e coraggiosi: ricettivi verso nuove soluzioni e coraggiosi nell’essere disposti a rischiare, anche tutto, pur di continuare a riempire i calici. Impiantare vigneti in Inghilterra, in Olanda e oltre; impiantare vitigni Piwi con caratteristiche tali da dare risposte completamente diverse a malattie della pianta; accettare anche che alcune caratteristiche del vino possano cambiare, o accettare di sostituire la vite con altre colture. Chissà che sarà, di sicuro l’uomo non rinuncerà al vino, non lo ha mai fatto né mai lo farà. Non si arrenderà né a leggi di etichettatura allarmistiche, né a leggi di limitazioni di consumo, non lo farà davanti a difficoltà naturali. Troveremo sempre e comunque il modo per consentire alla vigna di vivere. Questa liana selvatica, forte e selvaggia, cha ha saputo attraversare i secoli e la storia, saprà con l’aiuto dell’umana scienza e incoscienza continuare a offrirci generosamente il suo frutto. Semplicemente adatteremo il gusto, cambieremo le mode, coglieremo nuove opportunità.
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Uccelli del paradiso Arrow Right Top Bg

5 Giugno, 2023

E’ meglio essere un giovane bruco di giugno che un vecchio uccello del paradiso.

Editoriale di giugno e aforisma di giugno: E’ meglio essere un giovane bruco di giugno che un vecchio uccello del paradiso. (Mark Twain) E’ meglio essere un giovane bruco…l’editoriale del mese parla di questo, di loro, dei giovani. Sono mesi che si sente parlare delle nuove generazioni e di lavoro. Come spesso accade il dibattito sul tema viene trattato estrema superficialità e alimenta tanti luoghi comuni che bene non fanno. Spesso gli articoli di giornale, i post sui vari social che siamo costretti a seguire ed alimentare, si fermano alle ovvietà, senza nemmeno tentare di andare a fondo e di capire la reale entità e le varie dimensioni del problema. Già il fatto di chiamarlo problema porta sulla via tortuosa e scorretta dell’antagonismo distruttivo. Parlare dei giovani come di coloro che non hanno voglia, che non concepiscono la fatica e i sacrifici, che non si inseriscono con umiltà nel mondo del lavoro è segno di quanto poco si è disponibili a capire il mondo di questi ragazzi. Tra giovani e adulti sono gli adulti a dover fare da guida: le esperienze vissute, gli ostacoli e le difficoltà superati, le consapevolezze acquisite con il passare del tempo, i segreti del mestiere sono un importante bagaglio che va trasmesso. Tra giovani e adulti sono i giovani ad avere, teoricamente, energia pura, sogni nuovi, capacità di vivere nel presente e, probabilmente, di interpretarne le continue novità e i velocissimi cambiamenti meglio di chiunque altro.   Sono le due dimensioni insieme che possono funzionare, rafforzare e potenziare il successo di qualunque realtà aziendale in grado di conciliare i due mondi, le varie generazioni. E’ certo che se i “grandi” basano il proprio approccio su una sorta di nepotismo che si arena su assiomi del tipo “ai miei tempi si faceva così”, “ io ho dovuto sudare 7 camice”, “ la gavetta è importante” ecc.ecc. una vera evoluzione umana non ci sarà mai. La gavetta è importante, l’esperienza è importante e va fatta. Forse non va fatta in condizioni di semischiavismo, di sfruttamento, di mortificazione. Insegnare un mestiere richiede un rapporto di confronto e scambio. insegnare significa letteralmente “imprimere segni nella mente”, lasciare il segno. Se vogliamo che i giovani possano, nel loro futuro, lasciare un segno è necessario accompagnarli nella crescita. Significa occuparsene, tenere alla loro crescita e formazione. Per fare si che siano in grado di eseguire le mansioni che vengono richieste bisogna essere rispettosi di loro in quanto persone. Il rispetto passa per il giusto modo di trattarli, di inserirli nella professione. Per rispettarli bisogna ricordarsi come si era alla loro età, come ci si è sentiti alla prime esperienze di lavoro e di confronto con il mondo adulto. Essere adulti significa non ripetere ciò che di sgradevole abbiamo subito. Significa essere umili esattamente come si chiede a loro. Se scappano è perché hanno paura; e come fanno a non averne in un mondo che non ha certezze, che non ha valori, che fa della prepotenza e della maleducazione, dell’individualismo e dello sfruttamento (di questo spesso si tratta) i propri principi? Perché dovrebbero essere virtuosi, sacrificarsi, perdere il sonno, accettare frustrazioni invece che trovare scappatoie? Se ci si sente considerati si considera, se ci si sente valorizzati si può dare l’anima. Quando un lavoro fa crescere, dà soddisfazione, fa sentire importanti, si accettano anche condizioni non ottimali. Ma perché mai un giovane dovrebbe subire passivamente di sentirsi o di essere trattato come animale da soma? L’esempio viene sempre dall’alto. Necessario scegliere bene quale esempio si vuole dare e scegliere bene a chi tramandare il proprio sapere, l’alternativa è perderlo e dover faticare il doppio per recuperarlo. L’uomo impara al meglio e mette in pratica al meglio se mosso da passione e interesse o da necessità. La passione va alimentata, la necessità va rispettata. Nella mia realtà aziendale stiamo collaborando con giovani, singoli professionisti e associazioni, e lo scambio ci sta energizzando… Provateci, ad attaccarvi alla spina di chi guarda il mondo con occhi diversi, di chi lo analizza con sguardo fresco: può succedere che vi ricarichiate. Può darsi che rinasciate a nuova vita proprio come l’araba fenice.   PS: se la vostra realtà lascia spazio ai giovani o li valorizza candidate la vostra cantina a Wine in Venice 2024…potreste diventare la cantina esemplare della vostra regione.  
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Venere di Botticelli Arrow Right Top Bg

7 Maggio, 2023

Maggio: ben venga primavera che vuol l’uom s’inamori.

Buongiorno, eccoci a maggio, e continuiamo con gli editoriali dedicati ai mesi dell’anno. Non è solo un gioco, è un modo semplice ed efficace per porre l’attenzione sui cambiamenti climatici e non solo, mutamenti dell’anima e del sentire. Un’attenzione antica: già nei primi decenni della Rivoluzione Industriale ci furono saggi veggenti capaci di cogliere i reali rischi della nuova vita metropolitana: tra fumi, grigiore, nuove malattie fisiche e sociali, i più attenti misero in guardia dallo scomparire degli alberi ( Celentano Ragazzo della via Gluk non può non tornare in mente) a favore di fabbriche e casermoni dormitorio. Gridarono già allora l’allarme (come non ricordare Tempi Moderni di Chaplin?) sulle storture della produzione industriale, sui ritmi pazzi di lavoro cui erano sottoposti gli operai, sullo sfaldamento della società agricola e del suo modello base: la famiglia allargata. Quindi Ben venga Maggio
e il gonfalon selvaggio:
ben venga primavera
che vuol l’uom s’inamori.
(Angelo Poliziano) Angelo Poliziano Ci vuole una citazione antica, di tempi che furono in cui la cultura era piena di gioia, ottimismo. Ricordi di un’epoca speranzosa, di un’Italia faro dell’Europa e dell’intero mondo conosciuto di allora. Poliziano vive alla corte di Lorenzo de’ Medici, a Firenze, e trascorre un breve periodo della sua vita a Mantova presso i Gonzaga. Grandi corti, grandi menti a guidare entourage di personaggi eccellenti in ogni campo del sapere. Epoca in cui il Bello era il principio generatore di ogni cosa. Vinitaly 2023 è passato. La Venere di Botticelli l è stata liberata e vaga per l’Italia intera con l’intento di raccontarla: in qualche scatto già visto, in piazze e contesti già conosciuti e così consumati da dover mettere balzelli per regolare i flussi in entrata e salvarne la natura. Cerchiamo di riscoprire il Bello ovunque esso appaia perché l’unica vera fortuna che ci resta è di vivere nel Paese più bello e più buono del mondo che, però, è quotidianamente sotto attacco. L’Italia è attaccata dalla burocrazia, attaccata dalla superficialità, attaccata da vuoti slogan e da fake news, dal perbenismo becero, dalle tensioni sociali. Goya – Il sonno della ragione genera mostri Viviamo in un contesto border-line: da un lato l’abisso che si spalanca nel sonno della ragione, dall’altro un meraviglioso, rigoglioso e bucolico orto culturale da cui attingere a man bassa per ritrovare il senso del fare e del vivere. Ci auguriamo che questo maggio sia di rinascita del buonsenso e delle buone maniere, di un approccio alla vita e alla natura che sia capace di dare vita ad un nuovo umanesimo.     Francesca Pagnoncelli Folcieri  
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Fra e Morgan Arrow Right Top Bg

1 Aprile, 2023

Aprile, ogni goccia un barile

Buongiorno, siamo ad aprile, ogni goccia un barile. Speriamo che qualche antico detto sia di buon auspicio, tornando ai temi dell’editoriale di Marzo. E nell’attesa di agognati barili d’acqua pensiamo al vino e alla nuova stagione di eventi che verrà. L’anno è partito alla grande con il nuovo format di Wine in Venice, il red carpet del Vino che si è tenuto a fine gennaio e che tornerà dal 20 al 23 gennaio 2024. Segnatevi le date e non mancate! Noi non mancheremo anche perché Wine in Venice è anche un pò figlio nostro. Eventi del vino, grandi, medi, piccoli; locali, nazionali, internazionali. Torna il tormentone: a quali partecipare, dove è obbligatorio esserci? Domande banali ma non banali, né per i produttori che devono scegliere dove investire e dove presentarsi, né per i professionisti del settore per i quali il più grande dono sarebbe quello dell’ubiquità (clonazione e teletrasporto anche sarebbero graditi). Difficile orientarsi, specialmente dopo la pandemia che, sospensione a parte, a fatto emergere improvvisamente, brutalmente e con grande impatto, nuove esigenze di consumo e di racconto. Ma se il mondo produttivo del vino ha tempi lenti, lentissimi, imposti dalla natura e dalla trasformazione della materia prima, l’uva, l’universo della comunicazione è cangiante e viaggi a velocità supersoniche. Nuovi social, nuove modalità digitali di connettersi, di raccontarsi, comunità virtuali di ogni genere e tipo ci rendono schiavi di aggiornamenti impossibili, sia per questioni anagrafiche che oggettive, di tempo. Nonostante questo mi pare di notare nella narrazione vinicola dei clichés che tardano a morire, o che quantomeno focalizzano l’attenzione sempre sulle stesse dinamiche e componenti della produzione. Sempre si parla di vendemmia, di vinificazione, di lavoro in cantina. I racconti per immagini affascinano: raccolta, mani sporche, filari, paesaggi, ma i temi narrati sono bene o male sempre quelli.   Quello che funziona di più, anche se parzialmente rischioso, è il metterci la faccia, raccontarsi con semplicità. Mostrare la fatica che sta dietro ad ogni bottiglia, raccontare anchei rischi incredibili, i dubbi, le delusioni legate al nostro mondo ha la forza della verità, della vita vissuta. Perchè quello che si cerca in una bottiglia è anche, probabilmente, un ritorno alla realtà, un anelito alla primitiva natura umana, schiava della natura ma padrona, equilibrista, dei suoi segreti. Occorre quindi fare, come giustamente sottolinea Luca Ferrua nel suo Editoriale di aprile In Vino Veritas su Il Gusto, cultura del vino. Cultura del vino deve essere portata avanti raccontando la verità del vino, o meglio il vino vero. Il vino vero è il vino buono, meglio se buonissimo, fatto in modo vero. Questo per dare la giusta importanza ai rischi e alle fatiche legati alla sua produzione, per rispetto del produttore e del consumatore finale. La cultura porta conoscenza. La conoscenza porta consapevolezza. Dalla consapevolezza la libertà di scelta. Vino vero come riconoscerlo? Senza troppi sofismi vino vero è quello che piace, certo, ma se la scelta è ponderata e consapevole potrete solo bere meglio. Anche perchè la miglior leva all’acquisto è il passaparola, e un passaparola consapevole e non banale aiuta a fare cultura del vino. Siate quindi tutti ambasciatori del vino buono.          
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7 Febbraio, 2023

Wine in Venice, un successo energizzante!

Wine in Venice, the place to be Così titolavamo nell’editoriale di gennaio, in un periodo di intenso lavoro per il team che ha ideato e organizzato Wine in Venice. Siamo sempre stati convinti della forza dell’idea iniziale, del concept da cui siamo partiti più di un anno fa, procedendo a braccetto con il team della magnifica location che ci ha ospitato, la Misericordia Maggiore di Venezia, verso l’edizione 1 ( o edizione 0 a seconda dei punti di vista). L’idea generatrice è stata quella di parlare di vino in modo DIVERSO, di mettere sotto i riflettori prima di tutto i produttori, (piccoli, grandi, medi, conosciuti, sconosciuti, mai sentiti…poco importa) e quei produttori che non mettono al primo piano l’apparire ma l’essere. Il vino è sostanza, il vino è espressione dell’idea che un produttore ha. Un’idea che è tanto più forte, identitaria, responsabile quanto più chi produce lo fa secondo coscienza e abbracciando, per necessità innanzitutto, i tre principi che abbiamo voluto ricercare: etica, innovazione, sostenibilità. Siamo riusciti a raccontare l’Italia attraverso il buon esempio e le buone pratiche di 20 realtà, una per regione, che hanno fatto scelte coraggiose prima che utili, scelte imposte dal cuore prima che dalla ragione. Sono questi virtuosi del nostro settore che vogliamo continuare a scoprire e a farvi scoprire, e Wine Tales Magazine continuerà anche nei mesi a venire a cavalcare l’onda anomala che Wine in Venice è riuscita a sollevare. Un successo inaspettato, una città, Venezia, che ci ha accolto e ci ha cercato e voluto fortemente, una grande affluenza di pubblico interessato che ha partecipato ad ogni momento della manifestazione: Wine Talk, Masterclass, degustazioni, premiazione. E siamo così galvanizzati da tutta questa energia positiva che siamo già pronti a partire per Wine in Venice 2024: le date fatidiche 20-23 gennaio! Tenetevi liberi Editoriale a cura di  Francesca Pagnoncelli Folcieri  
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9 Gennaio, 2023

Wine in Venice, the place to be

Wine in Venice, the place to be Anno nuovo vita nuova, Buon Anno a tutti Voi pertanto, e innanzitutto. Per Wine Tales il 2023 parte alla grande. Il 28,29,30 gennaio saremo tutti a Venezia, città magica per eccellenza, per dare voce e per raccontare il primo evento dell’anno dedicato al vino. Wine in Venice è infatti il primo evento dell’anno dedicato al vino ed è alla sua prima edizione. Un nuovo format nato appositamente per cercare di dare nuova linfa vitale ad un mondo che, nonostante i grandi cambiamenti e i grandi scossoni che gli anni di restrizioni hanno dato, stenta ancora ad abbracciare il futuro. Wine in Venice è nata da due pensieri di base, semplici ma necessari da affermare: i produttori di vino devono essere protagonisti della narrazione ma non tutti indiscriminatamente, non i soliti noti, banalmente. I nostri eroi sono selezionati dalla nostra giuria per le scelte importanti e coraggiose portate avanti per mettere in pratica i principi di etica, sostenibilità, innovazione. Innovazione, Etica, Sostenibilità: sono questi i tre capisaldi che la direzione scientifica ha evidenziato come fondamentali per sostenere il dibattito e indicare le nuove vie da intraprendere, nel nostro mondo enoico. Innovazione, Etica, Sostenibilità: tre termini se vogliamo abusati, ma non per questo privi di significato. Al contrario li riteniamo fondanti per poter affrontare le incertezze di questo momento storico, necessarie per fare si che il vino sia ambasciatore di un cambiamento che pone al centro l’uomo e l’ambiente in cui si trova ad agire. Vino e terra, vino e territorio, vino e uomo. In fondo è di questo che parliamo, e più verità riusciamo a mettere nel fare quotidiano e nel modo di pensare, ragionare, realizzare – verità che inseguono i tre fari che abbiamo individuato come fondanti di Wine in Venice- maggiore sarà la consapevolezza con cui riusciremo a guidare un cambiamento necessario, prima mentale che pratico. Le cantine che verranno selezionate dalla nostra Giuria d’eccezione, una per regione, eccellono oltre che per la qualità dei prodotti, proprio per aver puntato su queste tre carte. E per questo verranno messe sotto i riflettori di Wine in Venice, saranno ospiti e protagoniste di una manifestazione che vuole fare conoscere a tutti realtà virtuose e coraggiose, che mettono al primo posto il futuro. La cosa più edificante è sapere che Wine in Venice non sarà affatto un evento spot, ma diventerà un appuntamento annuale nella sua forma di grande kermesse e di red carpet del vino italiano. Oltre a questo, collateralmente e sui diversi piani, la discussione che prenderà il via a fine mese sarà alimentata durante l’intero anno solare, per continuare con le riflessioni che verranno messe in campo, per creare diversi momenti e occasioni di confronto, per tenere viva e accesa l’attenzione di tutti fino a gennaio 2024. Seguiteci, partecipate, venite a scoprire quanto abbiamo da raccontarvi. Editoriale a cura di  Francesca Pagnoncelli Folcieri Partecipa anche tu a Wine in Venice Clicca qui ed acquista il tuo ingresso. Sei un sommelier? un giornalista? un vignaiolo?  un buyer? Richiedi il tuo pass scrivendo una mail a press@wineinvenice.com https://www.youtube.com/watch?v=RakajXgmc-E
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5 Dicembre, 2022

Innovazione, etica, sostenibilità: arriva Wine in Venice

Innovazione, etica, sostenibilità: arriva Wine in Venice, che con questi tre concetti cardine vuole illuminare il fare del prossimo futuro. Su questi tre principi WineTales, insieme ad un gruppo di aziende, ha costruito il progetto Wine In Venice. Nato su richiesta di Venezia in una location mozzafiato come Misericordia maggiore di Venezia, il gioiello lagunare è da poco stata premiata dal Gambero Rosso come “città dell’anno” ed è intenzionata adesso a puntare sul vino come mondo trainante del momento, l’evento si svolgerà a fine gennaio. Si tratta di una manifestazione ideata e fortemente voluta dal Magazine, il cui programma si sviluppa su tre giorni. L’obiettivo è fare il punto sul mondo del vino e le sue recenti e velocissime trasformazioni, consci della necessità di rivedere il mondo attraverso queste tre chiavi di lettura. Innovazione L’innovazione prevede uno slancio creativo e interpretativo del futuro, e il mondo del vino ha oggi a disposizione, in ogni fase della produzione (quindi dal lavoro in vigna sino alla commercializzazione) nuovi strumenti di analisi, controllo, comunicazione. Il mondo va veloce e con questi ritmi è necessario allinearsi se non si vuole restare indietro. Allinearsi non significa per forza accettare in tutto e per tutto il nuovo. Ognuno deve fare i conti con le proprie realtà territoriali e aziendali, e ognuno deve fare i conti con la burocrazia che più di tutto frena il cambiamento e il necessario adeguamento a bisogni sempre nuovi. Ma l’innovazione è consapevole quanto più si conosce il passato, il da dove veniamo. Sostenibilità La via della sostenibilità spesso cozza con le necessità economiche, le abitudini consolidate di allevamento e coltura, le regole da rispettare. I disciplinari di produzione sono stati redatti negli anni ‘80: in essi i parametri di coltivazione e produzione erano ben altri e non presupponevano attenzione nei confronti di scelte amiche dell’ambiente. Non vi era coscienza di alcun problema ecologico, quindi forse si potrebbe ripartire da qui. Ma il passato ha anche molto da insegnarci, ovviamente, quindi non va cancellato, ignorato, va anzi approfondito e studiato proprio per affrontare con lucidità, coscienza e conoscenza le nuove sfide che ci aspettano. Etica Il tema dell’etica è altrettanto importante e fondante di una nuova era concettuale e produttivo. L’etica è prima di tutto questione personale, scelta privata, che ognuno di noi può decidere di abbracciare o meno. L’etica viene prima di tutto, ed è questione di coscienza prima, di scienza poi. La sostenibilità è oggi imprescindibile come obiettivo, ma se non viene scelta con serietà, se si limita ad essere facile slogan per semplice marketing finalizzato alla vendita, ha davvero vita breve. Le scelte etiche che si possono  fare nel nostro universo enologico sono infinite, e le aziende che verranno scelte per partecipare gratuitamente al red carpet del vino di Venezia ne saranno un esempio virtuoso e reale.  E’ arrivato il momento per ognuno di noi (produttori, comunicatori, appassionati del mondo del vino) di fare cultura partendo da questi semplici ma efficaci dogmi, rispettando noi stessi, la nostra intelligenza e la nostra umanità. Tenere il timone dritto diventa sempre più questione imprescindibile per avere una stella polare che si indichi la strada giusta, che non è mai la più facile, la più remunerativa, la più conveniente.  Sicuramente è l’unica che gli imprenditori eroi ( imprenditore= impresa= chi fa l’impresa, chi intraprende accettando i rischi che ne conseguono) del nostro tempo devono scegliere di percorrere. Francesca Pagnoncelli Folcieri Partecipa a Wine in Venice, candida la tua cantina https://www.youtube.com/watch?v=RakajXgmc-E
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