Salotto diVino

A cura di Francesca Pagnoncelli Folceri

Salotto divino…ho sempre adorato incontrare persone e personaggi e poterli sentire raccontare le loro mirabolanti avventure di vita e lavoro. In realtà mi piace molto quando la sfera meramente professionale si mescola con quella profondamente umana: sogni, delusioni, difficoltà, anche sconfitte, che rendono ogni racconto più vicino all’esperienza di ognuno di noi.

Certo il finale si spera sia sempre roseo ed eroico.

In Clubhouse l’avventura di salotto divino è iniziata anche con la finalità di mettere in contatto mondi diversi, ma non distanti. Uno degli scopi del nuovo social è quello di creare relazioni.

Proprio da qui scopo è nata l’idea del SalottoDivino: uno spazio, che qui diventa una rubrica, dove incontrare professionisti di svariati mondi per aprire un confronto, per narrare un racconto che sia anche, se non sempre, fonte di ispirazione, che faccia nascere in chi ascolta e chi legge nuove domande, curiosità, quesiti e paragoni, che ci aiutino a crescere o a capire meglio mondi che ci sono un po’ lontani.

In questa rubrica racconteremo le loro e altre storie.

Buttafuoco Arrow Right Top Bg

24 Aprile, 2023

Buttafuoco, sette produttori per una Masterclass di successo by Fiorenzo Detti

Canneto Pavese, Comune fulcro del vino Oltrepadano, ha ospitato una masterclass di grande successo che ha visto protagoniste 7 aziende di spessore che hanno fatto del Buttafuoco (storico e base ndr) un prodotto iconico apprezzato dalla ristorazione di alto livello e dalla sempre più esigente e curiosa comunità dei winelovers. “Canneto Pavese l’ombelico del mondo vinicolo”  queste le parole di apertura pronunciate dal conduttore, il preparatissimo e coinvolgente Fiorenzo Detti. Sommelier AIS di lungo corso e orgoglioso ambasciatore di questa zona di Lombardia. Una mattinata divulgativa, informativa e anche piuttosto tecnica durante la quale Detti ha accompagnato la sala gremita attraverso un percorso intrecciato tra storia, produzioni agricole, aree geografiche, vocazioni territoriali e dinamiche commerciali. Un viaggio dal generale al particolare che non ha mancato di regalare diversi spunti anche di attualità e di internazionalizzazione. Le sfide della comunicazione del vino, l’incentivazione a consumi consapevoli, la cultura dell’abbinamento, il saper apprezzare l’evoluzione dei vini nel tempo e l’importanza di approcciare con strategia e metodo i mercati esteri più idonei ai propri prodotti. 7 aziende, dicevamo, ciascuna a presentare la propria interpretazione del Buttafuoco. La batteria era così costituita: Buttafuoco Storico: Vigna Costera dell’azienda Francesco Maggi; Vigna del Corno della cantina Giorgi; Vigna Pregana dell’azienda Quaquarini Francesco, Sacca del Prete dell’azienda Fiamberti Giulio, il Bricco in Versira della cantina Piovani Massimo. Buttafuoco Classico: Bricco Riva Bianca dell’azienda Picchioni Andrea e Cavariola, rosso riserva dell’azienda Bruno Verdi. (18 le aziende in totale associate al Club del Buttafuoco Storico)    Gli assaggi si rivelano da subito molto suggestivi e ciascun vino esprime tratti e caratteristiche tipiche della vigna. “Sono tutti vini fratelli ma non gemelli” riassume Fiorenzo Detti che in questa frase fa trasparire, con una sintesi puntualissima, una serie di considerazioni e aspetti rilevanti. Il Buttafuoco si rivela una vino di gran corpo, dal carattere nobile, morbido e robusto. Un focus aggiuntivo è stato posto sull’evoluzione nel tempo e sulla capacità di questo vino di mutare arricchendosi sempre più di sentori e sfumature diverse in funzione del tempo trascorso in bottiglia. Nei piacevolissimi momenti di interazione con il pubblico, Detti ci poneva davanti al dilemma del conservare il vino in cantina per godere delle proprie evoluzioni future o di berlo immediatamente per capirne la prontezza di beva e per dar pronta soddisfazione al duro lavoro dei produttori presenti in sala.     A chiusura dei lavori, dopo i saluti alle istituzioni, guidati dal Sindaco di Canneto Pavese Francesca Panizzari, spazio al tradizionale agnolotto Bata Lavar che deve il proprio nome alle sue grandi dimensioni per le quali, all’assaggio, la pasta batte inevitabilmente sulle labbra. Riccardo Fiamberti, presidente della Confraternita del Bata Lavar ha raccontato che questo prodotto gode della protezione e tutela del Comune e che solo il Ristorante Bazzini ha l’autorizzazione ufficiale a proporlo ai propri clienti. Fiorenzo Detti è stato inoltre insignito del titolo di membro della Confraternita.     In conclusione, la Proloco di Canneto Pavese è stata in grado di organizzare un evento di livello capace di raccontare il passato, il presente e di fornire prospettive future alle eccellenze del proprio territorio. I nostri personali complimenti all’organizzazione e ai produttori per rendersi quotidianamente ambasciatori di un territorio da vivere, scoprire, bere e assaggiare.  Photo Credit: Pro loco Canneto Pavese A cura di: Riccardo Rabuffi
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Gabriele Valota enologo Arrow Right Top Bg

17 Novembre, 2022

Intervista a Gabriele Valota, la nuova guida di Assoenologi Giovani Nord Italia

Nel Salotto Divino di Winetalemagazine – virtuale- accogliamo Gabriele Valota, la nuova guida di Assoenologi Giovani Nord Italia Complimenti per la carica appena ricevuta che ti porterà alla guida di Assoenologi Giovani per il Nord Italia…ma adesso cosa farai? Quali sono i tuoi primi progetti? Come già fatto nel precedente mandato, sicuramente continuerò a stimolare e a promuovere un maggior confronto tra gli enologi più esperti e quelli più giovani al fine di incrementare le loro conoscenze durante i primi passi della loro carriera. Gabriele come si fa ad interessare i giovani ad un “movimento vino” che deve cambiare in fretta il modo di comunicare e comunicarsi? Non sono un esperto di comunicazione ma penso che la chiave stia nello storytelling. Chi si occupa di comunicazione nel mondo del vino deve saper adeguare il proprio linguaggio in funzione della platea con cui vuole comunicare.  Penso che i giovani abbiano bisogno di una comunicazione semplice, diretta e autentica che parli di quotidianità senza “filtri” con tutte le difficoltà e le gioie che si possono incontrare giorno dopo giorno. Tutti parlano di sostenibilità, ma come si può essere sostenibili davvero in vigna? La sostenibilità in vigna penso sia raggiungibile solo grazie a una viticoltura di precisione. Una viticoltura fatta di monitoraggi, ricerche, scelte oculate e attrezzature tecnologicamente più performanti con le quali è possibile distinguere le differenze intraparticellari che caratterizzano ogni vigneto. Abbiamo avuto tanti grandi interpreti del tuo mestiere di enologo qui in Italia, qual è il tuo modello, c’è qualcuno in particolare che ispira il tuo lavoro? Ho iniziato la libera professione come consulente enologo senza avere un modello di riferimento. La “corrente di pensiero” che mi ha ispirato e che tutt’oggi mi ispira è quella che amo definire “enologia etica” ovvero un’enologia poco invasiva in grado di rispettare appieno le differenze dell’annata e le caratteristiche della varietà. Ci racconti il prodotto del quale sei maggiormente fiero fin ora di aver realizzato in bottiglia? Difficile sceglierne uno specifico. In generale mi soddisfano maggiormente i vini che prevedono tecniche di vinificazione più complesse, come l’appassimento e la spumantizzazione, oppure particolari, come l’utilizzo di lieviti non saccaromiceti in vinificazione o l’affinamento in anfore di terracotta sott’acqua.  Quale sarà la sorpresa enoica per il prossimo 2023? Ogni anno riserva sorprese! Spero per il 2023 di iniziare a vinificare una nuova varietà di vite (ancora in fase di omologazione) frutto di un incrocio da polline tra una varietà resistente e una varietà di Vitis vinifera. Facciamo un gioco, noi ti diciamo uno stato d’animo e tu ci dici il vitigno che meglio lo rappresenta Se ti diciamo, Gioia? Solaris E se ti diciamo, Rabbia? Nero d’Avola Con Divertito che dici? Sauvignon blanc E con Coraggio? Nebbiolo La redazione
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Enogirls, una nuova realtà al femminile Arrow Right Top Bg

12 Settembre, 2022

Enogirls, una nuova realtà al femminile

Enogirls, una nuova realtà al femminile al femminile che raccontiamo qui, nella rubrica Salotto Divino. Le Enogirls sono Francesca Mafrici, Denise Oriani, Alessandra Pierotti. Sono tre: numero perfetto. FP: Come vi siete conosciute? in che occasione e circostanza? Enogirls: Ci siamo conosciute grazie ad Instagram. Abbiamo iniziato a seguirci e scambiarci pareri virtualmente, poi abbiamo avuto l’occasione di conoscerci di persona ad alcuni eventi dedicati ai winelovers ed è stata immediata sintonia. FP: Perchè vi siete piaciute? Enogirls: Per la spontaneità nel confrontarci, nel riuscire a scambiarci pareri liberamente senza alcun tipo di sforzo o di pregiudizio, ma in modo molto naturale e sincero. Abbiamo tre formazioni diverse nel mondo del vino: FISAR, AIS e WSET. Ciascuna di noi è più forte e ferrata in un argomento cosi ci completiamo e arricchiamo, oltre che divertirci un mondo insieme. FP: Dopo quanto e quando è nata l’idea di lavorare insieme? Enogirls: L’idea è nata da Francesca, spinta dalla voglia di creare un gruppo tutto al femminile. Tutte e tre crediamo che le donne abbiano una capacità e una spiccata sensibilità nell’organizzare, creare e gestire le attività in modo pragmatico e puntuale. Francesca ha visto nelle peculiarità di ciascuna una componente fondamentale per lo sviluppo di un buon gruppo di lavoro. Dopo aver proposto ad Alessandra e Denise l’idea di fondare un team, le idee sono venute a cascata da parte di ciascuna: il nome, gli obiettivi e le tempistiche.   FP: Perchè un progetto legato all’enoturismo? Enogirls: Perché è grazie al vino che ci siamo incontrate e legate. Ciascuna di noi sognava di avviare un’attività in questo settore per promuovere il territorio iniziando a piccoli passi, chi scrivendo, chi studiando, chi instaurando collaborazioni di vendita vino. Abbiamo tante belle realtà in Lombardia e sul territorio nazionale, a volte di piccole dimensioni, spesso a gestione familiare, che vale la pena scoprire, visitare e ascoltare. Ogni produttore ha esperienze e competenze diverse ed è giusto dare a ciascuno il suo spazio.  FP: Su quali punti di forza e originalità di basa il vostro progetto? Enogirls: Ci rivolgiamo ad un pubblico inesperto e curioso, che ha voglia di avvicinarsi a questo mondo senza essere travolto da tecnicismi e formalità. La nostra idea è quella di divertire e allo stesso tempo fornire le informazioni base per mettere le persone in condizioni di bere consapevolmente, scegliendo il vino più in linea con i loro gusti. Siamo in grado di fornire sia esperienze personalizzate che di gruppo, romantiche e conviviali, accompagnando i partecipanti lungo tutta l’attività. Non solo vino però, vengono proposti, fatti conoscere e assaggiare anche prodotti tipici del territorio per un’esperienza più enogastronomica. FP: Le donne e il vino, come vivete questo legame? come lo vivono i potenziali clienti? Enogirls: Con passione, curiosità ed entusiasmo. Sempre più spesso ci troviamo a confrontarci con donne all’interno del settore: colleghe sommelier, produttrici, responsabili marketing e commerciali. Anche nel panorama social abbiamo stretto tanti legami con altre winelovers. Francesca fa parte di una Community internazionale tutta al femminile.  Il vedere l’intesa che si crea naturalmente tra noi quando siamo insieme unita alla voglia di scoprire questo bellissimo mondo del vino, stimola i clienti ad affidarsi e lasciarsi guidare e travolgere dal nostro entusiasmo. FP: Obiettivi e progetti per il prossimo futuro?     Enogirls: A Giugno abbiamo lanciato il nostro primo evento ed ora ci sono tante idee e progetti in cantiere. Il primo viaggio enoturistico ( di cui avete qui il link alle stories Instagram) lo abbiamo organizzato nel territorio del Moscato di Scanzo, provincia di Bergamo. Una piccolissima DOCG da cui un passito rosso da vitigno autoctono, aromatico, unico al mondo. Prossimo appuntamento a ottobre, per scoprire il territorio dell’Oltrepò. Vi aspettiamo Enogirls, una nuova realtà al femminile sicuramente da seguire, sia sui social che nelle visite enologiche che proporranno. Francesca Pagnoncelli Folcieri   https://youtu.be/RakajXgmc-E  
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2 Dicembre, 2021

Francesco Celante, l’imprenditore con le “farfalle nello stomaco”

Folgorati, innamorati, estasiati…è cosi che ci siamo sentiti quando abbiamo aperto il nostro Salotto di Vino a Francesco Celante. Sono bastate solo un paio d’ore in un mite pomeriggio di inizio Novembre, insieme al presidente di Rotas, passate a passeggio per il suo parco naturale (nel centro di Treviso), per capire che di fronte a noi non c’era solo un lungimirante imprenditore, che ha avuto la capacità di scrivere la storia delle etichette di Vino in Italia, ma che eravamo in compagnia di un grande personaggio in grado di trasmettere con la sua dialettica l’amore e la passione per il suo lavoro. Un viaggio che abbiamo il piacere di condividere con i nostri lettori nella video intervista che trovate al termine di questo articolo e se pensate che 17 minuti e 24 secondi siano tanti per un’intervista…beh non avete mai avuto il privilegio di parlare con Francesco. “In futuro avremmo solo o dovremmo avere solo, persone che fanno quello che fanno per amore” Francesco Celante e le “farfalle nello stomaco” che gli hanno permesso di innamorarsi e di far innamorare tanti del suo lavoro…le farfalle dicevamo, ma non solo nello stomaco, perché lui le ha volute anche nel suo “parco cittadino” di Treviso e le alleva con cura in ventidue diverse specie. Francesco è trevigiano di Chiarano ed è titolare della Rotas, azienda leader di stampa di etichette per vino e non solo, guida la sua azienda da 54 anni ed 8 mesi dal maggio del 1967…una vita piena di cambiamenti ed entusiasmo ed oggi con i volumi di vendita impressionanti (400 milioni di pezzi di ottomila varietà ogni anno) è il simbolo dell’Italia che innova e che con passione supera ogni difficoltà. Ci ha colpito molto il racconto della sua storia, di quando da giovane ha deciso che voleva prima realizzare una miniera e tirare fuori “le cose dalla terra”  e poi ha pensato che la scelta migliore fosse quella di creare un allevamento di pesci, per questo grazie all’aiuto del padre ha seminato 200.000 avannotti comprando una deriva di un fiume ma purtroppo i pesci sono morti tutti in poche settimane e quindi ha capito che doveva trovare la sua strada, perché:  “ …non tutti possono fare tutto!” Da qui in poi il successo nel 1966 costruisce (esempio unico al mondo in questo settore dopo Gutenberg) la prima macchina per stampare in bobina e nel 1967 fonda Rotas. Un cammino continuo di innovazione e ricerca per stupire e per fare la differenza con un’attenzione maniacale all’ecosostenibilità con un impegno concreto fin dal 1967. Una voglia di innovare la sua continua come dimostra il deposito del brevetto nel 1980 per immagini e disegni 3D con questo brevetto è andato all’MIT (Massachusetts Institute of Technology) per parlare di tridimensionalità, quando contemporaneamente la musica di sentiva nelle cassette e la televisione e le radio erano gli unici mezzi di comunicazione insieme alla stampa. Insomma non resta che ascoltare la forza di questo impressionante personaggio che come ci racconta: “Io non sono mai soddisfatto di niente il mio obiettivo è sempre domani” A cura della Redazione   
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1 Dicembre, 2021

Riccardo Rabuffi ed il suo impegno per la valorizzazione del MADE IN ITALY

Conosco Riccardo Rabuffi da poco, da qualche mese, da quando un po’ all’improvviso si è presentato alla mia porta in compagnia di Federico Gordini per parlarmi della grande kermesse che è stata la Milano Wine Week. Se l’abito non fa il monaco spesso sono i silenzi a parlare e chi sa ascoltare, mi ha insegnato l’esperienza, è in grado poi di agire in modo più efficace e lineare, sia nei rapporti umani che negli obiettivi che si prefigge. Riccardo ha parlato poco, ma realizza molto. Il suo percorso di studio e lavorativo è davvero molto ricco di tappe importanti, e lo dimostra il suo recente ingresso nel consiglio direttivo della Camera di commercio Italiana per il Sud est asiatico. Ma partiamo da più lontano, dal percorso di studio iniziato presso una scuola inglese, seguito dalla laurea in politiche e relazioni internazionali e concluso con un corso post laurea in cooperazione internazionale allo sviluppo. Proseguiamo poi con le esperienze di lavoro, che portano Riccardo a lavorare in Ghana come country Manager per un’azienda italiana che si occupa di import export, esperienza umanamente forte, che gli lascia il segno e gli lascia un rapporto importante con il suo attuale socio, Lorenzo, conosciuto in Africa (lavorava in Croce Rossa in Congo) e ritrovato in Italia.  Tutto vero, Lorenzo lo conoscevo già da prima dell’Africa. Il fatto che fosse anche lui in africa in quel periodo è stata una bella coincidenza. Proprio dal legame Italia-Africa che Riccardo e Lorenzo hanno vissuto sulla propria pelle parte l’avventura di Beacon, che vuole essere una società ponte fra due mondi diversi. Non si parla di semplice import-export ma di vera e propria internazionalizzazione delle realtà italiane che Beacon rappresenta e porta in West Africa. Dall’Africa al Sud Est asiatico il passo non è breve ma vien da sé dopo due anni di attività con centro a Londra, dove Riccardo e Lorenzo aprono una sede, e dopo il coinvolgimento nella grande kermesse di Expo 2015. Verso l’infinito e oltre (cit.) pare il motto che spinge Beacon, che passano dai mondi della meccanica e della produzione della carta al meraviglioso mondo del food & Beverage intuendo che in Italia, a questo settore, l’internazionalizzazione manca, quasi non si sa esattamente cosa significhi. Cosa significa internazionalizzare un’azienda italiana del settore food & beverage- chiedo ironicamente a Riccardo. Internazionalizzare significa seminare in paesi esteri per raccogliere i risultati dell’operazione nel tempo. Non significa semplicemente vendere, significa raccontare, portare il proprio prodotto e la propria cultura oltre il proprio confine nazionale; significa creare legami, fidelizzare, far comprendere; significa realizzare eventi, attività operative, missioni imprenditoriali. Significa spendersi in prima persona per creare legami umani oltre che imprenditoriali.   Legami umani, ci vado a nozze: mi hanno sempre detto di non mescolare personale e professionale… mi sono sempre chiesta come si fa e non l’ho ancora imparato. Comunque da Expo al Fuorisalone, alla Milano Wine Week le esperienze e le collaborazioni di Beacon continuano a maturare, ma ovviamente subiscono una battuta di arresto a causa della pandemia.”Che effetto ha avuto sulla Vostra realtà?”- chiedo a Riccardo nella nostra chiacchierata. Cosa ha confermato e cosa ha cambiato dal vostro punto di vista?” L’estero è sempre in fissa con il Made in Italy, a quanto pare, e ciò ci rincuora. Forse la lontananza fa crescere il desiderio e appena sarà possibile i turisti stranieri torneranno in massa…in ogni caso la richiesta di prodotti italiani del mondo food e bevarage non cala assolutamente e non è calata nei due anni passati. La pandemia ha contribuito a rendere il consumatore finale più indipendenti nelle sue scelte, soprattutto se si parla di vino. Il tempo libero forzato e l’isolamento necessario hanno spinto a informarsi direttamente e molti hanno avuto il tempo per raffinare i propri gusti e le proprie esigenze. Il virtual tasting è diventato abitudine, fornirsi direttamente dal produttore più semplice e diffusa come abitudine. Questo ha determinato poi un cambiamento anche nel settore Horeca, che deve adeguarsi se non vuole perdere clienti più esigenti, che hanno voglia di essere stupiti. Quindi vediamo una spinta, che arriva direttamente dalla base, verso il consumo e la ricerca delle produzioni particolari, di nicchia, oltre ad un forte interesse per tecniche di produzione naturali, rispettose, per vitigni autoctoni. E’ necessario ripensare al mondo del vino, al modo di comunicarlo, raccontarlo, sceglierlo, a partire dalle aziende produttrici, passando attraverso realtà come la nostra che ha il compito di trovare il giusto palcoscenico per produzioni eccellenti e che vadano incontro alle richieste attuali del mercato. Noi siamo gli interpreti, l’anello di congiunzione tra produttore e distributore, cerchiamo di trasformarci nel megafono di una serie di valori che il vino, e il vino italiano in particolare, rappresenta sui mercati stranieri. E’ un lavoro affascinante, mai uguale a sé stesso, estremamente creativo e al contempo che richiede un altissima professionalità, un continuo aggiornamento, una grande capacità di adattamento e comprensione delle culture altre, dei paesi dove vogliamo condurre i nostri clienti. E’ una sfida culturale prima che economica e oggi sappiamo che un’azione di internazionalizzazione di un’azienda in realtà porta con sé e può aiutare l’economia di un intero territorio, più o meno direttamente. I confini si sono allargati, nonostante si sia rimasti tutti fermi e chiusi per due anni. E’ un’occasione incredibile, un cambio di prospettive che è avvenuto in silenzio e repentinamente, una sfida stimolante. Bisogna iniziare a ragionare seguendo modelli di promozione integrata, tra produttori, anche di settori diversi, e territori. Le reti saranno la chiave di volta del cambiamento. Ci crediamo talmente che noi stessi abbiamo creato una rete di imprese di nome PAG MILANO per fare sistema e rafforzare il nostro operato.   Torniamo indietro ora, e chiudiamo il cerchio, con il recente ingresso di Riccardo nel consiglio direttivo della Camera di commercio Italiana per il Sud est asiatico. La Camera è riconosciuta dal ministero degli esteri ed è composta da una selezione di professionisti che ricoprono sia ha un ruolo istituzionale che operativo accompagnando le aziende italiane nei percorsi di internazionalizzazione verso l’area interfacciandosi con le principali istituzioni locali e con i principali operatori economici. Grazie a questa nomina rafforziamo enormemente la rete di relazioni nei paesi del sud-est Asia entriamo in contatto diretto con i principali Player dei paesi coinvolti garantendo quindi un ulteriore grado di affidabilità, sicurezza e finanziabilità dei percorsi di internazionalizzazione per i nostri clienti.  Quindi lasciamo prendere per mano da Beacon e lasciamoci condurre verso nuove fantastiche avventure e conquiste. A cura di Francesca Pagnoncelli Folceri 
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13 Agosto, 2021

Cugine e vini, stessa famiglia stesso destino

Sveva Consonni Folcieri è mia cugina, non so esattamente di quale grado perchè gli incroci generazionali che ci precedono sono intricati, anche se non complicatissimi. Ci uniscono profondamente questa parentela, cui entrambe diamo grande importanza poetica, e un secondo cognome, Folcieri, che mio nonno e il padre di Sveva hanno voluto aggiungere ai propri affinché un pezzo di storia di famiglia non andasse perso. Gli ultimi Folcieri infatti ebbero solo figlie femmine, così Giancarlo e Carlo, amici e cugini uniti da estati passate insieme nella villa dei comuni parenti, decisero insieme che lo avrebbero conservato per i posteri. Nella nostra vita ci siamo incontrate poche volte, soprattutto in età giovanile, ma abbiamo recentemente scoperto una consonanza profonda di visione della vita e di spirito. Mia cugina è forte, indomita, donna fino alla punta dei capelli. Donna di altri tempi, attenta ai dettami e ai dettagli che danno senso alla parola ospitalità, semplicemente elegante come solo le donne toscane con radici profonde nel territorio e nella storia sanno trasmettere, capace di sporcarsi le mani dall’orto alla cucina, e di conversare in diverse lingue rendendo ogni minuto in sua compagnia un gran piacere per l’anima e l’intelletto. Se mai ci siamo perse, ci siamo profondamente ritrovate l’estate scorsa, quando cercavo rifugio mentale dalle peripezie bergamasche del periodo covid, vissuto piuttosto da vicino all’interno della farmacia di famiglia. Cercavo riposo emotivo, e lei me lo ha offerto su un piatto d’argento. Così tra chiacchiere profonde in cucina ho potuto apprezzare la bellezza di Castello Poggiarello, dove si può soggiornare in diversi appartamenti, completamente attrezzati, realizzati nelle pertinenze del Castello, la piacevolezza di lunghe giornate trascorse tra le vicine mete storico-turistiche del senese, e le diverse tipologie di visite ed esperienze con degustazione dei vini biologici qui prodotti. Al Castello, immerso tra i vigneti, la giornata inizia con la colazione preparata da Sveva con cura ogni mattina, con marmellate fatte in casa, muffin appena sfornati, scrumble eggs ovviamente di cortile, assaggi dolci e salati a seconda della produzione dell’orto. Se non ci si vuole allontanare si può passare mollemente il tempo a bordo piscina, dove la privacy e la tranquillità sono assicurate, o trascorrere qualche ora sotto le frasche dei begli alberi da frutta che arricchiscono l’orto. Spesso però la vita al Castello si anima, con visite ed eventi legati ai vini qui prodotti, che ovviamente non sarò io a giudicare e recensire. Ma l’atmosfera delle visite serali, che portano gli ospiti al Castello dopo una passeggiata tra le vigne, è unica. Chi arriva scopre insieme a Sveva la storia di questa dimora, nata come fortificazione medievale per la difesa delle vigne dell’area circostante, divenuta nel Cinquecento dimora della famiglia Chigi Saracini che vi fece realizzare la Cappella in stile rinascimentale e il giardino all’italiana su disegno di Baldassarre Peruzzi. L’attuale proprietà risale a una quarantina di anni fa, e ha riportato alla luce le meraviglie di una magione che all’epoca era abbandonata e semi sepolta dalla vegetazione spontanea. Ora si può di nuovo godere della semplice meraviglia del luogo. E lo si può fare al meglio concludendo la giornata con una cena fredda in giardino o sedendosi nella corte interna attorno ad una tavola imbandita, apparecchiata con eleganza, arricchita dai floreali centrotavola che Sveva sa creare, immergendosi in un’atmosfera che semplicemente toglie il fiato e gustando le diverse etichette di ottimo vino che il Castello produce. A cura di  Francesca Pagnoncelli Folceri
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29 Luglio, 2021

Stefania Turato, una sommelier per amica

Ho conosciuto Stefania diversi anni fa, direi sicuramente prima del 2009, durante uno dei pochi Vinitaly a cui, con il Consorzio di appartenenza della mia azienda vitivinicola, ho partecipato. Ricordo di lei la bella presenza, il modo di presentarsi impeccabile in tenuta da sommelier e con tanto di spilletta che subito consente di riconoscere chi della cultura del vino si è innamorato al punto da farne un abito, una carta d’identità. All’epoca lavorava in Rinascente. E’ stato un incontro abbastanza formale, ma io non amo la formalità e, fortuna o sfortuna, mi piace provare subito a mettere ogni rapporto sul piano strettamente umano. Bhe, in questo caso mi è andata bene…e non a caso. Il cognome Turato nasce come abbreviazione del cognome “Bonaventura”. Bonaventura indicava ed augurava buona fortuna, e a sua volta deriva dal latino “venturus” (da “venio”, arrivare o colui che arriva, come Stefania è arrivata da me…). Più diffuso Turati, ma la O finale è tipica della zona da Padova e oltre, verso i nostri confini orientali. Stefania Turato è, nella realtà, Wine Coach, Formatrice, Sommelier e, come lei stessa racconta, si è appassiona fin da bambina ai profumi, agli odori. Dopo studi economici e linguistici, incontra il mondo del vino nel 1992 e vi si immerge completamente, viaggiando alla ricerca del gusto perfetto, dell’abbinamento esaltante, delle emozioni che solo i tesori in bottiglia possono regalare, e che racconta nei suoi reports sul vino .   Mi è andata bene, benissimo dicevo, perchè se nei primi anni ci siamo viste in poche occasioni, ad ognuna di esse il nostro rapporto diventava sempre più umano, sempre più morbido, sciolto, spontaneo…una delle foto dell’articolo ci ritrae durante un evento da me organizzato a Milano presso la Scuola di Cucina Teatro 7. Felici insieme. Ogni occasione di incontro ci ha avvicinate, facendoci scoprire affinità emotive e intellettuali che ci hanno fatto sognare e progettare e partecipare insieme ad alcuni progetti. Immaginate il mio stupore e la mia gioia quando nel 2019 Stefania mi ha annunciato che avrebbe aperto la sezione Fisar di Bergamo. In primis, le ho regalato una cassetta della posta e l’indirizzo di casa mia per poter dare un riferimento fisso alla sua nuova avventura. Ecco come Stefania racconta la sua mission sul territorio: “La Delegazione Fisar di Bergamo nasce con l’impegno a diffondere il vino come strumento di conoscenza. Il vino per noi è una bevanda portatrice di valori come la sostenibilità, che accompagna passato e futuro della nostra associazione e dei nostri luoghi. La Delegazione Fisar di Bergamo riflette l’autenticità del territorio in cui nasce e dei suoi abitanti; possiamo affermare che rappresenta un’ulteriore strumento per riconoscere e riconnettersi la meravigliosa realtà bergamasca.” Eravamo pronte, ci siamo preparate insieme per dare vita al primo corso di sommellerie bergamasco di Fisar con tanto di comunicazione, e Stefania aveva già raccolto adesioni. Peccato che è arrivato C19, e tutto si è bloccato. Noi no però, non la nostra ormai amicizia e voglia di fare insieme, di confrontarci, di costruire la cultura del vino partendo dalle emozioni che è in grado di suscitare in tutti noi. La grande fortuna di avere un’amica sommelier, soprattutto simpatica, intelligente, profonda, è che parlare di vino non diventa mai un lavoro, una declamazione spinta da ansia di prestazione, con uso di terminologia tecnica al fine di stupire. Si parla di vino per il piacere che dà, ridendo, scherzando, brindando, dicendo tutto ciò che ci pare e piace senza alcun timore di essere giudicata. Appena possibile Stefania ha pertanto ripreso con le sue attività, e finalmente, vista la sua frequente presenza in bergamasca, ci si vede più spesso. Ora aspetto solo che si trasferisca a vivere a due passi da me. A cura di Francesca Pagnoncelli Folceri 
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21 Giugno, 2021

VALERIA BENATTI, la mia vita è tutta un CONCEPT

Ho conosciuto Valeria pochissimo tempo fa, in uno di quei brevi periodi in cui i colori delle province lombarde consentivano lo spostamento per motivi lavorativi. Il tramite è stata un’altra donna fantastica, Alessandra Manorama, che con la sua bellissima creatività e attività è ospite a Villa Pagnoncelli Folcieri da inizio anno. Tra donne, sopratutto superata una certa soglia anagrafica, l’intesa diventa facile, immediata, fatta più di sguardi che di parole e spiegazioni. Quindi in un bellissimo giorno ci siamo ritrovate tutte e tre attorno al tavolo della nostra biblioteca di casa a mangiucchiare velocemente una bella insalata (Valeria é vegetariana) e a bere la mia buona Birra Sirio…chiacchierando, stabilendo velocissime assonanze di spirito, e trovando subito spazi e forme per future collaborazioni. Io non conoscevo Valeria e il suo passato radiofonico (trovate tutte le info pratiche sulle sue vite professionali addirittura su Wikipedia 😀 Ammetto che non amo molto la radio perché spesso troppo parlata. Il mio passato in auto se ora è scandito dalle playlist di Spotify in passato lo era da CD e ancora prima dalle ormai dimenticate musicassette su cui le canzoni venivano domesticamente registrate dalla radio, questo si. Comunque il carisma magnetico di Valeria non si può non percepire. E’ bellissima l’elettricità che trasmette una persona che ha vissuto e vive intensamente…se solo la si sa percepire. Il nostro triangolo umano ha fatto subito scintille. Così ci siamo riviste a Milano, perché volevo vedere con i miei occhi la nuova e futura creatura di Valeria, che sarà aperta ai più a partire da settembre, e che prende forma dalla sua tenacia, creatività e passione. Ma da soli non si può andare così lontano. E a Milano ho capito la magica alchimia che alimentata quotidianamente i progetti e il futuro di cotanta donna. Ha nome e cognome: Emanuele Vitrano Catania. Coppia emozionante, coppia scoppiettante…basta guardare le foto per capire perché insieme riescono a fare così tanto. Veniamo alle realtà tangibili. Vi parlo di quella che è opportuno scoprire ora, subito, perché è estate e molti di noi, titubanti per ovvi motivi pandemici, ancora non hanno fatto progetti vacanzieri. Pensate quindi ad un’isola piccina picciò, dove isolarsi è semplice, dove il ritmo è lento per necessità geografica, dove perdersi per ritrovarsi è più semplice che altrove. Si tratta della meravigliosa isola di Salina. Qui Valeria vi offre il mondo di “Salina Mon Amor”, concept store di abiti, accessori, oggetti, libri, scelti e voluti per valorizzare produzioni sane di mente, per offrire conforto ad ogni acquisto. Conforto fatto di senso, materialità, produzioni ecologiche e corrette, più opere d’arte da indossare e usare che altro. Ma più dello store è l’Hotel Punta Scario. Acquistato, riaperto, in fase di sistemazione ma già funzionante. Se volete incrociare Valeria e Emanuele li trovate qui tutta l’estate, pronti ad ospitarvi e coccolarvi come hanno fatto con me in un pranzo veloce nel loro bellissimo appartamento di Milano. E di coccole in questo periodo più che mai abbiamo tutti davvero bisogno. Potete scegliere se soggiornare nelle stanze dell’albergo a picco sul mare e le spiagge nere dell’isola, o nella Villa con giardino che si trova nel centro di Malfa. Quest’ultima vi farà sentire veri abitanti dell’isola: tre camere da letto, ognuna con il suo bagno privato; freschi pavimenti di cementine antiche restaurate a dovere; spazi ampi e un bellissimo terrazzo panoramico con sdraio e tavoli per poter vivere il dehors a pranzo e a cena godendo di una bellissima vista mare. La seconda realtà tangibile è il contraltare del progetto store e ospitalità a Salina, ed è il grande Ariosto Social Club…un nome una speranza, anche culturale. Vi svelerò poco, voglio lasciare la “ciccia” per la prossima puntata, perché io so cose che voi umani non potete nemmeno immaginare su cosa avverrà a settembre, e quale piccolo mondo magico Valeria e Emanuele stanno costruendo per noi in via Ariosto… Vi anticipo qualche foto, di spazi colorati e caldi: di stanze e mini appartamenti da affittare per poco o per medi-lunghi periodi; di futura spa, di futura palestra con tanto di personal trainers a disposizione. E anche qui un concept store che insieme al Mon Amour a Salina merita un racconto a sé stante. Che faremo Ma il vero cuore del progetto è ancora segreto e tale resterà fino a tempo debito.  Seguiteci e saprete. Perché c’è ancora moltissimo da raccontare. Perché una coppia “vulcanica” non può essere raccontata in così poche battute e i sogni hanno bisogno di spazio.   A cura di Francesca
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14 Giugno, 2021

SAMANTA TUTTA VOCE

Ho conosciuto Samanta quando vivevo e lavoravo a Milano, credo durante un qualche importante e bell’evento legato al mondo food che all’epoca frequentavo per raccontarlo su riviste e guide ristoranti. Samanta è magnetica e ricca di contenuti, per cui mi ha subito attirato e chiacchierando, la sua voce armonica e calda ha accompagnato le nostre chiacchierate. Con questa meravigliosa voce Samata lavora da tempo, come speaker radiofonica e pubblicitaria, come poadcaster, ecc. Ci siamo viste poche volte, ma l’intesa è stata così semplice che il risentirci anche molto raramente è sempre facile. L’ho invitata a Salotto Divino perché Samanta si occupa di cultura enogastronomica con la C maiuscola: il suo format Massaie Moderne, che affascina già per l’uso del termine MASSAIA, tratta di quella che lei definisce Archeologia Culinaria. Per me che ho fatto una tesi sull’architettura fascista, e quindi su quel contraddittorio momento della nostra italica storia di cui avevo necessità di capire le dinamiche sociali e culturali, il termine massaia fa risuonare campanelli nel cervello. Non dimentichiamoci che la nostra buia recente storia in architettura e arte è coincisa con un momento di grandissima creatività e fermento, dando vita al razionalismo, cullando con amore e odio un legame con movimenti forti come il Futurismo. La massaia è concepita si come il focolare della casa, ma la donna nel disegno fascista ha anche altri tanti ruoli… mi azzardo a dire che il multitasking femminile forse ha avuto qui per la prima volta nella storia una sua ufficializzazione anche teorica. Torniamo a Samanta e a Massaie Moderne che definirei contenitore per lavoratori di ricerca culinaria: spesso nelle sue foto si vede Samanta con vecchie riviste e antichi ricettari, spulciare alla ricerca di piatti del passato e delle loro incredibili storie. La scelta del nome “Massaie Moderne”, si legge nella intro del suo sito, deriva dal titolo della rubrica di prima pagina presente fin dal primo numero del 1929 su La cucina italiana. “La rubrica della Massaia Moderna” era lo spazio curato dalla direttrice e fondatrice (nonché moglie dell’editore Umberto Notari) Delia Pavoni Notari fino al 1935, anno della sua morte, nel quale dispensava consigli e nozioni utili per l’economia domestica e il bon ton alle giovani spose e casalinghe. Da qui l’ispirazione, ma le ricerche di Samanta vanno oltre e spaziano nella storia della creatività fatta ricetta. La sua passione è il futurismo, movimento artistico che ha voluto invadere con la sua creatività rivoluzionaria ogni ambito della vita, anche il quotidiano, anche la tavola. La sua vocazione fare cultura del bel paese attraverso la storia e l’evoluzione della nostra cucina e di come veniva comunicata. Non solo un blog, non solo articoli per riviste come La Cucina Italiana: Samanta si fa promotrice della storia del gusto anche attraverso eventi in cui queste ricette, spesso assurde viste con il palato di oggi e in cui si utilizzano ingredienti difficili da reperire, vengono realizzate e degustate, non prima di essere storicamente raccontata e contestualizzate.  E allora seguitela ovunque questa meravigliosa voce che narra le gesta della nostra cucina avvolgendoci in una stola di velluto ricamata di storie, profumi, sapori e, se vi capita, cogliete al volo l’occasione di partecipare ad uno degli eventi che organizza per dare concretezza nel piatto ad un passato che è, volenti o nolenti, ancora parte del nostro presente. Francesca
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