26 Apr 2024
Suggestioni di Vino

Andrea di Luteraia. Il vino si fa sensoriale

Il vino è magia. Il vino è mistero. Il vino è materia viva.

Lo abbiamo sentito dire spesso. Tanto spesso che sembra banale ripeterlo. Banale perché poi, alla resa dei conti, non sempre ha un vero significato. Un ragion d’essere così visibile e palpabile tale da far sobbalzare. Specialmente in un mondo moderno dominato da tanto altro. 

C’è chi si inventa una storia pur di poter raccontare qualcosa dimenticando che c’è sempre da raccontare. Una famiglia, le persone, l’anima, le angosce, gli errori, i successi. Di cose da dire ce ne sarebbero. Basterebbe spogliarsi degli orpelli e presentarsi per quello che si è.

Si dice che il vino sia materia viva perché evolve. Non sta mai fermo. Non riesce a rimanere immutato. Sarà perché, chimicamente parlando, instabile. I microorganismi che abitano in esso, per quanto spesso mutati da sostanze atte a mantenerlo nella bottiglia per parecchio tempo, un pò di lavoro lo fanno sempre. 

Ma se il vino potesse interagire con qualcos’altro? Se fosse influenzato da qualcosa di “esterno” già durante il processo di produzione?

Ora, per spiegare qualcosa di inspiegabile, occorrerebbe essere come dei bambini che, scevri da qualunque sovrastruttura mentale, assistono a ciò che accade senza aspettarsi nulla. Assistono e prendono atto.

Abbiccia ‘a moto Babà…Non sacc’ come fa…ma va!

Era Napo Orso Capo, capo appunto di una banda di orsi composta oltre che da Napo, il capo capellone, Bubi, il piccolo orsetto, Babà l’orso grande. Proprio quest’ultimo veniva chiamato in causa da Napo allorquando occorreva scappare dal Guardiaparco sig. Otto e il suo fido McKallock. Era a quel punto che Babà accendeva una moto immaginaria, faceva salire Bubi davanti e Napo dietro, partendo a razzo.

Non sacc come fa…ma va

Non poteva che dire Napo. (Non so come fa, però va, funziona).
Dove voglio andare a parare appare pericolosamente difficile. 
Ma se vi avessi parlato da subito di vini sensoriali, di vini che riescono a giocare con le persone, mi avreste creduto?
Probabilmente non mi credete neanche adesso e lo capisco. Ci sta e ci sta tutta. 

Mi è capitato di incontrare Andrea Paolini, o Andrea di Luteraia come preferisce farsi chiamare, ad una manifestazione del vino. Il suo stand, molto carino, recava la scritta “Vini sensoriali” e “Vino Indaco

Sono una persona apertissima e che sperimenta molto. Non mi sono certo fatto scappare l’occasione di provare un vino sensoriale. Il termine “vino indaco” l’ho capito solo dopo. Molto dopo.

Luteraia è una azienda di Acquaviva di Montepulciano (SI), patria del Nobile, alta espressione del Sangiovese (minimo 70%). 

Sapevo cosa aspettarmi dalla degustazione di vini del territorio. L’ignoto è arrivato dall’abbinamento proposto da Andrea: finocchio prima, cioccolato poi.

Chiunque abbia studiato da Sommelier o frequentato corsi di degustazione del vino sa perfettamente che ci sono alcuni cibi killer. Quelli per intenderci che sono inabbinabili con il vino. Il finocchio in particolare, per i suoi aromi forti, sovrasta il vino rendendo questo spesso di sapore metallico. Stesso discorso per il cioccolato la cui persistenza e pastosità necessita, spesso, un distillato.

Orbene, le sensazioni gustative ottenute abbinando i vini di Andrea con finocchio prima, cioccolato poi sono state non accettabili. Ottime. 

La nostra famiglia ha i vigneti da tanto tempo. Mio nonno ha fatto i vigneti dal 57. Mio padre all’età di 50 anni andò in pensione dalla banca e si mise a fare il coltivatore. Fino al 2014 quando se ne è andato.

La storia di Andrea è una di quelle controverse e tormentate. Di quelle che possono dividere e far pensare. Ho scelto di raccontarla attenendomi alle esperienze relative al vino. Perché di quello parliamo. Il resto lo lascio a chi ha più competenza di me. 

Quando parlo con Andrea trovo una persona umile che sente quasi il bisogno di aprirsi parlando di se. Il rapporto con il padre non è stato di quelli da incorniciare. Lo sa. Me lo dice. Lo ammette. Al tempo stesso però non può far almeno di lodarlo e confessare che ha capito tutti i suoi errori. Un passato che non può e non vuole cambiare. Perché tanto non servirebbe a nulla. Ma un passato che lo ha fatto diventare uomo adesso. 

Sergio Paolini, il papà di Andrea era uno di quelle persone che solo a sentirlo parlare si capiva il vero amore per la terra e il vino. Determinato, preciso, forte. E follemente innamorato della sua terra. 

Era arrabbiatissimo con la cantina sociale di Montepulciano pur essendo la nostra famiglia tra i fondatori della cantina sociale di Montepulciano, Quando portava le uve vedeva che non lo valorizzavano come meritava. Disse basta, prese il piccone, andò giù al podere vecchio e cominciò a picchettare con il cugino architetto per fare la cantina. Era il 2003. Che poi è il primo anno che si è fatto il vino con mio padre. Le uve raccolte di notte. Le vasche di cemento. Io dopo venti minuti gli dissi: pà, ho sbagliato. Ho fatto il vino bianco. S’è sbagliato. Ho fatto il vino bianco invece che rosso. Dopo sei mesi di lavorazione, facevo enologia, porto la bottiglina di plastica alla commissione, all’istituto Capezzine di Montepulciano. C’era un sacco di gente che mi prendeva in giro. Dove va questo con la bottiglina di plastica. Assaggiano il vino e dicono: porca puttana ma che è sta roba! Ecco si decise di iniziare nel 2004

Andrea si racconta. Racconta di quanto a quel tempo fosse uno scapestrato. Un ragazzo che nonostante avesse compiuto gli studi di enologia si sentiva perso. Nella classe i suoi compagni avevano una storia alle spalle, una famiglia blasonata, una azienda avviata. Lui no. Aveva un padre che era andato in pensione per seguire il suo sogno di vignaiolo e la passione dell’orologiaio. Aggiustava orologi da tasca. 

Il giorno lavorava in vigna e la notte lavorava agli orologi. Gli ho visto fare cose fantastiche. Da tutto il mondo gli mandavano orologi irreparabili e lui li rimetteva a posto. Ci volevano anni.Io non riuscivo a fare nulla. Ero davvero scapestrato.

Crisi esistenziale o solo errori di gioventù. Vallo a capire. Storie viste e riviste quelle di un figlio che non va d’accordo con il padre e un padre che non va d’accordo con il figlio. Quando non ci si capisce a vicenda, qualcuno, in genere il figlio, scappa. 

Non capivo chi era mio padre. Non capivo chi ero io. Non volevo sapere nulla e sono andato via in giro per l’Europa. Facevo oli essenziali e profumi. Distillazione di piante officinali. Profumi personalizzati. Ero un distillatore. Avevo una associazione culturale olistica. Facevo i mercatini. Niente di grosso. Bastava e avanzava. 

Storie viste e riviste appunto. Un figlio che va via. Un padre che continua la propria strada perché sa, o spera, che il figlio prima o poi torni. Il che avveniva quando c’era da fare il vino. 

Ogni tanto tornavo e facevo il vino con mio padre. Avevo da sempre una passione per i cristalli. Avevo una stanza piena di cristalli quando vivevo a casa e papà mi prendeva in giro. Un giorno, era l’annata 2007, sbagliò qualche cosa nel fare il vino. Anche se era bravissimo qualcosa sbagliò. Fatto sta che era venuto un vino scarico di colore. Era tutto naturale e non gliene fregava nulla di mettere prodotti. Pà dai ci si mette l’ametista dentro. Non di cazzate va.

Un cristallo può influenzare qualcosa o qualcuno?

Addentrarsi in questa domanda è come attraversare, bendati, un campo minato. Un argomento divisivo non fosse altro perché non c’è alcun riscontro scientifico di eventuali influenze. Ne parlava anche Plinio nella sua Naturalis Historia o Teofrasto nel Trattato sulle rocce. Se ne parlava nel medioevo. Se ne parla adesso con la Cristalloterapia. 

Scienza, stregoneria, pratica alchemica. Vallo a capire. 

Ma il mondo del vino è pervaso da pratiche di questo tipo.

Solo che ci sono pratiche per le quali non ci si scandalizza. O forse non ci si scandalizza più perché blasonati produttori le hanno fatte proprio. Come ad esempio l’agricoltura o viticoltura Biodinamica, messa all’Indice per anni per le sue pratiche che avevano un che di mistico, esoterico, alchemico. 

Ma poi, alla fine, ognuno può credere a ciò che vuole e in ciò che vuole. Quello che conta è il prodotto finale passando attraverso il rispetto per la natura e l’utilizzo di ciò che la natura stessa ci ha data. Non serve essere per forza talebani verso se stessi e verso gli altri. 

Avevo studiato della influenza dei cristalli sui liquidi. Lavorando con l’alchimia. Lavorando con le raccolte in funzione delle lune e dei giorni astronomici. Lavorando con i cristalli e la loro interazione con le persone (mischiavo i cristalli con gli oli essenziali). Misi la pietra di ametista dentro una botte per tre cicli lunari. Da dieci quintali. Tre settimane. Si travasa e il liquido ed era più scuso. Mandiamo in laboratorio e il dottore gli dice: bravo Sergio si vede che hai fatto un taglio. Hai rispettato le regole ma questo è un taglio. Guarda che colore. È cambiato rispetto a prima no?è pure più profumato. Con che l’hai tagliato? Torna a casa dicendo: io non ci credo ma funziona dunque andiamo avanti. Metteva ogni tanto l’ametista nella Mastella prema del rimontaggio. Giusto per divertimento. Per gioco o forse per scaramanzia. Io ero convinto ma lui no.

Che cosa fosse realmente successo, Andrea non lo sapeva. Forse non lo sa nemmeno adesso. Si, certo, ora c’è più consapevolezza. Più studio. Più capacità. Ci sono volute prove e prove. Però tanta incertezza e tanto da scoprire rimane ancora. 

Ciò che i cristalli non sono certamente riusciti a fare è evitare i contrasti tra padre e figlio. Troppa la distanza e troppo il richiamo di altre persone, una in particolare, per Andrea. A quella età, gli altri sono sempre più importanti del babbo. 

È così che se ne va a Tenerife. 

Ho sbagliato perché mi sono fatto trasportare da una persona allontanandomi dalla famiglia. Ha sofferto talmente tanto che si è beccato un tumore. Sono tornato tra il 2012 e il 2014 ma stava tanto male. A quel punto mi sono riavvicinato a mio padre, alla famiglia. Certo prima venivo ogni tanto per fare il vino. È sempre stato bono il vino di Luteraia. Facevamo solo un vino, il Nobile. Nobile e IGT. Era anticonformista. Gli stavano antipatici quelli consorzio. Questo fino al 2012.

Nel 2013 si è fatto l’ultimo vino insieme, la base del Lemuria. Lui aveva avuto nel periodo della malattia una vera trasformazione nello spirito. Con la malattia ci siamo avvicinati. Me ne sono andato via perché mi trattava come un bambino. Non ci si capiva. Non c’è mai stato anche se c’era. Si faceva i cazzi suoi forse perché non ha mai ricevuto affetto. Mia madre gli è stata vicino ma non è bastato. 

Il racconto di Andrea è un vero sfogo. Un confessare la sua intimità. Quello che nel profondo della sua anima lo ha toccato. Gli errori, il dolore, il rimpianto. Tutto gira intorno ad un passato che non può tornare indietro a modificare. Forse lo farebbe o forse no chissà. Inutile pensarlo. Inutile riflettere su ciò che sarebbe stato. Tanto non torna più. Vivere nei ricordi può essere utile solo per non smettere di crescere. Per provare a far rivivere quel sogno ora diventato anche il suo.

Nel 2014, una settimana prima di morire erano le 2.45, viene da me e mi dice: mi devi fare una promessa. Mi devi fare il vino Indaco. Ma che sei rincoglionito oggi? Perché lo sai come so fatto io? Il mondo fa schifo. Per me è finito. Però puoi continuare te e rifare il vino Indaco. Pà, ma che è il vino Indaco? Io lavoro con i cristalli. Cosa è il vino Indaco? Il vino indaco è il vino della famiglia, dei nonni. Prima il vino era Indaco. Univa, risvegliava, faceva diventare le persone sorridenti, creava armonia. Ora non gliene frega più nulla. Ho fatto il concorso e ha vinto quello con le polverine. Fallo con il 2013 che è una base squisita. È una annata stupenda. 

Indaco. Un colore stupendo. Un incrocio di azzurro e viola che può ricordare i colori di una aurora boreale o quello di una farfalla. Leggiadro, etereo. Quasi evanescente. Eppure concreto. Un colore da sempre associato alla spiritualità alla psiche. Tanto da essere associato alla profonda comprensione di se stessi e del mondo. 

Facile pensare come Sergio, sul punto di morire, dopo magari una totale immersione nella propria spiritualità, possa aver richiesto al figlio di continuare la sua opera con qualcosa di elevato. Un vino che potesse riaccendere gli animi e fungere da collante tra le persone. Per farle vivere e sorridere insieme. 

Parto per la Germania. Il 16 di agosto mi sono sentito male ma non ne capivo il perché. Fino a quando ricevo un messaggio. Mia madre mi annunciava che papà era morto. Papà è morto nel 2014 ma nel 2016 è stato presente. Quando mi sono ribaltato con il trattore. Ho fatto una cosa che non dovevo fare. Con il carico pieno di uva su una salita ho avuto la brillante idea di frenare e ripartire di colpo. Il trattore parte lateralmente. Era sulle due ruote posteriori. È andato giù per la scarpata di sei metri. Mi sono sentito tirare fuori. Il trattore si è accartocciato. 

Andrea non sa fare il vino. Non è all’altezza del padre. Non conosce la sua arte. Sciocco a star lontano. Sciocco a non apprendere da lui. Ma la strada che aveva scelto era un’altra. Fino ad adesso. Fino a quella promessa: il vino Indaco. 

Prove, riprove, sperimentazioni. Capire la vigna scavando nei ricordi del tempo. Negli insegnamenti di papà Sergio. 

Manco se rinasco riesco a trattare la vigna come lui. Le lavorazioni. Gli sbagli. I vini crescevano e venivano sempre fuori cose diverse. L’idea di mettere i cristalli nelle vasche e non solo l’ametista. Seguire le lune. Fare i rimontaggi con le lune. Ho messo tutto dentro e oggi ne parlo tranquillamente perché se metto insieme tutte queste prove e supposizioni capisco siano diventate una realtà. I miei vini non sono migliori degli altri vini ma hanno un’anima. Conservano la loro originalità senza che pensieri e parole altrui possano influenzarli. 

Non c’è alcun tipo di presunzione in Andrea e nei suoi pensieri di un ragazzo, oggi uomo, ancora insicuro. È consapevole che i suoi vini non siano migliori degli altri. Non ha questa velleità. Sa che sono ottimi vini donati da un territorio fantastico. Sono speciali perché hanno qualcosa di diverso. I cristalli, le lune, i cicli del mondo, l’attenzione maniacale. Sono così. Offrono qualcosa di diverso.

L’Ametista per il Lemuria.
Il Rubino Stellato per il Luteraia Nobile di Montepulciano e la Riserva.
Il Quarzo Rosa per il Rosato Loseè. 
Il Granato Almandino per il Rosso di Montepulciano, l’Idea.
Per la bolla, realizzata in collaborazione con altra azienda e non ancora commercializzata, quattro cristalli: Quarzo rosa, Rodonite, Rodolite e Selenite. 

Tutto per realizzare circa 20.000 bottiglie su tre ettari. 

Non c’è bisogno della quantità. Se metti una pietra in un bicchier d’acqua non succede niente. Magari l’acqua si dinamizza perché ha assorbito la memoria frequenziale del cristallo. Se però tu lo fai per un certo periodo di tempo, in un particolare momento del mese, in un giorno del calendario biodinamico, i due mondi si uniscono. Lo fai per caso o coordinato e anche l’acqua ha tutto un’altro sapore.

È stregoneria? Serve a creare una storia e basta?

Di trattati sulla Cristalloterapia ne troviamo tanti. Di persone che la praticano e ci credono, ancor di più. Che ci sia qualcosa di magico viene spontaneo nel pensarlo vedendo tutte quelle meravigliose sfaccettature cromatiche. Non chiedetelo ad uno scienziato, ti prenderebbe per matto o eretico (un pò come chi pratica il regime biodinamico): non ci sono delle rilevanze fisiche o controlli sperimentali.

Masaru Emoto era uno scienziato giapponese che studiava la formazione di cristalli nell’acqua. Secondo le sue esperienze si formavano nell’acqua cristalli simili a quelli del ghiaccio in presenza di energia alla quale veniva esposta: onde sonore (musica o parole), parole, onde celebrali. Venne massacrato dalla comunità scientifica. 

Non è vero che non abbia rilevanze fisiche. Ricordi le prime puntate di Star Trek? Le porte si aprivano con la fotocellula. Adesso sono preistoria. La scienza è limitata a ciò che le persone hanno paura di scoprire. Io per tanti anni ho studiato queste cose ma ho deciso di lasciarle spiegare in maniera filosofica e romantica. Quasi magica. Funziona. Magari si potrebbe spiegare ma chi la capirebbe. Lasciandola come una favola, va bene così. 

Una congiunzione di mondi. Quello del vino con quello sensoriale, alchemico, filosofico. Non c’è esoterismo o stregoneria. Il vino è così: magia allo stato puro. È come se papà Sergio avesse fatto ad Andrea un dono. 

Eravamo arrivati ad un punto di riunione. Io sono sempre scappato da lui perché non mi ha insegnato a vivere. Mi ha iper protetto. Come mia madre. Si sono dimenticati di insegnare a me e a mia sorella di vivere nella società. Mia sorella Sandra è una nutrizionista allergica al vino “Mi sono tanto massacrata con il vino che non ne voglio più sapere”. Sandra, non è scappata. Io per più di quindi anni sono scappato. La terra adesso mi ha insegnato ad essere radicato. La cantina amplifica tutto nella fatica e nella sofferenza. 

Andrea che non è certo uno sprovveduto, sa che per fare i vini e farli bene serve una grande capacità in vigna e in cantina. Che lui non ha. Solo un enologo poteva dargli una mano. Anzi, una enologa.

Fino al 2019 io fatto il vino senza saperlo fare. La componente energetica ha rappresentato la vitalità. Dal 2020 in poi i vini sono migliorati al livello chimico pazzesco grazie ad un enologo. Io avevo l’enologo che mi faceva la vinificazione via whatsapp. Lei, l’enologa nuova, mi ha insegnato a fare il vino davvero. Abbiamo fatto lavorazioni naturali. Le sono grato perché ho amplificato l’altra componente.

I vini nascono da un approccio naturale e biodinamico. Prima di essere sensoriali. Ce ne sono sette in gamma. E pensare che papà Sergio ne voleva fare e ne faceva solo uno. Era fatto così. Prendere o lasciare. 

Literaia è un vino nato per un importatore americano. “Rimedio naturale alla sete ed affini”. Bottiglie da un litro. Una sorta di Fiaschetto. Il classico vino buono toscano. 

Non ci vado d’accordissimo con questo vino. 

95% Sangiovese e 5% Trebbiano.

Il Trebbiano le chiamo le Principesse. Tre filari del 57 tra filari di Sangiovese. La storia narra che siano tristi perché sole tra i filari. Le ho allora messo dei fiocchetti dicendo che erano le mie principesse. Dopo di questo la produzione è aumentata e di maggior qualità.

Tutta la massa viene vinificata insieme con lieviti spontanei. Solo acciaio.

Idea. È un rosso di Montepulciano prodotto per la prima volta nel 2022. 70% sangiovese e 30% Merlot. Solo acciaio.

Avrei voluto farlo con solo il 20% di Merlot e un anno in tonneau. L’enologa ha voluto solo acciaio. Uso il Granato come cristallo. I vini sensoriali hanno un messaggio interno. Idea ti da lo stimolo al cambiamento. Non lo sai magari poi lo fa.

Vinificazione separata tra Merlot e Sangiovese. Sempre con lieviti spontanei. 

Loseè rosato da salasso di Montepulciano 100%. Due giorni di Quarzo rosa, 13 di Granato e affinamento di 6 mesi con cristallo nella botte.

Una volta che hai fatto le lavorazioni con i cristalli, per fare in modo che il messaggio del cristalli si sintonizzi con il vino, c’è bisogno che il cristallo stesso venga lasciato nella botte per almeno sei cicli lunari completi (10 per il Nobile, 12 Lemuria). Alchimia energetica.

Luteraia Nobile di Montepulciano. 70% Sangiovese, 30% Canaiolo, Mammolo e Malvasia provenienti dai vigneti del nonno. Vinificazione separate. Cristallo Rubino. Botte grandi vecchie e rigenerate. 12 mesi per il Nobile, 15 per la Riserva. Acciaio, legno, acciaio, bottiglia. 

Un vino che mantiene un bellissimo colore rubino. Con i suoi 9 anni (ho assaggiato il 2015) l’unghia granata non può non fare capolino. Il naso è pieno di frutti rossi quasi a piena maturazione con l’immancabile violetta. Poi cannella, noce moscata, pepe e un tabacco che svetta senza sovrastare. Tutta questa dolcezza trova il suo equilibrio legandosi a piacevoli note erbacee. Tutto è preludio al sorso che mi fa immediatamente pensare: davvero ha 9 anni? La spalla acida indurrebbe ad un vino più giovane; persistenza lunga e bilanciamento parlano del contrario. Tannini levigati, secco e all’apparenza non particolarmente caldo. Molto sapido direi. La meravigliosa chiusura di bocca mi entusiasma con il suo stupendo retrogusto di frutta che si miscela ad un quasi limone. Effetto wow. Aveva ragione papà Sergio.

La Riserva non c’è sempre. Solo nelle annate migliori. Ho avuto la gelata. Ho avuto la siccità. Ho avuto un arresto di fermentazione. Tanti problemi. Però è un vino meraviglioso. 

Lemuria è il vino più importante e rappresentativo.

Mio padre nasce da li. Un vino che parla dell’Indaco di mio padre. Parla di Omero e del suo vino Indaco. Si ispira ai vini lemuriani. Non è un vino ma una esperienza. Il vino Indaco sensoriale. Il vino al quale dedico la mia vita. Se ti approcci al Lemuria come vino normale si incazza e diventa vino rosso. Non va decantato perché altrimenti diventa aceto. Si adatta a qualunque tipo di cibo. Non si fa tutti gli anni. Io non lo so se sono i cristalli a renderlo speciale. Altrimenti tutti potrebbero farlo. Forse gli piace come lo tratto e come lo faccio. C’è una sorta di dialogo. Se vedrò che i cristalli non basteranno più e magari servirà che parli con il vino, parlerò con il vino. Saranno le persone a dirmi se funziona ancora o meno.

55% di Sangiovese, poi Canaiolo, Mammolo, Malvasia e Merlot. 

7 mesi di tonneau. Un centinaio in bottiglia. 

Il Lemuria 2013 l’ho voluto assaggiare a casa, in tranquillità, senza alcun tipo di condizionamento. 55% di Sangiovese, 25% di Canaiolo, 14% di Mammolo, 5% di Malvasia Bianca, 1% di Merlot. I sentori sono tenui di frutta non particolarmente matura che man mano vira verso la maturazione con il calore dell’ambiente. Non può mancare il floreale della violetta alla quale si aggiunge una pungente foglia di pomodoro. Arriva il balsamico con un accenno di spezie dolci e un che di caramello e cioccolata.

La sensazione che ho al naso è di pace. Davvero inspiegabile. Non c’è quella eccitazione prodotta dai sentori che spingono il desiderio di un sorso. C’è già al naso serenità e appagamento.

Anche in bocca la sensazione è similare. Nonostante i suoi 11 anni è ancora fresco. Caldo, secco e sapido con un tannino ancora importante ancorché ben levigato. Ottimo equilibrio e un finale con la bocca che rimane decisamente, armoniosamente, incredibilmente, pulita. Buona struttura, non certo imponente.

Fin qui un ottimo vino. Niente da dire. Le sorprese arrivano quando lo abbino con il cibo. Non avevo il finocchio ma l’ho comunque messo a dura prova: con delle patatine, con una semplice frittata al formaggio, con le verdure lesse, con il cioccolato amaro. Con ogni cosa abbia provato ad abbinarlo, non solo rispondeva bene, restituiva sensazioni diverse e piacevoli. Era come se Lemuria stesse giocando con me. Mi sfidava accarezzando e stuzzicando i sensi. Incitandomi ed invitandomi a provare abbinamenti più strani, insoliti, difficili. Lemuria è un camaleontico ammaliatore che si adatta senza prevaricare. Si concede ma solo se ci credi. Ecco, questo è un vino sensoriale. 

Lemuria erano i giorni 9, 11 e 13 maggio. Si celebravano i lemuri, i fantasmi, con lo scopo di placare le anime vaganti dei defunti. Capisco il nome adesso. Capisco cosa sia un vino Indaco, Andrea non poteva che chiamarlo così. Non a placare papà Sergio ma ad onorarlo anche quando non c’era più.

La differenza tra Luteraia e Lemuria? Semplice. Davvero semplice. Luteraia offre sensazioni; Lemuria una esperienza.

Infine le bollicine. 

È una collaborazione con altra azienda. 70% Pinot nero e 30% Chardonnay. Vino normalissimo ma lavorato con i cristalli diventa una Geisha. Ne bevi un goccio non succede niente. Ne bevi un pò e ti rende passionale. 

Forse quest’anno farò l’elisir ovvero un vino alchemico al 100% preso da un libro del 1400. Vino monofonico atomizzato in oro e lapislazzuli. Qualcuno che faceva il vino alchemico l’ho trovato.

Cosa è alla fine tutto questo? Magia? Superstizione? Un semplice racconto? Una suggestione? Ecco si, magari una suggestione. Una Suggestione di vino come la mia rubrica.

Perché allora rompere la magia e smettere di credere nelle favole?

Andrea può avere tutti i difetti del mondo e non sarò certo io a giudicarlo. Fa il vino con il cuore. Parla con papà Sergio. Usa i cristalli e la cultura biodinamica. Quello che ne deriva è qualcosa di intenso e buono. Soprattutto sorprendente per l’esperienza che ho personalmente avuto. 

Allora è bene che il romanticismo di tutto ciò continui a vivere, lasciando che le persone sognino.

Perché i vino è un sogno. 

 

Ivan Vellucci

ivan.vellucci@winetalesmagazine.com

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