06 Ott 2023
Suggestioni di Vino

Azienda Francesco Maggi: Marco e la carica del Buttafuoco

Azienda Francesco Maggi: Marco e la carica del Buttafuoco 

C’è poco da fare. Quando sei uno sportivo, uno di quelli che ha la carica dentro come se fosse una molla compressa, l’energia deve solo uscire. Non si tratta di un semplice sfogo ma di quella positività e forza vitale che è in grado di coinvolgere e travolgere. Lo sportivo ha sempre un obiettivo a cui puntare e si danna l’anima pur di raggiungerlo. Appena lo raggiunge poi, è subito pronto a trovarne un altro. Ciò che serve è solo pianificazione, allenamento massacrante, rinunce. E tanta ma tanta ma tanta forza di volontà. 

Ad uno sportivo non piacciono le sfide facili. L’asticella deve sempre essere più in alto del proprio limite. Perché se già sa che si può raggiungerla, nemmeno vale la pena iniziare.

Marco Maggi non ha ancora 40 anni e sportivo lo è di razza. Prima nel basket, poi nel kick boxing, infine nel ciclismo. Inarrestabile. Marco è una di quelle persone che hanno bisogno di canalizzare la propria energia nel modo più opportuno. Verso un obiettivo che, una volta inquadrato, deve e sottolineo deve, essere raggiunto. 

Buttafuoco. Questo è l’obiettivo che si è dato Marco.

Facciamo un pò di ordine altrimenti detto così non ci si raccapezza nulla. Tra sport e Buttafuoco si vedono poche assonanze. A proposito, ma che è Buttafuoco?

Siamo nell’Oltrepò pavese, terra ai più noti per le splendide bollicine metodo classico da Pinot Nero. Non fosse altro perché fa riferimento alla omonima DOCG. 

In questa vasta zona posta nella provincia di Pavia a sud del grande fiume Pò, il Pinot Nero arriva dopo e non da autoctono. Anche se conquista subito. Un pò come fa una squadra piena di campioni dal nome altisonante. 

I circa 225 vitigni autoctoni oggi ridottisi a 12, hanno sempre fatto la parte dei comprimari. Relegati dopo sua Maestà il Pinot Nero (che comunque qui trova espressioni fantastiche). 

Non solo Pinot Nero ma anche vitigni internazionali come Riesling, Chardonnay e Pinot Grigio. Poi, nelle parti basse della classifica, quelli nostrani: Barbera, Moscato, Malvasia, Cortese, Croatina, Ughetta (o Vespolina), Uva Rara.

Ora, tutti questi vitigni e l’elevazione del Pinot Nero fanno pensare ad una zona che di storia e tradizioni ha ben poco. In effetti, se si prova a cercare anche on line, non è che si trovi molto. 

Qui il vino si faceva in buone quantità e si vendeva in maniera generosa. Sfuso o in damigiane. Vino rustico, senza tante pretese. Quello del contadino insomma. Rosso, nemmeno a dirlo.

Terra strana questa. Forse perché di transito per i tanti dominatori che dall’est andavano ad ovest e viceversa. Spesso nemmeno ci passavano da qui, prediligendo la pianure al nord del Pò.

Eppure, proprio qui, a Stradella (piccolo comune a sud di Pavia e del Pò) vennero spediti un piccolo drappello della Marina Austro Ungarica ad assistere i commilitoni nel passaggio del fiume. Scomparvero nel nulla e non già perché inghiottiti da qualcosa o periti in uno scontro a fuoco, ma solo perché ubriachi persi dopo aver bevuto litri di un vino prelevato da botti sulle quali era scritto “Buttafuoco”. La leggenda, alla quale credo poco, vuole che venne dedicata pure una nave a questo episodio, la Feuerspeir (che vuol dire proprio Buttafuoco). Ma ce li vedete gli austroungarici che dedicano una nave ad un manipolo di ubriaconi? Suvvia.

Mi piace più credere alle cronache che riportano come il poeta dialettale Carlo Porta, dopo aver assaggiato un bicchiere di questo vino, esclamò “butafueg” ovvero, butta fuoco!

Leggende metropolitane e storie inventate a parte, ciò che è certo è che questa zona abbia una bellissima predisposizione alla cultura della vite e che il Pinot Nero abbia da un lato contribuito alla notorietà, dall’altro affossato ulteriormente i vitigni che, da sempre, alloggiavano in Oltrepò.

Io però me li vedo i contadini a produrre vino con quello che avevano in campagna: Croatina, Uva Rara, Vespolina, Barbera. Il mix non poteva che essere esplosivo. 

La Croatina (meglio conosciuto come Bonarda) è amabile, fruttata, floreale, asciutta, di corpo e molto acida. La Vespolina è tannica e con spezie. L’Uva Rara è fresca e di poco corpo. La Barbera con alta acidità e bassi tannini.

Se si mettono insieme il risultato non può che essere un vino tagliente. 

Ma quello c’era in vigna prima. Così che non faccio fatico a credere che chi lo bevesse potesse esclamare “butafueg”!

Quando quindi ti trovi per le mani una azienda con oltre 30 ettari che produce da sempre vino vendendolo sfuso o nelle classiche damigiane, la vera sfida, quella per la quale serve lo sportivo di razza, il visionario, il motivatore, l’energivoro, sta nel diventare grandi con vini di eccellenza.

Marco Maggi è il legale rappresentante della azienda che venne fondata oltre ottanta anni fa dal nonno, Francesco Maggi. 

La nostra azienda ha più di 80 anni nata da mio nonno, Francesco Maggi. Aveva un ettaro nel comune di Montescano. Li, ovvero sotto casa, aveva la cantina. Lui lavorava come mezzadro perché aveva poca terra. Si davano tutti una mano. Negli anni 70 mio zio e mio papà decidono di fermarsi in azienda. Gli anni 70 erano anni di crescita e l’azienda prende più struttura. La sede si sposta nel comune di Canneto Pavese. Comincia ad avere i 5/6 ettari vitati. Negli anni 75/80 mio papa era riconosciuto per la damigiana che portava nell’hinterland di Milano.

Da Pavia a Milano vendendo il vino sfuso alle osterie e ai ristoranti della bassa. Vita dura ma che consente comunque di espandere l’azienda.

Marco entra in azienda a vent’anni, nel 2001. Con lo spirito e personalità giusta. Anzitutto gli studi, per capirne e non essere impreparato, non possono che essere quelli enologici. Poi con una strategia ben chiara ovvero il passaggio dalla botte alla bottiglia, per dare personalità e immagine all’azienda. Infine con la squadra perché per vincere le sfide occorre un team coeso.  

Facevamo 20.000 bottiglie. Con tanto entusiasmo volevamo entrare nella distribuzione. Abbiamo deciso come azienda di farci una nostra rete di vendita. Ora in Italia siamo presenti in 14 regioni con 30 distributori. Più 4 all’estero. Adesso produciamo 180.000 bottiglie su 30 ettari vitati.

18 etichette in portafoglio che erano 25 nel 2001. Davvero tante ma ciascuna rappresentativa del nuvolo di vitigni del territorio. Tante si e necessarie per sostenere l’azienda e il progetto. Quello che Marco, appoggiato in tutto e per tutto da papà e zio, vogliono portare avanti per il futuro dell’azienda: il Buttafuoco. 

Siamo nella zona orientale dell’Oltrepò pavese. Al centro dei sette comuni che possono pregiarsi di utilizzare la DOC Buttafuoco. Siamo partiti a fare il Buttafuoco Abbondanza nel 1991 con l’uvaggio costitutivo da Croatina, Barbera, Uva Rara e Vespolina. L’abbiamo sempre fatto fermo perché questa è l’espressione migliore. 

La storia del Buttafuoco non ha radici antiche. Anche se la Maggi lo produce dal 1991, che fanno pur sempre 32 anni, il mix che costituisce il vino, disciplinato nella omonima DOC, è qualcosa che i contadini qui facevano da sempre. Nel 1996, una ventina di produttori (oggi 17) fondano il Club del Buttafuoco Storico con l’obiettivo di conservare e valorizzare un patrimonio culturale. Poco più di 22 ettari, un bottiglia identitaria, un marchio specifico. Tanta coesione per non fallire. 

Uno con il temperamento di Marco può restare a fare il comprimario?

Ovviamente no. E infatti oggi è lui il Presidente del Club del Buttafuoco Storico, Club nel quale la Francesco Maggi entra nel 2001. Ma non era l’anno nel quale Marco entra in azienda? Sarà destino.

Oggi spingiamo su 7/8 etichette e il lavoro che stiamo facendo su queste, mi piacerebbe raccontartelo tra dieci anni. Ad oggi non sostengono ancora i costi di gestione della nostra azienda e ci serve il bagaglio degli altri vini per il traghettamento.

Marco non è spavaldo ma saggio. Sa che la sua è una azienda in trasformazione e la gamma dei vini serve a sostenere l’azienda. 

Con il Vigna Costera facciamo 4500 bottiglie, con Abbondanza 18.000. Il Buttafuoco ancora non riesce a sostenere l’azienda e per questo dobbiamo aumentare le bottiglie. Portare avanti un prodotto poco conosciuto è difficile perché far capire lo storytelling che ha questo prodotto è complicato. Richiede tempo. Sono 3/4 anni che comincia ad andare bene con la richiesta di questo prodotto e abbiamo iscritto un’altra vigna di 3 ettari per produrre fino a 12.000 bottiglie di Buttafuoco Storico dal 2025.

Vigna Costera è il Buttafuoco Storico, Abbondanza il Buttafuoco DOC. I due vini identitari al vertice della strategia di Marco. 

Il vino si fa in vigna e noi in cantina possiamo solo rovinare il prodotto che ci ha dato la natura.

Il nostro Buttafuoco era molto tannico con tannini quasi verdi. Adesso abbiamo imparato così da avere un vino pronto come lo vuole il consumatore. Nulla è lasciato al caso e seguiamo molto il mercato.

Il passaggio dalla damigiana e sfuso (che comunque, per tradizione, ancora in parte si mantiene) alla bottiglia è compiuto. Adesso, anche insieme al Club, gli sforzi sono orientati a posizionare opportunamente il Buttafuoco Storico. 

Difficile, dannatamente difficile nel panorama vitivinicolo italiano e con un fardello dell’Oltrepò Pavese identificato nel metodo classico da Pinot Nero.

Ma se fosse una cosa facile, nemmeno c’era da porselo come obiettivo no?

La forza di Marco sta però anche nell’avere un papà ed uno zio che lo appoggiano dandogli fiducia. 

Ho avuto la fortuna che mio papà e mio zio hanno accettato le mie idee dandomi fiducia. Scegliere di non fare damigiana voleva dire perdere clienti. Fare una bottiglia medio alta voleva dire fare un percorso su un mare agitato. Papà e zio sono i titolari dell’azienda. Io sono il rappresentane legale. Penso di essere stata una delle persone più fortunate in questo lavoro perché mio padre e mio zio mi hanno sempre appoggiato avendo anche una solida esperienza. Vedo aziende con figli che vogliono fare cose diverse ma i genitori li frenano. La mia fortuna è stata mio zio perché, va bene il papà, ma uno zio che da fiducia al nipote non è comune. 

Sono stato fortunato ad avere vicino due persone così.

Due persone speciali che hanno donato a Marco una grande forza e serenità. Due persone che hanno sempre avuto una visione comune dell’azienda. Questa la grande forza. Forza e coerenza anche da un punto di vista commerciale. Senza snaturare la strategia e con la barra puntata sulla qualità e sostenibilità.

Avevamo impiantato tutta bacca rossa e volevamo fare anche degli spumanti e vini bianchi. Così abbiamo comprato dei terreni: non ci fidavamo delle uve comprate. In questi ultimi anni abbiamo seguito la scia del Prosecco che ci ha insegnato come la gente voglia bere qualcosa di fresco e immediato. Abbiamo quindi un extra dry fatto con Pinot Nero che è entrato non a sostituire il Prosecco ma per offrire una alternativa al consumatore. Qualcosa di diverso rispetto al veneto da una uva nobile come il Pinot Nero.

Una gamma dunque estremamente variegata atta a soddisfare tante necessità e mantenere la sostenibilità per garantire il futuro.

Ho assaggiato Abbondanza e devo dire che mi ha molto convinto per i suoi sentori vinosi, da vino vero, per la sua frutta rossa e nera intensa che ho trovato al naso insieme al sottobosco e alla balsamicità; alla viola e alla peonia. Una fusione di odori che lo rendono, già così, caldo e pastoso. Pastosità che torna in bocca ancorchè lieve e non aggressiva. I tannini sono stati ben domati cosi come la freschezza che c’è ma senza essere aggressiva. Non butta proprio fuoco insomma (anche perché ai giorni nostri non farebbe strada). Secco e caldo, mi ricorda un buonissimo succo di mirtillo con un finale che da sull’agrumato. La bocca è piacevolissima nonostante una persistenza anche lunga. Non è un vino particolarmente strutturato ma proprio per questo interessantissimo e convincente. Con un formaggio mediamente stagionato sta alla grande.

Io ho sempre fatto sport a livello agonistico. Quando ho iniziato a lavorare ho imparato che appena arrivo ad un piccolo traguardo devo sempre averne in mente un altro. A me piacerebbe fare Buttafuoco Storico su tutti i 30 ettari e se ciò si realizzasse vorrebbe dire che a livello nazionale sarebbe un vino conosciuto ovvero una doc importantissima. Ma non solo, la rivalutazione dei nostri terreni e della zona sarebbe immensa. Senza contare che, per me poi che sto spingendo da pazzi, vorrebbe dire che il lavoro è servito a qualcosa.

Ecco, così è Marco. Non aggressivo, non spavaldo. Competitivo e con la voglia di emergere per far emergere un territorio. Da vero Capitano!

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