28 Apr 2023
Suggestioni di Vino

Barabara Gatti il Moscato ha trovato il suo sorriso

Barabara Gatti il Moscato ha trovato il suo sorriso

Quindic’anni, quindic’anni, quindic’anni

Poesia di un’età che non ritorna

Sulla bicicletta in due senza mani

Matti come due cavalli io e te

Era il 1976 quando il gruppo “I Vicini di casa” cantavano la canzone “Quindic’anni” garantendosi un successo discografico per poi scomparire nel dimenticatoio subito dopo.

Già, è facile cantare una canzone così e poi scomparire. Più difficile è quando, proprio a quindici anni, non puoi scomparire perché inchiodato a responsabilità che non hai chiesto, non hai voluto.

A quindi anni sei nel pieno della adolescenza. Vuoi andare in giro in bicicletta senza mani (nel 1976) o scorrazzando con una di quelle dannate macchinette ai giorni nostri. Ti batte il cuore se un ragazzo ti scrive o ti guarda. Pensi al mondo come non dovesse mai finire.

Quando però a finire è la vita del faro della tua vita, di colui che ha rappresentato l’esempio, allora il mondo ti casca addosso. Anche una quindicenne ha un’anima e una sensibilità nel capire che quando il papà muore e rimani sola con tua madre, lì, non solo inizia il vuoto, ma il macigno che ti grava sulla testa è qualcosa che non sei sicura di poter sopportare.

Barbara Gatti perde il papà quando ha quindici anni. Non c’è solo il vuoto lasciato, il macigno del dolore, la consapevolezza che da ora in poi sarà solo lei con la madre. No, c’è anche una azienda da portare avanti. A quindici anni? Già. Purtroppo. Per fortuna. Chissà.

Siamo a Santo Stefano Belbo (Cuneo), luogo noto ai più per aver visto la nascita di Cesare Pavese; ai meno (purtroppo) perché centro nevralgico del Moscato d’Asti. Qui, sulla collina di Moncucco, sorge l’Azienda Agricola Piero Gatti che dagli anni 80 produce il nettare che ha reso famoso questo territorio nel mondo.

Piero era il papà di Barbara. Piero insieme a Rita, la mamma di Barbara, fondarono l’azienda nel 1988. Due soli ettari di terra fino a quel momento utilizzati, anche dai loro genitori, solo per produrre uva da conferire. Il grande passo che papà Piero si sentiva nelle corde, forse anche nel dovere, di fare. Barbara era piccola. Così piccola che i ricordi di quei tempi affiorano con difficoltà. Non i momenti felici, le sensazioni che solo la vigna, la vendemmia, la cantina, i viaggi per portare il vino in giro possono imprimerti nella memoria. Gli odori e i sapori del vino sono nella sua memoria. Come un tatuaggio mnemonico. Ricordi sensoriali.

Poi arriva quel momento. Quello che non ti aspetteresti mai. Che rifuggi perché non nella testa di un adolescente. Papà Piero che non c’è più. Si fa anche difficoltà a proferire la parola “morte”. Troppo dura. Troppo difficile ancora da digerire. Si dice “è venuto a mancare”. Ma manca. Manca davvero tanto.

Come manca il terreno da sotto i piedi. Un terreno che però rimane li. Con tutta la azienda. Con la decisione di cosa fare

Scegli tu cosa fare. Se andare avanti con l’azienda o meno.

Mamma Rita è questo che dice a Barbara. A soli quindi anni ti viene voglia di scappare. Altro che rispondere. Sai in cuor tuo che se decidi di dire sì, prendi la tua giovinezza e la getti nel cesso. Se dici no, a finire nel cesso è l’azienda di tuo papà.

La risposta che Barbara dà alla mamma è racchiusa nel suo sorriso. Sorriso disarmante. Tenero ma duro allo stesso tempo. Di quei sorrisi che ti fanno brillare gli occhi perché riesci a vedere dentro e capire quanto si dimeni tra felicità e tristezza. Felicità per ciò che fa, ciò che le circonda, ciò che è riuscita a portare avanti; tristezza per aver perso una parte importante della sua vita.

Sono cresciuta un po’ in fretta. Ho dovuto prendere delle responsabilità che a quindici anni non si prendono. Non ho vissuto a pieno l’adolescenza

Forza, tenacia, volontà. E tanto buon umore.

Come puoi non aver rispetto per una donna come Barbara?

Caso strano ci parliamo nel giorno della festa della donna. Dopo la morte di papà Piero c’è voluta la forza di mamma Rita unita a quella di Barbara per mandare avanti tutto.

La mamma è stata un pilastro portante. Si è sobbarcata l’azienda per tanti anni in un periodo dove in queste zone una donna era guardata come una extra terrestre. Era l’unica donna che andava a comprare i prodotti per la vigna. Oggi, per fortuna, ci sono donne che lavorano la terra e guidano pure il trattore.

Fino a quando anche mamma Rita non decide che sia arrivato il momento di raggiungere Piero. Così che Barbara è davvero sola. La guardi negli occhi e il sorriso quasi scompare. Troppo facile leggerle dentro una fragilità che però non dà a vedere. Quasi rifugge e sfugge ai pensieri con il sorriso a farle da schermo.

Una azienda, che nel frattempo è diventata più grande, da portare avanti non è cosa da poco. Quando poi produci un prodotto identitario ma difficile come il Moscato, devi farlo bene. Devi necessariamente produrre un prodotto di eccellenza. Sì, certo, per i clienti. Ma anche, forse soprattutto, per papà Piero e mamma Rita. Perché loro da lassù guardano, osservano e non possono essere delusi. Barbara lo sa. Sa che il suo di compito non è semplice. È sola. Ma non demorde.

Una spera che attraverso il lavoro, l’azienda e i loro insegnamenti di tenerli vivi.

Le tocca davvero ripartire da zero. Per una che ha fatto il classico e poi si è iscritta a lingue all’università dover fare tutto da sola perché nemmeno mamma Rita c’è a condividere la conduzione, vuol dire ricominciare. Da zero.

Grande umiltà. Grande spirito di adattamento. Grande forza.

Occorre chiedere consiglio. Occorre sperimentare. E tanto. Barbara lo fa.

Sono andata al Vinitaly da quando avevo quattordici anni

Non lo dite in giro che facevano entrare minorenni altrimenti sono problemi!o

Barbara ha ampliato i mercati verso l’estero arrivando a vendere il 50% fuori Italia.

Papà faceva solo il moscato. Hanno aggiunto poi il Brachetto e i due rossi.

Lei ha creato altri vini, il passito e il bianco “Due Gatti”.

Cerchiamo di fare vini vegani. Ho fatto esperimenti sui passiti con appassimenti in vigna e graticci. Preferirei però fare vini in tradizione pura. È nato così ed è buono così.

Talebana!

Ho fatto solo esperienza con persone che mi hanno insegnato i trucchi del mestiere mentre con il vino tanti assaggi.

Che ne penserebbe papà dei due vini?

Io spero ne sia fiero. La filosofia che abbiamo sposato è sempre la stessa: fare vini di qualità, farli bene, rispettando la terra, le tradizioni. Spero possa esserne fiero.

Barbara. È lei che gestisce l’azienda. Lei che crea vini e mantiene la tradizione. Frutto di passione e tanto amore. Una sfida continua con sé stessa. Perché papà Piero e mamma Rita possano essere soddisfatti di lei. Sembra quasi un peso questo. Che lei porta con allegria e fierezza. Ma anche con fermezza. Pretendendo da tutti il massimo, controllando che tutto sia a posto. Non può deludere papà Piero e mamma Rita.

Mi spiacerebbe per tutti i sacrifici fatti da mio papà e da mia mamma che qualcosa andasse male.

Non può permetterselo. In fondo ora c’è Agata, tre anni. Il futuro di questa azienda. Agata che porta il cognome di Barbara perché la continuità si fa anche così.

Se le piace l’aiuto ma se non le dovesse piacere non voglio forzarla.

Difficile comunque portare avanti l’azienda con una bambina di tre anni. Difficile, duro ma non da farle perdere il sorriso.

Tempo libero non ce ne è dunque cerco di fare i lavori quando dorme o è all’asilo”

Sorride mentre lo dice. Sorride di quella tenerezza che Barbara sa “diffondere” nell’ambiente che la circonda. Non si abbatte. Non si scoraggia. Sorride alla vita.

E tuo marito?

Lui fa l’agronomo. Ci siamo conosciuti per lavoro. Gli chiedo ovviamente di aiutarmi come in vendemmia: si prende le ferie!

Se potessi scegliere di tornare indietro ai tuoi 15 anni?

Io sono contentissima. Mi piace questo lavoro. Veder bere alle persone una cosa che hai fatto tu è una soddisfazione incredibile.

L’idea di Barbara è di aumentare la produzione per via di qualche ettaro in più da far fruttare. Ma senza esagerare.

 

Poi vediamo quando cresce la mia bimba.

Barbara Gatti e la sua spontaneità, la freschezza, la voglia di non mollare. Per papà Piero. Per mamma Rita. Per Agata. Per sé stessa.

Ti auguro tante, tante meravigliose vendemmie con la speranza di vedere quanto prima la piccola Agata seguire le tue orme. Ve lo meritate.

 

PS ho assaggiato il Moscato e che dire se non “wow”? Un vino che per i suoi pochi gradi di alcol e la dolcezza non stucchevole, può essere bevuto da tutti. Un naso ricco di dolcezza con la pesca, la mandorla dolce, l’uva, gli agrumi dolci e i fiori di camomilla. In bocca esplode la dolcezza avvolgente senza essere stucchevole. C’è una base fresca e la sapidità che lo rende non opulento. La chiusura di bocca è gradevolissima, quasi elegante. L’ho degustato con la pastiera: eccellente!

 

Ivan Vellucci

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