27 Gen 2023
Suggestioni di Vino

Cantina De Vita, crescerò e solo per il mondo andrò

Cantina De Vita, crescerò e solo per il mondo andrò

Vi ricordate la pubblicità dei biscotti Plasmon? Si i biscotti Plasmon quelli che mangiavamo da bambini e che, per chi ha avuto fratelli o sorelle, rubavamo di nascosto (c’è pure chi ha continuato a mangiarli da adulto tanto che la stessa Plasmon ne ha prodotto una versione per adulti). Ecco, un jingle della pubblicità faceva
Crescerò, e solo per il mondo andrò

Mò che c’entrano i biscotti con il vino? Un momento no? C’entrano con la storia che sto per raccontare. Quella di una persona che sa di dover crescere ma ha già le idee chiare. Per il vino non per i biscotti.

Per puro caso mio padre mi fa sapere che avevamo reimpiantato il vigneto della masseria di famiglia ed erano dunque pronte le uve per essere vendute. Alla fine mi sono chiesto: ma perché dobbiamo vendere le uve? Ferma tutto! Vorrei provare ad iniziare la strada da produttore

Così inizia Roberto De Vita il suo racconto e così inizia la sua storia di vignaiolo. Di professione? No, di amore.

Roberto è un broker farmaceutico come lui stesso ama definirsi che si avvicina al vino per puro caso. Un po’ per sfidare sé stesso un po’ per creare e vivere quelle emozioni che solo il vino sa dare.

Non è certo uno sprovveduto né uno che fa le cose per caso. Studia. Si informa. Si confronta con tutti perché vuole creare qualcosa di concreto. Oltre alle emozioni. Sperimenta soprattutto. Anche se questo vuol dire confrontarsi, anzi scontrarsi con il proprio enologo. Che spesso ci azzecca come direbbero da queste parti. Ah ecco, dimenticavo di dirvi quali parti.

Siamo vicino Salerno con soli due ettari nemmeno vicini. Un pezzo negli Alburni a circa 50 km da Salerno; l’altro alle porte del capoluogo-

La vigna è in mezzo ad una vallata e difronte a me ho la regina indiscussa dei vini dei colli di Salerno che è Montevetrano. Praticamente ci guardiamo.

In effetti dove sorgono le vigne e la masseria di famiglia, si è dentro un canalone che porta fino a gettarsi nel golfo di Salerno. Esposizione fantastica e soprattutto posta in una posizione che riesce a godere delle brezze marine.

La masseria di famiglia c’è da metà 800 e fino agli anni 30 del secolo scorso produceva vino. Per la famiglia mica per venderlo. Poi quando uno fa il farmacista, broker farmaceutico scusate, non è che ha molto tempo per la vigna. Almeno fino a quando non capisce che tesoro si ritrova tra le mani.

Serviva un enologo e una cantina per vinificare. In attesa di ristrutturare la masseria.

Pragmatico ed attento Roberto. Come un farmacista appunto. Perché sa che questo è un modo che prima di dare emozioni richiede sacrificio. Investimenti e sacrifici.

L’idea comunque è un vino che potesse rappresentare il territorio. Il suo territorio. E quando senti parlare Roberto lo capisci che quello è un attaccamento viscerale. Quando parla dei suoi vini e delle differenze con quelli cilentani, irpini, beneventani. Ci tiene a tenerli nell’alveo di Salerno.

Ecco che per creare un vino rappresentativo prende i due vitigni che sono la Campania: la Falanghina e il Fiano. Creare un blend per rendere il Fiano meno opulento e la Falanghina meno impegnata. Ne ricava il Saltalavia (recensito su @ivan_1969)con un 80% di Fiano e un 20% di Falanghina. Un ettaro di vigneto diviso con le stesse identiche proporzioni del blend: così è la vigna, così è il vino. Perché impegnarsi a fare le quote quando le puoi ottenere già dalla vigna? Ecco appunto la vigna. 4 anni, un po’ troppo giovane per poter ottenere un vino interessante. Eppure Roberto ci si butta a capofitto (dopo aver fatto le analisi ovviamente) in maniera semplice e diretto! Come il vino che ne deriva dopo solo sei mesi di acciaio.

 

 

 

Pane, burro e alici dinanzi ad un tramonto. Questa l’idea che vorrei comunicare con Saltalavia.

Quello che assaggio, un 2021, è davvero interessante. I sentori del Fiano ci sono tutti. Quelli della Falanghina pure. Ci sono i frutti i frutti a pasta bianca come la pesca, c’è il mandarino e soprattutto la nocciola. Vivida, intensa che mi ricorda le mozzarelle di bufala di Battipaglia. C’è macchia mediterranea segno che le brezze del mare arrivano, sì che arrivano. Profumi floreali e fruttati della Falanghina che spezzano l’opulenza del Fiano. Anche in bocca dove è Fresco, sapido, secco. Un vino verticale, pulito, equilibrato con sentori e sapori che si evidenziano uno dietro l’altro. La giovinezza prevale e si evidenzia dal finale che va verso l’amarognolo ma non ci arriva.

L’uva deve essere già di qualità in vigna per poi dare un prodotto interessante.

Roberto sa della giovinezza delle sue vigne e sa anche che anno dopo anno i suoi vini saranno sempre meglio. L’ottavo anno è quello a cui punta per avere una pianta matura. Calcoli da vero farmacista. Non certo da broker farmaceutico.

Assaggiamo poi il Capofilaro.

Aglianico del mio territorio.

Tanto per ribadire il concetto. Piante di 8 anni poste ad una altitudine di circa 600 metri. Vendemmia 2020 con un anno di acciaio e 8 mesi di botte piccola secondo/terzo passaggio. L’idea è ammorbidire il rognoso Aglianico. “Un vino che dovrebbe rimanere in bottiglia ancora sette/otto mesi”. Lo assaggiamo comunque per capirne le potenzialità.

Rosso rubino con riflessi porpora. Emerge molto la terrosità, il sottobosco. Insomma il vegetale che arriva prima dei frutti, prima delle spezie, prima delle tostature. Segno che il vino deve ancora riposare. L’impetuosità, o rognosità che dir si voglia, ha bisogno di tempo. Serve domarla questa forza dirompente dell’Aglianico. Ma che potenzialità!

La freschezza è forte, così forte da far venir meno l’equilibrio. La spalla è forte. Il tannino potente ma non invadente, non aggressivo. Questo mi fa capire quanto sia un vino di prospettiva che deve evolversi in bottiglia. Non più in botte per evitare di acquisire altri sentori. La differenza tra naso e sorso è evidente. Così come lo squilibrio e quel finale che tende ad essere ammandorlato.

Ma è un vino che acquisterei per tenermelo in cantina per berlo a più riprese apprezzandone l’evoluzione.

Piccole produzioni da queste parti. Meno di 3000 bottiglie per l’Aglianico Capofilaro e circa 4700 bottiglie per il blend Falanghina/Fiano Saltalavia. Ne ha di tempo Roberto per crescere. E sono certo che crescerà bene perché quello che ho assaggiato ha mostrato, a pieno, le sue potenzialità. Certo anche Roberto sa che deve aspettare e sa anche che dovrà continuare a scontrarsi (o confrontarsi) con il suo enologo.

 

 

Sono un po’ testadura e dico all’enologo: facciamo così. Poi però quando sbaglio gli dico che aveva ragione.

Sa che deve provare. Deve sperimentare proprio perché è all’inizio e di vino ne sa poco. E già ha in serbo un bel rosato che recepirà una base di Cabernet e Merlot.

Piano piano crescerò.

Lo sa. Lo vuole. Ci crede.

Vedete che il jingle della Plasmon ci stava bene?

Bravo Roberto. Continua. Continua a crederci fino in fondo. Perché la terra, la tua terra, saprà regalarti (e regalarci) davvero belle cose.

 

Ivan Vellucci

Mi trovi su instagram : @ivan_1969