10 Feb 2023
Suggestioni di Vino

Cantina Gualtieri e l’uva Fogarina

Cantina Gualtieri e l’uva Fogarina

O com’è bella l’uva fogarina!
O com’è bello saperla vendemmiar
E far l’amor con la mia bella!
E far l’amore in mezzo ai prà!

Diridin din din!
Diridin din din!

Ora non mi prendete per matto, ma per leggere questo articolo bisognerebbe avere in mente la canzone che parla dell’uva Fogarina. Perché? Semplicemente perché se si vuole capire l’Emilia Romagna, quella della cultura gastronomica legata ai prodotti della tradizione, quella dove si mangia e si balla al ritmo delle fisarmoniche; quella dove il vino deve essere genuino, sincero, brioso e che accompagna tutto il pasto, allora quella canzone fa proprio al caso nostro. Ma nono solo per quello.

Siamo a Gualtieri. Piccolo paesino in provincia di Reggio Emilia dalla quale dista poco più di 30 km. Ma dista 30 km pure da Parma. Poco più di 30 da Modena. E stessa distanza da Mantova. Insomma, siamo nel bel mezzo del Lambrusco. È qui che nasce, nel 1958, la Cantina Sociale di Gualtieri.

160 soci, 50.000 quintali di uva prodotta, circa 250 ettari vitati (due terzi a Reggio Emilia, un terzo a Mantova). Meraviglioso esempio di cantina sociale che ha resistito al tempo e alla politica.

 

 

La nostra sociale è una sociale dove la politica non si è mai toccata. Nasce come una sociale della Democrazia Cristiana in una zona dove erano tutti comunisti. Non si attaccava con nessuno. Questo uno dei motivi per cui è crescita per conto suo

Chi mi parla è Giacomo Formigoni, Responsabile commerciale della cantina. Uno che ha sposato la causa del Lambrusco. Una persona che parla con pacatezza di un prodotto che meriterebbe di uscire dai luoghi comuni e spostarsi su palcoscenici diversi.

Perché qui, in Emilia, i terreni sono fertili con matrice di argilla e sabbia e producono tanto. Ma produrre tanto non vuol dire e non deve dire meno qualità. Qui le persone vivono per rendere eccellenti i prodotti che hanno a disposizione. Vivono, studiano, si impegnano. Così tanto che sono anche disposte a scommetterci. Perché una cantina sociale si basa sulla scommessa di tutti. Sul lavoro di ogni singolo socio che viene pagato in funzione della qualità che produce. Questa è la filosofia della Cantina Gualtieri. C’è poco da scherzare. Anche se poi il Lambrusco invita all’allegria. Per produrlo, metodo, qualità, rigore. Quando poi a tirare le fila c’è una donna, Laura, allora tutti devono filare diritti.

È un generale che tira le orecchie anche a me che faccio il commerciale

La loda perché è brava Laura. Enologa. 38 anni, due figli. Unica donna che gestisce la cantina nel panorama delle cantine sociali. Ha una attenzione particolare. Ma soprattutto ordine e disciplina. Mica semplice per una cantina che è a filiera interna che produce 3 milioni di bottiglie l’anno.

Una vera industria che si basa sul lavoro di tanti piccoli agricoltori tutti legati dalla maniacalità della ricerca di qualità. Da portare in bottiglia. Da portare sulle tavole. In fondo, sono loro i primi che consumano!

Fare vino senza difetti è alla portata di molte cantine. Farlo invece salubre, sano e con una filiera intera, in modo corretto e migliore, è difficile

Insomma, oltre a voler vendere un prodotto eccellente come lo sono tutti i prodotti emiliani deve pure essere salubre visto che le quantità che si bevono solo belle elevate!

Il lambrusco è uno dei vini più venduti in Italia ma credo che una buona parte si fermi qui. Sarà perché si sposa perfettamente con i piatti di queste zone o perché gli stereotipi sono molti.

O com’è bella l’uva fogarina!

Certo, mettere d’accordo 160 soci non deve essere affatto semplice. Anche in questo ordine, disciplina, processi. E Laura.

Se Laura dice una cosa da un punto di vista tecnico, il socio deve fare un passo indietro

Ognuno ha i suoi compiti insomma e con l’obiettivo di portare valore in bottiglia lavorando accuratamente dal grappolo alla bottiglia. Prima la vendemmia dove si fa la divisione per uvaggio. Poi, da gennaio la produzione in cantina.

Serve una produzione fresca perché il lambrusco deve essere così, immediato

Chi l’ha detto poi che il lambrusco è dolce? Non lo deve essere per niente. Secco. Perché solo così si abbina alla tradizione emiliana.

Il modo migliore per capirlo è assaggiarlo. Così inizia un vero e proprio viaggio tra i prodotti della Cantina Gualtieri.

O com’è bella l’uva fogarina!
O com’è bello saperla vendemmiar
E far l’amor con la mia bella!
E far l’amore in mezzo ai prà!

Diridin din din!
Diridin din din!

Ecco, qui riparte la canzone. Perché da questo punto in poi inizio ad inebriarmi di ben sei prodotti che meriterebbero di essere bevuti per intero (a quel punto avrei cantato io a squarciagola però). Sei tipologie di lambrusco che sono un emblema del bere bene e sano. In compagnia. Il vino è convivialità, è allegria. È mangiare con le persone cui si vuole bene ridendo e scherzando. Cantando e ballando senza aver paura di sbagliare le parole. Non sempre un vino deve essere da meditazione. Non sempre dobbiamo far ricorso alle doti divinatorie e alle conoscenze enologiche. Alle volte, è bene lasciarsi andare e cantare l’uva fogarina.

Il viaggio inizia con il Lia.

Un vino che nasce da un nostro socio che eredita la vigna dal nonno e porta tutto in biologico con uvaggio Oliva al 100%. Bassa produzione per ettaro e poco colore. Per questo è un vitigno che si stava perdendo. L’etichetta poi, come tutte le altre, è tratta da un quadro di Antonio Ligabue perché era di Gualtieri

Sicuramente non ha il colore impenetrabile del lambrusco poiché è rosa antico che da sull’aranciato. Luminoso. Bel calice a vedersi e che, soprattutto, non ti aspetti. Al naso ha un sentore che mi ricorda tanto il siero di mozzarella di bufala e il pane cafone che andavo a comprare con mio nonno. Poi emerge la pesca e la ciliegia. In bocca è secco, con giusta freschezza. Scorre benissimo grazie ad una verticalità che tende quindi ad aprirsi. In bocca ritrovo frutta, stavolta bella albicocca. Bassa persistenza ma va bene così. Sembra una visione femminile del lambrusco: è più fine. C’è lo zampino di Laura suppongo. Me lo immagino abbinarsi perfettamente con un antipasto emiliano a base di salumi, parmigiano e gnocco fritto.

Il secondo assaggio è una Fogarina frizzante. È un semi secco per contrastare la sua devastante acidità. Importantissima la temperatura di servizio tra 8 e 10 gradi per evitare di far propendere il grado zuccherino. In etichetta la torre dell’orologio di Gualtieri a ricordare che è qui e solo qui che si fa. Dal 2017, quando è stata ripresa dopo un periodo di abbandono per via della sua indomabile acidità.

Nel bicchiere c’è un bel colore rosato che vira ogni tanto verso il rubino. La fragolina emerge piacevolissima al naso.

Una vera chicca da 9000 bottiglie all’anno

Secco, diretto, piacione ma non ruffiano. Stupisce e stupisce molto. Uno di quei vini che una volta assaggiato berresti a taniche.

Il frizzante di Fogarina è un bastardo. Perché apri la bottiglia e la finisci

È proprio vero. Mi immagino questo vino in estate. Può fare solo danni vista la sua estrema bevibilità. Soprattutto, una volta che lo bevi, te lo ricordi. Mi esalta. Anche qui a mano di Laura. La recensione sul mio blog Instagram @ivan_1969.

Come si fa a non cantare la canzoncina qui???

O com’è bella l’uva fogarina!
O com’è bello saperla vendemmiar
E far l’amor con la mia bella!
E far l’amore in mezzo ai prà!

Andiamo oltre ma rimaniamo sulla Fogarina. Stavolta Spumante brut con metodo Martinotti lungo di 4 mesi in autoclave. C’è il rosato di Fogarina ed è bello accesso. C’è la luminosità e si sente che ha fatto maggiore affinamento. C’è la fragolina ma risulta meno ruffiano del frizzante. Si alza certamente il livello ed è bello vedere come il prodotto cambi totalmente a parità di uvaggio. Questo è più aristocratico ed elegante del precedente che risulta invece molto più immediato. Questo va capito. È il vestito bello della Fogarina.

Ora ci attendono tre lambruschi di quelli scuri e Giacomo si lancia prima in un bel preambolo su quella che è la filosofia del Lambrusco. Lo ascolto con grande interesse perché sa portare per mano. Mi sembra di essere un bambino che assiste ad una spiegazione in un museo.

A Reggio Emilia il lambrusco è rubino con una spuma rosea; a Parma è molto scuro e morbido; a Modena è molto secco; a Mantova colori scurissimi e gusti decisi, importanti

Il primo è il Lambrusco Reggiano Il Ligabue. Mix di uve di Reggio Emilia Salamino e Maestri. Nel calice trovo una bolla fine con bella spuma. Rubino profondo.

Rispettano il frizzante tipico nostro perché le persone a tavola bevono molto. Dall’antipasto al primo al secondo due tre calici li fai. Non deve essere invadente

Ecco, quando metti nel calice un Lambrusco come questo che emana odori a profusione: non puoi non tuffartici dentro. Non puoi non berlo subito. Il sorso restituisce una bella pulizia di bocca. C’è un equilibrio perfetto e la persistenza diventa più ampia dei precedenti. Il retrogusto non può che essere della visciola non ancora matura. È secco e fresco e del dolciastro che c’è nell’immaginario collettivo, qui non ve ne è nemmeno l’ombra. Lo bevi senza soluzione di continuità. Sono sicuro che con il parmigiano va da Dio.

L’obiettivo che ha il lambrusco sulla tavola è che deve finire la bottiglia. Deve sposare il pasto

Me lo finirei io questo altrochè.

Andiamo sul Lambrusco Reggiano Bucciamara.

È un lambrusco che non è un lambrusco

40% Maestri, 60% Ancellotta. Una uva questa dalla polpa rossa che si usava e si usa per dare colore agli altri vini. È proprio una macchia di colore. Di quelle che se ti va sulla camicia la puoi anche buttare. La camicia intendo. C’è nel calice il profumo della mora, dei frutti di bosco, della polvere da sparo e un piccolo sentore di selvatico. Un vino che mastichi. È ampio, profondo con una persistenza che si incrementa e di molto. Qui c’è anche un tocco di sapidità.

Chiudiamo con Lambrusco Mantovano Il Ferrante. Le uve mantovane come Ancellotta, Viadanese, Oliva e Maestri danno molto colore. Un colore meraviglioso che rende la spuma più ampia del Bucciamara. I sentori sono ancora più definiti con il selvatico che rimane. L’acidità è più marcata. La bolla fine senza essere invadente. Secco e duro. Deciso e determinato così da sposarsi perfettamente con cucina mantovana che è a base dolce (tortello di zucca).

Insomma non posso che ringraziare Giacomo per avermi guidato per questo superlativo viaggio in Emilia. È stato un crescendo di emozioni e sensazioni. Uniche.

Finalmente ho dato un volto ad una canzone ma per quanto ho bevuto, non mi resta che cantarla!

O com’è bella l’uva fogarina!
O com’è bello saperla vendemmiar
E far l’amor con la mia bella!
E far l’amore in mezzo ai prà!

Diridin din din!
Diridin din din!

 

Ivan Vellucci

Mi trovi su instagram : @ivan_1969