Cantina I Germani: l’equilibrio del tutto
Ognuno di noi ha una storia da portare con sé. Bella, brutta, complicata, facile. Chi può dirlo. Almeno senza racconto. Senza quel grande dono che sta nell’aprirsi a qualcuno narrando ciò che ci si porta dentro. Ognuno con un modo diverso di raccontare. Enfatizzando o minimizzando poco importa. Ciò che importa è il dono che si riceve.
Quando incontri una persona come Emanuele Congiu dell’azienda I Germani, ti rendi conto che esistono altri modi di raccontare le cose. La propria storia. Come l’entusiasmo, il sorriso, l’equilibrio raggiunto. Quasi come se non vi fosse bisogno di raccontare nulla perché ciò che c’è, ciò che intorno è, è perfetto così. In tale armonia che basta guardare. Far parlare la natura, far parlare i silenzi. Far parlare la terra. Non serve aggiungere futili parole perché stonerebbero all’interno di un naturale dipinto. Che varia ogni giorno nell’alternarsi delle stagioni. Una sorta di silente filosofia di vita che porta all’avere rispetto di ciò che ci circonda. Un rispetto che non richiede il vantarsi per qualcosa realizzata. Perché, in fondo, quel qualcosa è la natura che lo ha condotto fino a noi. Ciò che veramente conta è trattare la natura con rispetto. E amore.
Ti accorgi del rispetto e dell’amore che Emanuele ha per la natura e ogni cosa che lo circonda, solo sentendolo parlare. È come se non avesse bisogno di raccontare perché ciò che c’è attorno a lui basta e avanza. Mostra ciò che è mostrando ciò che c’è. Non ciò che ha creato ma quanto ha custodito. Grandissima umiltà e grandissima considerazione di quello che è un ulteriore valore: la famiglia.
Non è la mia azienda ma è la nostra azienda. Perché è una azienda familiare che nasce una ventina di anni fa dai miei genitori che sono nati in campagna. Con l’obiettivo di tramandare della passione da padre a figlio.
Tutto è iniziato con un uliveto di proprietà al quale si è poi aggiunto un terreno seminativo e infine la vigna. Circa 25 ettari con l’uliveto a fare la parte del leone. Non può che essere così quando ti trovi a gestire piante con età tra i 50 e gli 80 anni. La invece vigna occupa circa 7 ettari.
Il vicino voleva vendere le vigne e il vino era la grande passione di papà.
Così nascono le cose. Per puro caso. Per assecondare le intuizioni, le passioni, la vita.
Papà si era reso conto che l’uva prodotta dalla vigna era molto di più di quella che solitamente lavorava. Abbiamo scelto di prendere delle attrezzature per lavorare noi i nostri frutti. Già da subito. Circa venti anni fa. La cantina ha 19 vendemmie alle spalle
Monica, Sangiovese, Merlot, Syrah, Cabernet, Cannonau per i rossi. Nuragus e vermentino per i bianchi.
Ah già, non ho ancora detto dove siamo!
I più attenti avranno notato un mix di vitigni internazionali e un paio tipici di una regione: la Sardegna.
Siamo infatti a Serdiana, un piccolo comune a poco più di 20 km da Cagliari ma in provincia di Sud Sardegna. Se però cercaste la cantina su Google la trovereste ad Assermini (CA) sua sede legale.
Qui i terreni pietrosi assorbono il calore del sole tanto che in estate diventa tutto rovente. Poco male se poi le piante ne trovano giovamento. Certo, le radici sono costrette a trovare nutrimento in profondità. Giù giù fino a trovare acqua e nutrimento. Solo le viti più forti sopravvivono così che ciò che se ne ricava ha il senso della sopravvivenza e del vigore. Condito dal sale del mare che non è poi così lontano.
Il duro lavoro di Emanuele e la sua famiglia, in condizioni come queste, non possono però evitare basse rese degno dei cru francesi: non superano i 50 quintali per ettaro! Ecco che oltre le 20.000 bottiglie l’anno, non si può andare.
Ciò che aiuta le nostre piante a crescere è il meraviglioso ambiente. Viviamo in armonia con la natura. Queste sono le nostre piante.
Non importa se il terreno è difficile. Non importa se coltivare in biologico sia complicato. Ciò che veramente importa è vivere in simbiosi con l’ambiente. Emanuele è un’anima pura e quado fa certe affermazioni non solo ne è convinto, ma le sue poche parole evidenziano come non abbia bisogno di raccontarlo, di vendere un concetto commerciale. Per lui è il Credo. Non ci sono altri metodi. Né per lui né per la famiglia. Che è unita anche in questo.
In famiglia siamo io mia sorella Stefania, mio padre e mia madre. Tutti in famiglia diamo una mano.
Papà Carmelo, mamma Anna Maria, Emanuela la figlia di Stefania. La famiglia Congiu al completo. Che lavora unita come non mai. Così unita che hanno ritenuto di dover fare tutto da soli. Senza supporti esterni. Perché ciò che conta è lo studio e l’esperienza. Con gli errori non ad essere rimpianti ma a costituire bagaglio culturale per il futuro. 19 (quasi 20) vendemmie non sono poche. Ma neanche tante.
Non c’è un enologo ma ci sono delle consulenze ad hoc. Fino ad un paio di anni fa siamo stati seguiti da degli enologi ma abbiamo ritenuto che il nostro cambiamento non doveva venire da ciò che gli altri ci dicevano ma solo dal nostro apporto. Dallo studio e dal mettere in pratica
Emanuele non ha studiato enologia. Neanche Stefania che dell’azienda è la titolare.
Ci siamo solo rimboccati le maniche e con gli sbagli abbiamo imparato. Stiamo imparando. Cerchiamo di fare le cose al meglio studiano e mettendo in pratica ciò che studiamo.
I vini hanno una identità precisa. Non parlano le etichette. Non parlano le storie che si potrebbero raccontare sugli stessi. Parlano quando sono nel calice. Quando li bevi. Surmaturazione delle uve. Niente legno. Solo esclusivamente acciaio. Vinificazione in purezza e successivo blend per i rossi.
Tutti vini che produco sono con surmaturazione delle uve perché produco in maniera biologica e la gradazione alcolica mi consente di avere una protezione. Voglio sentire il sapore dell’uva e per questo prediligo il vino in acciaio.
I vini sono tutti una scoperta e già quando si portano al naso è facile cogliere la territorialità ed il calore del sole sardo.
Nel mio blog Instagram ho recensito l’Anàdi Reale, Syrah in purezza del 2019 che restituisce delle sensazioni importanti ed interessanti. Non è un vino banale. Ha in sé il senso della sofferenza e del riscatto. Vigoroso, potente e al tempo stesso equilibrato. In pace con il creato. Un vino che meriterebbe tanto di più.
Poi c’è Anàdi, blend di Monica, Carignano, e Sangiovese e Merlot. E non chiedete le percentuali perché variano!
Non poteva mancare un bianco ed ecco Concairdi che in sardo vuol dire “testa verde” ma è anche il nome del Germano Reale maschio. È il blend dei vitigni sardi Nuragus e Vermentino
Infine, il vino dolce Dulche Mugori (dulche sta per dolce in sardo e Mugori è una delle zone dove risiedono le vigne). Un Moscato passito che già ad agosto, qui dove il caldo non fa sconti, raggiunge un elevato grado zuccherino tanto gradito alle api. Subito dopo i bagordi di Ferragosto si raccoglie lasciando le uve in appassimento per circa 5 settimane. Rese bassissime ma risultato straordinario: un nettare non è per le quantità.
La cantina si chiama “I Germani” e i vini hanno una forte riconducibilità al Germano Reale: cosa c’entra il Germano Reale con il vino? Probabilmente niente. Ma, si sa, i nomi hanno una loro etimologia e scavando, qualcosa viene fuori (anche se qualcuno più preparato sa che il Germano Reale è uno dei pennuti più diffusi in Sardegna).
Due le motivazioni. Al nostro paese di origine c’è uno stagno e uno degli animali tipici è il Germano Reale, un animale sia stanziale sia migratorio. Mia mamma poi, sin da ragazza collezionava ochette in legno, ceramica ecc. Abbiamo dunque trovato un connubio tra il territorio e la collezione di mamma.
Emanuele, come ti vedi tra qualche anno?
Come ci vediamo! Sicuramente più maturi e più rotondi
Analizzando questa frase conclusiva, trovo tutto il senso della chiacchierata. Emanuele non vede lui stesso, vede la famiglia alla quale appartiene. Ci sono le persone. Che si muovono nell’ambiente stesso ove vivono quasi in punta di piedi. Vivono. Crescono. Si evolvono. Sbagliano. Cadono. Si rialzano. Si migliorano.
Un ciclo dietro l’altro. Una vendemmia dietro l’altra. Senza la voglia sfrenata di far soldi. Meglio vivere in armonia con l’ambiente. È più appagante. Non fosse altro perché il resto vola via. Come il Germano Reale quando abbandona lo stagno.