07 Dic 2023
Suggestioni di Vino

Corte Canella: Gloria, figlia di un sogno

Dico sempre che ero figlia di un sogno che non era mio, era del mio papà. Ora tra le mani ho qualcosa di prezioso: un progetto e qualcuno che crede in me!

Ho conosciuto Gloria, Gloria Venturini perché mi sono imbattuto nel sito internet dell’azienda Corte Canella. Un sito come tanti se non fosse per quella frase. Letta e riletta più volte, mi meravigliava sempre più. Non poteva essere che una frase spontanea. Non poteva essere costruita a tavolino. Troppo vera. Troppo intima per quella intrinseca fragilità che emergeva dalle poche ma intense parole. C’è così tanto in una frase del genere che bastava da sola per descrivere Gloria. Eppure, solo parlando con Gloria, è venuto fuori molto altro. Una persona dinamica e gioiosa, capace e determinata, fragile e spontanea. A tratti mi ha ricordato Pippi Calzelunghe. Per la sua forza e determinazione. Non certo per le bugie di Pippa.

Sono figlia di mia papà e tutto parte da li. Un innamorato perso delle vigne da sempre. Consegnava le uve alla cantina sociale fino a quando ha detto basta che non voleva più essere un numero e voleva qualcosa di suo. “Chi mi ama mi segue”. Ha detto. Io ho alzato la mano dicendo “rinuncio a tutto”

Ecco, questa è Gloria.
Papà Francesco aveva le vigne di famiglia. Circa 50 ettari. Tanti, ancorché in società con il fratello. Fino alla divisione. Come spesso accade nelle famiglie contadine. Ne restavano di 15 ettari. Pochi per una azienda nella Valpolicella. Pochi per fare il vino da vendere. L’unica strada, l’unica cosa da fare era conferire l’uva. Così Francesco ha fatto per anni.

Che territorio la Valpolicella. Vini, rossi soprattutto, carichi e corposi grazie ai locali vitigni Corvina, Corvinone, Rondinella, Molinara, ecc. Qui se non fai l’appassimento dopo la raccolta e il passaggio in botte per almeno due anni, non sei nessuno.
Appunto per questo, fare il vino in Valpolicella non è semplice. Ne economico. Essere conferitori può anche essere la strada più facile e redditizia da percorrere. Rimanendo un numero però.

Le vigne fanno parte della nostra storia dalla notte dei tempi ma si rimaneva conferitori.

Che possa scattare qualcosa nella testa di una persona, ci può stare nella vita.
Può scattare la follia omicida così come la voglia di cambiare vita e andarsene in un’isola deserta. Più semplicemente, quando fai il conferitore da una vita e tuo padre, magari tuo nonno, hanno sempre fatto quello, l’idea di cambiare non è cosi peregrina. Solo che non è semplice. Conferire le uve ti da un reddito pressoché certo. Produrre vino ha così tante incognite che è quasi come saltare giù da un treno in corsa. Stare in Valpolicella poi non è che aiuti.
Primo perché per fare i vini qui, occorre aspettarli. Secondo perché ad aspettarli sono in tanti. Dunque oltre la concorrenza c’è anche il doversi confrontarsi con tanti mostri sacri.
Poco importa però: quando arriva l’ora, te ne accorgi subito.

Accanto a casa c’era un vecchio portico che papà voleva ristrutturare e l’idea era fare due appartamenti. Per caso ci hanno bocciato il progetto e per lui è stato il segnale. Come la luce che scende dal cielo. Lui ha detto, eravamo a cena e me lo ricordo ancora: “adesso faccio cantina”.
Dimmi pure dove firmare, rinuncio a tutta l’eredità, non voglio sapere niente ma se tu parti con un progetto così grande è giusto che rimanga di chi ti segue rinunciando anche al resto.

Eccolo il sogno di papà Francesco. Farsi una cantina propria. Una azienda che la smetteva di vendere le uve per realizzare i vini di qualcun altro e iniziava a farlo per se stessi.

Ha detto basta. Mio papà è tra le più ambiziose che conosco. È un imprenditore ed essere conferitore lo costringeva. Voleva il suo spazio. La sua attività.

Gloria è ancora piccola. Siamo nel 2009. Va a scuola per diventare geometra. Si certo, aveva detto al papà che avrebbe firmato pur di stare in azienda ma poi le passioni, le ambizioni, sono altra cosa. È così che Gloria inizia a lavorare. Come geometra appunto.
Il destino è però sempre dietro l’angolo. Quando svolti, non sai mai cosa ti aspetta. Se ti piacerà o no, devi solo scoprirlo. Il destino di Gloria passa per la perdita del suo lavoro. Non può piacere!
A meno che non ti accontenti o trovi il tuo posto nel mondo. In fondo Gloria era giovane e dopo tre mesi si sarebbe sposata. Casalinga e mamma.
Chi? Gloria?
Ah beh dovreste conoscerla Gloria. Per fermarla, sia nei fatti sia nella parole, legarla e imbavagliarla, non basta mica.

Sono caduta in cantina un pò per caso, un pò perché non c’erano alternative. Ho fatto sei mesi nei quali, abituata all’ufficio, mi sono chiesta cosa avessi fatto di male. Non potevo sopravvivere alla vendemmia, ai diradi, alle potature, ecc, ecc.
Piano piano ho preso più spazio e ho capito che nell’azienda di famiglia non potevo fare il dipendente. O faccio il salto o tanto vale dire a papà che rinuncio e vado a fare la commessa.
Papà mi disse di prendermi sei mesi di tempo.
Io guardando mio papà pensavo a quanto fosse innamorato perso di questo lavoro. E siccome ho la massima stima di mio papà, se lui è così perso, da qualche parte il bello deve esserci mi sono detta.
Nel momento in cui ho abbandonato i preconcetti mi si è aperto un mondo del quale mi sono innamorata in maniera totale.

Toh ecco una bella verità. Si può essere già innamorati di una vita come quella del vignaiolo. Ci si sveglia un mattino e si pensa a quanto si sia fortunati a fare questo mestiere.
Così come è capitato che la passione sia arrivata come una folgorazione sulla via di Damasco. O senza scomodare i testi sacri, sulla via dei filari di vite.
Ma mica è detto che una ci debba stare per forza a fare la vignaiola, si svegli o si folgori no?
La verità è che Gloria ha avuto l’intelligenza degli occhi. Solo aprendo gli occhi è infatti riuscita a vedere un papà innamorato. Solo guardando quel mondo con intelligenza ha capito di avere così tanti preconcetti a coprirle il cuore che per toglierli ci sarebbe voluta una vita intera. Invece Gloria si è guardata dentro.

Per fortuna non lavoro più in campagna però è dieci anni che lavoro qui e non mi immaginerei a fare niente altro. Seguo la parte amministrativa e uffici e dall’anno scorso la produzione in cantina.
Il bello e il brutto della produzione familiare è che quando c’è da fare tu puoi anche essere al commerciale ma se occorre andare in campagna, ci si va. Ho sempre fatto tutte le vendemmie e le operazioni in terra. Almeno fino a due anni fa. Poi l’azienda ha aumentato volumi ed export e mi sono più rinchiusa in ufficio.

Corte Canella prende piede. Francesco e la moglie Adriana hanno tre figlie. Gloria è la più piccina. Prima di lei ci sono le gemelle una delle quali impegnata in azienda.
15 ettari di vigneto, 35.000 bottiglie. Compiti ben definiti insomma. Le cose sembravano andare per il verso giusto. Ma ricordiamoci del destino che è sempre dietro l’angolo con qualcosa che rimescola le carte.

L’anno scorso è uscita dalla cantina mia sorella Veronica. Con papà ci siamo guardati e abbiamo detto “cosa facciamo? Come andiamo avanti così?”. È uscito uno dei quattro pilastri e abbiamo anche valutato l’idea di vendere la cantina. Lui ha creduto in me perché mi ha detto “guarda che puoi farcela”. Io non lo avrei mai fatto solo per far contento lui. Doveva essere una decisione mia anche perché quando vado a casa ci sono due bambini piccoli. C’è una responsabilità. Però avere qualcuno che crede in te e che ha visto in te le capacità è stato sicuramente un valore aggiunta.

Difficile digerire che qualcuno che ti ha accompagnato in una avventura, non lo faccia più. Va via un pezzo di te. Va via la speranza di poter veder continuare la tua opera da parte della tua stessa famiglia.
Quando hai una azienda però non hai il tempo di fermarti. Si va avanti. Per il bene di tutti.
Gloria c’è. Ha voglia. Ha passione. Ha energia da vendere. Papà Francesco lo sa e lo vede.
Così come Gloria ha visto il suo amore per questo mestiere, papà Francesco si accorge di quello di Gloria. Innamoramento reciproco. È questo che il destino offre.
Solo che Gloria non è convinta. Non perché manchi la voglia. Semmai per la paura.
Sapete quella paura che ti fa dire che non ce la farai mai a saltar giù da un muretto? Quella che ti invoglia a desistere. Insomma, avete capito.
Ecco, Gloria non sa sarà in grado di farcela.
Papà Francesco è in vigna. Lui ha sempre fatto quello. Su e giù per i filari. Trattore. Trattamenti. Della cantina non se ne è mai occupato. Figuriamoci del commerciale, della promozione. Della amministrazione! Dio ce ne scampi e liberi.

Quando sono partita per lavorare in cantina, dieci anni fa, ero un foglio bianco. Sapevo che il vino si faceva con l’uva ma poi niente altro. Lui non ha mai dubitato di me. Ha Probabilmente visto qualcosa in me che io non avevo mai visto.

Questa è la grandezza di un uomo. Francesco non solo ha creduto in Gloria. Le ha dato fiducia e l’ha supportata in ogni decisione. Lasciandola anche sbagliare. Poco importa.
Il team si ricompatta. Francesco in vigna, Gloria per tutto il resto a cominciare dalla cantina.

Passo del tempo con l’enologo in affiancamento. Un enologo serve e per esserlo in una cantina servono delle basi di studi. Che io non ho. Rimango della filosofia che ognuno per il suo lavoro. Non posso pretendere di fare tutto. Ne io ne nessuno. Se si pensa di fare tutto non si fa niente e lo si fa male. Le aziende familiari hanno la presunzione che il titolare fa tutto. Ma non è possibile

E mamma Adriana?

Mamma è il jolly tutto fare. Lei c’è in tutto. Non ha un ruolo specifico ma fa tutto. Dalle degustazioni, alle fiere, alla vendemmia. Lei è fantastica. Lavoriamo in grande team sia io e i miei genitori anche per le decisioni circa la direzione dell’azienda. Ma la squadra è fondamentale. Il cambiamento del logo ad esempio è stato un confronto con tutti. Un punto di vista diverso dal mio è bello averlo. La condivisione è il mio motto di vita. La decisione è mia ma più visioni ho davanti meglio è. Da sola farei poco o niente.

Essere coscienti dei propri limiti. Capire che serve una squadra per condividere e supportare le decisioni. Studiare per apprendere. Assumersi le responsabilità. Sembrano frasi uscite da un libro di management. Eppure Gloria ha in se tutto questo aggiungendo quella sana paura di fallire che la fa stare sempre con le corde tirate. Ma sempre con il sorriso!

Mi sono confrontata con tante persone e mi sono data sei mesi di tempo: se in sei mesi non la faccio fallire allora qualcosa di buono faccio. Non credevo in me stessa. Non mi sarei mai ritenuta capace di arrivare fino qui. Mio papà dice già che devo andare da sola. Ancora non riesco però con la vigna. Ha sessanta anni e dice che non ha la forza fisica di un quarantenne. Si sta organizzando per la campagna per creare un team che duri nel tempo. Lui ama dire “voglio morire quando ho pagato i debiti”. Sarai immortale allora, gli rispondo io.

Grande persona davvero Francesco e grande donna Adriana. Integri e meravigliosi. Sguardo rivolto verso il futuro per continuare il suo sogno. Che adesso non è solo suo.

E il vino? 35.000 bottiglie su 5 etichette. Un vino bianco, Soave e 4 rossi (Valpolicella DOC, Superiore, Amarone e Recioto).

Il Soave è stato una eredità di nonno, il papà di mia mamma. Ci ha lasciato cinque ettari nella zona del Soave. Anche li vendevamo l’uva perché nemmeno sapevamo come lavorarla l’uva bianca. Mio papà ha detto che vendere da noi l’uva bianca non aveva prezzo nel senso che non vale nulla. Così tanto valeva usare il metodo di coltivazione dell’uva rossa per l’uva bianca. Vediamo cosa vien fuori. Valeva la pena tentare. Facciamo il diradamento in pianta, la raccolta in cassetta, l’appassimento…come facciamo per le uve rosse. Sta funzionando per cui metodo vincente non si cambia.

Ogni vino è una scelta di campo. Un modo per esprimere la propria identità e la propria storia. Senza compromessi. Senza cedere nulla

Il nostro enologo lo abbiamo cambiato nel 2019. Noi partiamo dal fatto che ci siamo sempre fatti il vino In casa come ogni vignaiolo che si rispetti. Il terreno da tanto. Abbiamo sempre fatto l’appassimento perché nelle nostre zone è la regola. Vuoi non farlo? Ci siamo sempre trovati tra le mani vini corposi e strutturati con un grado alcolico importante. Qui e anche nelle cantine vicini sono sempre strutturati e di alto grado alcolico. Ci siamo cresciuti e abbiamo la bocca per vini cosi. Ci piacciono cosi. Siamo partiti con questa ideologia. Quando siamo partiti mio papà ha detto: come partiamo? Che vini facciamo? Come piacciono a noi, ho risposto io! Poi capiamo come muoverci. Da qualche parte bisogna partire.

Ecco il modo di fare vini di Gloria e Corte Canella. Alla maniera della Valpolicella. Senza scimmiottare nessuno ma mantenendo una precisa identità fatta di vini densi, scuri e che sprigionano sentori al solo togliere il tappo alla bottiglia. Vini che lasciano la lingua colorata e che si imprimono nella memoria. Non sono per tutti ma sono per chi ama la tradizione. Gloria li definisce, a ragione, vini “definiti”, senza sfumature. Come l’etichetta del Valpolicella Superiore che è bianca e nera o dell’Amarone, tutta nera. Senza compromessi.
Valpolicella Superiore e l’Amarone con mille bottiglie ciascuno.

Dovevamo partire perché papà si era tolto completamente dalla cantina sociale “o sto di qua o sto di la. In mezzo no”. Stessa filosofia dei vini. I nostri vini hanno un carattere cosi. Sono definiti e precisi. Con carattere.

In effetti i vini di Corte Canella sono proprio così. Senza alcun compromesso. Direi che oltre che essere identitari, sono “polarizzanti”: o li ami o li odi. Io personalmente ho amato il Valpolicella Superiore 2017. Sul mio blog Instagram la recensione completa.

Se facciamo un Soave beverino e senza appassimento andiamo in concorrenza con le grandi cantine di zona e non ce la faremo mai a star dietro ai loro prezzi. Proviamolo a farlo come i rossi.
Il Valpolicella è quello che ha subito più variazioni per trovare una quadra su quanto ci piaceva. Non fa appassimento. Però da due anni abbiamo aggiunto due mesi di legno che smorza un pò quel verde tipico della corvina E lo ammorbidiamo un attimo. Il Recioto lo facciamo per tradizione e per completare la linea. Ne facciamo 600 bottiglie ad anni alterni. Una nicchia

Il bello è capire come tutto ciò sia frutto del ragionamento di Gloria e Francesco. Non di un enologo. Ho idea che se non piace a Gloria, non si vada da nessuna parte.

Il cambio di enologo c’è stato nel 2019. Quando è arrivato Filippo gli abbiamo fatto assaggiare i nostri vini dicendo che a noi piacevano cosi “dobbiamo capire come fare il salto di qualità facendoli più buoni”. Così che, l’unico su cui abbiamo messo le mani, è stato il Valpolicella. Li ha fatto delle prove indicandoci cosa fare.

Servivano le attrezzature per fare il vino. Papà Francesco, per la serie le scelte si fanno tutte o niente, le ha comprate. Senza pensarci un attimo.

Lui è uno tutto o niente. Non ha mai avuto paura dei salti. Se ci crede, salta senza pensare che farà un buco nell’acqua “Se ci credo prima o poi arriverà” dice sempre.

In realtà Francesco sa di avere un paracadute, così come lo sa Gloria: è la famiglia che ti sta alle spalle. Francesco gode della profonda stima, quasi venerazione, di Gloria. Nonché dell’amore totale di Adriana, sua moglie.

Mia madre ha sempre odiato lavorare in campagna. Forse ho preso da lei. Ma lei dice: “per amore sono andata. Per amore si fa”. Ha sempre avuto la massima fiducia e stima nel marito. Adesso che si sente parte di un mondo cosi bello ne è veramente felice.

Una felicità che pervade anche Gloria. Non potrebbe mai tornare indietro. Non potrebbe mai fare a meno di questo amore infinito che ha per la vigna e la cantina.

La mia vena di geometra c’è ancora ma non cambierei mai. È meraviglioso qui. Fai la cantina, fai magazzino, fiere, fornitori. Ogni mattina cambi dieci mansioni diverse.

Sempre tenendo conto che Gloria è anche mamma. Per cui doppia difficoltà. Il suo carattere battagliero ma anche e soprattutto la sua gioia interiore, le fa vivere ogni circostanza con leggerezza e pragmatismo.

Non sapevo in principio come sarebbe andata con i figli. Sapevo che avevo un lavoro che amo e non avrei mai lasciato. Ci si organizza. Ho un marito che lavora in proprio e che ci consente di gestire i bambini. Ci sono i nidi per fortuna. Ci sono i suoceri e mia madre che vengono in supporto. Quando poi tuo figlio di sei anni ti guarda e ti dice “sai mamma, ho capito perché lavori”. Io gli dico sempre che la mamma deve andare a lavoro altrimenti non ci sono i soldini e non si comprano le caramelle “Io lo so perché lavori. Perché ti rende felice”.

Quando anche tuo figlio lo capisce, quando hai un marito che non solo ti capisce ma ti supporta, allora, quell’energia che ti anima, non può che scorrere in maniera fluida. Energia pura. Energia che si concentra nel piacere di ciò che fai. Senza che la fatica possa minimamente interromperla o fermarla. Continuo movimento senza troppi tentennamenti. Lo sguardo rivolto al futuro.

L’obiettivo è aumentare la produzione arrivando in dieci anni alle 50/60 mila bottiglia. Oggi una parte la imbottigliamo e una parte la vendiamo come vino sfuso ad altre cantine. Anno dopo anno stiamo diminuendo la parte sfusa. Questo ci consente liquidità in entrata e mantenere la qualità dei prodotti. Ci serve più tempo. Per l‘Amarone usiamo ad esempio solo botti nuove e questo ha un costo. Occorre equilibrarsi.

Gloria, come le sue sorelle, ha sposato un agricoltore. Nel caso di Gloria, conferisce l’uva (toh!). Sembra un controsenso: il papà che si è reso autonomo mentre il marito no. Eppure, anche in questo caso, il ragionamento, il buon senso ma soprattutto l’amore, prevale.

Mio marito fa solo uva bianca. Solo Soave. Se penso a lui, lo penso di uno spessore indescrivibile. Ci siamo guardati e ci siamo detti “ci sono due bambini piccoli che necessitano un impegno”. Lui mi ha detto “Gloria il tuo sogno di cantina è più grande del mio. Quindi vai avanti”.

Eccolo dunque il paracadute di Gloria. Ecco le fondamenta della sua vita: la famiglia. Oggi in un modo, domani in qualcosa di ancora più legante.

Ci sono mille pensieri. Se mi immagino da qui tra 15/20 anni con papà che ne avrà 75/80, posso solo immaginarmi con mio marito nella gestione dell’azienda. Mio figlio Oscar farà quello che vuole. Perché se a me avessero obbligato…col picchio che l’avrei fatto.

Gloria è come l’Amarone o un Valpolicella Superiore: determinata, decisa, strutturata. Una che non deve andare per forza d’accordo con tutti. Ma con chi entra in sintonia, è un’altra storia.

A livello di testa dico che sono figlia di mio papà. Ci basta guardarsi per capirci. Mia mamma è molto più morbida. Per fortuna che è diversa perché ci vuole una che media e calma le acque.

Ho conosciuto, come scritto in apertura, Gloria, per quanto aveva scritto sul suo sito internet. Dopo questa lunga chiacchierata le ho voluto chiedere che cosa vorrebbe oggi scrivere ancora.

Caschi male perché l’ho fatto a settembre. Aggiungerei una cosa a livello personale perché magari ciò che leggi su un sito lo leggi anche sua altri mille siti. Credi in quello che fai. Trova qualcosa che davvero ti fa sorridere il cuore. Nelle difficoltà il peso non lo senti o lo senti meno. Circondati di persone delle quali hai stima: prima o poi Avrai bisogno di loro e si ti fidi e hai stima ce la farei sempre. Abbiate il coraggio di fare il passo più lungo della gamba. Se il tuo perché è forte è difficile smussarlo. Alla fine ci arrivi.

Gloria. Gloria Venturini. Corte Canella. L’azienda di famiglia.
La profondità di pensiero di una donna che ha avuto il grande merito di guardare ciò che la circondava senza pregiudizi. L’amore scattato. Il sorriso. La forza. La determinazione. L’allegria. La famiglia. La terra. La vite. Il vino.
Ogni cosa sa di Gloria.

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