24 Nov 2023
Suggestioni di Vino

Fattoria di Gaglierano: Auà, sint a mè

Ogni dialetto ha una espressione per catturare l’attenzione. Non è un intercalare. Semmai il preludio che si inserisce all’inizio della frase per assicurarsi che ciò che si sta per dire o fare abbia il giusto livello di coinvolgimento.
In Veneto, dove si è molto attenti a non essere prevaricatori si dice “ascolta”. Questo lo so bene perché non faccio che prendere in giro un mio collega, veneto appunto, al quale conto tutte le volte che me lo dice.

A Roma c’è il classico e rude “”. Diventa rude perché in genere si aggiunge “ ‘a coso”, “maschio”. Oppure per rafforzare “aò, senti’mpò”.
A Napoli c’è il classico “”.
In Abruzzo si usa “Auà”. “Auà, sint a mè” è come dire, “ascolta, fa come ti dico io”. Ascoltami insomma. Auà è un modo per affermare la propria presenza nel mondo. Esisto. Sono, dunque voglio affermarmi. Ma voglio farlo da abruzzese. Con le origini della terra. Con il Gran Sasso e le colline che degradano fino al mare. La grande montagna che divide e unisce. Le terre, le pecore, il mare. E il vino. Già il vino. Quello abruzzese vero e genuino. Come sono tutte le cose in questa terra. Basta si rispettino le tradizioni dei propri avi. Che non potevano che essere contadini o pastori.

Auà. È l’inizio dei discorsi ed è l’inizio dell’avventura enoica della Fattoria di Gaglierano. La concretizzazione di un sogno identitario che trova la sua rappresentazione in un marchio. Auà non è un vino ma tre. I tre vini che rappresentano l’Abruzzo nelle sue tradizioni: il Montepulciano, il Pecorino, il Cerasuolo.

Incontro quasi per caso Claudio ad una fiera. È con sua figlia Sara e Francesco, il commerciale dell’azienda. Non è la solita chiacchierata. La sensazione che ho è di essere in famiglia. Non so spiegarlo compiutamente ma non mi sento distante o poco a mio agio. Claudio mi tratta come uno di famiglia. Come se mi conoscesse da tempo. Quando mi parla dei suoi vini, dei salumi che produce, della sua azienda, è come se, conoscendomi da tempo, mi dice le cose come stanno.
Il ritorno alle origini e la voglia di rappresentare a pieno le tradizioni non è uno slogan qualsiasi. È convinzione piena.

Vedi questo Cerasuolo? Io lo faccio in legno. Perché prima in Abruzzo, mica c’erano i serbatoi in acciaio o in cemento. Il vino si metteva a riposare nelle botti. Quelle c’erano.

Già, quelle c’erano. Ci potevano essere le damigiane o il coccio. Così come le botti. Farle, mica era un problema per contadini e pastori.
Ecco, Claudio è così. Schietto. Ma anche sognatore.

Fattoria Gaglierano nasce dal nulla. Claudio viveva a Pescara con la moglie e i due figli. Era il 2006 quando l’idea di avere una casa in campagna, sulle colline alle spalle di Pescara prese più forma. La casa l’aveva in mente. La vita che voleva era dentro di lui. Un ritorno al passato. A quella vita in un luogo incantato. La casa voleva progettarla e costruirla lui. Anche se era difficile trasferire questo sogno alla famiglia sempre vissuto in città.

Difficile e forse traumatico per i figli spostarsi dalla città con il mare ad un tiro di schioppo alla campagna per uscire dalla quale solo gli autobus potevano essere di supporto.

Vaglielo a spiegare a dei ragazzi che devono andare a vivere in campagna. I 20 km che separano Città Sant’Angelo da Pescara sono una enormità. Una vetta insormontabile più alta dei 2.912 metri della cima più alta del Gran Sasso (Corno Grande). Città Sant’Angelo, dove sorge la Fattoria Gaglierano, sarà pure un borgo meraviglioso, ricco di storia e classificato da Forbes tra i 10 migliori posti al mondo dove andare a vivere, ma per gli altri. Non certo per una teenager in piena tempesta ormonale.

Ma c’è Claudio in questa storia. Che non solo sogna, coinvolge. Coinvolge la moglie Simona e coinvolge i figli. Il suo è un progetto che non vuole solo per lui ma per la famiglia intera. Qualcosa che resista al tempo e riporti indietro nel tempo. Ai suoi ricordi di bambino. Di quando tutto era semplice e non contaminato.
Ecco, proprio la contaminazione credo sia stato e sia l’elemento della vita di Claudio. Tanto da fondare e dirigere con Simona una ditta specializzata in consulenza ambientale. La sua, la loro attività principale.

15 ettari di cui 5 vitati. Claudio fa impiantare le nuove vigne oltre quelle già presenti. Nel 2009, la prima vendemmia. Per diletto più che altro.

Io il vino me lo ricordo in una certa maniera e così lo voglio.

Così inizia la ricerca di enologi che in linea con la sua filosofia di vini naturali, senza chimica. La ricerca di un prodotto che potesse rispecchiare la realtà contadina dalla quale proveniva. Che gli ricordava quando era bambino.

Fattoria Gaglierano è una piccola oasi. Un casale ristrutturato che serve per abitazione della famiglia. La cantina. Gli ulivi, il bosco, le pecore, gli animali.

Coltiviamo tutto noi. Qui ci abitano anche i nostri operai. Un ragazzo dal Marocco e una coppia moldava. C’è bisogno di persone cosi perché siamo impegnati h24. Persone fidate.

Del vino in bottiglia all’inizio non se ne parlava proprio. Non era una priorità. La campagna, le coltivazioni, il bestiame. L’idillio insomma. Occorre aspettare il 2015 per vedere la prima bottiglia, utile per capire che il vino veniva bene, con un certo criterio. Pochi esperimenti e tanta passione. Che però non basta se ti manca il tempo.

Claudio corre in Fattoria quando può. Il suo lavoro, quello che condivide con Simona, lo porta a viaggiare spesso. Tanti impegni e poco tempo per fare le cose. Relegate al fine settimana quando, per riposarsi va sullo scavatore, nella terra, tra le vigne. Vederlo fermo è impossibile.

Claudio si affida nel tempo a più persone. Alti e bassi come è normale in questi casi. Se non altro trova continuità nella parte agronomica ed enologica dove ci sono i due Nicola, uno consulente insieme l’altro forte del bagaglio culturale prodotto della scuola enologica in Moldavia.

La vigna sembra una vigna dell’URSS. Precisa e pulita. C’è tanta attenzione ai dettagli. È la fortuna di avere persone attente. Magari siamo stati sfortunati in altro ma non sulle persone.

Nicola il moldavo ha responsabilità assoluta della cantina. Nicola l’enologo da i suggerimenti.

Claudio mette l’ultima parola. È suo il sogno. Sono suoi i ricordi. Ricordi che ora sono qualcosa di concreto, realizzati, fisici. Qualcosa di così bello che non è possibile tenere solo per se.

Il panorama qui è mozzafiato. Mi dispiacerebbe se Fattoria diventasse un luogo di passaggio. Mi piace confrontarmi con le persone. Quando vieni qui vieni a casa. Entri dentro casa nostra. Le persone stanno cosi bene che non se ne vogliono andare.

Casa. Casa di tutti. L’accoglienza è qualcosa che devi avere dentro e ce l’hai se intorno a te c’è la pace e la felicità. In questo angolo di Abruzzo sconosciuto anche ai locali.

Quando vieni qui non sembra di stare in Abruzzo. È talmente sconosciuto. È talmente difficile da arrivarci. È talmente nascosto che siamo un pò un angolo segreto e incontaminato. Ci fa gioco certo ma dobbiamo investire per comunicarlo.

Già. Perché sarà pure vero che vivi in simbiosi con l’angolo di paradiso, ma se quella è la tua vita, quella che hai scelto, hai bisogno di sostentamento. Che solo attraverso quanto produci puoi avere. Produrre e produrre bene, nel rispetto della natura e delle tradizioni non basta. Non è sufficiente. Serve farlo sapere. Altrimenti sei nel limbo e rimani, da solo, nel tuo angolo di paradiso.

Ci sono ancora tante cose da fare. Nella sala degustazioni ci mangiamo gli arrosticini noi e quando arrivano gli ospiti, anche loro. Facciamo gli “aperitivi nella vigna eroica” perché siamo con vigne in pendenze del 30%.

Claudio è appassionato di cucina e quando arrivano gli ospiti si mette alla brace. Con semplicità. Senza fronzoli.

Per gestire una azienda serve anche altro. Continuità certo ma anche notorietà. Farla conoscere. Come se l’identità, abbia bisogno di affermarsi. Auà. La voglia di gridarlo al mondo così che il mondo l’ascolti. Troppo intenso è l’amore per questa terra da volerlo condividere. Non è possibile che sia per pochi. Il paradiso va condiviso.

Accanto ai tre Auà allora ci sono i pensieri, i progetti per diffondere la conoscenza di questo paradiso.
Le 15.000 bottiglie di Auà Pecorino, Cerasuolo e Montepulciano non bastano. Commercialmente non ha senso produrne di più così che il resto dell’uva viene trasformata in vino e venduta nelle bag in box. L’idea però è quella di trasformare le box in bottiglia così da commercializzarle magari all’estero. Di questo si discute in famiglia. Capirne i costi. Capirne l’opportunità. L’entusiasmo che si scontra con la tradizione e il non fare mai il passo più lungo della gamba.
Ma c’è anche dell’altro.

Abbiamo piantato 0.6 ettari di Pecorino per fare metodo classico. Ma ci vorranno almeno 4 anni. Le riserve di Montepulciano arriveranno. Dalla vigna “Terre dei Vestini” che è l’associazione con la quale facciamo gruppo per arrivare alla DOCG Montepulciano.

I tre Auà che ho assaggiato sono delle vere “chicche”. La genuinità c’è e traspare. Non ho mai assaggiato un Cerasuolo migliore di questo tanto che la prima espressione che mi è venuta in mente è stata l’abruzzese “frechete”! (Per chi non lo sapesse è una espressione di stupore che in altre regioni assume forme diverse).
Sul mio blog Instagram la recensione completa.
Pecorino e Montepulciano sono identitari sul serio. La passione è fisicamente dentro i vini. Ogni cosa che ho ricevuto in dono durante la chiacchierata, le tradizioni, la storia, la natura, l’Abruzzo, è qui dentro.

Auà, sint a mè, Quànde t’ à’ da ‘mbrijacà’, ‘mbrijàchete de vine bbòne.

Ecco, senza ubriacarsi ma bevendo responsabilmente, quando vi verrà in mente di bere vino buono, quello della Fattoria di Gaglierano farà al caso vostro. Con la speranza, con questo articolo di avervi dato l’opportunità di sentire nel calice quanto anche io ho sentito.

Mi trovi su instagram : @ivan_1969

PS La recensione di Auà Cerasuolo la trovate sul mio blog qui.