02 Feb 2024
Suggestioni di Vino

Giannicola Di Carlo e il rifugio della natura

La sofferenza. La solitudine. La necessità di crescere in fretta. Il dolore. La rinascita. La morte. Il ricordo che si fa duro. La vita che deve continuare a scorrere.

Ci sono delle cose, dei fatti che quando accadono segnano la vita. Nel momento nel quale accadono e per il resto della vita.
Giannicola Di Carlo ha solo 12 anni quando suo fratello si ammala di leucemia. Una malattia che dura 9 lunghi, lunghissimi, interminabili anni. 9 anni durante i quali la mamma non può esserci per Giannicola. È in ospedale con il fratello. Giorno e notte. Natale, Pasqua e Ferragosto. È giusto così e Giannicola non se ne lamenta.
Il papà deve lavorare nella azienda agricola di famiglia.

Io vengo da una storia agricola. Di una famiglia che si è sempre dedicata al mondo agricolo e produttivo. Dal 1830. C’è una lettera dove i miei trisavoli scrivevano al mio bisnonno che avevano portato del vino nel Granducato di Toscana e in Piemonte.

Sono i primi anni 80, 30 aprile 1986 per la precisione quando nella centrale nucleare di Cernobyl scoppia il reattore e una nube tossica invade mezza Europa arrivando anche in Italia. Non sapremo mai se questo fu la causa della leucemia. Di certo acuì quel solco che si era già creato nell’animo di Giannicola.
L’azienda di famiglia era grande. Oltre 280 ettari in quel di Ortona (Chieti) diventati oggi 65 di proprietà e 85 in affitto. Non poteva che essere condotta con regole tradizionali. Troppo grande e certamente non compatibile con i tempi.
Giannicola però non ci sta più. Capisce che non può essere questa la realtà. La vita che vuole. I prodotti che si sente di produrre. Deve, assolutamente deve esserci qualcosa di diverso.

Ho fatto agraria ma prima di questo avevo il problema familiare. Mia zia di Firenze mi portò, erano gli anni 70, a fare meditazione trascendentale. Maharishi era il guru. L’ho fatto per molti anni. Anche mio nonno si era fatto condizionare da mia zia e aveva provato. Parte da qui ma la sensibilità. Ma devi averla dentro. Ho fatto abbracciare gli alberi ai miei figli ma non tutti proseguono con questo approccio. Quello che ti capita ti segna ma se non hai delle caratteristiche particolari non prosegui.

Caratteristiche dice Giannicola. Si certo, l’animo ce lo devi avere. O magari no. Magari proprio quando accade qualcosa di così dirompente, tragico e sconvolgente, capisci. Come un’onda del mare che ti investe facendoti rotolare sulla battigia.
Perdere un fratello e dover crescere in fretta aiuta, o meglio obbliga, ad interrogarsi su quali siano i veri valori della vita. Cosa debba poter essere quello che fa stare bene e in armonia.
Giannicola vive l’azienda agricola che produce vino. Tutto ciò che lo circonda è natura. Creato. Il passo verso l’armonia con ciò che vede ogni giorno è breve. Brevissimo.

Nel 1989 ho contribuito a redigere il regolamento 2092/91. Eravamo in cinque in Italia. Regolamento che tracciò le linee guida del biologico in Italia e in Europa. Sono stato il primo presidente dei produttori biologici perché cercavo una condivisione da portare al mercato. Fui il primo presidente di verde Abruzzo per far coltivare vino e ortaggi.

Non solo biologico ma anche biodinamico. Dal 1989.
Già me lo immagino il papà di Giannicola che guarda al figlio con un misto di meraviglia, compassione e scetticismo. Ma lascia fare. È lui e solo lui che può portare avanti l’azienda. Forse questo si sarà detto.

Mi sono reso conto dopo un pò di anni che il biodinamico era una scelta positiva, un credo. Qualcosa che fa bene all’ambiente e a chi lo consuma. Avevo però bisogno di qualcosa più tangibile e ho progettato, con un brevetto di utilità collettiva, un vigneto biodinamici energetici che lavora con i colori de chakra. Le piante comunicano attraverso le sinapsi vegetali. Loro vivono da molto prima di noi sviluppando un sistema di comunicazione diverso dal nostro. Non possono fuggire dal luogo dove nascono e devono comunicare attraverso l’apparato radicale e le sinapsi vegetali dell’apparato vegetativo superiore. Questo vigneto è fatto da sette colori: giallo, verde, azzurro, arancio , rosso, blu, viola, la parte spirituale. Mi piace inserire la parte spirituale del proprio io e del perché dobbiamo lasciare un segnale, qualcosa di vero, il bene comune. Ogni uomo dovrebbe avere questo obiettivo. I colori hanno la capacità di attirare gli insetti così come di fornire beneficio all’uomo con una sorta di cromo terapia emozionale. La biofilia è un aspetto ancestrale che fa si che l’uomo sia attirato dalla natura. Tutto ciò è calato nel vigneto.

Magari queste parole faranno storcere il naso a qualcuno. Forse agli stessi che criticano anche il biodinamico. Eppure ogni cosa qui è intima e profonda. Non ci sono, ne tantomeno Giannicola lo è, fanatici di quelli che se non credi sei un miscredente.
Giannicola è una persona solare. Intima certo. Toccata da un dolore che fatica a non emergere se non con le persone con le quali si sente in sintonia. Mi ha pure confidato che da giovane faceva il DJ ed ama ancora ballare. Ma la terra, la natura, ciò che dona la vita, merita rispetto. Solo questo. Rispetto. Per vivere in simbiosi con essa. Per esserne immersi.
Ciò che realizza Giannicola è frutto di studio. Come la cromoterapia che non è una teoria ma qualcosa sviluppata dallo psicologo francese Christian Agrapart.
Giannicola brevetta il suo vigneto ma non è uno di quei brevetti che gli devono fruttare. Lo mette a disposizione di tutti perché di tutti è la conoscenza e la natura.

Tutti pali sono colorati in maniera diversa a seconda dei filari. Le uve che provengono da questi vigneti sono cariche di energia perché provengono da una sorta di biosfera, un tempio del vino. Un tempio naturale dedicato al vino e all’uva. Certo non è l’acqua santa di Lourdes che fa miracoli ma è qualcosa che fa stare bene gli insetti le piante l’uomo

Condurre una azienda di queste dimensioni non è semplice. Non lo puoi fare se sei un invasato, un asceta o uno che non pensa alla responsabilità che l’imprenditoria comporta.
Giannicola lo fa con coscienza e responsabilità. Ci crede e ci crede tanto. Le parole nascono solo a seguito di comportamenti. Anche da chi, come lui, ha l’animo tormentato.
È sua la prima cantina europea in bio architettura (1998). Sua l’idea degli impianti elettrici schermati contro i campi magnetici o della musicoterapia negli ambienti di lavoro o della applicazione della cromoterapia. La spa per vino terapia (primi in Italia). La linea cosmetica con cellule staminali derivate da vitis vinifera.

Ho fatto il primo vino biologico e l’ho portato in Cina nel 1991 fino al 1994. Facevo degustare il vino e l’olio biologico. Il pazzo ero io. Volevo fargli capire che loro che avevano la chimica non si possono avvelenare. Lo dicevo oltre trenta anni fa. Dobbiamo farci conoscere per quello che siamo ma mi rendo conto che oggi per fare business serve altro. La sostanza non interessa quasi più a nessuno. Serve l’immagine. Negli ultimi anni questo aspetto si è evoluto verso il male. Noi che viviamo di questi principi siamo ai margini. La qualità oggi non quella che interessa di più.

600.000 bottiglie, questa la produzione della Giannicola Di Carlo, sono tante. Davvero tante. In ogni bottiglia c’è un pezzo di Giannicola. Del suo animo. Di ciò che prova.

Da qualche anno c’è Terreum, due vini concepiti ed affinati all’interno di un bosco dove c’è un lago dove i miei nonni facevano pesca sportiva di trote. Era il 1975. Avevo dieci anni. In quelle grotte affiniamo il Terreum. Le lasciamo molto selvatiche. A contatto con la natura le piante, gli animali, gli insetti come la libellula che è figlia di questo luogo umido. Animale fragile che vive di essenza vera. È l’etichetta.

Il bosco. Il bosco dei Di Carlo. Il rifugio di Giannicola. Quello dove durante il covid si rifugiava per lavorare con la motosega ripulendolo dagli arbusti. Un luogo dove stare da solo. Solo con le sue piante. La natura. La vita che scorre. La vita che è stata tolta al fratello.
Un luogo dove può fare ciò che vuole anche perché lontano da tutto e tutti. Può soffrire senza che debba dare spiegazioni agli altri. Piangere senza vergognarsene.

C’è tanto dentro questo uomo. Tanta passione. Tanta voglia di vivere con il rispetto della vita. Il rispetto per qualunque essere vivente sia esso animale o vegetale. Biologico, biodinamico. Poco importa come lo si vuol chiamare. È rispetto per la vita. Quella che Giannicola non vuole e non può farsi scappare. Lo deve a suo fratello. Lo deve ai suoi figli. Quattro. Quattro ragazzi che cerca con forza di portare su una via che, forse, non sarà mai quella sua. Troppo lontani dalla sofferenza. Troppo lontani da una rapida crescita senza paracaduti.

I primi due, Daniele e Federico (33 e 30), hanno fatto una esperienza agonistica con il nuoto. Poi sono venuti qui e uno (Daniele) l’ho licenziato e fatto causa dopo due anni. Licenziato perché mancava di umiltà. A 20 anni non puoi essere il Dio sceso in terra. Bisognava avere rispetto per le persone. Mi stavo separando e forse erano spinti in questo. L’ho invitato a fare una sua azienda perché criticava questa. Dopo diciotto mesi l’ho invitato a fare un giro con me in Europa e ci siamo riavvicinati. “Fai un progetto tuo” gli dissi. “Cosa mi dai?” Rispose lui. “Nulla”.
È partito per la Germania dove ha fatto affiancamenti con alcuni agenti. Ha creato poi Abruzzo food and wine. “Tu che mi dai?” mi disse. “Niente. Vai in banca e fatti dare il mutuo”. Voleva un affidamento. Gli ho dato 10.000 euro di vino. “Poi me lo paghi”. Siamo arrivati a 25.000 euro di vino. Non pagava e gli ho fatto causa. Mi disse che aveva trovato un cliente che avrebbe comprato 50mila euro di vino. Io ero scettico ma gli dissi che non avrebbe mai pagato quel cliente. Altri contrasti ma gli fornisco 60mila euro di vino. A scadenza di pagamento il cliente non pagò. Il suo debito arrivò a 110,000 euro. Oggi è il miglior cliente. Ha 8 dipendenti, 4 furgoni, due magazzini. Ha inaugurato il secondo ristorante a Monaco dopo un altro locale a Berlino. A monaco ha aperto Opera, una pizzeria gourmet fantastica. Bellissima

Si può intravedere durezza nel modo di fare di Giannicola. Ma un padre non va mai giudicato quando cerca di educare i propri figli. Lui è cresciuto in fretta. Forse troppo in fretta e si è dovuto confrontare con una vita che non si era scelto. Non è solo sopravvissuto ma è diventato un uomo e una persona con una coscienza meravigliosa.
Daniele è diventato un imprenditore adesso. Forse anche grazie al padre.
Federico lavora in azienda da tempo e a detta di Giannicola è bravissimo.
Gli altri due sono troppo piccoli.

Camillo fa lo scientifico. Edoardo la terza media. Con loro vorrei avere un rapporto più intimo legato alla vita quotidiana. Li vedo poco. Abitano dentro l’azienda ma riesco a vederli poco.

L’azienda dunque. Quella che deve governare nel rispetto dei principi che si è dato. Meno male che la moglie Fania gestisce con sapienza e autonomia tutta la parte della ristorazione. Un lavoro immenso!
Due le linee di prodotto con due marchi diversi. Vigna Madre e Giannicola Di Carlo. Entrambe improntate su vitigni autoctoni (Montepulciano, Trebbiano, Pecorino, Passerina) ma anche di diversa origine (Cabernet, Merlot, Syrah, Primitivo, Pinot Nero, Sangiovese, Chardonnay, Pinot Grigio, Cabernet Sauvignon, Falanghina).
Vigna Madre interpreta i vini in chiave bio. Semplicità e rispetto.
Giannicola Di Carlo è una sorta di sperimentazione con radici ben piantate nel passato. Spiritualità e simbiosi con la natura.

Due filosofie ma soprattutto marketing. Entrambe con 3 bicchieri Gambero Rosso. Nobu è ad esempio la linea senza solfiti e fermentazione spontanea. Mi rifiuto di dire vino naturale perché oggi si chiamano vini natural anche quelli con la chimica e senza certificato bio. L’esperienza di 35 anni sul mercato ci ha aiutato a fare delle scelte. Due linee per dare esclusività.

Ho avuto modo di recensire Nobu 1830 sul mio blog Instagram e l’ho trovato davvero un gran vino. Nobu, una parla giapponese che vuol dire “proseguire”. Così come la linea che ne rappresenta l’etichetta. È Giannicola che prosegue quanto iniziato dai suoi avi nel 1830. È Giannicola che prosegue con dolore la sua esperienza. Che non può e non deve fermarsi.
Glielo deve a quel fratello che non ha più. Senza il quale è cresciuto senza poter giocare con qualcuno. Confrontarsi. Quel fratello che gli ha tolto anche l’affetto dei genitori perché, giustamente, impegnati nella sua malattia.
La sofferenza che si porta dentro e che ha voluto donarmi nelle lacrime del nostro incontro, lo rende umano e speciale. Uomo. Nella sua forza e nella sua fragilità.
La forza di non mollare neanche un secondo. La forza nel dare ai figli, anche se spesso solo in forma di briciole, quello che lui ha imparato. Sulla propria pelle con le cicatrici a ricordare.

Caro Giannicola, sei una persona speciale. Non solo perché produci grandi vini. Non solo perché lo fai nel rispetto della natura. Non solo perché dirigi una grande azienda. Sei speciale per il tuo animo e per ciò che ti porti dentro. La natura è il tuo rifugio. La famiglia, la tua necessità. Il vino, una espressione di te. Tutto, sempre e comunque, nel ricordo di un fratello che vive in te. Con te.

Ivan Vellucci

ivan.vellucci@winetalesmagazine.com

Mi trovi su Instagram come @ivan_1969

 

Ps per chi desidera capire meglio circa i colori del Chakra e la cromoterapia, suggerisco di leggere qualche articolo presente anche in rete. Ne riporto qui qualcuno
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