25 Nov 2022
Suggestioni di Vino

Il Poggio degli Stenti: aldiquà il Montecucco, aldilà il Brunello.

Brunello? Sua Maestà il Brunello di Montalcino: ma perché c’è dell’altro?

Voglio vedere chi, una volta arrivato a Montalcino patria del sacro Brunello sceglie di proseguire verso Grosseto. Giammai!

Quando si è provato il Brunello o il meno impegnativo Rosso di Montalcino, li si sta. Eppure…. Eppure….

L’Orcia è il fiume che scorre in mezzo alla valle che da esso prende il nome. Dolci colline che da Montalcino scendono verso il fiume per poi risalire. Quelle colline che ogni essere umano ha imparato ad amare grazie a qualche foto o per una visita in queste zone. Verdi in primavera, gialle in estate, marroni in inverno.

Per il vino però ci si ferma a Montalcino dove il Sangiovese ha trovato la sua patria di adozione.

Chi invece, animato da spirito di avventura, attraverserà l’Orcia risalendo la collina, si troverà nella zona del Montecucco DOCG assaggiato il quale il mondo sembrerà differente.

In questa zona la vita è sempre stata difficile. Pochi paesini, mai rinomati come Montalcino. Piccoli borghi con la loro storia certo ma poco blasone. Il terreno è buono per l’allevamento dei bovini e per il foraggio ad essi dedicati.

La difficoltà della vita in queste zone era tale che una fattoria ha scelto di chiamarsi Poggio Stenti: invece del cognome dei proprietari, un nome evocativo della miseria che regnava. Perché ricordare la fame, le sofferenze, gli stenti, aiuta a tenere viva la propria storia.

L’azienda è di papà Carlo Pieri che l’ha ereditata dal suo di papà. Dedito all’allevamento dei bovini tanto che la macelleria poco distante è sempre piena per via della ottima qualità della carne. Vigna? Mah, poca, giusto quella che serviva per produrre il vino di casa, per casa.

Poi ad un certo punto l’illuminazione. Del papà di Carlo? No, della mamma.

Erano i tempi nei quali lavorare i campi non bastava. Troppe incertezze ma anche tanto lavoro per poi nemmeno sbarcare il lunario. Eppure, aldilà dell’Orcia gli americani avevano iniziato ad investire nel Brunello determinandone il grande successo. Come i fratelli Mariani dell’azienda Banfi che decisero di costruire la propria cantina alla stazione di Sant’Angelo Cinigiano, poco dopo l’Orcia, poco distante dal poggio e proprio a pochi passi dalla bottega di macelleria della famiglia.

Ecco che non ci si può far scappare l’occasione di uno stipendio fisso. Così che la mamma di Carlo va a lavorare dai Mariani e lì, proprio lì capisce che il futuro è, anche, nel vino. Perché da lì a poco sarebbero arrivati gli americani e vedere la Toscana e a bere il buon Sangiovese.

Ah la saggezza delle donne di un tempo! Quelle che spingevano i mariti ad andare oltreoceano in cerca di fortuna e quelle che la fortuna avevano intuito si potesse trovare sotto casa. Non trasformando l’azienda. Perché in fondo bisognava sempre campare delle bestie. Ma ampliandola nel suo raggio di azione con il vino. Ma non un Brunello perché di quello non c’era verso stando aldiquà dell’Orcia. Qualcosa di diverso.

 

Fare vino e farlo bene. Un imperativo per i Pieri ma anche per tutte le aziende adliquà dell’Orcia. Tanta fatica per diventare DOCG solo nel 2011.

A Poggio Stenti ci accoglie Eleonora. Figlia di Carlo (dal quale sono stato già per prendermi una bella fiorentina!). È lei che si prende cura del vino adesso. Sta finendo una degustazione con una coppia americana: “delicious”. Così si esprime la turista americana che scopro essere californiana. Le chiedo come ha saputo del Montecucco e mi risponde “surfing on the web”. Potenza del web dico io. Non credo che molti italiani ne sappiano dell’esistenza (del Montecucco non del web…).

Eleonora è toscana e si sente. Ma non di quelle con la puzza sotto il naso. No, lei è affabile e gentile come una persona che sa il valore delle cose che fa la sua terra, sa il valore del lavoro, sa la fatica che deve fare una azienda come Poggio Stenti stando aldiquà del fiume Orcia quando aldilà c’è sua Maestà Brunello.

“Non c’è un paesino qui. Non ci sono posti da visitare. Un turista qui arriva solo per il vino. Di passaggio.”

È un bel passaggio penso io. Dalla terrazza dove ci accomodiamo si vede tutta la valle. Poche vigne è vero ma il paesaggio merita.

 

“Ora si dovrà pure bere” fa lei. Abbiamo visto la cantina dove ho apprezzato la perfezione, la pulizia. Le botti, quelle grandi. Hanno ancora qualche tonneau piccolo ma sono passati a quelli grandi. Perché così il Sangiovese ha tutto il tempo per riposarsi e fare il suo lavoro di affinamento.

Qui, sul poggio e sulle vigne intorno, il sole batte forte. Adesso, in una domenica di fine ottobre quando il caldo è anomalo. Figuriamoci in estate. Certo, c’è il fiume Orcia a mitigare. Ci sono i venti dell’Amiata. Tutto sembra far presagire vini di un certo livello, identitari

Partiamo con un bianco. Perché non è che non si possa avere un bianco in Toscana. Cosa se non un Vermentino?

“è un po’ caldo” mi dice Eleonora. Mica tanto penso io. E poi, così vengono fuori i sentori, quelli veri. Quelli di pera, quelli della salvia. Quelli del minerale regalo dell’Amiata. Bella rotondità penso io. C’è una piscina con delle sdraio. MI immagino già li sdraiato in una sera d’estate.

È poi il turno del rosso di ingresso, il Rosso Poggio Stenti, blend di Sangiovese e Cabernet Sauvignon. Molto diretto, molto verticale. Tanta frutta matura. Un vino che è da tutti i giorni ma di quelli che lasciano presagire come i fratelli maggiori siano di altra pasta.

Infatti il Tribulo e il Pian di Staffa, i due vini storici dell’azienda, quelli che li rappresentano perché DOCG (il secondo è una riserva) sono un vero spettacolo. Abbiamo fatto tanta strada per arrivare qui e ne è valsa la pena. Nel Tribulo le note speziate e balsamiche ci sono tutte. Le spezie sono quelle dolci, tali da rendere tutto rotondo, pieno, voluttuoso, sensuale. I tannini sono morbidi e avvolgenti come una sciarpa di cachemire. Il Pian di Staffa ha anche dell’etereo e la persistenza si fa più lunga mantenendo una gradevolezza impressionante. Nessuna asperità, nessuna ruvidità. È tutto un abbraccio avvolgente che sa di sessuale. Lo guardo nel bellissimo calice che Eleonora mi ha messo a disposizione e non posso che rimanere estasiato. Punto il calice verso l’altra parte dell’Orcia e vi viene da pensare al Brunello, a come chi si ferma da quella parte non riesca a godere in questo modo.

Peccato che un vino così memorabile sia per pochi.

Ricordo quando sono stato alla presentazione dei Tre bicchieri Gambero Rosso allorquando i due Montecucco erano affogati tra i 98 vini toscani 16 dei quali Brunello. Io ero lì tra la folla che degustava i vini toscani, quasi isolato dinanzi ai Montecucco pensando a quanto si stavano perdendo.

Assaggiando i due maschi adulti di Poggio Stenti, guardando i colli del Brunello, ho avuto la medesima sensazione. Non so se sia meglio tenersi nascosto un tesoro del genere oppure farlo conoscere….

Ivan Vellucci

@ivan_1969

 

 

CANDIDA QUI LA TUA CANTINA ALLA PRIMA EDIZIONE DI WINE IN VENICE!