25 Ago 2023
Suggestioni di Vino

La Vernaccia di San Gimignano senza fronzoli: Azienda Agricola Il Lebbio

La Vernaccia di San Gimignano senza fronzoli: Azienda Agricola Il Lebbio

Senti. Io sono a comprare il pane. Te tu torna indietro, fai un po’ di curve in salita e quando arrivi a i sudicio, volta a sinistra e mi trovi li

Ecco, questo è Luciano dell’azienda agricola “Il Lebbio”. Siamo a San Benedetto frazione della più nota San Gimignano. San Benedetto alto mi raccomando. Non basso perché Luciano ci tiene e ci tiene anche a dire che Google si è sbagliato (in effetti non ci si arriva con GoogleMaps). Dunque San Benedetto alto. Dopo di sudicio insomma!

Siamo in Toscana è vero, ma non per questo dovete aspettarvi una azienda di quelle tutte “per benino” con la reception, il viale alberato, la sala degustazione, l’esposizione dei vini.

Luciano è Luciano e l’azienda è di quelle vere. Quelle di campagna che le puoi trovare nel momento di splendore, perché in tempo di vinificazione tutto deve essere lindo e pinto pena i batteri che assaltano l’uva e distruggono il vino, oppure in completo caos dovuto alla stagione morta. Febbraio (ci sono stato per il mio compleanno) è stagione morta per la vite e le cantine, quelle vere, devono rifarsi il trucco.

Ecco, io l’ho trovata così ma Luciano me l’aveva detto “troverai un po’ in disordine…”

Una azienda agricola, una vera, di quelle gestite a livello familiare, non può che essere così.

Arrivati al Lebbio trovo Luciano impegnato con altri clienti a far assaggiare vino e inscatolare le bottiglie.

Luciano è un omone di altri tempi. Mani grosse, un cappello di lana in testa, una abbondanza che sa di lavoro e fatica. Una persona schietta e buona che non ci pensa un attimo a farti vedere cosa fa con quell’orgoglio tutto toscano che si porta dietro. E dentro.

Spiegarti cosa fa e perché lo fa dispiacendosi che è un po’ tutto in disordine. Tutto tranne la barricaia che è pulita come deve essere. Lui sa che ciò che conta è ciò che c’è dentro la bottiglia mica il resto.
Finito il giro ci accomodiamo in uno stanzino dove tiene l’esposizione delle bottiglie: una semplice mensola con sopra tutto ciò che produce.

Non c’è un tavolo ma un grosso pallet con sopra casse di vino. Un luogo suggestivo e schietto per provare il suo vino. Mica serve la prenotazione qui. Puoi mandargli una email e lui ti gira il suo telefono così lo chiami. Se non ti risponde è solo perché impegnato a fare qualcosa.

Così mentre mi sta aprendo una bottiglia arriva quello che sembra essere un suo vecchio cliente (non di età ma di data) che ha bisogno del vino. Così Luciano fa diventare immediatamente i calici da riempire da due a tre: “o mica vorrai fa bere il signore da solo?”.

Chiedo di assaggiare la Vernaccia. Siamo a San Gimignano, la patria della Vernaccia. Un vitigno così antico e così di classe che nel medioevo doveva essere sulle tavole dei nobili. Sarà forse stato per quel color oro che appare appena versato nel calice.

Luciano stappa una bottiglia giovane. È della vendemmia appena trascorsa. La annuso ma i sentori non sono ancora definiti. È troppo giovane davvero specialmente per un vino come la Vernaccia che può tranquillamente evolversi per svariati anni.

Quando la assaggio, anzi quando la assaggiamo, con il vecchio cliente ci guardiamo e conveniamo con uno sguardo che occorre farla riposare ancora un po’.

Luciano io quelle giovani non le voglio. Mi devi dare quella dell’anno passato” così dice il cliente di vecchia data. Come a dire “cosa stai facendo assaggiare?.

Perdo la timidezza e confermo che questa non va bene.

Luciano, senza pensarci su va a prendere quelle un po’ più datate. Basta dell’anno prima. Ne stappa una e subito appare chiaro che si tratta di altra cosa. Bel color dorato, odori di frutta bianca, zafferano, iodio, fiori bianchi. Più roteo il bicchiere e più si sentono effluvi meravigliosi. Al palato ancora meglio perché la vernaccia si esprime in tutta la sua bontà: fresca, sapida, calda quanto basta. Ovviamente secca. Vien voglia di berla e berla perché è davvero notevole.

Questa è la versione base. C’è anche qualcosa di più importante “Tropie” ottenuta da uve selezionate. Il salto di qualità si sente. Eccome. Quando la apro a casa qualche settimana dopo ne apprezzo appieno la piacevolezza e l’abbinamento con i pecorini toscani mi riporta da Luciano (qui la recensione @ivan_1969).

Apre poi una bottiglia di rosso. Un “Kerass” del 2015. Da uve Ciliegiolo che invece di fare da comprimario al Sangiovese per colorarlo, si esprime in tutta la sua freschezza da solo, dopo aver riposato almeno due anni in botti di rovere. Il risultato è interessante. Non esaltante, non spaziale ma interessante per gli odori decisi di frutta e fiori e per la grande freschezza e morbidezza.

Luciano dice che non riesce a farlo tutti gli anni perché non sempre il Ciliegiolo dà il meglio di sé.

Guardo sullo scaffale e c’è anche un Vin Santo. “Luciano, ma fai anche il Vin Santo?”. “Haivoglia” risponde lui andando meccanicamente ad aprirne una bottiglia versando così il prezioso nettare in un bicchierino.

Lo assaggio ed è poesia. Non ho qualcosa cui abbinarlo ma è secco e fresco ovvero possiede quella giusta acidità che non lo rende stucchevole. È sì tipico Vin Santo ma possiede aromaticità e freschezza che lo rendono bevibile anche senza pucciarci dentro i cantuccini.

Vado via con la mia cassa di vino contenente due bottiglie di Vernaccia DOCG, due Tropie una di Polito (che non ho assaggiato ma me la porto comunque via perché è un Sangiovese al 90% del 2016 che il cliente di vecchia data mi ha tanto raccomandato) e due di Vin Santo (una per la suocera che non guasta mai).

Le colline intorno a San Gimignano sono uno spettacolo e aziende come queste, piccole, familiari, rustiche, vere sono la rappresentazione di ciò che il vino insegna: non servono fronzoli e orpelli ma tanta passione e concretezza. È questo che ho trovato qui ed è questo che serve al vino: conoscere e andare oltre le apparenze. Dopo “di sudicio” insomma.

Mi trovi su instagram : @ivan_1969