08 Set 2023
Suggestioni di Vino

LasorteCuadra: un rifugio, un nido, una famiglia

Le apparenze ingannano.
L’abito non fa il monaco.
Non tutto ciò che appare è come sembra. 
 

Che faccio continuo? Meglio di no altrimenti si va per le lunghe e non arrivo al punto.

Nelle manifestazioni dove si presentano i vini attraverso l’incontro con i produttori, quello che mi piace osservare è il comportamento degli ospiti. C’è una sorta di polarizzazione verso alcune cantine con la conseguenza che altre raccolgono poco interesse. Chissà, forse il partecipante medio stampa dal sito internet l’elenco degli espositori e traccia il proprio percorso degustativo basandosi su elementi diversi. Vallo a capire. 

L’apparenza. Ah, l’apparenza!

Io vengo attratto dall’insolito. Deve esserci qualcosa di diverso a catturare la mia attenzione.

Come una coppia sorridente dietro il banchetto di degustazione e una sola etichetta di vino bianco esposta. Insolito. Solo all’apparenza. 

Conoscere Stephanie e Roberto (la coppia dietro il banchetto) è stato come entrare in una casa marocchina. Cerco di spiegarmi.

Le case marocchine costruite all’interno della Medina (città vecchia) sono tutte uguali. Anonime le definirei. Anche l’ingresso è anonimo cosi che quando apri la porta a qualcuno, niente di ciò che è dentro casa deve essere immediatamente visibile. L’ospite, colui che è accolto in casa, per entrare percorre una sorta di percorso a zig zag alla cui fine si apre il paradiso. Ecco, questo è il Riad (paradiso) la cui bellezza diventa indescrivibile. Lascio al lettore la facoltà di visitare il Marocco e le case della Medina. Tanto per non rovinare la sorpresa.

Ah, dimenticavo, il Riad non ha finestre verso l’esterno poiché le stanze della famiglia (che vive insieme fino alla creazione di ulteriori famiglie) affacciano sul cortile interno. Che è cavo per consentire l’ingresso della luce.

Il Riad è il nido per la famiglia e solo per questa. 

Semplicità verso l’esterno. Protezione della famiglia verso l’interno.

Stephanie e Roberto dunque. Una coppia di vita. Una complicità fatta di sguardi e sorrisi. Una evidente serenità. Due personalità pazzesche che si esaltano attraverso l’unione di coppia.

Inquadrare bene entrambi ci consentirà di dare maggiore dignità alla storia.

Stephanie Cuadra. Cinque figli, quattro dei quali da un precedente matrimonio. Uno, Aurelio, avuto poco più di sette anni fa con Roberto. Nata in California, laurea alla Georgetown University. Inizia la sua carriera di giornalista seguendo la campagna elettorale di Chavez in Venezuela. Giornalista freelance inizia a collaborare con l’Azienda Vinicola Querciabella. Fonda poi Terrestoria per importare vini di piccole cantine negli USA.

Roberto Lasorte. Romano, originario della Puglia. Sposato con Stephanie. Amministratore Delegato di Querciabella, storica realtà di Greve in Chianti.

Facile pensare che galeotta fu Querciabella a farli incontrare ed innamorare. Facile supporre abbiano sicuramente tanto da raccontare nel mondo del vino. Si, ma poi?

Stephanie e Roberto sembrano una di quelle coppie di teatro che recitano da una vita insieme: uno sguardo, un cenno, quanto basta perché uno dei due parta. Pausa al momento giusto, e la battuta passa magicamente all’altro. Complicità!

Prendiamola un pò alla larga però. Tanto per aumentare la suspense. 

Stephanie. 

Ci siamo incontrati nel 2010. La mia storia è tutt’altra. Se mi avessi intervistato dieci anni fa ti avrei detto che la mia strada era quella della carriera diplomatica. Partendo dal giornalismo. Scrivevo di politica internazionale. Ho studiato alla Georgetown, a Washington e sono andata in Venezuela a coprire la prima campagna presidenziale di Ugo Chavez. Il titolare di Querciabella, una persona un pò folle, uno che pensa fuori dagli schemi, aveva letto dei miei articoli e pensava che avesse bisogno di qualcuno che non fosse nel mondo del vino, che fosse brava nella comunicazione, che parlasse le lingue che diceva lui. Serviva qualcuno che non solo raccontasse la storia di Querciabella ma che seguisse anche altri progetti. “Il vino mi piace e lo bevo ma non ci capisco nulla” gli ho detto. “Devi parlare da persona esterna per avvicinare le persone normali al vino”. Così mi disse.

Roberto

A quell’epoca serviva un profilo internazionale con una rete internazionale fatta di giornalisti. Era il 2010 e il concetto di vino come lifestyle era molto in voga in quel momento. Si voleva un posizionamento di Querciabella che convergesse verso la diplomazia nel mondo del vino. Il vino in fondo è un veicolo diplomatico. 

Stephanie.

Quando nacque Aurelio io lavoravo con Roberto e la squadra. Seguivo Querciabella e tanti altri progetti di Sebastiano (Castiglioni n.d.r.). Giravo l’Europa. Avevo quattro figli da un precedente matrimonio e sentivo di dovermi staccare da Querciabella perché non era più conciliabile. Però il vino era qualcosa dentro di me e così che ho fatto partire una mia attività di importazione negli Stati Uniti.

Roberto.

Senti come è andata. Mi dice, “voglio prendermi un attimo di pausa. Voglio staccare. Vado a fare il cammino di Santiago”. Quando partiamo? Le dico io. “Non hai capito voglio andare da sola”. Lei sceglie il cammino, portoghese perché era il meno battuto. Organizziamo tutto in modo che lei potesse arrivare a Santiago per il suo quarantesimo compleanno con noi, tutta la banda, li ad aspettarla. Diceva che voleva staccare dal vino.

Stephanie.

Tutto il cammino era in mezzo alle vigne. In uno di questi paesini meta di pellegrinaggio, conosco una coppia che aveva appena imbottigliato una annata di Albariño. Un vino pazzesco. Mi hanno chiesto se in qualche modo avessi potuto dargli una mano per la distribuzione. Li nacque il progetto “terra e storia” e adesso ho 17 cantine tra Spagna e Italia. Piccole cantine che farebbero fatica ad entrare nel mondo dell’export.

Più che suspense adesso ho creato confusione. Abbiamo un amministratore delegato di una importantissima realtà vinicola italiana conosciuta in tutto il mondo. Una giornalista internazionale che diventa specializzata nel vino tanto da fondare una sua azienda di import. Un amore che nasce tra i due. E? Tutto questo dove porta?

Porta in Puglia. Precisamente a Locorotondo, pochi km (6) a nord di Martina Franca. 

Augusto Lasorte è originario di Martina Franca. Siamo in Valle d’Itria che i più ricorderanno per i Trulli di Alberobello. Magari non proprio per il vino. 

Un momento. Ora chi è Augusto? Il papà di Roberto ovviamente. 

Roberto è romano e Augusto pugliese. Infatti Augusto si trasferisce da giovanissimo a Roma per lavoro. Lo fa nel 1946 dove vive con sua moglie Maria. È dura però per un pugliese lasciare la propria terra. Duro come lo è per ogni persona i cui ricordi della propria terra, sono solchi che ti porti dentro. 

Mio padre aveva sempre la voglia di tornare a Martina Franca. Quella voglia di tutti i Martinesi che hanno il legame con la terra. Lo spirito che prende le persone che vanno via. Ciò che nasce dalla terra ti da delle esperienze che ti rimangono dentro.

Augusto va finalmente in pensione. Sono i primi anni 90 e la scelta è se rimanere a Roma oppure, finalmente, tornare a Casa. Aveva regalato, già dagli anni 70, alla sua Maria un piccolo pezzo di terra, 7000 metri quadri di vigneto. Così, tanto per avere un punto di ancoraggio con la Puglia. Magari per quando la pensione sarebbe arrivata. Maria poi era irpina.

Mia mamma era irpina e si ricordava di come si produceva il vino. Mio padre curava la vigna in maniera maniacale e Maria stava in cantina.

In tempi non recenti la vigna era, specialmente in zone rurali dove il vino non rappresentava il vero sostentamento della famiglia, quasi un di più. Non poteva certo mancare il vino a casa. Ma era il famoso vino del contadino. Quello quasi imbevibile perché la solforosa era per pochi e le fermentazioni non potevano che essere spontanee (perché aggiungere qualcosa?). Soprattutto, proveniva da vigne impiantate con ciò che si trovava. Dunque non certo filari ben delineati e con vitigni uniformi. Un vero melting pot di uve. E che venisse quel che doveva venire tanto si sarebbe comunque bevuto. 

Così la vigna di Augusto e Maria altro non era un miscuglio di vitigni diversi che poi, alla vendemmia si ritrovavano tutti insieme nel tino.

Augusto però invecchia e insieme a lui la vigna le cui piante raggiungono e superano i 70 anni. Non vuole lasciare grane ai figli che in Puglia magari ci tornano poco perché impegnati nella loro di vita. Cosa si può fare con 7000 metri quadri? Nulla, pensa. Tanto vale vendere. 

Roberto ha un sussulto, quasi un colpo al cuore. Il solo pensiero di veder svanire il sogno del padre, quel regalo fatto alla madre, lo fa trasecolare. Un atto notarile vuol dire cancellare anni di storia della sua famiglia. 

Se proprio vuoi vendere, compriamo noi. Quando ho detto a mio padre che avrei preso la vigna, si è emozionato e mi sono emozionato anche io. È qualcosa di intangibile. Le radici che legano le persone sono all’interno di un progetto reale e concreto.

Roberto ne parla con commozione. Quel sentimento che ti fa cadere qualunque tipo di infrastruttura. Lui, amministratore delegato di una importante cantina che acquista una piccola vigna in Puglia, a Locorotondo. Per farne cosa forse nemmeno lo immaginava. Eppure, sapeva che non si sarebbe mai perdonato il mollare quel sogno di famiglia. 

È così che che Martina Franca e Locorotondo diventano il rifugio, il nido dove tornare per trovare un pò di casa. Siamo nel 2020, anno nefasto per il covid. Nefasto ma anche meraviglioso per una famiglia che sa di poter contare su un luogo sicuro. Anche per Stephanie.

La nostra casa è a Milano. E a Martina Franca avevamo un rifugio. Appena possibile andavamo giù. Riuscivamo a scappare. Lui come imprenditore agricolo poteva muoversi. Abbiamo visto la vigna di Augusto e Maria in uno stato di abbandono e l’idea di prenderci cura della terra è venuta spontaneamente.

È così che si cementa una famiglia. Da Milano, dalla California, dalla Toscana fin giù in Valle d’Itria. 

Assaggiavamo questo vino che aveva sapore di vino naturale. Con volatile fuori controllo ma vero. Ci piaceva davvero l’idea di mantenere la tradizione, producendo un vino che potesse andare oltre i 6 km che da Martina Franca dividono Locorotorndo.

Quindi ricapitoliamo. Abbiamo Roberto che ha nel vino la sua professione dirigendo una grande cantina. Abbiamo Stephanie che del vino ha fatto la sua vita arrivando a creare una azienda di importazione negli USA. C’è un piccolo terreno con un mix di viti antiche nel cuore della Puglia. Sembra un bel caos!

Anche se comunque si riuscisse a produrre del vino, non ci sarebbero poi tutti questi problemi per venderlo. Mancherebbe dove trasformare l’uva in vino. 

Ci siamo appoggiati alla cantina cooperativa di Cisternino (Upal) per vinificare con un nostro protocollo. Non avendo una nostra cantina abbiamo bussato a qualche altra azienda ma nessuna ci ha aperto. Solo Angelo Soleti, enologo dell’UPAL ha accettato la sfida e ci ha dato un silos. Ha sposato questo progetto perché ha visto la possibilità di andare oltre. Oltre il silos nel quale veniva stoccato il vino.

Nasce cosi Silos, il vino della cantina LasorteCuadra, Silos. Un nome semplice che richiama quel silos dato in concessione all’interno della cooperativa. 

Le % all’interno del vino rispecchiano la composizione della vigna degli anni 50/60. Come si usava in Valle d’Itria. Quello che c’era si vinificava. 

Verdeca, Bianco d’Alessano, Minutolo e Maresco. Et voilà.

Il vino è davvero fantastico per la sua particolarità, finezza ed equilibrio. Così come per i suoi sentori. Ma non è questo l’importante per la storia. Quello che Stephanie e Roberto sono riusciti a creare è un progetto di famiglia. Qualcosa che ha l’obiettivo di andare oltre il tempo e impiantare insieme alle viti, proprio li dove ci sono le radici della famiglia, le loro. Poco importa se, per adesso, è una attività marginale (termine che non piace proprio a Stephanie).

Noi ci pensiamo anche la notte a questo progetto. È la nostra fuga e anche il fatto che abbiamo i nostri due cognomi sull’etichetta ma anche quello del primo matrimonio di Stephanie è perché veramente il progetto è della famiglia ed è ciò che vogliamo lasciare come futuro. Nasce per portare avanti un discorso di tradizione generazionale. Aldilà del guadagno, trasmette i valori tra noi e le generazioni future.

La grandezza di questo progetto è tutta qui. Tutta in questa frase. Non ci sono divisioni ma unioni. Una famiglia che si ritrova per ritrovarsi. Stare insieme per vivere il futuro. Sulle basi del passato.

Cinque figli necessitano forse di una dimensione più grande.

Un filare a figlio! Quando siamo andati a fare la vendemmia sono venute le due ragazze. Aurelio (il più piccolo) si è svegliato tardi ma ci litigavamo i grappoli.

 

Magari avessimo il problema che interessa a tutti i figli. Diego, il quarto, che ha 18 anni, è l’unico che ha manifestato interesse in questa attività. Gli altri hanno un legame forte. Anche se fanno altro, sono ben contenti di venire fare la vendemmia

Volete rimanere con un solo vino?

Abbiamo sperimentato  un rosato perché la Valle d’Itria si presta ai vini bianchi e ai rosato. Meno a vini rossi. Il rosato è un vino che abbiamo fatto con fermentazioni spontanee e senza aggiunta di solforosa. Lo abbiamo chiamato Sottobanco perché non sarà in vendita e ce lo portiamo alle fiere.

Non può che essere cosi avendone fatto meno di 150 litri.

Una quantità minima. Un tino e tre damigiane. Poi le abbiamo messe in bottiglie. Abbiamo unito delle uve che erano in vigne.

Mi hanno convinto a lasciarle in macerazione per trenta ore.

Il duetto tra Stephanie e Roberto continua. Si spalleggiano, si guardano, sorridono. Si vede che stanno bene insieme e sono felici. Quando parlano del loro progetto è come se le proprie attività passassero in secondo piano. Il nido è un’altra cosa. 

Parlano come se lavorassero ancora insieme. Come se fossero in simbiosi anche quando sono a distanza. Pronti per tornare anzi, per fuggire verso la vigna. Quella loro.

C’è qualche commistione con la tua attività Roberto?

Sebastiano (Castiglioni, il proprietario di Querciabella) è il nostro primo fan. Non ci sono conflitti perché stiamo parlando d due dimensioni diverse. Querciabella è un colosso rappresentato in Italia da Sagna, negli USA da Maison Marques & Domaines.  Ci confrontiamo su due mondi diversi e alla fine da entrambi posso raccogliere spunti di miglioramento. 

Ricordo Slowine a Bologna. Allo stand di Querciabella c’era la fila di persone. Al nostro banchetto apparecchiato, le persone che passavano e ci riconoscevano, vedendoci nella zona Puglia, non capivano. Così ci chiedevano tutti! Abbiamo in fondo lavorato insieme prima di stare insieme e ora dobbiamo far capire che “siamo” un progetto che si chiama Lasortecuadra invece di Querciabella. 

Metà della produzione, limitata, va negli USA grazie anche all’azienda di Stephanie che quando parla di questo si accende. Ma sempre meno di quando si tratta della Puglia.

Importo i vini nello Utah, a Salt Lake City. C’è un progetto per la California. Vengo da li dunque c’è tutta una comunità che sente il progetto. È parte di me poi. Mi interessano i mercati secondari dei quali nessuno parla mai come la Carolina del Nord. Stiamo sviluppando questi mercati secondari dove ci sono enormi potenzialità. Come lo Utah dove mi sono specializzata. Per la tipologia e dimensione questi mercati sono più attenti. Non sono saturi. Se arrivi dall’Italia e fai una cena con loro presentando il vino, non se lo dimenticano.

 

Parlare di espansione con una coppia così indaffarata non è semplice. L’impressione è che la voglia ci sia, l’entusiasmo anche. Manca forse il tempo. Anche quello per stare dietro a tutte le incombenze burocratiche proprie di un territorio bellissimo, in sviluppo, ma sempre difficile come è la Puglia. 

Se dovesse crescere la richiesta magari raddoppieremo perché ci sono delle parcelle limitrofe alla nostra. Vinificano una parte per la famiglia e un’altra la conferiscono ai produttori della valle d’Itria. Il problema è che le pagano dopo un paio di anni.

Stephanie

Io personalmente sarei felicissima di un progetto più ampio. Il contesto però non è semplice. Siamo da oltre due anni in attesa dei permessi che non arrivano. Vogliamo creare uno spazio per le degustazioni. Cambierebbe tutto. 

Ecco, se mai andaste ad una degustazione di vini trovando una coppia sorridente che sorseggia un calice di vino bianco, dell’unico vino bianco prodotto, provate a non passare oltre andando avanti. Lasciatevi contagiare dalla semplicità e simpatia di Stephanie e Roberto. Scoprirete come non solo le apparenze ingannano, ma come a cercar bene, si possa trovare un tesoro.

Loro lo hanno trovato in un fazzoletto di terra di 7000 metri quadri. 

Un rifugio. Un nido. Una famiglia.

Sapete cosa tutto ciò mi fa venire in mente? Una canzone del grande Domenico Modugno re-interpretata da Emma Marrone: Volare!

Nella re-interpretazione (il video è la chiusura del film “Benvenuti al Nord“) Emma sfodera un coinvolgente sorriso che ricorda quello di Stephanie mentre le parole le immagino cantate da Roberto.

Penso che un sogno così non ritorni mai piùMi dipingevo le mani e la faccia di bluPoi d’improvviso venivo dal vento rapitoE incominciavo a volare nel cielo infinitoooooo

 

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