14 Apr 2023
Suggestioni di Vino

Pian delle vette e l’orgoglio delle Alpi Bellunesi

Pian delle vette e l’orgoglio delle Alpi Bellunesi

Anche se ho vaghi ricordi della geografia studiata alle scuole medie, delle Alpi Bellunesi non ho proprio memoria. Eppure se qualcuno mi chiedesse di Cortina, non esiterei a definirla la perla delle Dolomiti. Cortina, Dolomiti, Alpi Bellunesi. Tutto qui? No, ovviamente.

Le Alpi Bellunesi sono un unicum del nostro variopinto territorio tanto da dedicarci un Parco Nazionale. Meriterebbero dunque maggiore notorietà.

Analogamente per il vino. Alzi la mano chi pensando, per il vino, alle Alpi, pensa a Belluno. Facile dire Trentino, facile dire Alto Adige. Meno Belluno. A meno che non si parli di Prosecco (e anche qui sfido ad associarlo alle Alpi).

Eppure le Alpi Bellunesi hanno tutto. Ci sono le esposizioni, il suolo, i vitigni. C’è il clima, i venti, l’umidità, l’influsso del mare. Allora è solo una questione di notorietà.

Proprio questo deve aver pensato Egidio quando, in quel di Rivergaro (Piacenza) dove lavorava, si trovava a parlare con i colleghi e nessuno conosceva le sue terre di origine. Per il vino ovviamente!

Non serve essere orgogliosi per pensare che qualcosa in più si possa fare. Impegnarsi in prima persona perché la terra dove si è nati possa avere un ruolo.

Siamo a Feltre, proprio ai piedi delle Alpi Bellunesi, nell’omonimo Parco Nazionale. 600 metri sul livello del mare. Prima della Grande Guerra qui si produceva vino per l’impero austro ungarico. Emigrazione, fillossera e indirizzo lattiero caseario delle terre generarono anni di oblio fino a quando, alla fine del secolo scorso, la Regione Veneto pensò che si dovesse rigenerare la viticultura di queste zone.

Con questi presupposti, anzi su queste basi nasce Pian Delle Vette. Una delle poche aziende nate dall’impulso della Regione Veneto verso la cultura del vino in queste aree.

Non basta un impulso però per far funzionare le cose però. Ci vuole una idea. Ci vuole imprenditorialità. Ci vuole dedizione. Oltre che tanto altro. L’azienda Pian delle Vette non gode di buona salute. Tanta produzione, qualche scelta di vitigni non proprio azzeccata. Insomma c’è da rimetterci mano.

Così, per caso, come spesso capita in queste cose, Egidio D’Incà capisce che questa che gli si presenta è l’occasione per fare veramente qualcosa per la sua terra. Da solo sarebbe impossibile. Il suo lavoro è un altro e non può certo abbandonarlo. Ha bisogno di un socio e lo trova nel modo più semplice: Walter il promotore finanziario, amico di lunga data.

 

Io sono un suo cliente da quando ha iniziato la sua attività negli anni 80. Poi lui ha vissuto nel paese di Mugnai dove ho vissuto anche io. Paese storico della viticultura bellunese.

È il 2016 quando Egidio e Walter si buttano letteralmente in questa iniziativa rilevando l’azienda dalla coppia trevigiana che l’aveva fondata.

Ero rientrato dall’esperienza di Rivergaro aiutando i soci nel veneto. Avevi del tempo. La passione per coltivare la terra c’era ed è venuta questa occasione e abbiamo deciso di fare il salto. Qui c’era una situazione talmente ideale per fare una buona cosa che lo stimolo è venuto fuori.

Ai due si aggiunge nel 2020 Alessandro che di mestiere fa l’istruttore sportivo e fisioterapista e che si innamora delle vigne nel periodo del Covid quando la sua attività è ferma.

Sono quelle casualità che capitano e che si possono prendere oppure no. Non avevo grandi conoscenze specifiche. Durante il lockdown era tutto chiuso e ho iniziato a dare una mano ad Egidio. Mi è piaciuto quello che si faceva qui e dalla passione è diventato un progetto, un lavoro. È il mio lavoro e un po’ alla volta ho imparato la gestione agronomica dall’agronomo e la cantina. Egidio mi sta dando nozioni sulla parte amministrativa.

Egidio, Walter, Alessandro. Tre persone prestate alla viticultura da altri ambiti. Tre persone con una idea ben precisa. Con un progetto imprenditoriale che è proprio ciò che serve perché una azienda possa funzionare davvero. Tre persone animate dall’impegno verso un territorio. Dal senso di appartenenza verso un territorio che sentono proprio.

Lo stimolo è stato il fatto che noi siamo una provincia un po’ bistrattata e quando ero in quel di Rivergaro si parlava solo di Trentino e Alto dige. Quando rientro in patria devo fare qualcosa.

Egidio sa bene come ci si debba sentire quando si vive lontano dalla propria terra natia. Quando, un po’ come a scuola, nessuno sa cosa siano le Alpi Bellunesi. Ma soprattutto nessuno le conosce quando si parla di vino.

La regione aveva fatto uno studio ampelografico dove andava a dichiarare i risultati la nostra zona era propensa per la coltivazione di vini bianchi fermi e spumanti e vini rossi dell’arco alpino. Su questa scorta sono stati piantati 8 tipologia di vitigni dell’arco alpino.

L’azienda che rilevano è piccola. Due soli ettari (poi diventati tre) coltivati con vitigni internazionali come Chardonnay, Muller Thurgau, Pinot Nero ma anche locali come Bianchetta e Teroldego

Il Teroldego viene considerato come vitigno trentino però il primo impianto è stato fatto nell’800 a Tese Valsugana

Il grosso delle vigne lo abbiamo trovato così. C’era l’impostazione del vigneto e una importante quantità di vino perché il precedente titolare non aveva uno sfogo commerciale. Siamo dovuti partire in maniera veloce. I primi due mesi abbiamo dovuto affrontare tutto. Come l’imbottigliamento. Per il vigneto abbiamo dato la svolta in funzione della nostra visione.

Infatti la svolta è nell’utilizzo anche di vitigni svizzeri come Gamaret (incrocio di Gamay e Reichensteiner), Diolinor (incrocio tra Pinot Nero e Rouge de Diolly) resistenti e di struttura: grande segno di imprenditorialità nell’utilizzare vitigni resistenti eliminando quelli poco versatili come il Traminer.

Dalla passione all’entusiasmo per portare avanti un progetto. Con ampi margini di miglioramento. Ruoli ben definiti con Alessandro che si occupa del vigneto e della vinificazione; Egidio della parte strategica, commerciale e amministrativa; Walter che fa da jolly della situazione con focus sulla parte agronomica.

Ciò che manca sono i supporti agronomici. A Feltre abbiamo una scuola agraria che si occupa di lattiero-caseario; a Conegliano fanno solo prosecco. Dunque dobbiamo andare a cercarlo in Trentino

Idee chiare, strategia altrettanto chiara, programmi per il futuro. Chiari.

Il terzetto insomma ha dato una vera svolta imprenditoriale a Pian delle Vette. Due linee di prodotto per due diverse tipologie di vini. La prima fascia costituita da selezioni di uve Pinot Nero, Teroldego, Gamaret, Diolinor, Chardonnay (questa anche in metodo classico con il Pinot Nero) e una seconda fascia di ingresso.

Abbiamo iniziato un progetto con un vicino creando una linea di entrata: frizzante, rifermentato, rosso e bianco fermo, un rosso base. Tutti base Teroldego, Merlot e Muller Thurgau.

In totale la produzione non supera le 15 mila bottiglie anche perché le rese arrivano al massimo a 50 quintali ettaro.

Da noi se vuoi fare qualità devi fare queste quantità.

Bhè con vigneti a circa 600 metri di altitudine, terreno morenico e pendenza a 35/45% di più non si può proprio fare nonostante operazioni in vigna in parte meccanizzata.

Non possiamo fare il diserbo meccanico perché ci sono terrazzamenti. Abbiamo inserito una macchina che ci fa questo lavoro ma non dovunque. Dove ci sono le scarpate più alte occorre farlo a mano.

Obiettivo manco a dirlo è diventare una azienda che sia riconosciuta per la qualità dei vini.

La qualità appunto. Ho personalmente provato il Pinot Nero 2017 (la recensione completa su @ivan_1969) e ne sono rimasto molto colpito dai coinvolgenti e complessi sentori: i frutti rossi e neri e gli aghi di pino a ricordare che siamo ai piedi delle Alpi. Poi la prugna non ancora matura, la violetta in potpurri, il pepe, la cannella, la noce moscata e l’alloro. Tanto per dimostrare di aver riposato per due anni in botte. Non può mancare il balsamico perché siamo in quota. Al sorso me ne sono innamorato. Fresco, secco, caldo, minerale con tannini quasi eleganti perché si possa bere, senza problemi, l’intero calice. Bella persistenza e chiusura di bocca elegante con la prugna che torna. Un vino mai banale, complesso e avvolgente, non morbido ma deciso. Determinato e imponente senza darsi arie. L’ho abbinato ad una tagliatella al ragù ed è stato sublime.

Qui attorno sono nate poche realtà e ancor meno fanno vinificazione. Dunque ci sarà nel futuro possibilità di ampliamento. Per la linea principale molte viti devono arrivare alla maturazione giusta.

E anche la visione del futuro sembra decisamente chiara!

Se parliamo e non facciamo niente, l’esempio per i giovani non c’è. Questo può essere un esempio per far capire che le cose si possono fare.

Egidio, Walter, Alessandro. Sono le Alpi Bellunesi ad essere orgogliosi di voi.

Ivan Vellucci

Mi trovi su instagram : @ivan_1969