17 Mar 2023
Suggestioni di Vino

Roberto Castagnini One Man Band

Roberto Castagnini One Man Band

È proprio vero che il mondo del vino riesce a farti conoscere sempre persone speciali. Ognuna con la propria, unica, storia alle spalle e qualcosa, ancora tutta da scrivere, per il futuro. Le piccole aziende poi riservano sempre sorprese. Nei vini certo, maggiormente nelle persone. O nella persona. Perché in molti casi, di persone che fanno le cose, ce n’è una sola: One man band. Così che i vini non possono che essere la vera espressione della persona che ha accudito le vigne e modellato il prodotto.

Siamo a Carrara, alle pendici delle Alpi Apuane. Una terra di mezzo tra la Toscana e la Liguria anche se in Toscana ancora. Così che quando qualcuno ti parla non ti aspettare l’intercalare tipico toscano. Nella terra di mezzo si parla un vero mix. Forse quasi più ligure.

Mi capita così con Roberto tanto che gli chiedo subito se sia nato li. Lui quasi se la prende. Nato li. Il papà li. Il nonno li. Le terre e la vigna che con il nonno coltivava. Carrarese senza sé e senza ma. Altroché.

Nella terra di mezzo mica sei in pianura. Non tanti metri di altitudine (circa 200). Ma qui tutto è così in ripida salita che le vigne si adagiano su terrazze da meno di un metro, cosa questa che impone lavorazioni esclusivamente manuali. Anzi, più che manuali, da incubo perché non è che ci puoi andare con qualcosa di meccanico. Impervia e a pochi km dal mare tanto che si può vedere, all’orizzonte, anche l’isola d’Elba.

Sono nato e cresciuto nei vigneti. Facevo vino sfuso. Poi imbottigliato. Etichettato. Quando si fanno le etichette si sbagliano e si rifanno. Siamo partiti da un ettaro adesso siamo a tre e mezzo.

Roberto, Roberto Castagnini, parla a raffica. È una persona mite, pacata. Con due occhi che sorridono. Di quel sorriso di chi fa ciò che gli piace. Senza fretta. Senza dannarsi l’anima. Senza qualcuno o qualcosa che gli corre dietro. Ma con tanto amore e passione.

Eppure quando gli chiedo in quanti lavorano nella sua azienda, la Castagnini,  la sua risposta è:

Siamo io, io ed io. Ho una persona saltuaria, un pensionato, che dà una mano in vigna ma poi faccio tutto io.

E in cantina?

Anche in cantina faccio tutto io. L’enologo mi dà una mano ma per il resto faccio io. Lui mi dà i compiti.

Provo ammirazione e tenerezza allo stesso tempo. Anche se Roberto non è uno che fa pesare ciò che fa. Anche se non deve essere per nulla facile salire e scendere per le terrazze dei suoi cinque ettari, lui affronta tutto con calma serafica. Quelli bravi direbbero che ha un atteggiamento Zen. Io dico che Roberto ha in sé la saggezza di chi ne ha viste tante e sa che tanto, pure se si affanna, le cose non cambiano.

Cosa devo fare. Se mi arrabbio non succede nulla. Quello che non faccio oggi faccio domani. Alle 7-7.30 chiudo e vado a casa. Quello che c’è da fare si farà domattina. Domani piove? Me ne vado a casa. Non devo morire della vigna.

Come fai a non voler bene ad una persona così?

Sono nato in mezzo alle vigne di proprietà di mio nonno che seguivo. Imparando tante cose. Volevo fare l’agrario ma ho cambiato strada. Sono tornato poi indietro.

Roberto è una di quelle persone che nonostante avesse la terra ha preferito altro. Da giovani si vede la vita in maniera diversa. Le ambizioni. La voglia di emergere. Di fare qualcosa di diverso dal padre o dal padre di tuo padre.

Prima di ritornare alla terra, nel 2000, Roberto ha avuto modo di fare altro. Tanto altro.

Per sei anni l’agente di commercio vendendo carne fresca (seguendo le orme del papà che era macellaio).

Dovevo fare 5000 km a settimana e sono diventato pazzo.

Poi l’azienda è fallita e ha aperto un negozio di alimentari aggiungendo una macelleria (l’impronta del papà continua). Una realtà che ha dato grandi soddisfazioni fino a quando con i dipendenti e la loro gestione la complessità è aumentata.

Ho preso l’esaurimento e mi sono rimesso a fare vino

Eccolo il vero Roberto. Quello che nella sua pacatezza ha bisogno della libertà e di voler essere responsabile solo di sé stesso e di ciò che produce. La voglia di stare all’aria aperta e curarsi della vigna.

Solo che tra commerciale e cantina la vigna non la vedo più. Volevo starci di più ma ci sono tante altre cose che portano via tempo.

In questo luogo perso tra le colline di Carrara, Roberto dirige la sua orchestra formata da sé stesso. Su e giù per le terrazze. Con i suoi tempi. Come se la vigna e le piante debbano rispettare i suoi di tempi. Ma questa è la vera sinfonia. Perché la cura che Roberto ha nelle sue piante è quella di un padre verso i figli. Come gli aveva insegnato il nonno. Su quelle vigne che ormai avranno più di sessanta anni. Vigne di Massaretta (o meglio Barsaglina ma non ditelo a Roberto che si offende), Vermentino e Vermentino Nero. Con qualche pianta di Sangiovese, Merlot, Ciliegiolo. Tutte mischiate senza un ordine logico.

Sono vigneti vecchi dove c’è tutto di più. Quando vai a fare la vendemmia diventi matto. In vigna è tutto misto. Nel filare due piante di Massaretta, una di Vermentino Nero, uno di Merlot e quattro di Vermentino. Ci devi passare quattro volte per fare la vendemmia.

In fondo un tempo si faceva così. Perché il vino mica si imbottigliava per venderlo. Si faceva per casa e quello che avanzava era venduto sfuso. Quindi non importava cosa c’era dentro. Bastava fosse buono.

Il grande lavoro di Roberto è principalmente sui vitigni autoctoni come il Vermentino Nero e la Massaretta. Difficile da vinificare e complicati da portare in cantina. Ma con risultati che sorprendono quando il lavoro si chiude con successo.

Il Vermentino Nero difficile in vigna perché non puoi fare il cordone speronato, con i grappoli abbastanza lunghi, con chicco grosso e buccia sottile. Niente legno in cantina anche se poi i sentori sono quelli tipici della barrique. Misteri dei vitigni!

Però si porta a casa un vino beverino che d’estate è fresco e anche di frigorifero si beve bene.

La Massaretta complicata in cantina per il continuo rischio di riduzione che la renderebbe imbevibile (tanto che un tempo non se ne faceva nulla).

Lo chiamavano il vino puzzone perché lo mettevano subito in botte dopo la pigiatura.

Gradazione sostenuta che però non si avverte, tannino delicato e levigato.

Solo la Massaretta fa un po’ di legno. Poco perché non voglio la vaniglia.

Roberto vuole i vini come lui. Devono essere e sono la sua espressione: sinceri, schietti, diretti. Mai ruffiani.

20000 bottiglie in totale con un solo blend (per seguire il disciplinare) sono tante per una persona sola. Ma lui non sente il peso. Se lo fa scivolare.

Siamo arrivati ad un ben livello nonostante tanti problemi. Trovare l’enologo è stato difficile. Nel 2016 ho trovato una brava persona e gli ultimi anni siamo saliti di livello. Abbiamo preso anche alcuni premi che sono sempre una soddisfazione

In gamma anche un Vermouth e una bollicina metodo Charmat

Purtroppo oggi se non hai la bollicina non sei nessuno.

Che grande Roberto. Lo dice con una schiettezza disarmante. Quelle verità che tutti pensiamo ma che in pochi si azzardano a dire.

Quando gli parli di futuro, vedi che cala un misto di rassegnazione e tristezza. Per poi riprendersi subito perché tanto Roberto vive il presente. L’unica cosa che lo fa stare bene. In mezzo alla sua vigna tra i filari del nonno.

Tre figli, due femmine ed un maschio che di vigna non ne vogliono sentir parlare.

Ognuno ha la sua strada. Non vedo interesse per l’azienda. Andiamo avanti finché c’è voglia e ce la faccio. Loro, in qualche modo faranno.

 

Saggio. Fatalista. Non so. Però è meravigliosamente disarmante Roberto. Anche se confida che:

Ogni tanto mi viene la voglia di buttare via tutto.

Tanto lo so che è solo un attimo. Perché su quei terrazzamenti lui si diverte. Ci vive.

La mia è passione e divertimento. Altrimenti passa subito la voglia. Faccio ciò che mi piace e ogni tanto c’è qualche piccola soddisfazione. Magari con i premi. Fanno piacere.

L’animo di Roberto è questo. Semplice. Puro. Vuole, anche se non lo ammetterebbe mai, una pacca sulla spalla. Qualcuno che gli dica che la sua passione, il suo divertimento, in qualche modo produce buoni frutti. Amor proprio? Secondo me un modo perché quelle terre che ha ripreso con tanto amore, non vadano proprio abbandonate. Perché i figli si accorgano prima o poi quanto amore si perderebbero se non continuassero il lavoro di papà Roberto.

Il tuo vino preferito?

A me piacciono un po’ tutti. Su tutti però la Massaretta e il Vermentino Nero.

Torneresti indietro?

Si e no. Il lavoro della vigna non è nulla. Il problema è incassare.

Ma non tornerebbe mai indietro Roberto. La sua vita è qui. Me lo immagino, anche con più vendemmie sulle spalle, ad andare su e giù per le vigne. Ma sono anche certo, che uno dei suoi figli sentirà prima o poi il richiamo della terra. È così e sarà sempre così. Dai, Roberto, vedrai che accadrà.

 

Ps ho assaggiato la Massaretta Cybo 2020 ma non ho voluto interrompere il racconto perché mi sembrava scorresse bene così. L’ho recensito sul mio blog Instagram @ivan_1969. Qui posso dirvi che ho trovato Roberto nel vino. Ho trovato la schiettezza della vinosità ma soprattutto posso dire essere un vino che non capisci subito. Un po’ come Roberto che a prima vista appare burbero ma quando lo conosci ti fa simpatia e tenerezza. Piano piano impari a conoscerlo (il vino e Roberto) e ti intriga sempre più lasciandoti la bocca pulita e vogliosa di un nuovo sorso. Che poi è la stessa sensazione che ho dopo aver parlato per ore con Roberto: mi vien voglia di mollare tutto e andare ad aiutarlo nelle sue vigne.

Ivan Vellucci

Mi trovi su Instagram : @ivan_1969