10 Mag 2024
Suggestioni di Vino

Tenuta Cavalier Pepe. Milena, la grazia, la forza

Conoscete la differenza tra slavina e valanga?
In realtà non c’è perché, tecnicamente parlando, sono la stessa cosa. Si tratta sempre di una massa di neve o ghiaccio che si distacca e precipita fino a valle. Aldilà infatti se la massa sia grande o piccola, se si ingrossa o meno durante la caduta, il risultato è sempre abbastanza disastroso a causa della velocità con la quale si muove la massa e il dislivello che affronta.
Quando incontro Milena Pepe dell’azienda Tenuta Cavalier Pepe, ho l’impressione, già dopo poche parole, di essere dinanzi ad una valanga che ancora non ha terminato la sua corsa.

Milena può sembrare, all’apparenza, una donna fragile. La pelle bianca, i capelli biondi, il viso sorridente, la sua parlata con tipico accento francese mista al dialetto irpino. Una fisionomia che oltre a farla sembrare fragile non la connotano propriamente come una donna irpina. Però da quasi venti anni lei vive qui, a Luogosano, un piccolo paesino con poco più di 1100 anime in quel meraviglioso angolo di Irpinia patria di grandi vitigni e grandi vini (Greco, Fiano, Aglianico).

Raccontare la vita di Milena sarebbe forse banale. Lei è donna di marketing del vino formata in Belgio, Olanda e Francia. Sa come si produce il vino e soprattutto sa come si vende. Sa coccolare i clienti e farsi amare da loro. Sa l’importanza del consociativismo e di quanto sia importante valorizzare un territorio. Sa come muoversi sui mercati internazionali. Sa quanto sia importante far conoscere il proprio brand. Lei sa e soprattutto fa. Fa tanto. La trovi ovunque ci sia una fiera nazionale o internazionale del vino. Tanti articoli parlano di lei e della sua storia. Tanti blogger parlano dei suoi vini.
Ecco, in questo articolo ho scelto di non parlare di questo ma di una donna che da sola sta affrontando qualcosa di grande. Forse di anche più grande di lei. Ma lo fa con una tale grazia e una sorprendente forza vitale, difficilmente trovabile in una persona, che tutto sembra facile. Apparentemente.

Milena arriva in Irpina nel 2005. Come una valanga. Dopo aver finito i suoi studi. C’è bisogno di una di famiglia che si prenda cura dell’azienda. Lei è la maggiore e tocca a lei.
23 ettari di vigna acquistati dal papà, il Cavaliere del Lavoro Angelo Pepe, per investire nella sua terra di origine. Lui che dall’Irpinia se ne era andato trenta anni prima alla volta del Belgio dove aveva aperto ristoranti crescendo piano piano come imprenditore.

Sembra una storia semplice. Cosa c’è di più bello che ricevere le “chiavi” di una impresa e poter mettere a frutto ciò per il quale si è studiato?

Quando sono arrivata in Irpinia ho detto: e mò chi mi viene a trovare qui? Ho dovuto mentalmente capire come dovevamo fare. Ero associata a Slow Food in Francia e sono diventata socio fondatore dello Slow Food in Irpinia. Poi associata a Donne del vino. Quindi al locale Consorzio. Infine a FIVI. Molto associazionismo per farmi conoscere sul territorio. Essere presente. Il Movimento Turismo del Vino con Cantine aperte e con gli eventi successivi ha creato tanto. Io figlia di ristoratore so come si accoglie una persona ma il decalogo che mi hanno fornito ha aiutato. Tenuta Cavaliere Pepe da sola non ce la può fare. Serve questo.

Tanta consapevolezza per una azienda che oggi è arrivata a produrre oltre 500.000 bottiglie in circa 70 ettari. Le esperienze in Francia, specialmente quella da Chapoutier, grande produttore ma anche grande marketer, sono state di grande insegnamento. Forma mentis e praticità. Studio e spirito di abnegazione. Tanta volontà. Tanta ce ne vuole davvero. Lei che non si spaventa di lavorare in un mondo di maschi così come arrivare in un paese così piccolo. Le ossa se l’è già fatte in Francia, al BTS in mezzo ai vigneti, in un paesino di 200 abitanti, nella profonda umidità della Borgogna, in un ambiente molto maschile.

Non me ne sono accorta sul momento. Venivo dal Belgio, Bruxelles, un collegio cattolico, nobili. Mi chiamavano Barbie. Un ambiente maschile. Così mi sono concentrata sullo studio. Non avevo la tv. Ho studiato tanto tanto tanto.

La forza delle idee di una donna che si scontra con l’isolamento e la difficoltà del luogo. Essere donna già non aiuta nel mondo del vino. Esserlo in Irpina, ancor meno. Un mondo maschilista da un lato, la difficoltà ambientale dall’altro. Con un padre che ha l’ambizione di crescere. Anno dopo anno quei 23 ettari crescono. Crescono. Crescono. Fino ad arrivare a 70. Crescono gli ettari. Crescono le bottiglie. Crescono gli investimenti. Cresce il lavoro. Per Milena. Che sola è e sola rimane a gestire l’azienda.
Papà Angelo non è presente. Ha i suoi ristoranti da mandare avanti. I fratelli e sorelle di Milena vivono in Belgio e di spostarsi in Italia non ne hanno possibilità. Milena è sola e si sente sola. Ma questo è il suo sogno. La voglia, la perseveranza, la determinazione che dimostra Milena è straordinaria. Dalla scelta dei vini a quella di valorizzazione del territorio e della sua azienda.

Nel 2005 sono arrivata sotto vendemmia. Senza serbatoi, senza elettricità. Il primo anno è stata una battaglia. Quasi che nono ci volessero far vinificare. Papà aveva costruito i primi 500 metri quadrati di cantina. Opera mia si chiama cosi perché sono caduta in una delle vasca. Non dentro. Fuori alla fine delle vendemmia. Era una vasca di Aglianico che stava ancora fermentando. Non sapevo neanche cosa fossero le scarpe antinfortunistiche. Forse non ero nemmeno assunta.

Il primo passo per poi lavorare su altro. Su ogni piccolo particolare di una azienda che produceva e conferiva ma al tempo stesso voleva diventare grande. Il papà più orientato alle dimensioni. Le vigne. La quantità. Voleva creare un ristorante nella tenuta. Voleva crescere. Milena, in un territorio così vocato per il vino, capiva che si poteva e si può fare altro. Valorizzarlo ad esempio. Valorizzare i vitigni nelle loro espressioni più alte. Contaminazioni. Tradizioni. Valorizzare i prodotti della terra oltre il vino.

Per fare questo c’era tanto da fare. Dal creare la rete vendita alle etichette nelle varie lingue, a gestire la comunicazione, ecc ecc ecc ecc. Un progetto dove aveva tanto e tutto da fare.

Era bello perché potevo fare tutto. Papà era presente. Solo al telefono purtroppo.

Le discussioni tra Angelo e Milena non possono che iniziare come è normale e giusto che sia quando si hanno idee diverse con alla base tanta passione e ardore. Legato alle tradizioni il primo che sceglieva anche le barbatelle; innovativa, internazionale e con idee ben precise Milena. Attento alla quantità e alle dimensioni papà Angelo; focalizzata sulla qualità e sul territorio Milena.
Due filosofie diverse. Due modi diversi di intendere il vino e la gestione aziendale. Un papà istrionico e impulsivo che vorrebbe gestire a distanza con un progetto improntato sulle dimensioni. Milena che sa cosa vuole. Sa come fare bene le cose. Sa quanto e cosa ci vuole. Ha studiato per questo. Ha l’animo e la passione giusta.

Due caratteri diversi
Prendon fuoco facilmente
Ma divisi siamo persi
Ci sentiamo quasi niente

Così cantavano Mina e Celentano nella bellissima canzone “L’emozione non ha voce”. Quanta verità c’è in queste parole e quanta attinenza c’è nel porle in questa storia.
Nelle parole di Milena c’è tanta volontà e forza. Passione e fatica nel portare avanti l’azienda, la necessità di padre dal quale ricevere, anche una volta ogni tanto, una pacca sulla spalla. Un cenno di approvazione. Una carezza. Non solo più ettari da gestire.

A pensarci bene però, per un uomo che si è fatto da solo, che è emigrato per andare in cerca di fortuna rimboccandosi le maniche e lavorando sodo, è proprio questo il modo per dirle quanto è brava e quanto i fidi di lei.

Ho avuto la difficoltà di trovare le persone che mi capivano. La grossa parte dei collaboratori è nella vigna perché abbiamo sempre vigneti da piantare. Adesso ho una ottima squadra in cantina e un ottimo enologo, Gennaro Reale, con il quale ci rispettiamo reciprocamente. Con lui può solo migliorare. Ci confrontiamo sempre. Papà interveniva più nel passato, meno oggi. All’inizio c’era un enologo di Taurasi. Poi, per avere un respiro più ampio come il mio, c’era un ragazzo francese che poi non è più potuto venire. L’incremento della produzione necessitava scelte che non sempre papà voleva seguire. Nel tempo ci hanno ascoltato.

Milena è sola. Sola nel gestire tutto. Una situazione familiare che la lascia purtroppo sola in Irpinia. A lavorare incessantemente. Con l’azienda cresce e lei sempre sola. Il senso di responsabilità le fa sentire l’azienda sulle spalle. La voglia di far sempre qualcosa di nuovo e per il bene dell’azienda e del territorio. Creare, inventare, sperimentare. Sempre con il suo sorriso. Sempre con la sua inesauribile energia.

Ho creato i tour per la cantina e le vigne. I tour sul tartufo, la lavanda, i formaggi. Ho sviluppato tanto. Sono da sola però. I fornitori, i clienti, i giornalisti, i dipendenti vogliono me. Avrei bisogno di riposarmi ogni tanto.

È davvero così: tutti vogliono lei. Lo vedi quando la incontri alle fiere come al Vinitaly dove sono riuscito a salutarla a malapena. Accerchiata dalle persone che la abbracciano e vogliono fare un foto con lei come se fosse una diva. Ma in fondo lo è. Lo è per la sua affabilità così come per i vini che produce. Vere creazioni. Veri punti di riferimento non solo per l’Irpinia.

Ciò che si ritrova tra le mani è una azienda da 500.000 bottiglie annue che, per il meridione, sono sintomo di grande azienda. Una gamma molto ampia. 4 vitigni autoctoni bianchi, Falanghina, Greco, Fiano, Coda di Volpe. Sua Maestà l’Aglianico per i rossi.

Vogliono tutti il vino fresco ma io sono di altra cultura. Con vini impegnati e arrotondati. Ci sono tante denominazione e abbiamo in vigna anche vitigni per blend. Si è deciso di avere vini più morbidi e vini più strutturati come il Taurasi. Per i bianchi volevo le riserve. Le modifiche ai disciplinari per Fiano e Greco riserva li ho voluti io più di sette anni fa quando ero Presidente del Consorzio. Ci è voluto tanto. Ci sono volute parecchie presidenze.

Una cultura quella di Milena che miscela sapientemente tradizione e l’innovazione con un occhio attento al mercato. Internazionale. Perché Milena sa che non ci si può ne si deve fermarsi al mercato domestico se si vuole far funzionare una azienda così grande. Ecco che nascono vini variegati pur mantenendoli nello stupendo contesto irpino. I vitigni della storia, i metodi della contaminazione, lo sviluppo della novità.

Cominciamo dal Bianco di Bellona da Coda di Volpe. Un vino che nella sua semplicità esprime al meglio le potenzialità del vitigno. Fresco, sapido, armonioso. Una scoperta..

Poi Lila, la Falanghina DOC. Anch’esso semplice, lineare, pulito. Dotato della freschezza tipica della Falanghina con quel retrogusto di frutta fresca che rimane a pulire la bocca.

Nestor, il Greco di Tufo DOCG, corposo e ampio già dal bouquet di frutta matura e fiori per poi ritrovarlo ad avvolgere la bocca.
Refiano è la Falanghina DOCG con la mineralità acquisita dai terreni vulcanici si sposa con la pastosità della frutta tropicale e di quella candita. Un vino che avvolge sinuoso la bocca donando frutti e spezie per arricchire il sorso e il naso.
I bianchi si arricchiscono delle due riserve, Brancato da Fiano e Grancare da Greco di Tufo. Entrambi DOCG ovviamente ed entrambi con un passaggio in barrique. Ne derivano due grandi vini che mantengono meravigliosamente inalterate le caratteristiche dei vitigni aumentando complessità, corpo e persistenza. Un bouquet che si scalda, si matura e diventa ricco di tostature e spezie. Due esperienze divine.

Il Brancato meraviglia per la sua nota lievemente vanigliata che si unisce al balsamico e all’erba fresca per dare freschezza e complessità. La noce moscata e la cannella si fondono agli agrumi, ai fiori di camomilla e alla melissa. Il bouquet è complesso e ampio, intenso ed interessante. Un sorso fresco ma manco tanto; caldo ma manco tanto. Grazie alla sapidità raggiunge un perfetto equilibrio. Il retrogusto di nocciola che si unisce agli agrumi ed alla pesca, lo impreziosisce associandolo indelebilmente al territorio. Un vino che risulta versatile come abbinamento ma lo berrei tranquillamente anche senza cibo, in riva al mare o guardando una vigna al tramonto. Stupendo.

Ho lasciato per ultimo tra i bianchi il Vigna Santa Vara il cui nome deriva dall’omonima vigna di Falanghina. Un vino che reca in se un metodo di produzione particolare quale la fermentazione in botte per poi affinare sulle fecce sempre in botte. Vi ricorda qualcosa? Ovviamente i sentori non possono che arricchirsi di tostature e spezie così come il sorso non può che ampliarsi allungando la persistenza. Divino.

Sei poi i rossi. Tutti dedicati all’Aglianico.
Appio con il suo lungo processo che parte dalla macerazione in anfora per 20 giorni, affinandosi poi in anfora e barrique per 2 anni e ulteriori 2 in bottiglia. Un tempo nemmeno sufficiente per ammorbidire i tannini dell’Aglianico ma certamente utile per donare grande eleganza e forza.

Ho avuto il piacere e l’onore di provare la bottiglia n. 1541 di 1910 dell’annata 2017. Appio è uno di quei vini, pochi davvero, che risultano immensi per la loro nobile schiettezza. La vinificazione in anfora e il successivo affinamento sempre in anfora non apporta particolari intensità olfattive ma, meno male, lascia inalterati i sentori naturali di questo meraviglioso vitigno. C’è frutta al naso: ribes e mirtilli, more e ciliegie. Frutta non particolarmente matura a riprova che per domare l’Aglianico ci vuole ancora tempo. Ci sono i fiori rossi insieme ad un non so che di pomodoro. Di quelli che si coltivano in Irpinia.  Appio appare dunque già intenso al naso. Non complesso, intenso, poderoso.

Il sorso riempie la bocca e la porta ad un livello superiore. Ampio e avvolgente, fornisce una sensazione di spazialità. mai banale. Tannini presenti, precisi, puntuali quasi domati. Ma non è ancora il tempo. Secco e fresco. Anche sapido. Una bocca che chiude in maniera elegantissima, forse memorabile. La ricordi e la ricordi ancor di più durante una cena. Senti in bocca tutta l’Irpinia, il Taurasi, il sole, la montagna, le valli. Senti la genuinità di qualcosa che non ha subito evoluzioni modificanti mantenendo la sua vera essenza, quella di un vino poderoso ma che sa offrirsi con generosità. Un vino che non va compreso, va scoperto e rispettato.

La Loggia del Cavaliere cambia completamente il processo di produzione e affinamento. Fermentazione e macerazione in acciaio poi 24 mesi in barrique e tonneau, 24 mesi in vasca di cemento, 18 mesi in bottiglia. Un vino complesso e ampio. Note di frutta secca come noci e datteri, poi marmellate di prugne e ciliegie. Tanti frutti rossi in potpourri, sottobosco, e ancora frutta, stranamente alpina.  Arriva la vaniglia e la noce moscata insieme al pepe e ad un tocco di ferroso. Infine cioccolato. Tutto mi ricorda la pizza dolce alle noci di mia nonna: una bomba fatta di pasta sfoglia con noci, miele e cioccolato. Un sorso fresco. Una bella struttura. Sinuoso per via dei tannini addomesticati e setosi. Un modo diverso e unico di interpretare l’Aglianico. Non banale e che non va banalizzato.

Opera Mia è il Taurasi DOCG. 12 mesi di barrique, 24 mesi in cemento, 12 in bottiglia. Un vino intenso e voluminoso con i tannini presenti e vivi a reclamarne la presenza. Un colore impenetrabile, intenso come la profondità del mare. La voglia di perdersi dentro è totale in una sorta di attrazione fatale. Sentori immediati di frutta e balsamico. Cioccolato e caffè. Meravigliosa maturazione dei frutti che si fonde con il cioccolato. La roteazione del bicchiere offre sensazioni ancor più avvolgenti ancorché sempre scuri. Poi anice stellato, pepe, liquirizia, origano. Tutto trasporta verso l’ignoto. Anche il sorso, che con un avvolgente calore che si avverte solo dopo, prima ti ammalia poi ti trascina. Persistenza lunga per un vino che continua a coinvolgere anche grazie ad un retro olfatto fruttato. Opera Prima, seconda, terza. Da non fermarsi.

Santo Stefano Irpinia Campi Taurasini è l’Aglianico con meno struttura. Fermentazione e macerazione in acciaio per poi affinare 12 mesi in barrique prima, 24 in acciaio e 6 in bottiglia poi. In bocca mantiene l’eleganza pur aumentando la forza.

Sanserino infine è l’unico rosso che offre all’Aglianico la presenza del Sangiovese (30%) evitando il passaggio in botte. Un vino semplice e spontaneo. Di quelli che servono per accompagnare un piatto di salumi e formaggi in allegria.

Non possono ovviamente mancare un rosato e le bollicine.
Il rosato è ovviamente da Aglianico. Vela Vento. Fresco, profumato, aromatico. Un vino che va bevuto a litri al tramonto.
Tre le bollicine.
Or’Osè (blanc de noir) e Oro Spumante (blanc de blancs) sono prodotti con metodo Charmat. Semplice e utili in molte occasioni potendo trovare le differenze tra i due in un interessante gioco di società.
Oro Classico, il blanc de blancs metodo Classico. Cresce la complessità per delle bollicine super interessanti.

Tanti ettari, tante tipologie di vini, tanto lavoro. Sia in vigna, dove si fa tutto in biologico e a mano, sia in cantina dove le lavorazioni si moltiplicano sia fuori e dentro l’azienda per far conoscere i vini.

Io non mi vedo concorrente di altre aziende qui. Magari le altre si. Mi vedo diversa, più piccola, una dimensione che consente prodotto di nicchia. Durante il covid ho creato il sito che non c’era. Le strategie di posizionamento e prezzo. Mi sono interfacciata con la grande distribuzione fino a quel tempo snobbata. Ho sempre ricevuto le persone. Abbiamo creato i gazebo su misura sotto i quali possiamo ospitare fino a 100 persone. Creato la passeggiata. Recuperato il ristorante per le degustazioni. Creato i percorsi riadattando tutto anche durante la vendemmia. Durante il covid ho dovuto creare tutto rispettando le regole. Un delirio. Ho partecipato e vinto dei bandi di gara in Svezia, Norvegia, Canada. Su Air Canada e su American Airlines. Adesso ho trovato una persona in gamba che capisce di enologia, sommelierie, che parla le lingue a vuole vivere in Irpinia. E che vuole lavorare di sabato e domenica. È un problema per molte persone trovare i collaboratori.

Ritorna spesso il tema dei collaboratori. Milena la pone in una maniera molto diretta e precisa. Per una azienda con una simile produzione, l’ospitalità soprattutto di clienti stranieri e l’esportazione diventano requisiti fondamentali per sopravvivere. Conoscere le lingue, non è un plus ma una necessità. Essere disponibili a lavorare nel fine settimana, non è ogni tanto ma la regola. Ecco che trovare persone è già complicato di suo, portarle in Irpina è ancora più complesso.

Un territorio tutto da valorizzare. Una donna grintosa, con tante idee. Tanta voglia di fare. Un papà poco o forse, al contrario, molto attento.

Milena è ovunque. Parigi, Düsseldorf, Verona. Segue l’estero. Segue l’Italia. Segue l’azienda all’interno della quale c’è anche il ristorante che può ospitare fino 180 persone. Una sala grande. Quattro salette con camino. Una veranda con paesaggio a 360 gradi su tutta l’Irpinia. Una azienda vivibile tutto l’anno. Ha insomma certamente avuto carta bianca per creare ciò che ha voluto. È ovunque.

Ogni settimana c’è qualcosa. In Irpinia abbiamo 5 tipologie di tartufo delle 7 presenti in Italia. La lavanda irpina. I formaggi irpini. Meravigliosi e poco noti. Ci vuole gente che lavora il sabato e la domenica.

Una donna sorridente, piena di vita, di voglia di fare. Passione per il vino. Passione, e amore, per una terra che non è la sua ma che le ha comunque donato una famiglia. Una gran voglia di far bene, di portare le sue idee a vantaggio del territorio. Una donna amata dai clienti, dai fornitori, dalle persone delle quali si circonda. Una persona con un cuore grande. Competente e affabile. Quel suo sorriso che riesce a farti sciogliere. La sua parlata, quel meraviglioso accento francese misto ad una cadenza irpina come a dire che conosce più il dialetto che l’italiano.
Questa è Milena Pepe. Arrivata in Irpinia, a Luogosano come una valanga a curare le terre acquistate da papà Angelo perché la più grande dei cinque figli ma anche colei che, avendo fatto studi appropriati, si sarebbe potuta occupare della tenuta.
Capisco in fondo papà Angelo, Cavaliere del Lavoro, nella sua cultura di volersi espandere. Partito dall’Irpinia quando non c’era niente e arrivato in Belgio a costruire un piccolo regno nella ristorazione, la voglia di rivalsa, di emergere, di far vedere che ce l’aveva fatta, di dare qualcosa alla propria terra di origine. Crescere per investire. Crescere per dare lavoro. Crescere per dire al mondo chi era diventato. Il Cavaliere del Lavoro Angelo Pepe.
Giuste e sacrosante ambizioni certo. Ma c’è anche Milena.
Milena, Milena, Milena. Tutto ciò che la Tenuta Cavalier Pepe ha raggiunto dal 2005, anno nel quale ha messo piede in azienda, la si deve alla sua forza, alle sue idee, alla sua perseveranza. Ma anche al suo beatificante modo di fare, di porsi. Con grazia da un lato, forza dall’altro.

La Tenuta è profondamente diversa così come era una volta. Oggi è qualcosa di grande, unico e importante. Anche grazie a Milena. Milena che ha dedicato all’azienda tempo e passione togliendolo alla sua famiglia, ai suoi figli. La sua vita. Papà ha messo i capitali, determinazione, lungimiranza. Ha anche scelto al persona giusta, Milena, per far crescere l’azienda di famiglia. Ha riposto in lei una fiducia grandissima. Perché solo se si ha fiducia in una persona le si può affidare una cosa così grande.

Ogni tanto però, Milena avrebbe bisogno di una pacca sulla spalla, di una parola di conforto, di un abbraccio. Basterebbe poco. Basterebbe davvero molto poco.

Con affetto.

Ivan Vellucci

ivan.vellucci@winetalesmagazine.com

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