17 Mag 2024
Suggestioni di Vino

Terre Antiche. Il Cesanese si distingue

Eravamo quattro amici al bar
Che volevano cambiare il mondo
Destinati a qualche cosa in più
Che a una donna ed un impiego in banca
Si parlava con profondità 
Di anarchia e di libertà
Tra un bicchier di coca ed un caffè
Tiravi fuori i tuoi perché e proponevi i tuoi farò

Nella canzone di Gino Paoli, gli amici erano quattro e bevevano coca e caffè. Qui di amici ne abbiamo tre. Non so se sono al bar ma di certo non bevono coca e caffè, ma vino. Un vino che ha radici nel passato, probabilmente nell’antica Roma: il Cesanese. 

Poco lontano da Roma, il comune di Affile, divenne colonia romana già del 133 a. C. Qui c’erano e ci sono ancora dei boschi che vennero tagliati proprio per far posto alla colonia. Cesanese infatti deriva da Caesae, il luogo dagli alberi tagliati. 

Il Cesanese nacque qui e qui, nell’areale che comprende i comuni di Piglio, Acuto, Anagni, Paliano e Serrone si produce il Cesanese del Piglio DOCG. Affile invece è a capo del Cesanese di Affile DOC. Due denominazioni per due biotipo di uve. 

In ogni caso il Cesanese è vitigno difficile. Pieno, ruvido e poco domabile ha avuto vicende alterne per poi diventare finalmente protagonista nel Lazio e non solo. 

Anche il Marchese Onofrio del Grillo, o meglio Gasperino il carbonaro ne facevano grande uso.

Gasperino: “….aspetta ‘n pò prima de fa fagotto dimme ‘na cosa, ma quel vinello che se semo bevuti oggi a tavola, ma che o famo noi?
Amministratore: “Si Signore, viene dalla vigna del mascherone!”
Gasperino: “Si, e quanto ce ne avemo?”
Amministratore: “Parecchie botti….di quello nuovo, più quello vecchio imbottigliato!”
Gasperino: “ Si indove statto tutte ‘ste botti e ‘ste bottije, oltre a casa tua?
Amministratore: “Giù in cantina!”
Gasperino: “E allora io vado in cantina e tu te ne vai affanculo. Brutto ladro.”

Torniamo a noi altrimenti mi perdo.

Tonino, Michele, Ambrogio. Il vino lo bevono. Come tutti in queste zone e ci mancherebbe altro. Mica solo il Cesanese. Anche la Passerina che è tipica del frusinate. Lo bevono certo ma non lo producono. Anche perché fanno altro. Tonino ha una azienda che si occupa di materie plastiche; Ambrogio, una azienda di movimento terra; Michele fa il commercialista (anche per le aziende degli amici). La passione per il vino li accomuna e tra un bicchiere e l’altro è Tonino a proporre di costituire una azienda. Ambrogio e Michele si accodano.

Pazzi? Visionari? Incoscienti? Romantici?

Ah beh questo non lo sapremo mai. È il 2017 quando decidono di acquistare quattro ettari. Non quattro qualsiasi ma quattro ettari con piante di Cesanese vecchie di sessanta anni nella DOCG. L’anzianità delle vigne ma anche la storia di questi territori conduce immediatamente al nome dell’azienda: Terre Antiche.

Le vigne sono proprio sulla Strada del Cesanese, a Colle di Grano e Gricciano. La cantina ad Acuto.

Tonino è quello dinamico. Una mina vagante. Proviamo. Facciamo. Se propone qualcosa io mi ci accodo. Michele è il preciso dell’azienda. Ambrogio è tutto fare. Se serve qualcosa lui la trova.

La follia si sa è una cosa meravigliosa. Specialmente se sana. La sana follia è quella che ti fa fare cose apparentemente insensate ma con un contenuto estremamente intelligente. 

Il terzetto sa bene che produrre Cesanese DOCG come tutti gli altri produttori non avrebbe senso. Occorre essere diversi e proporre un prodotto diverso. Anzitutto sano. Non fosse altro perché i primi clienti sono proprio loro.

Ecco allora che scelgono di partire in regime biodinamico. Non sapendone molto, si affidano ad una persona che è quasi un guru per il biodinamico nel Lazio (e non solo): Michele Lorenzetti. 

La gestione agronomica ed enologica è affidata a lui mentre i lavori in vigna a Gianni. Tuttofare dell’azienda. 

La filosofia era un vino naturale. Michele Lorenzetti è l’enologo e agronomo. Ci siamo indirizzati bene. C’è dall’inizio. Dalla prima potatura. Una scelta intelligente. In vigna abbiamo una persona fissa tutto l’anno.

La scelta della biodinamica si unisce a quella della vinificazione in anfora. Insolita per Cesanese e Passerina (i due vitigni tipici di queste zone). La necessità comunque di un passaggio in botte per domare il Cesanese comporta una ulteriore scelta di distinzione. Non botti piccole, non rovere. Botti da mille litri in legno di castagno così da non avere grande invasione del legno e quand’anche ci fosse, limitata, che sia di legno locale.

La prima vendemmia nel 2019, quattro ettari diventano cinque e Giorgio (con il quale parlo) viene cooptato in azienda per occuparsi della parte marketing e commerciale. 

Proprio la prima vendemmia fornisce segnali incoraggianti. Eufonia, uno dei vini rappresentativo dell’azienda conquista alla prima uscita i cinque grappoli Bibenda (2019). Come a dire che se il buongiorno si vede dal mattino, i tre hanno fatto un buon lavoro!

L’idea alla base era il Cesanese DOCG. Volevamo fare un cesanese diverso. Siamo in regime biodinamico. Ad impatto zero. Abbiamo anche i pannelli solari sulla cantina. È nata proprio cosi per fare un Cesanese diverso. Un Cesanese classico sarebbe stato un Cesanese tra i tanti. Anche l’affinamento in elementi naturali era per fare un prodotto diverso.

Cinque le etichette proposte.

La Forma, dal nome della zona ove sono i vigneti, è il bianco da Passerina. Un bianco che grazie alla fermentazione  ’affinamento in anfore di terracotta si configura come una Passerina decisamente unica. Rimane semplice e deciso ma con una persistenza che si allunga decisamente. Insolito.
Insolito anche per un colore al limite del dorato e una limpidezza che va apprezzata cosi come è vista la mancata filtrazione. Sentori vinosi di frutta tropicale, di mandarancio e banana, di pesca bianca e di tanti fiori gialli, di melissa e camomilla. Insolito per quella vena di balsamico che fa capolino. Un insolito che riempie pastosamente il naso. Non so se si può dire pastosità olfattiva, ma è ciò che definisce meglio questo vino.
In bocca mi sa di un vino vero, di quelli di una volta che non avevano artefazioni. Niente lieviti inoculati, niente uso di diserbanti, solo anfora. Insomma ci vuole arte. Qui c’è tutta e la bocca restituisce il singolo chicco di uva. La sensazione è proprio quella di avere in bocca gli acini. Se ne estrae il succo. Se ne sente la compattezza. Se ne inala il retrogusto. Una bella freschezza, secco, non particolarmente caldo, splendidamente sapido. La bocca chiude in maniera eccellente e la voglia è di berlo ancora anche per via di una persistenza non elevata e un bilanciamento perfetto. Facile beva, piacevolmente insolita. Finirei la bottiglia.

Rubino, Cesanese del Piglio DOCG. Prende il nome dal colore della prima svinatura. Fermentazione in anfora con un 20% di grappoli interi e affinamento in botte, anfora e acciaio. Ne deriva un interessante Cesanese di medio corpo. Elegante direi grazie a note essenziali di frutta e fiori. Si beve bene ma sempre accompagnato come vuole il Cesanese. Poderoso

Eufonia, Cesanese del Piglio DOCG. Fermentazione in anfora con le bucce e affinamento sempre in anfora. Nessuna chiarifica senza che il colore ne risenta.

Il nome pare derivi dalla esclamazione di una persona che durante la prima degustazione disse che il gusto ricordava il rumore della vigna. In effetti mi da questa sensazione. Sentori non particolarmente complessi ma decisi e precisi: frutta ancora non matura (arancia sanguinella, melograno, fragoline di bosco); erbacei, fiori rossi non sbocciati.

Il sorso poderoso ed equilibrato. Bello fresco, non particolarmente caldo e una sapidità che piano piano arriva. Tannino deciso e importante. Come un Cesanese vuole. Bellissimo e riuscitissimo bilanciamento. Persistenza non particolarmente lunga con finale che si arricchisce con un tocco di vegetale tale da renderlo particolarissimo. Insomma un vino che si ricorda e che merita un giusto accompagnamento con una pasta al ragù o una bistecca alla brace. Un vino vero, bello, non artefatto.

Monumento, Cesanese del Piglio DOCG, a voler essere l’opera monumentale dell’azienda. È il cru che deriva dalla vigna Colle di Grano. Fermentazione in acciaio e affinamento in botte di castagno per 10 mesi ai quali fanno seguito 12 in bottiglia. Un vino elegante che aumenta complessità rispetto ai precedenti. Tannino bello deciso. Un vino che può continuare ad affinare in bottiglia per donare sensazioni anche nel futuro. Di prospettiva.

Mi è piaciuto per le note che sanno di profondità. C’è alloro e balsamico. C’è foglia di pomodoro e cioccolato. C’è tabacco Kentucky e castagno (quasi marron glacé).

Mi è piaciuto per la ricca trama tannica presente e rilevante con la persistenza quasi lunga. La sua sapidità, il buon bilanciamento e il corpo, non opulento, non stressante. Il finale con la assoluta non banalità che ricorda le ciliegie sotto spirito di nonna con quel lievissimo, impercettibile ma preziosissimo amarognolo. Anche questo, un vino che si ricorda!

Infine, l’ultimo arrivato, il rosato da Cesanese R(osè). Vendemmi tardiva e vinificato in anfore di terracotta. Decisamente insolito e unico nel suo genere. Uno di quei vini che accompagnano le estati esaltandole per la sua freschezza e semplicità ma anche per la capacità di accompagnare tanti piatti. Convincente. 

Io mi occupo della parte commerciale e marketing. Lavoro nell’altra azienda di Tonino. A me piace questo mondo. Le vinificazioni sono fatte tutte con contenitori del territorio. Anfore di terracotta non smaltate, botti non in rovere perché non ci appartiene. Castagno da 1000 litri perché del territorio. Vino avvicinato al territorio. Ambrogio si occupa della parte agricola. Con l’azienda di movimento terra ha i trattori dunque per la manutenzione della vigna se ne occupa lui. Michele della parte amministrativa e commerciale. Tonino commerciale. Eventi, agenti, distributori. Quasi tutti i giorni sono presenti.

15 mila le bottiglie prodotte con un obiettivo di massimo 20 mila. Il distretto è piccolo e non si può ne si deve crescere troppo. Oltretutto la scelta di fare un vino il più naturale possibile fa si che ci voglia tempo e dedizione. L’aumento dei numeri vorrebbe dire dover rinunciare al loro primo lavoro cosa questa al momento, impossibile. Bello che rimanga una passione e un business che deve crescere. 

È una passione. Un business fino ad una certa perché se lo dovessimo fare per le entrate no. Io essendo poco che sono qui, da luglio, sono il jolly. Mi sento parte del progetto. Mi coinvolgono in tutto e mi fanno divertire. Quello che c’è ed ho visto, funziona tutto. Il vino piace e i feedback sono positivi. In cantina tutto funziona. C’è Gianni che fa tutto. Sulla parte commerciale stiamo crescendo. Non vogliamo crescere troppo. Facciamo un vino che beviamo tutti i giorni.

Visto che nella canzone di Gino Paoli, ne rimane solo uno, l’augurio che mi faccio e che faccio a tutta la banda di Terre Antiche, è di continuare a stare insieme. Per business e per diletto ma, sopratutto, per non privarci dei loro vini poiché danno del Cesanese una interpretazione che sarebbe certamente piaciuta a Gasperino il carbonaro. Oltre che a me.

Ricciotto: “ Namo!”
Gasperino: “ Ma che fai Aho!? e lassame perde, porca mignotta, devo finì er Genzanese del ’91…
Ricciotto: “ Namo!”
Gasperino: “ Ma chi sei Aho! Io so’ il Marchese, il padrone de tutte e botti! me le scolo!

Ivan Vellucci

ivan.vellucci@winetalesmagazine.com

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