14 Lug 2023
Suggestioni di Vino

Terre d’Aquesia: Tiziana, Vincenzo e tanta allegria

Terre d’Aquesia, semplicemente Tiziana e Vincenzo

Quanti come me hanno passato i quaranta. Riformulo. Quanti come me hanno passato i cinquanta (così va meglio), ricorderanno una delle prime (o forse la prima e sicuramente più longeva) sitcom italiana più longeva in assoluto, Casa Vianello. In onda dal 1988 al 2007 ci ha mostrato le evoluzioni della coppia Sandra Mondaini e Raimondo Vianello. Lui, Raimondo, impeccabile professionista; lei, Sandra, padrona di casa fine ed esplosiva. Una meravigliosa coppia che ha fatto della semplicità, della schiettezza e soprattutto dell’ironia, una ragione di essere. Non so se la coppia Sandra e Raimondo fosse appassionata di vini, ma quella che ho incontrato io, oltre a ricordarmela per medesime caratteristiche, lo è senza dubbio.

Vincenzo Adduci è il proprietario di Terre d’Aquesia, Tiziana sua moglie. Terre d’Aquesia sorge ad Acquapendente (VT). Siamo sotto il lago (vulcanico) di Bolsena, nel triangolo che congiunge Lazio, Toscana ed Umbria. Un territorio che, con fatica, cerca di affermarsi per la qualità dei vini e delle persone che hanno deciso di vivere o vinificare qui (o entrambe le cose). Credo oltretutto che queste zona abbiano un che di magico visto che è già la seconda volta che mi imbatto in una coppia che ha scelto questi luoghi per soddisfare la passione vinicola.

Vincenzo ed il suo aplomb unita alla pacatezza dell’ingegnere qual è; Tiziana frizzante, schietta, diretta, ironica, pratica (e grande acume) come si addice ad una dirigente scolastica.

Vincenzo Adduci non è nato nel mondo del vino. È un ingegnere di quelli precisi e meticolosi che arriva (ma non è che non ci stia ancora) dal settore oil&gas che nulla ha a che vedere con il vino. Un ingegnere con la passione del vino. Di quelle che covi dentro da tempo. Che ti tormenta piacevolmente per esplodere al momento opportuno. Ecco il momento opportuno. Per molti questo è frutto di impulso. Un po’ come gli amori che esplodono al primo sguardo. Per un ingegnere non è così. Ci vuole qualcosa prima. E non parlo di certezze quanto di conoscenza. Ha bisogno di sapere. Sapere di ogni cosa che c’è da fare per produrre vino buono e di qualità. Consapevolezza insomma. È così che Vincenzo, continuando a lavorare, si prende una bella laurea in Viticultura e Enologia a Firenze. Con 110 e lode. Ovviamente.

Eh quando c’è la passione

Tiziana non si trattiene. Ma è così. Meravigliosamente così. Sostiene la passione di Vincenzo che è diventata anche la sua.

È una passione. Purtroppo, o per fortuna. Fare un altro lavoro in più alla cantina serve. Prima di crearci una fetta di mercato..

Una fettina. Non so se riusciamo a pagarci le spese della vigna, della passione..

Io faccio l’ingegnere per pagare le spese della cantina. Mi piace sperimentare. Ogni anno faccio vini nuovi, diversi, con metodi diversi

Con tappi diversi. Contenitori diversi. Studia lui

Vincenzo si laurea con l’intenzione di “costruire” un vigneto. Si, avete letto bene, “costruire”. Non è che si accontenterebbe di gestirne uno.

Poi capita l’azienda con la cantina c’era già. Siamo arrivati e abbiamo usato le stesse vigne per costruire vini diversi. È successo tutto nel 2020. Abbiamo fatto il compromesso a novembre del 2019 facendo la vendemmia. L’atto è stato fatto a giugno durante il covid.

Capita così che Vincenzo debba “accontentarsi” di costruire vini e non vigne. Poco male anche perché la proprietà che acquisiscono, con un misto di follia e ragione, consta 12.5 ettari di cui 10.5 vitati. Non proprio pochi per due alle prime armi. Oltre alla vigna, alla cantina e a tutto ciò che gira intorno devono pure gestire il personale che lavora in azienda. Ah già, dimenticavo, il lavoro di Vincenzo e Tiziana è a Roma. Non troppo lontano ma nemmeno tanto vicino.

C’è il personale che lavora in vigna. Alle volte siamo in 10/12. Durante la vendemmia, a mano, io sono in cantina perché ricevo le uve e le lavoro. Non ho l’attrezzatura per i bianchi ma uso un metodo artigianale. Metto le uve nel torchio e uso il mosto fiore. Ciò che avanza lo uso come sfuso. Le rese sono dunque molto basse. Chardonnay e Grechetto ci danno grandi soddisfazioni. Il 2021 penso che sarà quello più internazionale e morbido.

Il 2019 si sentiva ancora l’amarognolo 

Vincenzo è l’ingegnere che studia e studia davvero. Dopo la laurea nel 2017 si mette pure a fare consulenze per la regione Lazio.

Ho applicato delle tecniche che avevo studiato ad alcune vigne sui Castelli Romani, a San Vito romano, a Nettuno. In fondo ho fatto la tesi sull’agricoltura nel Lazio.

Non è stato ben visto in Toscana

La tesi era “Il Bellone e la viticultura nel Lazio”. Ero uno sconosciuto a Firenze. Hanno visto che non parlavo di Chianti del Brunello…

Sono stati carini i professori con lui

Prima della laurea ho esercitato con gli assaggi

Abbiamo girato tutte le cantine del mondo. I nostri viaggi erano tutti a sfondo enologico. Vincenzo mi diceva “Ti andrebbe di andare lì?”. Cosa andiamo a visitare un museo? Rispondevo io. Poi giravamo per cantine e assaggiavamo di tutto

Napa Valley, Francia, Germania, tutta l’Italia…

Ci siamo esercitati bene.

Tiziana lavora a scuola dicevamo.

Faccio il lavoro che amo. Per me il vino è in più. Vengo da una famiglia di San Vito Romano e i miei nonni vivevano di vino e olio. Dell’infanzia ricordo la fatica dei vigneti. Mi sono fatta contaminare da questa passione. Attorno al vino c’è tanta passione e ho preso il bello di tutto questo. Dal lunedì al venerdì (o sabato mattina) lavoro a scuola. La sera e il fine settimana, in cantina. Pendoliamo tra Roma e Acquapendente. I pendolari della vigna. La cantina va seguita. Gli operai vanno seguiti. I cantinieri. La gente vuole che sia tu a presentare il prodotto. Il produttore fa la differenza.

L’amore per il vino contagia. Vincenzo ha contagiato Tiziana. Tiziana sostiene Vincenzo. Entrambi prendono questo come pura passione ma anche quel minimo di ambizione che non guasta mai. Giusto un minimo perché, adesso, ciò che conta è stare bene. Insieme e con gli altri.

La cosa più bella è accogliere le persone in cantina e parlare del vino. Farglielo assaggiare. Parlarne discuterne. Io mi diverto in questo senso.

Taaanto

Passo ore e ore a parlare

Ora ore no. Ci fa però piacere ricevere le persone e siamo felici quando vanno via contenti. Mangiamo qualcosa insieme. Mangiamo il salame il prosciutto. Assaggiamo i vini.

Io faccio assaggiare i vini dalle barrique

Solo quando sono molto simpatici però

Una passione sfrenata che si trasforma in un business?

Business è una parola grossa. Un giorno forse. Speriamo una volta in pensione, di ritirarci a vita privata. Tra cinque anni

Cosa vedete dinanzi a voi?

Taaaanto vino, taaaanta uva. Taaante bottiglie. Taaaante barrique…

Ride Tiziana. Ride di quella allegria che solo la spensieratezza nel fare qualcosa che ti dona gioia può dare. Non c’è frenesia. Non c’è voglia di emergere. C’è solo tanta voglia di vivere in armonia con tutto ciò che ti circonda. A riportarla sul lato serio, c’è sempre Vincenzo.

A livello commerciale dobbiamo andare verso est. Un progetto internazionalizzazione verso gli USA e l’Europa del nord. Abbiamo un importatore. Nel 2021 abbiamo fatto 22000 bottiglie. Non avendo mercato non le abbiamo prodotte.

In un momento in cui il mercato era troppo saturo non volevamo imbottigliare perché quello è il costo più alto. Dopo il covid tutti hanno abbassato avendo i magazzini pieni.

Con i suoi 10 ettari vitati, l’azienda ha comunque una elevata potenzialità. Fino a circa 50mila bottiglie. Il che vuol dire una resa decisamente bassa. Ma con uno certosino e meticoloso come Vincenzo, vi sareste aspettati una resa più alta?

Dobbiamo trovare una dimensione che coniughi guadagno, divertimento e produzione di qualità. Siamo alla ricerca di questo connubio.

Vincenzo è rigoroso in vigna come in cantina: si parte dalla bassa resa in vigna, si passa per il biologico, si arriva in cantina dove non può che esserci tecnologia, acciaio e barrique usate e selezionate. Processi e protocolli perché tutto sia controllabile e controllato. Anche il giudizio dei vini viene affrontato con un rigoroso, ma divertente processo.

Siamo un gruppo di enologi che assaggiamo

C’è un conclave. È divertentissime perché tornano in ginocchio. Le barrique vengono assaggiate tutte ed etichettate con una sigla che solo loro capiscono: A, AAA, AA++, A-…  Poi vengono miscelate a seconda della valutazione da questo conclave di enologi che mischiano oltre che il vino anche le competenze. Appaiono tutte felici quando vanno a fare queste cose

In effetti, ci sono 90 barrique…dopo un po’ sbarelliamo.

Procedure su procedure quando fanno queste cose.

C’è una selezione che giustifica anche il costo.

I ristoratori vogliono il vino a due euro e noi non possiamo fornirli.

Vincenzo dirige (avevate dubbi?) le operazioni in vigna. Non può fare tutto da solo in cantina e in vigna: il processo non lo permetterebbe!

C’è anche un agronomo. Che è mio fratello.

Ma glielo hai imposto?

E certo. No scherzo. È una azienda familiare. È sfuggita solo mia sorella ma prima o poi la porto. Per adesso, come me, assaggia.

Sandra e Raimondo. Sono loro. Non ditemi di no vi prego!

La particolarità di questo territorio è l’essere a pochi km dalla Toscana. I terreni sono gli stessi di quelli della Val d’Orcia: argilla con marne. San Casciano dei Bagni è letteralmente dietro l’angolo. È così che le vigne di Sangiovese non possono che produrre un ottimo risultato.

In passato venivano dalla Toscana comprare l’uva.

Stiamo implementando anche altri vitigni nuovi

C’è una parte della vigna che ha avuto dei problemi di siccità. C’era Montepulciano che non ci piaceva. Abbiamo messo due ettari di Ciliegiolo che arriva dalla Maremma che confina anche con noi. Siamo Lazio ma è come se fossimo in Toscana o in Umbria. Un triangolo. Un po’ da una parte un po’ dall’altra.

Vincenzo ha trovato qui vitigni internazionali come lo Chardonnay e il Cabernet Sauvignon. Produrli in purezza avrebbe eliminato quel tratto territoriale, quella identità che ricercava. Così che taglia lo Chardonnay con il Grechetto, il Cabernet Sauvignon con il Sangiovese.

Uno stile Supertuscan. Il Cabernet grazie al terroir si esprime bene senza essere pesante.

Non irrighiamo

Cosa hai portato nei vini?

Eleganza e finezza perché erano vini un po’ grossolani. Gli ho tolto un po’ di corpo per renderli più fini. Ho poi inserito il Ciliegiolo che non c’era. Va un po’ di moda certo.

Ora io me lo immagino Vincenzo che sperimenta come se fosse il piccolo chimico. Non ci sono alambicchi e pozioni magiche ma tini, botti, torchio, sensori.

Mi ritengo sperimentale. Faccio anche naturale senza aggiunta di nulla. Senza additivi. Sto facendo un bianco e un rosso. Lo chiameremo Jazz. Dedicato alla musica. Io suono e adoro il jazz

Ogni tanto dorme! Suona il pianoforte. Non dire niente.

In fondo gli ingegneri sono poliedrici. Basta che gli dai un manuale, istruzioni precise e l’iniziativa arriva da soli.

È vero che a lui piace sperimentare. Però è molto tradizionalista nel modo in cui ad esempio si coltiva. Tutto il personale è di Acquapendente. Le persone sono quelle che fanno questo lavoro da sempre e che vivono nella zona. Questa è sostenibilità del paese. Vengono a vendemmiare perché hanno fatto quello nella vita. C’è rispetto per la vigna perché fa parte del territorio. Rispetto delle persone e della zona. È un modo che si ha di pensare il lavoro e la vita. Noi è che noi dobbiamo diventare ricchi. Ormai siamo vecchi e non dobbiamo diventare ricchi. Ci vogliamo divertire e non vogliamo fare del male al luogo e alle persone.

La passione che non può e non deve passare sopra a tutto. Perché vivere in armonia con ciò che si ha intorno vuol dire tante cose. Alcune magari inflazionate ma, in questo caso, reali. Pure. Perché dettate dalla passione. Quando si inizia proprio con il rispetto del luogo che ospita, delle persone che ci vivono, allora il resto ovvero il risultato, non può che essere una conseguenza.

Attenzione al territorio, al materiale, ai lieviti. La gente beve e non sta male con la testa. Ieri abbiamo bevuto un sacco di vino.

Nessuno ha il mal di testa. Anche persone molto sensibili alla solforosa. Metto il minimo indispensabile. Uso la solforosa molecolare ma solo per evitare i batteri acetici.

Ecco, temo che se facessi una domanda tecnica a Vincenzo sulla solforosa molecolare, partirebbe con una disquisizione tecnica e tecnologica. Me la tengo anche perché Tiziana subito rincalza.

Quest’anno abbiamo messo il concime delle aziende vicine, il letame insomma. È una scelta. Non ci facciamo vedere con il cavallo. Usiamo il trattore. Però siamo in pace con l’ambiente e le persone che lavorano con noi. Non ci premiano i soldi ma siamo contenti così. Abbiamo due lavori bellissimi quindi questo ci deve dare gioia.

È un hobby costoso. Avrei preferito i francobolli. Che pure faccio. Quando ero piccolo

Meno male che li abbiamo lasciati

Con una coppia così non ci si può non divertire. È un assortimento davvero ben riuscito. Un connubio che guarda al futuro con tanta serenità.

Per il futuro ho delle prospettive

Ah ne vengo a conoscenza ora

Oggi usiamo barrique usate, che compriamo in Francia o in Italia. Secondo o terzo passaggio. Per il futuro vogliamo usare il cemento e la ceramica. Specialmente per il Ciliegiolo. È un progetto per il futuro. Così come la tecnologia 4.0, temperatura controllate. Monitor in cantina

Questo un giorno però eh! Una prossima vita. Tutto insieme non lo possiamo fare

Starei a sentirli per ore. Anche perché dando loro il là, sono davvero Sandra e Raimondo. Tra di loro, un tenero ping pong. Un modo di gestire il rapporto che sa di solidità e rispetto reciproco. Nelle loro parole c’è tanto della loro vita e del modo di essere. Sanno prendersi in giro e prendere il bello della vita. Che è fatta di stare insieme.

Tutti nostri vini hanno una dedica. Il Rosato, ad esempio, Rosa rotondo è dedicato alla nonna di Vincenzo. Aquesia bianco e rosso al paese che ci ospita. Ciliegiolo, Contaluna è un toponimo di Acquapendente. È il mio vino. Sta maturando dicono gli enologi. Santermete è il Santo patrono di Acquapendente. Abbiamo fatto anche disegnare un sigillo sulla etichetta con una “A” stilizzata che è l’inziale del suo cognome: Adduci.

I vini dunque.

Aquesia bianco è il blend di Chardonnay e Grechetto. Aquesia rosso è il Sangiovese ammorbidito con un po’ di barrique.

Aquesia bianco è un vino più internazionale e la territorialità c’è con la pesca e la nocciola del Grechetto. Tutto dipende molto dalla annata. Da come si è evoluto.

Vincenzo è molto attento alle annate. Le sfumature che cambiano il vino come se fossero tonalità di colore. Vini diversi che trovi diversi nel bicchiere. Senza standardizzazione. Senza omologazione.

Abbiamo preso in affitto una vigna in collina a 700 m di altitudine (qui siamo a 300) con vitigni misti. Sangiovese e Ciliegiolo. Faremo vini con solo acciaio. Una sorta di cru. Usciremo quest’anno con il 2021. È in vasca il vino

Dorme….

Abbiamo fatto uno studio sui tappi e adesso siamo contenti

Ci credo, costano il doppio.

Per la prima vendemmia abbiamo usato i tappi Nomacorc con il passaggio di ossigeno controllato. Per alcune bottiglie ho invece usato i Diam: 3 per rosato e bianchi, 10 per i rossi. Poi, con le degustazioni comparative ha vinto il Diam.

Me lo ha fatto assaggiare chiedendo quale fosse il più buono.

Provo qualche vino partendo dall’Aquesia bianco, curioso del blend Grechetto e Chardonnay. Colore paglierino vivace e sentori semplici di note erbacee e frutta bianca quasi mallo di noce. Si sentono gli agrumi, la pesca bianca, la nocciola. Le tipiche note dello Chardonnay molto evidenti insieme ad una evidente sapidità. In bocca è fresco, caldo, secco e con la sapidità già percepita al naso che adesso si evidenzia in tutta la sua forza. Un vino bilanciato con la freschezza che predomina anche se alla fine risulta un vino semplice e lineare. La persistenza buona e il finale tende ad andare verso l’amarognolo. Un vino che fornisce a pieno la potenzialità di abbinamento tra questi due vitigni. Lo abbino in maniera facile e sincera ad un pesce di mare al forno.

Vado al Grechetto 2021. La colorazione qui è più vivace del precedente e i riflessi diventano dorati. Le note agrumate e la sapidità risultano ancore più evidenti. Un vino che esprime in tutta la sua semplicità con sentori di fiori e frutta bianca (con la pesca che spicca insieme ai fiori di iris). Appare leggermente più complesso del precedente con la semplicità comunque che prevale. Il gusto è comunque più pieno e avvolgente. La sapidità rimane spinta. Fresco, moderatamente caldo, secco. Finale pulito che va verso l’ammandorlato. Persistenza buona. Un vino che si presenta si verticale ma che fa della semplicità e avvolgenza le due caratteristiche (insieme alla sapidità) che ho più apprezzato. Qui abbino però una pasta con il pesce (senza pomodoro!).

Passo ad un Aquesia rosso 2020. Sangiovese in purezza con 6 in barrique e 8 acciaio. Colore rosso rubino e riflesso porpora dotato di bella limpidezza. Si sente la violetta e l’arancia rossa sanguinella. Un leggero sottobosco si evidenzia insieme a leggere note speziate. Sentori dunque puliti e semplici per un Sangiovese domato! Ottima freschezza in bocca insieme ad un tannino non particolarmente aggressivo. Buona la sapidità e l’invitante retro olfatto invitante. Finale leggermente amaricante ancorché coinvolgente. Ne risulta un vino semplice e schietto: tipico Sangiovese quasi da Chianti.

Proseguo con il Cantaluna 2019. Ciliegiolo in purezza che si divide i 20 mesi di affinamento tra acciaio e barrique rigorosamente usata. Nel calice rubino con riflessi porpora. Al naso la ciliegia matura non può che prevalere sulla restante frutta (prugna e arancia sanguinella). Tabacco, noce moscata, pepe verde e un tocco di balsamico chiudono l’olfazione. Secco, caldo, fresco, sapido. I tannini sono già maturi e arrotondati. La persistenza è buona e il finale lievemente amaricante. Un bel vino davvero che rappresenta a pieno il territorio.

Finisco con il Santermete 2020, blend di Cabernet Sauvignon e Sangiovese. 8 mesi in acciaio e 20 in barrique servono per arrotondarlo un pochino. Colorazione rubino senza particolari riflessi. Naso interessante per una immediata balsamicità, la ciliegia MonChery, la prugna, la mela cotogna. Ricorda una macedonia di frutti di bosco con limone. Poi la violetta, la foglia di pomodoro, il peperone, pellami, tabacco, pepe, chiodi di garofano, sottobosco. Insomma, un bel corredo olfattivo che offre una complessità interessante tale da rendere invitante questo vino. Un invito reso ancora più interessante da contemporanea sensazione nasale di dolcezza e freschezza. In bocca si conferma una bella e fresca espressione. I tannini sono già setosi e avvolgenti anche se un po’ ruvidi ancorché non particolarmente aggressivi. Sento la sapidità e un retrogusto che parte con la frutta volta a spegnersi per riprendersi verso un amaricante che continua senza mai essere fastidioso: è come se la ciliegia si trasformasse in visciola (cosa che mi invoglia a provare questo vino con una crostata). Buona la persistenza non particolarmente lunga e finale bello e pulito. Con un ragù lo vedo perfetto ma anche con una bella amatriciana. Lo lascerei un altro anno in bottiglia perché merita un maggior riposo.

Ciò che ho provato mi ha convinto molto. La capacità di produrre qualcosa di qualitativamente valido in così poco tempo è senza dubbio notevole. Così notevole che sarà difficile migliorare. Anche se sono certo che Vincenzo e Tiziana sapranno ancora stupirmi.

Alla fine di questa spumeggiante chiaccherata posso dire di aver avuto il piacere di incontrare due persone che sono loro stessi un blend di vita. Passione, precisione, meticolosità, voglia di sperimentare per Vincenzo; spumeggiante allegria, coinvolgimento, ironia, preparazione per Tiziana. Ciò che ne risulta è Terre d’Aquesia che non è solo una azienda agricola, una cantina, un produttore di vini. È un luogo, una speranza, un progetto di vita. Insieme. Tiziana e Vincenzo e gli amici che li circondano. Un angolo di mondo e di vita che si sono ritagliati. Non tanto per fare soldi quanto per continuare a divertirsi coltivando la passione prima della terra. Rispettando le persone, il territorio, il vino, loro stessi. Niente improvvisazione ma tanto studio, tanta preparazione. Che con l’allegria viene meglio. O no?

Ivan Vellucci

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