21 Apr 2023
Suggestioni di Vino

Virna Borgogno la Signora delle Langhe

Virna Borgogno la Signora delle Langhe

Ricordo di aver conosciuto Virna Borgogno durante una serata di presentazione di vini rimanendo colpito non dalle bottiglie di Barolo che aveva sul suo tavolo quanto dal nome di un bianco “Sto fuori”. Così quando mi presento e le chiedo di questo vino lei mi risponde candidamente che la voglia di evasione l’aveva portata a creare il Timorasso. Così Virna mi ha conquistato per rimanere poi estasiato dall’assaggio dei suoi Barolo.

Virna Borgogno. Una donna che ti conquista con la sua schiettezza e con quei modi pragmatici, per certi versi fatalisti. Fiera di essere donna. Fiera di essere davvero la signora delle Langhe. Non è lei che si definisce così ma, dal mio punto di vista, è la definizione migliore che le si possa attribuire.

L’azienda che Virna gestisce insieme alla sorella Ivana ha storia non tanto remota. Il nonno e il papà scomparso da pochissimo, iniziano l’attività nel primo dopoguerra. Erano gli anni nei quali occorreva sbarcare il lunario dopo che la guerra aveva distrutto tutto. La prima necessità era guadagnarsi da vivere.

Ha iniziato come sapeva. Era più una questione di necessità economica per guadagnarsi da vivere.

Bisognava produrre e vendere. Uva e vino. Senza badare tanto alla qualità perché non era quella la priorità.

Poi, il papà trova la strada e inizia ad acquistare qualche terreno costruendo la cantina e la nuova casa dove si trasferiscono.

12 ettari di proprietà più circa 8 tra affitto e co-conduzione insieme ad altri agricoltori

Si fa così nelle Langhe dove acquistare un terreno è diventato impegnativo. Forme di questo tipo sono l’ideale.

80.000 bottiglie l’anno.

Per una azienda di Barolo non sono poche. Una parte dei nostri Barolo vanno in vendita ad imbottigliatori classici. È anche una questione di scelta. Per fare delle cose buone in bottiglia bisogna anche scartare. Vogliamo fare delle selezioni che prevedono uno scarto.

Fin qui sembra tutto nella norma. Una famiglia. Le vigne. Il salto generazionale. Una zona baciata da Dio. Sembra tutto facile no?

Ehm, non proprio. occorre fare un salto indietro nel tempo per capire bene.

Immaginatevi di essere negli anni 80. Siamo sempre a Barolo, nel pieno centro delle Langhe. Li, in quel tempo, se sei figlio di un produttore poteva essere facile farsi strada. Figlio appunto. Essere “figlia” era altra cosa. Le donne al massimo partecipavano alla vendemmia. Ma per il resto, l’essere relegate in casa era la normalità. Lodovico Borgogno aveva solo due figlie femmine, Ivana e Virna.

Siamo due femmine e papà ha avuto sempre un po’ di tristezza nel non avere avuto un maschio. Era il principio dei produttori.

Occorreva comunque pensare all’azienda e alla sua successione. Non che ci fossero problemi ma papà Lodovico aveva capito che c’era bisogno di un cambio di passo. Lui che aveva iniziato a fare vino senza tante esperienze. Lui che sapeva come trattare la vigna e l’uva ma meno il vino. Lui che faceva il vino secondo la tradizione aveva capito che serviva altro per andare avanti. Così che tra le due figlie sceglie Virna.

Si è poi accontentato puntando su di me perché avevo le caratteristiche del produttore.

Virna non è una che si improvvisa. Sa che per affermarsi, per farsi valere, per far capire come una donna sappia fare come, anzi meglio di un uomo, serva studiare. Serva essere preparati e solidi. Non basta l’esperienza che ancora non ha. Non basta essere la figlia del produttore. Lei sa che deve sentirsi solida. Non le interessa tanto dimostrare. Lei, Virna, vuole essere consapevole.

Così studia alla scuola di Enologia. Ma non basta. Si iscrive, unica donna, alla facoltà di Enologia a Torino e diventa la prima donna in Italia a conseguire la laurea. Siamo nel 91. Sembra un secolo fa e per certi versi, per la mentalità che fortunatamente c’è oggi, lo è. Bellissimo che sia cambiato tutto in trenta anni. Peccato ci sia voluto così tanto. Ma nel 91 faceva clamore la cosa. Anche se a Virna interessava poco. Per lei era solo l’inizio. Anzi, continuare ciò che stava facendo. Perché non è che da studentessa non si occupava dell’azienda.

Sono arrivata a casa un po’ più carrozzata. In quei tempi lì la presenza femminile nel campo non era sviluppata come oggi. Allora come adesso. Poche anche oggi fanno scelte enologiche di cantine.

Dopo la laurea non è che Virna ha subito la strada spianata. Il passaggio del testimone richiede tempo.

Ci sono voluti dieci anni anche se è avvenuto passo passo. Papà aveva un carattere forte ma era generoso e soprattutto pensava al futuro. Aveva già messo in pista tutti gli aspetti per avere continuità. Non si è tenuto tutto fino all’ultimo. Dal punto di vista delle scelte produttive voleva toccare con mano. Ho insistito per fare delle scelte e man mano che i vini venivano meglio, che venivano apprezzati deve aver pensato che si poteva dare spazio.

Un marito può essere di supporto ma può anche essere ingombrante. Soprattutto se è un produttore di Barbaresco. Pure bravo.

Ogni tanto papà mi diceva di farlo parlare con tuo marito.

Condividere progetti con una parte maschile forte aiuta ma allo stesso tempo relega un po’ nelle retrovie. È come se non prendessi totalmente possesso delle proprie capacità. Forse è qualcosa che arriva dalla tradizione, dalla realtà rurale.

Forse noi donne non abbiamo la consapevolezza di non poterlo fare. C’è qualcosa che arriva dalla tradizione. Vedo che c’è questo sentimento che viene da lontano che noi stesse coltiviamo.

Alla fine serve la mancanza. Perché fino a quando hai l’appoggio non decollerai mai. Ed è così, quando la vita porta ad intraprendere strade diverse, quando la separazione dal marito avviene, che Virna spicca il volo. Con il papà che iniziò a darle fiducia.

Papà non aveva studiato. Veniva da una famiglia povera e il primo aspetto era portare a casa la pagnotta. Quando si è accorto che la qualità diventava sempre più importante ha lasciato spazio. Pensare ad un diradamento in fase di produzione andava oltre l’immaginazione. In fondo venivano da un mondo diverso. Dopo la guerra.

Nel 2005, dopo circa dieci anni che ero in azienda, Virna ne prende le redini.

Fiera Virna. Veramente fiera. Di essere donna e di lavorare in questo settore. Ma senza vantarsi. Lo dice con la leggerezza e la pragmaticità che la contraddistingue.

Virna che si occupa della parte tecnica. È lei che fa le scelte enologiche. È lei che si occupa del lato commerciale.

La parte tecnica la faccio io. Non faccio più i lavori pratici come i travasi ma le scelte le faccio io. Ho due collaboratori che mi seguono per la parte pratica. Ho un appoggio esterno di un collega che viene ogni tanto. Mia sorella che si occupa della parte burocratica. Le lascio fare la roba grama.

Riconosciuto anche dal papà che diceva agli altri che i vini li faceva Virna perché lui li aveva sempre fatti come gli era stato detto di farli.

La scelta delle nuove etichette con il suo nome, Virna, impresso e che diventa un brand. Una scelta per sdoganare un cognome, Borgogno, forse troppo impegnativo. I nomi dei vini. Scelti in maniera identitaria con la voglia di essere sé stessi.

Virna consapevole che in questo campo non si abbia mai abbastanza esperienza: ogni annata è diversa, le basi di partenza sono diverse.

Io mi ritengo sempre abbastanza ignorante perché ci sono situazioni che stupiscono sia in vigna. Sono una che pensa che i vini vadano seguiti ma non cambiati. Non mi piace l’abbandono perché noi abbiamo una funzione importante. Se lo lascio lì e fa una strada sua non va bene. Serve seguirlo perché poi dopo chiediamo dei soldi.

Grande merito di Virna è aver capito le diversità che il territorio delle Langhe può offrire e come questo si identifica nel vino. Caratterizzare le singole vigne per creare qualcosa di riconoscibile.

Di partenza abbiamo dei prodotti diversi dunque puoi valutare se appiattire oppure se seguire le differenze. Abbiamo scelto di seguire le differenze perché ci sono. È molto più stimolante e stressante. Altrimenti ci si annoia.

In Virna c’è la vera voglia di far crescere il territorio. Ognuno con le sue identità. Differenti. Senza fare classifiche ma lasciando al mercato e ai produttori la valorizzazione delle zone con carattere più spiccato. Anche con sperimentazioni come quella del Timorasso, non per dimostrare qualcosa a qualcuno ma come scelta. Scegliere di essere unici e di farsi apprezzare per questo.

Sono una che non se ne frega tanto di cosa dicono gli altri. Facciamo le nostre cose.

Tante vendemmie alle spalle per Virna e tante ancora dinanzi a sé. Un futuro tutto da scrivere magari con Lorenzo, il figlio di Ivana.

Il fatto di essere zia è un bellissimo vantaggio. Lorenzo è un ragazzo in gamba con grande capacità di parlare con la gente. Perfetto da un punto di vista commerciale.

I miei figli uno è piccolo e uno si sta laureando in legge. Loro dicono che devo fare almeno altre dieci/quindici vendemmie. Papà ha lavorato fino a 87 anni. Tutti i giorni a far qualcosa. Quindi non è che mi spavento tanto. Se non ho dei problemi continuo a lavorare. È un impegno ma riempi la giornata facendo cose belle.

Una donna forte. Una di quelle con la schiena dritta che ha come unico vanto non i suoi vini ma di aver fatto gli studi di enologia, prima donna in Italia.

Il fatto di essermi preparata mi aiutata tantissimo ad affermarmi. Un po’ di preparazione ci va. Questo vorrei capissero i miei figli.

Condurre insieme alla sorella una azienda totalmente al femminile non è da sottovalutare. Affermarsi in un mondo maschilista superando i pregiudizi non deve essere stato facile per nulla. Anche sfidando tutto e tutti.

Sono una persona molto pratica. Mi fanno arrabbiare i concetti puritani sulla produzione e sulla cantina. Nella vita e nella produzione ci vanno i compromessi. Non posso fare l’uva buona senza fare i trattamenti. Bisogna raccontare le cose come stanno perché la realtà è diversa.

I vini sono come lei. Caratteriali. Forti. Unici. Vini che lasciano il segno. Che vanno aspettati, ascoltati, compresi. Ma che poi restituiscono, generosamente, tutta la loro unicità.

Spessimo mi dicono che sono vini eleganti e spesso dico che tutta l’eleganza che non ho è nei vini. L’ho messa tutta li.

Invece Virna è elegante. Di quella eleganza che è nella schiettezza, nei modi di porsi, di esaltare la propria azienda, di essere identitaria. Questo la rende una vera signora. Anzi, la Signora delle Langhe.

 

Ivan Vellucci

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