25 Set 2023
WineKult

Guido Martinetti: dal gelato Grom al vino Mura Mura

Che i due enfants prodige di Grom abbiano, alla soglia dei cinquanta, raggiunto saggezza e maturità? Stando al nome che hanno dato ai loro vini, sì. Mura Mura (per puro gusto di suspence si rimanda a qualche riga sotto lo svelamento del significato), a Costigliole D’Asti, è un’azienda agricola a cavallo tra Langhe e Monferrato, di proprietà di Federico Grom e Guido Martinetti. Già, proprio gli artefici del brand sinonimo di gelato italiano del mondo: una case history per modello di marketing, storytelling e imprenditoria giovanile di fulmineo successo.

La cessione nel 2015 del marchio al colosso Unilever avrebbe consentito ai due di dormire sonni tranquilli per un bel po’. E invece no. Risorse ed energie si concentrano ora su Mura Mura, i cui frutteti sperimentali fornivano la materia prima per i celebri sorbetti. Oggi questi frutteti sono circondati da vigneti, perché l’eredità di Grom si riversa nel bicchiere, con un patrimonio unico di biodiversità e la coerenza di un “concetto di artigianalità proprio del mondo dell’agricoltura”.

L’azienda si estende per 30 ettari (di cui 10 vitati prevalentemente a Barbera e Grignolino) a Costigliole d’Asti, si completa di ulteriori 4 ettari vitati, a Barbaresco – nei cru di Roncaglie, Starderi, Currà e Serragrilli – e uno a Serralunga d’Alba, dove viene prodotto il Barolo nel cru di Sorano.

La nuova avventura nel mondo del vino conferma la continuità dei ruoli: Grom responsabile della parte commerciale e finanziaria, Martinetti, enologo, anima del prodotto. È lui a farmi da guida nella tenuta. Fisico asciutto e nervoso da atleta, parlata a fiume sospinta da passione e competenza (se è in grado di snocciolare nomi e sfumature gustative di una mezza dozzina di varietà di fragole, figuriamoci con l’uva), occhio vigile a ogni dettaglio che tradisce l’indole di chi ha le idee molto chiare e non transige sulla qualità. Esordisce prevenendo l’ovvia domanda sul nome della cantina: “Mura, Mura! è un’espressione che sentivamo sempre in Madagascar, dove andavamo per selezionare le migliori vaniglie per Grom. Significa vivere lentamente e con saggezza, avere la capacità di apprezzare le piccole cose. In più nel sud del Piemonte mura vuol dire matura”.

Nome esotico ma non troppo, insomma.

Rigore e Fantasia

In un certo senso Mura Mura è una cantina bipolare: i suoi vini raccontano l’eterno dilemma tra ragione e sentimento (ma cos’è il vino, se non armonia di entrambe le cose?), distinguendosi in due linee: Rigore e Fantasia. Ma riflettono anche l’identità duplice dei territori di confine. “I vini del Rigore sono quelli di Langa, sottoposti a un disciplinare più rigido e menzionano in etichetta le MGA. Si distinguono, anche per estetica, da quelli del Monferrato, che abbiamo chiamato i vini di Fantasia, e ci consentono maggiore libertà, visto il disciplinare meno restrittivo”.

I primi sono declinazioni di tre Barbareschi (Faset, Serragrilli, Starderi) fini, eleganti e consistenti che esaltano le specificità dei singoli cru. “Il mio concetto enologico parte ovviamente dal terroir, che vuol dire non avere deviazioni aromatiche. I miei sono vini non amari. Sono molto orgoglioso del mio Fasett, un Barbaresco fresco, pulito, mai ridondante”.

Capsula in gommalacca grigia per la linea del Rigore, rossa invece per i vini di Fantasia “perché sono quelli che nascono dalla mia passione. Come la mia prima etichetta, Romeo, dal nome del figlio del mio socio Federico: è il mio regalo come padrino, un blend di quattro vitigni piemontesi (Barbera, Nebbiolo, Grignolino e Ruchè). Ode al Monferrato, e sempre in un’ottica di esaltazione del cru, nella stessa linea troviamo due vini in purezza: la Barbera d’Asti Superiore DOCG Miolera e il Grignolino d’Asti DOC Garibaldi, per cui si apre un capitolo a parte.

 

Shakespeare in wine

Fantasia significa anche seguire le suggestioni dei propri miti, letterari e non. Martinetti parlando del proprio progetto enologico riesce a tirare in ballo fonti di ispirazione eterogenee, da Steve Jobs a Bruce Lee passando per Guccini. Ma se c’è un cantore assoluto del dualismo tra regola e passione, ovvero il dna di Mura Mura, quello è Shakespeare: “sono un ammiratore del Bardo, il più grande indagatore dell’animo umano”. Romeo è infatti il capostipite della linea dei vini di Fantasia che declina nomi shakespeariani. C’è così il Langhe DOC Mercuzio, un Nebbiolo di grande consistenza, ma si incontra anche la dolcezza del Piemonte DOC Ofelia. “Da un punto di vista formale è un moscato passito, ma tecnicamente è per metà botritizzato e per metà un icewine. Nessuna donna mi ha mai resistito… grazie al mio Ofelia”. In senso alcolico, precisa ridendo.

La rivalsa del Grignolino

Guido Martinetti (nato a Torino con nonni astigiani) si dichiara nettamente più monferrino che langarolo, sia per radici familiari sia per atteggiamento culturale all’insegna dell’understatement. affascinato dalla storia di povertà e di riscatto (invero trasversale alle Langhe) sull’onda di un’etica del lavoro volta a fare bene nel proprio piccolo. Anche per questo ha scelto di rilanciare il vino povero per eccellenza del Monferrato, il Grignolino.

Oggi ci sono moltissimi vini buoni, ma sono pochi quelli con personalità aromatica che è la vera sfida per l’enologo, piuttosto che la struttura. Proprio il Grignolino ha una personalità aromatica molto rara, punto d’incontro tra la spezia e la frutta di bosco fresca: fragola, mirtillo, lampone, ribes, a seconda della connotazione del terroir. Più il terreno è sabbioso e più emerge la frutta, mentre l’argilla marca la spezia. Un po’ come nel Syrah. Ma la chiave, in un contesto molto moderno, è il vinacciolo, presente in gran quantità nell’acino del Grignolino. Grignolo vuol dire infatti seme. Noi vendemmiamo il Grignolino ‘a vinacciolo’, ovvero quando diventa marrone e croccante, per avere il giusto tannino e un completo corredo aromatico. Fino a qualche tempo fa la stampa specializzata premiava i vini ridondanti, di colore, densi. Il Grignolino ha un colore scarico, un rubino molto vicino al pinot nero, oggi molto attuale, espressione di eleganza.

Il Grignolino sarà il vino del futuro nel Monferrato nell’arco di 10 anni. La Barbera è voluttuosa, ma non fine. E non ha forza aromatica e complessità del Grignolino”.

Martinetti è talmente sicuro del suo Garibaldi che consiglia di degustarlo alla cieca, insieme con un Barbaresco o un Pinot Nero. “Io faccio i blind tasting col Barbaresco di Gaja. Se perdo ho già vinto”, spiega divertito dalla sua personalissima “prova del Gaja”.

La ceramicaia

La cantina, inaugurata nel 2019, è un bell’esempio di bioedilizia perfettamente integrata nel paesaggio, a prevalente sviluppo ipogeo. Anche spazialmente l’architettura sottolinea i due opposti punti cardinali del progetto vitivinicolo distinguendo le aree dedicate ai vini del Rigore e a quelli della Fantasia. Ma la vera sorpresa è un ambiente voltato in mattoni che accoglie non una tradizionale bottaia, ma una ceramicaia (rarità in Italia).

“Io faccio affinare i miei vini dal secondo anno di età in contenitori di ceramica, un composto di argilla all’80% più un 20% di quarzo e feldspati che cuoce a temperatura decisamente superiore all’argilla delle tradizionali anfore. Oltre al fatto che si puliscono e disinfettano perfettamente, apportano la microssigenazione per me ideale: 3 mg/l al mese, contro i 6 mg/l di una barrique nuova o i 10mg/l dell’anfora”.

Le file di botti in ceramica bianca e lucida trasformano la cantina in un luogo dal design quasi avveniristico, che rimanda alle suggestioni di un laboratorio. Un laboratorio che, a Mura Mura, è soprattutto di idee.

A cura di Katrin Cosseta