10 Nov 2022
WineKult

Nuove cantine italiane

In concomitanza con il Merano WineFestival, è in scena allo spazio Kunst Meran (fino al 20 novembre) la mostra fotografica Nuove Cantine italiane. Territori e Architetture, promossa dalla storica rivista Casabella. Curata da Roberto Bosi e Francesca Chiorino, autori anche del libro di Electaarchitettura che la accompagna, la mostra ha già fatto tappa a Verona per il Vinitaly e a Pollenzo. Il racconto fotografico si snoda tra 10 cantine (più una distilleria) sorte nell’ultimo decennio, le cui strutture coniugano elementi dell’architettura contemporanea a requisiti tecnici, aspetti paesaggistici ed esigenze specifiche dell’industria vinicola. Un itinerario dalle Langhe alla Maremma, passando per Veneto, Piemonte, Alto Adige, Toscana e Sicilia.

Allestimento mostra, di Bricolo Falsarella. ph Pietro Savorelli

Doveroso citare per prima la Cantina Antinori nel Chianti Classico, inaugurata nel 2012 su progetto di Archea Associati, appena balzata al primo posto nella prestigiosa classifica World’s Best Wineyards. La cantina per Chiorino rappresenta “una delle operazioni italiane più complete dal punto di vista dei circuiti enoturistici, funzionando come una sorta di moltiplicatore di marketing territoriale”. Il tutto inserito in una dinamica a livello mondiale che sempre più spesso, secondo Roberto Bosi, “spinge i viticoltori a individuare nell’architettura lo strumento più idoneo a rappresentare l’originalità delle proprie vocazioni e la qualità dei propri prodotti. Quando il rapporto tra quanti promuovono la costruzione delle nuove cantine e quanti le progettano è virtuoso, ogni nuova costruzione contribuisce a fissare un’immagine, a comunicare una vocazione, a rappresentare un programma di innovazione”. Compito assolto in pieno dall’opera ipogea di Antinori, incastonata nella collina, ma con una scenografica scala elicoidale in corten a fare da landmark. Parola che può essere utilizzata per definire anche l’origami metallico di zinco titanio con cui si impone nel paesaggio nella zona di Bolgheri la Cantina de Il Bruciato (progetto di Fiorenzo Valbonesi – asv3).

Cantina de Il Bruciato. ph Cornelia Suhan

Poco lontano la Cantina Masseto, opera del duo Zitomori, offre un’immersiva esperienza sotterranea, con pareti in calcestruzzo animate da una texture tridimensionale a evocare le stratificazioni geologiche delle rocce.

Cantina Masseto. ph Andrea Martiradonna

Sempre in Toscana, a San Casciano dei Bagni, la Cantina Podernuovo dello studio romano Alvisi Kirimoto è sintesi geometrica di rigore ed efficienza (già sperimentata insieme a Renzo Piano nel progetto della tenuta Rocca di Frassinello), in dialogo cromatico con il contesto grazie al calcestruzzo impastato con i pigmenti delle terre senesi.

Cantina Poderenuovo. ph Fernando Guerra

Anche l’Alto Adige annovera una presenza importante di cantine firmate, spesso da architetti locali. Ne sono esempio il monumentale edificio in legno e cemento di Nals Margreid a Nalles, progettato da Markus Scherer, e la Cantina Pacherhof a Novacella-Vara. Qui lo studio Bergmeisterwolf ha posto all’ingresso dell’architettura sotterranea una torre, un prisma scuro che stilizza una montagna adibita, all’interno, a ufficio-osservatorio dell’enologo.

Cantina Pacherhof. ph Gustav Willeit

Puntano soprattutto sull’espressività dei materiali due recenti realizzazioni in Veneto. La Cantina Gorgo di Custoza, disegnata dallo studio Bricolo Falsarella, è una lineare annessione in pietra locale (Nembro veronese e pietra di Vicenza) a una villa veneta. Lo studio trevigiano MADE associati alleggerisce il volume monolitico della Cantina Pizzolato, a Villorba, con una ritmica cortina in legno di faggio dai boschi del Cansiglio.

Cantina Pizzolato. ph Marco Pavan

Alle pendici dell’Etna, la Cantina Planeta Feudo di Mezzo, progettata da Santi Albanese e Gaetano Gulino, si mimetizza nel paesaggio con i suoi tre blocchi rivestiti in pietra lavica che citano i dammusi.

Cantina Planeta. ph Lamberto Rubino

Stesso riferimento all’architettura rurale, ma di tutt’altro genere, e in tutt’altra zona, le blasonate Langhe, per la Cantina dei 5 Sogni (progetto Matteo Clerici, Fondamenta, hus): una struttura ardita in calcestruzzo e vetro reinterpreta l’archetipo del rustico con tetto a doppia falda.

Cantina dei 5 sogni. ph Marco Cappelletti

La mostra evidenzia le diverse anime del fenomeno delle architetture del vino firmate, come osserva Francesca Chiorino: “I progetti dei nomi più o meno noti del panorama nazionale oscillano tra la cantina-cattedrale che attira i visitatori per le mirabolanti sorprese tettoniche e morfologiche, la cantina-industria che mette in scena i processi di lavorazione delle uve e infine la cantina-paesaggio che ha l’obiettivo di integrarsi e di aumentare, con la sua stessa presenza, il valore del territorio nelle sue diverse valenze topografiche, culturali e storiche”.

A cura di Katrin Cosseta