24 Apr 2024
BlendNews

Ivan Vellucci. Il mio Vinitaly 2024

Cosa mi rimane di questo Vinitaly 2024? Tante cose sinceramente.
Anzitutto le dimensioni della manifestazione che da un lato spaventa l’umile appassionato o il grande esperto, dall’altro rende bene l’idea di quanto il movimento del vino in Italia sia grande. Numeri importanti anche se le oltre 5000 aziende presenti rappresentano comunque solo il 12% del totale a riprova di come il Vinitaly sia ancora alla portata di pochi. Grande il lavoro fatto dai Consorzi e dalle Regioni la cui partecipazione ha permesso anche a piccole realtà di essere presenti.
Serve il Vinitaly? Certo che si. Forse più a far comprendere a tutti, italiani e stranieri, quanto l’Italia meriti di essere nell’Olimpo dei paesi a vocazione enologica.

Singolare come non ci si concentri nel parlare delle cose positive di una simile manifestazione lasciando invece spazio a chiacchiere utili a generare viralità magari sperando di trovare facili like e followers.

Antonella Boralevi, nel corso del TG2 Post esprime un concetto molto chiaro e poco interpretabile (almeno per chi comprende la lingua italiana, che è una lingua precisa, in modo corretto).
Riporto testualmente

Noi donne abbiamo fatto tante cose. Abbiamo conquistato tanto. Ci mancano ancora cose da raggiungere. Però c’è dentro di noi una specie di sentimento, temo sia genetico: noi non ci sentiamo mai all’altezza. Quando si dice una donna soffre di solitudine, si, ma anche gli uomini ma la donna deve sempre combattere con quella parte di se che non si sente all’altezza. Quale è il tema? Che le donne spesso bevono come prima si fumava una sigaretta. Cioè bevono per darsi un tono. Va benissimo però torno a dire, noi non abbiamo bisogno del bicchiere di vino per sapere che siamo persone di valore come voi uomini. E soprattutto un bicchiere, una piccola dose, ma bere da soli. Mai bere da sole in casa. Mai.

Ora, la polemica nasce per coloro che si fermano alla lettura strumentale dei giornali o dei siti che fermano i loro titoli e articoli al “bevono per darsi un tono”. Oppure di coloro che neanche hanno visto il video della dichiarazione ma pontificano per un like in più.
Quella di Antonella, dal mio umile modo di vedere, è una esortazione alle donne. A quelle donne che pensano di esser inferiori o  che qualcuno fa sentire tali. Un modo per dire che non serve una sigaretta, non serve un bicchiere di vino, non serve altro per dimostrare di essere persone meravigliose. Persone meravigliose.
Esortazione ad emergere aldilà degli stereotipi. Aldilà dei luoghi comuni.
Altro che sessismo.
Antonella ha voluto fortemente stimolare le donne a non nascondersi dietro un bicchiere di vino.

Ho letto e visto tanti interventi di donne che dicono di non sentirsi sola e di non aver bisogno di un bicchiere di vino per dimostrare qualcosa. Ma non si parlava fino a pochi mesi fa di una società patriarcale?

WineTales Magazine ha una redazione perlopiù al femminile ed è bello che sia così. Non è un modo per dimostrare qualcosa all’interno di un mondo, quello del vino, che per molti versi ancora non è cresciuto in questo senso.
Molte sono le donne che scrivono di vino. Molte le blogger. Moltissime le sommelier.
Poche le donne enologhe. Pochissime le produttrici.
Eppure, quando ne ho incontrata qualcuna, ho visto la grinta, la passione, la competenza. Tutto a livelli nettamente superiore a quello degli uomini.
Ha suscitato polemiche la foto di apertura del Vinitaly con una sola donna, a margine, insieme a tanti uomini. Tra l’altro nemmeno rappresentava il vino in quanto vicesindaco di Verona.

Girovagando per gli stand, non si poteva non notare la bassa presenza di produttrici donne. C’è chi stima che le donne rappresentino circa il 30% dei produttori. Francamente dubito di questa percentuale. Magari l’azienda sarà pure intestata ad una donna, ma è poi lei che gestisce? È lei che si occupa del vigneto? È lei che gestisce la cantina? Dubbi. Tanti dubbi.

Tante e per fortuna le donne che si stanno impegnando in prima persona per la “conquista” (come se di dovesse conquistare qualcosa e non “meritare” qualcosa) di associazioni e consigli di amministrazione. Conquista appunto perché oggi nei CDA la presenza femminile è praticamente nulla. Nei Consorzi stessa storia.

Tutto ciò è lo specchio della realtà contadina e imprenditoriale che ancora domina il mondo del vino. Poche le aziende nelle quali il capostipite ha ceduto o dovuto cedere alle donne della famiglia lo scettro del comando.

Il punto però è proprio sul lessico “ceduto o dovuto cedere” al quale occorre aggiungere, spostandoci dalla prospettiva di una figlia “ho voluto o ho dovuto impegnarmi”.
Il mondo contadino legato al vino è difficile e con una difficoltà ovviamente direttamente proporzionale al numero di ettari. Impegnarsi in una attività del genere, uomo o donna che sia, non è mai scontato. Non dobbiamo però mai, e sottolineo mai, pensare che una donna non ce la possa fare in quanto donna.
Questa è la vera discriminazione. Da estirpare.

Il mondo del vino si valorizza con le persone che amano questo mondo e che vogliono impegnarsi per farlo crescere. Indipendentemente dal sesso, dall’età, dalla religione. Non solo con le bottiglie. Perché il vino è fatto da donne e uomini che hanno una storia alle spalle e, soprattutto, hanno un’anima.

Forse, e dico solo forse, vorrei vedere un Vinitaly maggiormente incentrato sulle storie da raccontare che sui prodotti da vendere. Non fosse altro perché queste, fanno parte di una cultura che nessun’altro ci potrà copiare.

Il vino è di tutti!

PS io spesso bevo un bicchiere di vino da solo ma non per questo mi sento solo.

Ivan Vellucci

ivan.vellucci@winetalesmagazine.com

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