04 Mag 2024
BlendNews

Orcia Wine Festival: che vi siete persi!

13esima edizione supera tutti i record

L’incantevole città di San Quirico d’Orcia ha nuovamente ospitato l’Orcia Wine Festival: dal 25 aprile al 28 aprile, appassionati di vino, intenditori e famiglie si sono riuniti per gustare i sapori dei vini Orcia Doc e immergersi nel tessuto culturale di questo angolo pittoresco della Toscana.
Già alla sua tredicesima edizione, la manifestazione ha preso il via con un notevole aumento di presenze (oltre 1350 gli ingressi), stabilendo un nuovo record di partecipazione. Per chi non è riuscito ad esserci è stato davvero un grosso peccato!!!
Cercherò dunque con questo articolo di condurvi con me alla scoperta di una bellissima kermesse enologica.

Un programma d’eccezione

Sotto la guida di Giulitta Zamperini, presidente del Consorzio del Vino Orcia, e in collaborazione con il Comune di San Quirico d’Orcia, il festival si è svolto come una celebrazione multiforme che ha soddisfatto tutte le età e tutti gli interessi.

Il programma del festival è stato variegato quanto i vini che celebrava, offrendo qualcosa per tutti. Dalle degustazioni guidate da esperti alle attività adatte alle famiglie come l’iniziativa Orcia Wine for Kids, l’evento ha mostrato la versatilità e l’accessibilità dei vini Orcia. Zamperini ha sottolineato il ruolo del festival come piattaforma per mostrare il terroir unico e la qualità in ascesa dei vini Orcia Doc, evidenziando la partnership preziosa con la comunità locale.

Il programma del festival ha offerto una proposta vincente per tutta la famiglia. Tra le varie iniziative, ho particolarmente apprezzato l’idea del laboratorio per bambini chiamato “Orcia Wine for Kids”. In questi giorni, spesso vissuti in compagnia della famiglia, questa iniziativa offre un’opportunità preziosa: un laboratorio pensato appositamente per i più piccoli, della durata di ben tre ore, che permette ai genitori di godersi appieno le degustazioni e le masterclass senza preoccuparsi dei figlioli.

Durante tutto il festival, i partecipanti hanno avuto l’opportunità di esplorare le strade storiche di San Quirico d’Orcia attraverso passeggiate urbane e visite guidate, immergendosi nel ricco patrimonio culturale della città. l Museo Barbarossa e il Museo Forme nel Verde hanno accolto i visitatori, offrendo spunti sulla storia e la bellezza naturale della regione.
Questo festival ha regalato un’atmosfera unica, lontana dalla confusione che spesso caratterizza altri eventi simili. Immergiamoci dunque nell’energia travolgente dell’Orcia Wine Festival. Un ringraziamento speciale a Marco Capitoni e al Consorzio Orcia che mi hanno dato l’opportunità di esplorare a fondo i vini, il territorio e le cantine. Ma prima facciamo un salto nella storia della DOC e del territorio.

Il vino più bello del mondo!

Questo slogan, coniato dalla mitica Donatella Cinelli Colombini, incarna il profondo legame dei vini di questa regione con il territorio della Val d’Orcia, riconosciuto nel 2004 come patrimonio dell’UNESCO, diventando il primo territorio rurale a conseguire tale prestigioso riconoscimento.
La storia geologica e pedologica della Val d’Orcia risale a milioni di anni fa, quando questa regione faceva parte di un vasto mare che si estendeva attraverso l’attuale area conosciuta come Toscana. I movimenti tettonici della crosta terrestre nel corso dei millenni hanno portato all’innalzamento del suolo, emergendo dal mare e dando inizio alla formazione delle catene montuose che circondano la valle.
Le rocce marine e sedimentarie che costituivano il fondale marino hanno creato un substrato geologico ricco di minerali e nutrienti che ha reso la regione estremamente fertile, caratterizzata da una grande varietà di terreni e suoli, che vanno dalla terra argillosa alle rocce calcaree e al galestro conferendo ai vini complessità e struttura. Altro fattore importante è il microclima favorevole alla maturazione delle uve che fa godere di ampie escursioni termine tra giorno e notte, fondamentali per la concentrazione degli aromi e per il mantenimento dell’acidità nei vini.

Un po’ di storia della Doc

La DOC Orcia è stata istituita il 14 febbraio 2000, su impulso di alcuni produttori e fondatori del Consorzio Vini Orcia, con l’obiettivo di sostenere e promuovere l’immagine del vino e del territorio straordinario in cui viene prodotto. Il Sangiovese è il vitigno principale utilizzato nei Vini Orcia: nell’area sono coltivati anche altri vitigni autoctoni e alloctoni, tra cui Foglia Tonda, Colorino, Merlot, Petit Verdot, Trebbiano, Vermentino, Malvasia, Chardonnay, Marsanne e Roussanne.
La denominazione Orcia DOC comprende varie tipologie di vino: Orcia, Orcia Sangiovese, Orcia Riserva, Orcia Rosato, Orcia Bianco e Orcia Vin Santo. La zona di produzione dell’Orcia DOC si trova tra due rinomate denominazioni enologiche, il Brunello di Montalcino e il Vino Nobile di Montepulciano, famose per la produzione di grandi vini rossi apprezzati in tutto il mondo.
Dodici sono i comuni coinvolti nella produzione di questo vino nella denominazione, situati nella parte sud della provincia di Siena: Buonconvento, Castiglione d’Orcia, Pienza, Radicofani, San Quirico d’Orcia e Trequanda, oltre a parte dei comuni di Abbadia San Salvatore, Chianciano Terme, Montalcino, San Casciano dei Bagni, Sarteano e Torrita di Siena.

Alla scoperta dei volti dell’Orcia Doc

Ecco le 20 Cantine partecipanti all’Orcia Wine Festival: Atrivm, Bagnaia, Campotondo, Capitoni Marco, Dirimpettaio, Donatella Cinelli Colombini, Fabbrica, La Canonica, La Nascosta, La Grancia di Spedaletto, Olivi – Le Buche, Palazzo Massaini, Podere Albiano, Roberto Mascelloni, Poggio Grande, Sampieri del fa, Sassodisole, Tenuta Sanoner, Val d’Orcia Terre Senesi, Vegliena.

Dopo aver esplorato i banchi d’assaggio allestiti nelle magnifiche sale affrescate di Palazzo Chigi Zondadari, mi sono concessa una veloce rinfrescata e ho indossato un outfit elegante, pronta per un appuntamento imperdibile.
Al centro del festival c’era infatti la “Cena a Palazzo” del 27 aprile, a cui ho avuto l’onore di essere invitata e che ho molto apprezzato. Una festa culinaria curata in collaborazione con l’Alleanza Slow Food dei Cuochi Toscana. Si è trattata di un’esperienza esclusiva: una cena a quattro mani curata dai talentuosi chef Massimo Rossi del ristorante Belvedere di Monte San Savino e Tiziana Tacchi de Il Grillo è Buon Cantore di Chiusi.

Cena a palazzo Chigi

Sullo sfondo di Palazzo Chigi Zondadari, gli ospiti hanno gustato un menu creato per esaltare i sapori della regione, con ingredienti provenienti dalla “Comunità dell’olivo minuta” di Chiusi e dalla “Comunità della cassetta di cottura” di San Casciano dei Bagni. Ogni piatto è stato abbinato con cura ai vini delle venti cantine presenti al OWF, mostrando la relazione armoniosa tra cibo e vino profondamente radicata nella tradizione toscana. Una bellissima scoperta è stata la Cassetta di cottura, che ha permesso di creare piatti a lunga cottura in modo sostenibile e con risultati eccellenti.

 

 

Ecco il menu. L’atmosfera della serata era pregna di soddisfazione per il buon andamento della manifestazione, e si respirava una bella armonia tra i produttori, che oltre ad essere colleghi sono anche amici. Si percepisce un’autentica collaborazione che permette alla denominazione di crescere sempre di più.

Risveglio speciale in Val d’Orcia

Domenica mattina, il risveglio a Campiglia in Val d’Orcia è stato magico. Cielo terso e un paesaggio mozzafiato. Avevo voglia di correre a Palazzo Chigi per riprendere gli assaggi e soprattutto partecipare alla masterclass con 9 riserve. Ma prima, una ricca colazione e un salto con Paolo Salviucci della Cantina Campo Tondo, ad ammirare le vigne ad alberello. Spero di parlarvene presto in un articolo dedicato, magari quando in autunno sarà finita la nuova cantina!

 

La masterclass con le Riserve a Palazzo

A Palazzo Chigi iniziamo una splendida masterclass che mi permette di valutare i vini Orcia nel tempo. Fondamentale l’introduzione dei produttori e magnifica la degustazione di Andrea Frassineti Delegato ONAV Siena, un vero conoscitore sia del territorio che dei vini. Andrea ci ha accompagnato calice dopo calice alla scoperta di ben nove vini: l’annata 2019 sicuramente ha mostrato di avere una marcia in più. Dagli assaggi più semplici ai vini più complessi è stato un crescendo molto coinvolgente e rivelatore!

Altra masterclass interessante è stata quelli dei bianchi, sabato mattina sempre a Palazzo Chigi,  dove è stato possibile paragonare i vari Orcia Bianco DOC  e IGT andando da vini più semplici e beverini come lo chardonnay Il Tavoleto di Campo Tondo fino a vini più complessi ed evoluti come il Toscana Bianco IGT  di Poggio Grande da uve Marsanne e Roussanne che fermentano e affinano per circa il 50% in legno,  creando un vino di grande struttura, complesso e persistente da gustare nel tempo.

Ma passiamo agli assaggi più significativi

Tra i bianchi mi hanno colpito il Vermentino Toscana IGT BattiBecco 2023 di Bagnaia per la sua mineralità, ma anche l’ORCIA DOC Rosato MaLamore 2023, dal colore tenue ma brillante. Vini molto beverini e ideali per le serate estive. Particolarmente azzeccato il rosato a base di Sangiovese 100%. Due vini diversi ma che in comune hanno la succosità e lo stacco sapido finale. Bravi, perché il sangiovese in purezza nella versione rosata, non è mai facile da lavorare!

Un altro assaggio che mi ha colpito è stato il vino frizzante PetNat Fabbrica – Pienza, originariamente parte della gamma sperimentale, prototipo prima di diventare un nuovo prodotto l’anno scorso, con un nome e un’etichetta completamente nuovi! PopNat 2023 è un vino frizzante naturale, con la fermentazione che ha inizio nel tino e si conclude in bottiglia. Nessun solfito aggiunto, non filtrato, chiarificato o degorgiato; si tratta sicuramente di un vino naturale, caratterizzato da un carattere eccentrico e da una torbidezza che ne enfatizza l’originalità.

Lo Spumante Rosato brut (metodo charmat) ultimo nato dell’azienda Sassodisole, che produce vino a Montalcino da ben 4 generazioni,  come spiega Roberto Terzuoli, è il sangiovese più festaiolo, che però grazie alla sua struttura, ben celata dietro l’estrema piacevolezza, può essere un vino da tutto pasto. 6 ore di macerazione, presa di spuma in autoclave, colore accattivante, quasi ipnotico: il sangiovese che non ti aspetti!

Altro passo per Bulles Metodo Classico Rosato brut, ottenuto da uve Sangiovese in purezza, dell’Azienda Atrivm situata a San Giovanni d’Asso, nel territorio di Montalcino.
Ho avuto il piacere di assaggiare il millesimo 2018, sboccato a gennaio 2024 dopo aver trascorso circa 72 mesi sui lieviti.
Questo vino viene prodotto solo nelle annate migliori, con una produzione limitata a 500-600 bottiglie. Il perlage è fine e il colore delicato, ottenuto grazie a poche ore di macerazione delle bucce. Si tratta di un brut in cui il dosaggio rende il sorso equilibrato e piacevole, con una persistenza che invoglia a continuare a gustarlo.

Pluralità di espressione nei rossi fra Orcia doc, Riserve e IGT

Passando ai rossi il discorso si complica perché incontro una pluralità di stili e intenzioni che dapprima possono un po’ disorientare ma poi comprendo: alcuni vini sono figli del territorio, altri sono espressione del vignaiolo.

Marco Capitoni mi colpisce sempre per la genuinità e la franchezza dei suoi vini. Pur avendo poche etichette, i suoi vini sono identitari e rappresentano un ritorno alle radici per chi conosce questa realtà. Tra le sue creazioni più riconoscibili, troviamo il Troccolone Orcia Sangiovese Doc 2022, un vino che fermenta e affina in anfora di terracotta dell’Impruneta. È una vera e propria “astuzia enologica”, capace di mantenere intatto il frutto e la freschezza del Sangiovese, mentre in bocca addolcisce le sue asprezze. Il Capitoni Orcia Riserva Doc 2020, un Sangiovese con una percentuale variabile di Merlot, incarna lo stile ormai consolidato dell’azienda. Ancora qualche mese di affinamento in bottiglia e sarà pronto a rivelare appieno la sua complessità. Non posso dimenticare la nuova etichetta presentata al Vinitaly, il Merlot in Magnum dal suggestivo nome “L’uomo e l’uva” IGT Toscana 2019, che conferma la costante ricerca di eccellenza da parte di Capitoni. Se desideri comprendere appieno l’essenza dell’Orcia DOC di Pienza, lui è lo stile di riferimento. Le sue vigne, situate appunto a Pienza, si sviluppano su stratificazioni di sabbie e argille plioceniche a 460 metri sul livello del mare. Capitoni Orcia doc è l’unica etichetta che, dal 2001, viene prodotta ogni anno e secondo Marco Capitoni, è come un puzzle. Frutto di un lavoro certosino, il vino passa attraverso vendemmie separate, vinificazioni separate e affinamento in legni separati. Dopo due anni, si decide il blend vincente che, seppur costante, è sempre il risultato dell’annata. Infine, segue un anno di affinamento in bottiglia prima di essere commercializzato, garantendo una qualità eccezionale e una perfetta espressione del territorio.

Podere Albiano: tanto impegno e una scommessa vinta
Ci troviamo nel suggestivo territorio di Trequanda, precisamente nella Frazione di Petroio, dove nei primi anni del 2000 Anna Becheri e Alberto Turri decidono di abbandonare Milano per intraprendere una nuova vita nella Val d’Orcia, partendo da zero. Con determinazione e passione, impiantano manualmente le prime vigne in un territorio ricco di ulivi, boschi e altre coltivazioni. Dopo tre anni di sperimentazioni e microvinificazioni, mirate a comprendere le caratteristiche delle uve e le potenzialità che potevano esprimere, nel 2009 inaugurano una cantina nuova e sostenibile.
I nomi dei loro vini sono un omaggio alla tradizione che li circonda, come Ciriè (che significa “è di nuovo”), a simboleggiare la rinascita della vigna proprio nel luogo in cui era sempre stata! Distintive anche le etichette artistiche che richiamano ai paesaggi della Val d’Orcia.
Tra le loro creazioni, l’Orcia DOC Riserva 2019 Tribolo mi ha particolarmente colpito per la sua schiettezza e verticalità, per la freschezza succosa che caratterizza i grandi Sangiovese. Una nota di grafite arricchisce il bouquet, mentre la complessità e la persistenza in bocca sono testimonianza di una vendemmia eccezionale.

 

La Grancia di Spedaletto e i sogni che si avverano

La Grancia di Spedaletto è il frutto del sogno del nonno di Francesco, il quale, all’età di vent’anni, lasciò le Marche insieme alla nonna per intraprendere una nuova vita in Toscana. Qui avviarono un’azienda agricola e, negli anni successivi, il celebre agriturismo del Castello di Spedaletto, situato nel cuore della Val d’Orcia. Nel 2002, anno della nascita di Francesco, sono state impiantate le prime vigne e ha avuto inizio la produzione vinicola. Oggi, la Grancia di Spedaletto è un’azienda vitivinicola di dimensioni ridotte, con circa un ettaro di vigneto, che si distingue per la produzione di due vini, di cui uno è una riserva di Sangiovese in purezza sottoposta a lungo affinamento.
Questa realtà è a conduzione familiare, e recentemente Francesco insieme al cugino, Mirko Pifferi, hanno preso il timone dell’azienda, occupandosi sia della gestione del vigneto che della cantina, con l’obiettivo di combinare tradizione e innovazione. I vini prodotti sono genuini e sinceri, espressione autentica del territorio e del lavoro appassionato della famiglia. Nonostante debbano ancora crescere, l’entusiasmo e la passione per il lavoro non mancano, e questo si riflette nella qualità e nell’unicità dei loro vini.

Sornione come un gatto acquattato tra le viti che uniscono vite

Quando ascolti Gabriella parlare dei vigneti, dell’azienda e dei vini, è evidente la dedizione e la passione che ci sta dietro, e non manca mai un sorriso sul suo volto. Valdorcia Terre Senesi, situata a Castiglione d’Orcia, ospita i loro vigneti, incastonati tra boschi e altre realtà biologiche, a un’altitudine compresa tra i 380 e i 500 metri sul livello del mare. Oggi, quasi 7 ettari di vigneti si estendono su una collina che guarda il Monte Amiata, con un’esposizione est-ovest che regala una generosa illuminazione solare e un microclima adatto alla vite. In vigna vengono adottate esclusivamente pratiche tradizionali e sostenibili, evitando l’uso di prodotti chimici. Tutta la produzione è tracciata, certificata e controllata.
Accanto al Sangiovese, coltivano varietà come Cabernet Franc, Merlot, Colorino, Pugnitello, Ciliegiolo e Foglia Tonda. Vorrei soffermarmi sulla loro Riserva Orcia DOC 2019  Sornione, un Sangiovese in purezza che affina per 24 mesi in legno e un ulteriore anno in bottiglia. Il nome stesso fa riferimento a un gatto panciuto che attende di catturare il topo, proprio come questo vino attende pazientemente nelle botti panciute di essere gustato. E in effetti, è un vino che cattura l’attenzione con la sua complessità, la sua eleganza e la sua capacità di raccontare il territorio e la passione che vi è dietro ogni sorso.

Luca e Giulitta Zamperini e la storia di un amore grande!

Sarebbe facile raccontare la storia di un’azienda con una tradizione lunga più di un secolo, eppure Poggio Grande va oltre. Fondata nel lontano 1907 da Giovanni Zamperini, la famiglia ha vissuto per generazioni nella campagna che circonda il Castello di Ripa d’Orcia, dedicandosi con amore e passione alla fattoria e alle antiche tradizioni agricole dell’allevamento e della coltivazione. Ma Poggio Grande è molto di più. Dal 1999 è anche una cantina, grazie alla dedizione di Luca, attuale proprietario, che ha investito tempo e cura in ogni dettaglio. Dalla scelta delle migliori terre per impiantare nuovi vigneti ai metodi sperimentativi utilizzati nei processi di cantina, l’obiettivo è sempre stato quello di ottenere una produzione di alta qualità.
Ma è anche la storia di un padre e una figlia che condividono una grande passione e che tutti i giorni si impegnano nella gestione della vigna e della cantina mettendoci sempre tanto amore. Ed è quello che si ritrova poi nel calice, insieme a una certa “follia” del voler fare tutto a modo suo di Luca. E così nasce la riserva che vi voglio raccontare: Di Testa Mia Orcia Riserva 2019. Solo 1060 bottiglie prodotte non nelle annate migliori (per ora solo 3 annate dal 2015), ma nelle annate che piacciono di più a Luca, in cui ci crede! La storia del vino la potete ascoltare direttamente da loro, io vi descriverò il vino. Nasce da una sola botte di 10 hl che Luca mette da parte per gli amici, le uve migliori provenienti dal primo vigneto impiantato, e fa quasi 4 anni di affinamento in tonneaux di rovere francese e poi bottiglia. Un vino complesso e longevo, che incarna tutta la passione e l’impegno di una famiglia che ha fatto della viticoltura una vera e propria arte.

Cantina Campo Tondo e una famiglia che ci crede

Cantina Campo Tondo è molto più di un’azienda vitivinicola: è una famiglia che crede nel proprio territorio e nella passione per il vino. L’affinità nata con la famiglia Salviucci è stata immediata e ho apprezzato ogni membro della famiglia. Persone diverse ma con valori saldi, che portano con loro in vigna, in cantina e nel calice. Mi hanno riservato un’accoglienza speciale, e desidero ringraziare in modo particolare Paolo, che domenica mattina mi ha condotto a vedere le loro viti ad alberello, Elena che ha curato tanti dettagli della manifestazione e, in particolare, la cena a Palazzo, e Sabrina, con cui sento di aver instaurato una bella amicizia. Non vedo l’ora di tornare quando sarà ultimata la nuova cantina per poter scrivere e  raccontare di più.
Dal coraggio di Paolo e Sabrina nasce la loro azienda a Campiglia d’Orcia nel 2000. Oggi è subentrata anche Elena, mentre Sabrina continua a dare un supporto importante. I loro vini si possono considerare di montagna, con altitudini che sfiorano i 600 m slm e un microclima caratterizzato da forti escursioni termiche che permettono maturazioni lente e una grande concentrazione di aromi.

Vi parlerò dell’Orcia DOC Banditone 2020. Il nome deriva dal toponimo del vigneto La Bandita, la prima vigna impiantata nel 2000 a Sangiovese con qualche filare di Merlot e Colorino. Esiste un legame profondo tra Banditone e Paolo Salviucci perché è il primo vino che ha prodotto, quello in cui si riconosce di più. Si presenta con un colore rubino brillante e un naso preciso e fine che ci parla chiaramente del Sangiovese: note di viola mammola, frutti rossi e speziatura dolce, con delicate nuance leggermente tostate. In bocca si apprezza la sua complessità: freschezza, note balsamiche e una piacevole trama tannica. Il palato è appagante, grazie anche all’ottima spalla acida che lo rende un vino dalla grande bevibilità, una caratteristica che contraddistingue tutti i vini di Campo Tondo.

Ci vediamo alla XIV edizione di OWF

Vorrei continuare a condividere con voi tanti altri assaggi straordinari, ma temo di dilungarmi troppo.
Pertanto, vi invito caldamente a visitare la Val d’Orcia e i suoi vignaioli, scoprendo personalmente le meraviglie di questa terra e assaggiando i suoi vini unici. Inoltre, non perdete l’occasione di partecipare alla prossima edizione dell’Orcia Wine Festival , in programma dal 25 al 27 aprile 2025. Io ci sarò e non vedo l’ora di incontrarvi e condividere insieme questa straordinaria esperienza enologica!

Benedetta Costanzo
benedetta.costanzo@winetalesmagazine.com
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