04 Gen 2024
WineKult

Esercizi spirituali per bevitori di vino

Cronaca semiseria di una lettura natalizia: Esercizi spirituali per bevitori di vino, di Angelo Peretti. Situazione: previgilia in libreria affollata alla ricerca frenetica e autolesionista degli ultimi regali. Gironzolando tra gli scaffali mi cade l’occhio su un titolo: Esercizi spirituali. Tema coerente con il periodo e sicuramente necessario visto come va il mondo, ma passo oltre. Non è il mio genere. La coda dell’occhio coglie però il sottotitolo: per bevitori di vino. Torno indietro, sì, è invece il mio genere. Ecco, questo me lo regalo io.

Ringrazio l’autore, Angelo Peretti, per avere allietato con la sua guida, gaudiosamente laica, la noia di giorni festivi conditi dall’influenza. Che hanno richiamato da non so che angolo della memoria, un detto che mio nonno ogni tanto citava, con pura cadenza monferrina:

Mèj ciùc che malàvi.

Toh, in perfetta sintonia con uno degli esercizi spirituali elargiti: “Bere in dialetto (ovvero i vini che hanno la cadenza dei luoghi natii) è un esercizio di resistenza culturale”.

Ma andiamo con ordine, anche se questa è una tipica lettura che, per struttura dell’indice articolato in micro-storie indipendenti, non richiede di seguire pedissequamente la progressione delle pagine.

Il libro, pubblicato da Edizioni Ampelos, si compone di novanta brevi capitoli, o “sorsi”, ciascuno dei quali accompagnato da una coppia di consigli di bevuta, una referenza italiana e una straniera.

Non si tratta di un manuale di meditazione o di una ennesima guida ai vini, più o meno alternativa, e sbaglia chi vi cerca tra le pagine un senso religioso. Anche se, rileggendo il titolo, penso tra me e me che ad abbinare vino e spiritualità non si incorre nel rischio di blasfemia, visto che la Bibbia abbonda di metafore sulla vigna e che il vino è elemento portante del rituale cattolico. Se si pensa poi a nettari come Vin Santo, Lacryma Christi o Sangue di Giuda, tutto torna.

Il senso dello scritto lo pone in chiaro l’autore in premessa:

Mi sono persuaso che il vino rappresenti una specie di esercizio spirituale simile, per certi versi, a quello praticato dai filosofi che riflettono sul senso dell’esistenza. Con la differenza che bere è un esercizio piacevole, alla portata di tutti, e siccome tutti possediamo la consapevolezza di vivere, nessuno può dirsi inesperto. Perfino chi è astemio.

Il vero fil rouge che collega gli esercizi enospirituali è presto svelato:

il piacere è la stella polare del bevitore. Devi sapere qual è l’origine del tuo piacere.

E così Angelo Peretti, con piglio di profonda leggerezza, da consumato giornalista e critico enologico, ci accompagna alla scoperta delle sue novanta stelle polari, tra aneddoti personali, bottiglie memorabili e autocompiaciute “stille di eresia enologica”.

Già i titoli sono un programma, in rigoroso ordine alfabetico da Abbiccì a Zapping. In quest’ultimo capitolo si legge:

Il vino assomiglia ai libri. Entrambi aprono nuovi orizzonti, appagano la curiosità e non obbligano a lunghi spostamenti per viaggiare: basta la fantasia.

Oppure un calice di Etna Bianco o Sauvignon cileno, suggerisce l’autore.

Alla voce Ottimismo, Peretti invita a fare un test:

Apri una bottiglia, quella che vuoi. Se la stappi con l’atteggiamento di chi è pronto a rinfacciare al vino ogni più piccola pecca, mi dispiace, sei pessimista; ti disobbedirà anche il vino più pacato. Se bevi tanto per fare, sei impegolato nell’indifferenza; il vino ti sarà muto. Se invece l’aspettativa è quella di cogliere il meglio del vino che versi, hai superato la prova. Lo spirito vincente è l’accoglienza”. Vale per il vino quanto per gli uomini, considero. Al lettore il compito di scoprire l’arcano mistero dietro all’abbinamento con un Dolcetto di Ovada e un Pineau des Charentes Rosé.

Un Valtellina Superiore o un Vin de Pays des Bouches du Rhône accompagnano il capitolo Variazioni:

I vini più puri sono quelli che sanno raccontare il senso delle stagioni, che sono mutevoli, e i sentimenti di chi coltiva la terra, che sono altrettanto volubili. Tutti cambiamo giorno per giorno. Magari impercettibilmente, ma diventiamo diversi. La speranza è di diventare migliori.

E così enofilosofeggiando allegramente tra i più disparati concetti, al limite del nonsense: Blu, Degustatori, Discolpe, Felicità, Gatti, Intelligenza, Jazz, K2, Mai, Nulla, Orgoglio, Ossimori, Ribellione, Successo, Tartufi, Unicorni, Xilofono…. solo per citarne alcuni, a dimostrazione che ogni vino è un naturale attivatore di caleidoscopiche emozioni, del tutto soggettive.

Fino all’esercizio spirituale di chiusura:

Sii sempre curioso di te stesso, della vita e dell’umanità, poiché questa – solo questa, tutta questa – è la vocazione del bevitore.

A cura di Katrin Cosseta 

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