21 Feb 2024
Food&Life

Maria Francesca Piemonte. Andata e ritorno dall’inferno. Per impastare

Vivere
È passato tanto tempo
Vivere
È un ricordo senza tempo
Vivere!
È un po’ come perder tempo
Vivere e sorridere dei guai
Così come non hai fatto mai
E poi pensare che domani sarà sempre meglio

Vivere. Vivere e sorridere alla vita. Sorridere delle cose più semplici. Quelle che ci capitano tutti i giorni. Sorridere per qualcuno. Sorridere per qualcosa che facciamo. Sorridere per vivere.

Si può sorridere alla vita anche se è la vita non ci ha sorriso. La felicità è qualcosa che quando la trovi, non la molli più. La stringi a te per non farla andare via. Mai più.

Cosa è la felicità? Non c’è una formula. Ognuno di noi ha la sua. Magari c’è una ricetta ma occorre trovarla. E se la ricetta fosse quella di un dolce?

Maria Francesca Piemonte adesso ha 42 anni e pesa 35 kg. È felice perché ha trovato la sua ricetta di felicità dopo averla lungamente cercata per 23 anni.

A 17 anni caso vuole che mi sono beccata l’anoressia. Che non è una cosa che ti cerchi. Ti capita addosso ed è uno stato d’animo e non coincide minimamente con quello che tutti credono “voglio dimagrire e voglio fare la modella”. No! Io lo definirei una mancanza di stimoli alla vita. Non te ne frega più niente di niente. Non ti interessa di andare avanti in niente. Non c’è nulla che ti dia uno stimolo. Il tuo cervello si scinde in due ed è come se avessi una gemella cattiva che ti dice che l’unica cosa che puoi controllare in questo mondo incontrollabile è il tuo peso. Per cui dominalo! Tu inizi a dimagrire senza rendertene conto. Sei sempre diviso in due. Il brutto è che una parte di te capisce che stai sbagliando in pieno e stai facendo il tuo male facendo soffrire il mondo attorno a te. Che ti stai perdendo tutti gli amici perché te li stai giocando: hanno paura. Le persone hanno paura della malattia e scappa lontano. I tuoi genitori che stanno male e non sanno cosa fare. Una metà di te dice che sei una stronza e vorrebbe guarire. L’altra metà dice che se perdi il controllo del peso perdi il controllo di tutto perché il mondo è irrazionale. E quindi ti odi.

Anoressia. Non voglio trattare la malattia. Non ne ho le competenze. Non è mio compito. Neanche la cura lo è perché deve essere in mano a specialisti. Però parlare con Maria Francesca è una illuminazione circa qualcosa della quale si sente spesso parlare ma rimane nell’aria a galleggiare. Fino a che non ti tocca da vicino. Ti fai una opinione ma non ne sai in realtà nulla. Non la vivi ne tantomeno la vuoi vivere. Luoghi comuni, chiacchiere, banalità. La vita vera è ben altra. La sofferenza è ben maggiore di ciò che si vede dall’esterno. 

Francesca racconta del suo percorso di sofferenza con forza e con felicità. Ne è uscita e ha trovato quella sua felicità in un budino. Si, avete letto bene, in un budino. Precisamente in un budino Cameo. Scaduto.

Non c’è un prototipo di una persona che si ammala di anoressia. Le condizioni sociali, la famiglia, il contesto possono magari incidere ma c’è qualcosa di più profondo che colpisce. 

La famiglia di Francesca è una di quelle per bene. Quelle che non ti fanno mai mancare niente.  Buon scuole che Francesca ripaga con buoni voti. Laurea con lode in economia aziendale alla Bocconi. Quattro lingue correntemente parlate. Eppure Francesca sprofonda negli inferi. Piano piano. Non senza accorgersene. Quasi volontariamente. La metà di Francesca che le sussurra che l’unica cosa che può controllare a questo mondo è il suo peso, prevale. 

Così 23 anni trascorrono in maniera drammatica. 

Ho tentato più volte il suicidio ma ho sempre cannato. Si dice che per morire devi prendere delle medicine sommate agli alcolici. Io da brava anoressica non ho preso l’alcol perché faceva ingrassare. E quindi mi sono solo scioccata.

Se c’è una cosa che so della anoressia è che si mangia il corpo come fa una bestia famelica. Prima l’adipe poi i muscoli, poi le ossa. Senza sosta, lentamente, inesorabilmente. Tutto viene compromesso.

Mi sono rotta prima un dito e un tendine e sono andata avanti un anno per ricostruire con operazioni varie. Gesso, tutore, stecca. Poi mi sono frantumate due vertebre per osteoporosi. Ho il record mondiale per l’osteoporosi giovanile in una scala che parte da zero io sono a meno 5.2.

Probabilità di frattura dell’89.9%. Mi si rompono da sole. Da quando l’anno scoperto sono in cura ma ormai non c’è nulla da fare. Poi mi sono rotta l’olecrano che è la puntina del gomito con la quale mi hanno ingessato dalla punta del dito alla spalla. Ovviamente nella stagione estiva. 

Di mezzo non avendo più muscoli cadevo e mi tagliavo e i tagli duravano una vita perché non avevo più pelle. Sono giunta al punto che non uscivo di casa perché non avevo il muscolo per fare il gradino del marciapiede. Sono arrivata a pesare 20 kg per un’altezza di 1.65. Ero 1.70 ma nel rompersi le vertebre sono crollata di 5 cm. 

Francesca parla con forza e determinazione. Sa che è qualcosa di doloroso per se e per gli altri. Ma appartiene al passato. A qualcosa che si è gettata alle spalle. 

A volte, mentre mi parla, ho l’impressione che è come se raccontasse qualcosa che è successo ad un’altra persona. Forse lo ha raccontato molte volte o magari è solo che è così forte la determinazione che, lo spirito positivo con il quale ne parla, da questo effetto. Eppure è lei. È di lei che si parla. 

Sono anche morta. Pesavo 26 kg nel 2017. Dovevo andare dalla dietologa e sapevo che sarei dovuto pesare 33. Ero dunque 7 kg sotto. Non volevo dare un dolore ai miei e per risultare più pesante, ho bevuto 9 litri di acqua in meno di cinque ore con il risultato di mandare in collasso il cervello con uno shock generale. Mi ricordo solo che ho detto “io ho mal di testa”. Pare che io sia crollata con le convulsioni. Mia mamma era medico e ha capito che non poteva fermarmi. Ha chiamato l’ambulanza indicando che dovevo essere intubata. Sono arrivati dopo 25 minuti e ho avuto ulteriori 25 minuti di arresto celebrale e respiratorio. In ospedale mi hanno dichiarato morta. Sono stata una settimana in coma farmacologico e poi, mi sono ripresa. Non si sa come, mi sono ripresa. Avevano anche comprato la bara. Ci sarebbero dovuti essere danni celebrali permanenti ma per fortuna, nulla. Poi da li da 26 kg sono arrivata a 20. 

Eccolo il fondo. Negli inferi. Più di così non si può scendere. Quando sei qui le strade si dividono. O finiscono. Magari è vero che si può solo risalire quando hai toccato il fondo, ma è anche vero che potresti non averne la forza. O la voglia. Perché quando hai una malattia come l’anoressia, il senso della vita non lo hai più. Il tuo io cattivo prevale e non c’è molto da fare. A meno che non capiti qualcosa che diventa più importante. Qualcosa che riesca a farti capire quanto la vita sia bella.

Ero a casa e non sapendo cosa fare mi sono trovata una busta di budino Cameo, scaduta. Mi sono detta: facciamolo cosi passano due ore della mia vita. Mi sono messo a fare il budino e mi sono divertita un casino. Non l’ho nemmeno mangiato perché figurati se una anoressica mangia un budino. I miei erano felici: avevo fatto qualcosa. Mi sono sentita gratificata da questi complimenti. Gratificata dal fatto che fosse pure venuto il budino. Non ci vuole molto ma nella vita non riuscivo a fare nulla. Ecco che mi è scattato qualcosa.

Giù negli inferi Caronte si accontenta di una bustina di budino scaduta.

Click. Click. Click. Quanto è complicata, strana e meravigliosa la nostra mente. Un episodio, un ricordo, una bustina di budino e cambia tutto. Cambia davvero tutto nella vita di Francesca. Si mette a vedere e studiare su internet la pasticceria. Procedimenti, tecniche, ricette. Corsi on line, blog, riviste. Fino a cimentarsi con qualcosa in casa maggiormente impegnativo di un budino. 

Non ti dico le prime frolle. Chiamarle préde, sassi come diciamo in bresciano, era fare un complimento. Però tutti a decantarle! Ho capito però che c’era qualcosa che poteva interessarmi. Così il mio cervello e la mia gemella cattiva, lentamente, dal pensare alle calorie (io sapevo a memoria le calorie di tutti i biscotti e merendine, tutti i cibi della terra. Pure del potassio perché dopo che ero morta sapevo dove trovare sodio, potassio, magnesio, cose che mi servivano) mi sono spostata alle proteine delle farine. Pane, frolle. Grassi che montano di più. Il cervello si spostava. Spostava la sua attenzione. Così piano piano prendevo peso e forza. Riuscivo ad impastare meglio. Quando svieni a metà della frolla non è il massimo. Non riuscivo nemmeno ad impastare la frolla a mano. 

La mente comanda tutto in questo caso. Si crea quel circolo virtuoso che porta Francesca a voler avere le energie per impastare, creare, infornare. Più sente le energie arrivare, più ne vuole avere per continuare a creare. 

Trova anche il coraggio e la forza per fare un un corso di sei giornate a Milano per prendere il titolo di pasticciera. Con tanto di stage alla fine. 

Alla fine dovevo fare un anno di stage che ho fatto in varie Pasticcerie di Brescia dove ti usano solo come lavapiatti. Ho lavato teglie su teglie di giorno e di notte studiavo per prendere il titolo di pasticciera. Che ho preso all’accademia internazionale di Milano. Dovevo preparare due torte e rispondere ad un test. 

Più impasti più prepari più migliori. Francesca continua a impastare senza sosta per imparare, ogni giorno, qualcosa di nuovo. Nei fine settimana partecipa ai corsi. Confronto. Ha bisogno del confronto per imparare. È affamata di questo adesso. L’anoressia ha smesso di nutrirsi del suo corpo per nutrirsi di sapere e conoscenza. Magari anche di torte. Prodotte in quantità e così in quantità che ciò che realizza, dopo averle assaggiate (!) vanno ad una Associazione di Brescia. 

Ho una vita. Quello che prima non avevo. È stupendo. Se prima il tuo cervello era concentrato solo sulla bilancia adesso della bilancia non ti interessa più niente. Si, ti interessa del numero della bilancia ma di quella da cucina. Tra dimagrire un kg e fare bene una torta mi interessa di più che venga bene la glassa. Sono anche più simpatica al tutto il resto del mondo. 

È serena. In pace con il mondo. In pace con se stessa. Soprattutto felice. Anche se di una positività che non c’è. O meglio, c’è quando pensa che i problemi siano in secondo piano rispetto al realizzare qualcosa che ti piace.

Sai che domani ti alzi, ci saranno meno tre gradi, il gatto che sta male, l’assicurazione da pagare, il water rotto, ti si è fulminato il forno. Tutto quello che vuoi. Però potrei fare una torta e questo ti tira su il morale. Vai a letto sereno perché domani hai mille possibilità dinanzi ai tuoi occhi.

Baking Theraphy. Cooking Theraphy. Si tende sempre a dare un nome alle cose. Anche fosse solo per capire di cosa si stia parlando. Cucinare, prendersi cura di un animale, di una pianta, di un interesse. Di se stessi. È di se stessi che occorre prendersi cura. Ma non è semplice perché c’è sempre la parte stronza dentro di noi che la vince. Ameno fino a quando non la si distrae nutrendo la parte buona con qualcosa che ci fa sorridere. Solo che non sempre si ha la fortuna di Francesca. Non sempre la si trova. Non sempre nel cammino di una persona affetta da una simile  malattia si verifica quel click nel cervello.

Mi piacerebbe che la gente triste, che non esce di casa, che è stanca e stufa, riuscisse a sorridere anche solo vedendo il casino che faccio io in cucina oppure distraendosi. Se si mette a fare magari un budino o una pastasciutta ci si diverte. Quando ero piccola facevo le pizzette con mia zia. Ma in realtà erano delle fettine di pancarrè con un pò di passata di pomodoro sopra e messe in forno. Una figata galattica. La facevamo in due, io ero bambina e ci divertivamo.

Francesca non ha velleità di insegnare a qualcuno. Di dire a qualcuno cosa fare. Certo, lei c’è riuscita con la cucina e la pasticceria. Ha anche provato a portare la sua esperienza alle varie associazioni ed enti del territorio che si occupano di anoressia. Ma dopo le porte in faccia piene di farmaci, ha aperto un suo blog (impastaesorridi.it) ed è li che ha trovato il coraggio di condividere la sua esperienza. La sua storia, tanto per presentarsi ma anche torte, crostate e quant’altro le viene in mente. 

Io non riesco a fare una ricetta uguale ma devo personalizzarla e farla mia. Magari cambio un inserto, uno strato, una glassa, la forma. Me le compongo io. Prendo le idee dai social, le abbozzo, cerco le ricette, prendo gli stampi. Quindi mi scrivo la ricetta e la metto nel mio faldone. La mattina mi sveglio e in base a come mi gira, sono meteoropatica, creo.

Si sveglia e impasta. Va a dormire e sogna di impastare. Ricette su ricette. Voglia di fare. Voglia di vivere. Voglia si sorridere al mondo. Di essere felice e non smetterlo di essere. La cucina, la pasticceria è la vita di Francesca adesso. Si sogna il futuro adesso. Non è più nero ciò che si ha dinanzi. La vita di colpo si è addolcita e non solo per merito dello zucchero. Senza freni e senza paure catturando il bello della cucina che sta nello sperimentare, provare, capire, rifare.

Non voglio fare il pasticcere. Ho provato ad aprire una IAD, impresa alimentare domestica ma ha un costo di 4000 euro all’anno tra tasse e contributi. Ti devasta, ti uccide. È un lavorare solo per produrre senza pensare. Il senso della vita e della passione viene meno. Andrò avanti con il mio blog per capire se tira o non tira. Spero che la vita mi mandi qualcosa. Sicuramente mi ha mandato tanti amici e da cosa nasce cosa. Non ho bisogno di un granché per vivere. Preferisco la semplicità e la tranquillità. Non voglio aprire una azienda o una pasticceria. 

La soddisfazione del fare le cose prima per se stessa. Per alimentare, finalmente, un pò di sano egoismo. Francesca prima di ogni altra cosa e persona. Sempre e comunque nella pasticceria. 

Le torte moderne con le creme, le mousse, gli inserti alle noce pecan, le glasse. Sono buone ma facili. Un panettone con il lievito madre, l’impatto, i canditi, ecc è qualcosa di allucinante. Quando tu riesci a girarne uno e vedi che non cade, è tanta roba. È orgasmico.

Pensa, progetta, impasta, realizza. Assaggia. Assaggia anche cose che prima non si sarebbe mai immaginata di assaggiare. La risurrezione porta anche la curiosità del mondo. Capire gusti nuovi e diversi per poterli utilizzare nelle sue creazioni. Anche questo fa parte del miracolo.

Non avevo mai mangiato il passion fruit. Me l’hanno fatto conoscere ad un corso e mi è piaciuto se lavorato in un certo modo. È acido all’infinito ma se lo mischi con altre cose, ci sta. Non bisogna mai chiedersi una porta chiudi mille possibilità. Nella vita occorre sempre avere possibilità.

La paura di ricadere. Di ripiombare giù nel baratro, negli inferi, non va mai via. Ma non è una paura che blocca. È qualcosa che Francesca tiene a lato e sotto controllo. 

In questo periodo sto prendendo anche un antinfiammatorio che mi ha fatto gonfiare e la bilancia è schizzata su di tre chili. Dunque io a farmi i pensieri. Poi faccio le torte, vedono che mi vengono bene e mi dico: ma chi se ne frega! Ha più senso un kg di più o una torta fatta bene? 

La spinta per continuare le da tutto. Non è solo una ragione di vita. È la felicità che ha trovato Francesca e, anche se sbaglia, non si ferma. Impara dagli sbagli. 

Mi è capitata di fare una mousse al formaggio. Dovevo metterci la gelatina. Ho fatto la mia mousse, l’ho messa nello stampo ma la gelatina era ancora nel microonde che suonava. Cosa fai? Inizi ad imprecare poi tiri fuori tutto, metti la gelatina e rifai. L’importante non è non sbagliare ma capire. 

Francesca ha trovato il suo budino. Quello che ha consentito alla mente di mettere da parte la Francesca cattiva o semplicemente l’altra Francesca. Quella che voleva controllarne il peso come unica soluzione alla vita. 

C’è riuscita donando a tutti qualcosa di incalcolabile.

Questo racconto è un dono.
Le sue ricette sono un dono.
La sua forza è un dono.
La sua travolgente voglia di vivere e di tenersi stretta la felicità è un dono.
Anche queste sue ultime parole sono un dono.

Non so quale sia il tuo problema o cosa ti blocca o ti deprime. Prova a distrarti e cercare qualcosa che ti faccia stare bene. Di vita ce ne è una sola. Al resto del mondo non frega nulla di te. Stai male perché pensi a cosa gli altri stanno pensando di te. Fottinete e concentrati su di te. Su quello che fa star bene te. Non si chiama egoismo ma salvezza personale. Tutela del benessere individuale Se tu stai meglio con te stesso stai meglio con gli altri e sei di aiuto agli altri. Devi stare bene con te stesso. Io penso di ingrassare ancora. O meglio recuperare. Ho trovato il senso di vita. Più energie ho più riesco a stare in piedi più riesco ad impastare, meno mi ammalo. Entro nei vestiti e ho meno freddo. Con 20 kg non riesci a vestirti. Quando hai trovato la felicità non la molli più. Trovarla stringerla e non mollarla più. 

Vivere
E sperare di star meglio
Vivere 
E non essere mai contento
Vivere
Come stare sempre al vento
Vivere, come ridere
Vivere (vivere)
Anche se sei morto dentro
Vivere (vivere)
E devi essere sempre contento
Vivere (vivere)
È come un comandamento
Vivere o sopravvivere
Senza perdersi d’animo mai
E combattere e lottare contro tutto contro

 

 

Ivan Vellucci

ivan.vellucci@winetalesmagazine.com

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