07 Nov 2022
Il Vino in una stanza

Un viaggio lungo un secolo di tradizioni: Casale Vallechiesa

Un viaggio lungo un secolo di tradizioni che inizia cosi:

“Siamo cresciuti in una famiglia nata con il vino, la vite e la viticultura ”

Con questa frase di Cristina Piergiovanni, moglie di Aristide Gasperini, iniziamo il nostro viaggio nella storia, nei racconti antichi e perché no, in qualche leggenda di Casale Vallechiesa.

Il nostro percorso comincia proprio con il ricordo di un mestiere, ad oggi, ormai scomparso. Un mestiere che i nostri nonni ci hanno raccontato sempre con sorrisi ed entusiasmo: Il carrettiere a vino.

Ci torna alla mente quel carretto legato alla fatica benevola e a quei sacrifici fatti per portare il vino ogni giorno nella meta più ambita di quei tempi: la grande Capitale. Molti allora erano i carrettieri del vino ed uno tra tanti fu proprio Aristide Gasperini Padre.

“Chi ha una storia di famiglia alle spalle ha molto da ricordare e raccontare. Noi proviamo a spiegare cosa è stato in passato il vino e cos’è, per noi, tutt’ora. Una volta si faceva solo il vino sfuso, si portava con i carretti e non con le bottiglie. Ci sono molte storie dell’epoca.  Ad esempio mio suocero mi raccontava che partendo con il carretto a notte fonda per arrivare a Roma, portava con sé soltanto un cagnolino per compagnia. Come oggi  invece accade a mio marito con la compagnia di una volpe tra i filari.  Poi, durante il tragitto per Roma, c’era anche tanta paura di essere assaliti dai briganti che potevano rubare il carico di vino, arrecando  danni economici. C’è un mondo dietro al vino, c’è poesia”.

Una tradizione familiare di oltre 130 anni

Nel ‘800, prima la famiglia Gasperini dalle Marche, da sempre viticoltori e commercianti, poi la famiglia Piergiovanni dall’Abruzzo, per vicissitudini e cambiamenti, si trasferirono nei Castelli Romani per lavorare a Roma, poiché vista come la grande meta per chi a quell’epoca ovviamente abitava in piccoli paesi. Arrivati in questo territorio, i Gasperini iniziarono a coltivare la vite, a produrre il loro vino e a commercializzarlo come si faceva in quel periodo, trasportandolo e vendendolo a Roma proprio con il carretto.  A tal proposito, ci sono documenti storici risalenti agli  inizi dell’800 che attestano il mestiere di carrettiere a vino registrato con il  nome del suocero. Negli anni ’90, nella zona “Via Casale Vallechiesa”, a Frascati, in provincia  di Roma, la Famiglia Gasperini acquista la proprietà, ristrutturata in parte già nel 1800,  anticamente a funzione di chiesa e in seguito di scuola. La ristrutturazione venne continuata negli anni seguenti, acquistando anche vari terreni intorno. Il nome Casale Vallechiesa nasce proprio dal nome della via. Ad oggi, l’Azienda ha 5 ettari di proprietà e 14 in conduzione, tutti circoscritti al Casale. Cristina ci racconta che gli amici del suocero ad oggi, non potendo più lavorare le vigne, hanno concesso ad Aristide di coltivare e utilizzare le uve per i propri vini.

La nascita della vite su un’antica strada romana

Siamo a quasi 300 metri di altitudine, con una bella ventilazione ed una bella pendenza. Intorno a noi ammiriamo vari tipi di vigneti, rigogliosi ed imponenti lungo le pendici delle colline circostanti che si estendono fino alle porte di Roma, in località Pietra Porcia.

Da un lato abbiamo la sensibile ma corposa Malvasia puntinata seguita dalla resistente Malvasia di Candia; il Viognier da una parte, accompagnato da filari di Trebbiano, Bombino, Bellone e pochi filari di Greco che vanno a comporre il blend Frascati DOC.

Come protagonisti dal lato opposto abbiamo il Montepulciano, il Cesanese ed infine, un po’ di Syrah.

La filosofia aziendale che la famiglia, ad oggi, porta avanti per quanto riguarda alcuni vitigni, è quella di lavorarli in purezza solo se l’annata è ottimale, come ad esempio il bombino in purezza oppure la Riserva del Frascati Superiore DOCG .

L’ ecosostenibilità è un altro punto di forza e la certificazione arriverà sulle bottiglie dal prossimo anno. Gli interventi in vigna sono minimi e naturali, vengono utilizzati composti organici e piantato il favino, tra i filari, per apporto proteico delle piante.

Cristina ci tiene a sottolineare anche che quest’anno la stagione è stata talmente calda che non c’è stato quasi bisogno di far nulla per aiutare i vigneti e i pochi interventi effettuati sono stati zolfo e rame sempre in quantità assolutamente contenuta.

Composizione dei suoli

Vediamo proprio con i nostri occhi le differenze di composizione dei terreni: una parte dei vigneti è coltivata su terreni sabbiosi e tufacei di colore arancione; l’altra parte dei filari su terreni argillosi e basaltici originati dalle varie colate laviche del nostro vulcano laziale.

“Abbiamo di tutto e con varie esposizioni al sole. Tutto è diverso qui. C’è diversità nel terreno, nel microclima che cambia da collina a collina, situate in posizioni differenti, dalla lavorazione diversa dei vari vigneti, fino ad arrivare in cantina. E tutto questo ci rende unici. Dobbiamo avere un’identità e la nostra è proprio questa”.

Guardandoci intorno, ci accorgiamo di essere circondate da tanti muretti a secco e di camminare su quella che anticamente era una vera e propria strada romana, percorsa da più e più persone che, facendo delle vere e proprie processioni, arrivavano in quella chiesa lontana situata dove oggi si trova la cantina. Cristina infatti ci racconta che fu proprio il marito a recuperare tutti i sassi e a ricreare alcuni di questi muretti. I nomi delle vie non sono mai dati a caso, sono sempre legati a qualcosa e si intersecano tra di loro da tempi immemori. Qui, nulla è per caso.

“Avevamo una vigna di tantissimi anni, abbiamo dovuto, a malincuore,  toglierla poiché il terreno era dismesso, franato e sparpagliate tutte intorno c’erano varie pietre laviche di queste strade. Abbiamo dovuto purtroppo, lavorare molto sul terreno dismesso ma ad oggi siamo riusciti, a ricostruire quello che era andato distrutto ed a proteggere ciò che per noi è anche la nostra storia”.

Ritrovamenti antichi

Camminiamo e troviamo sotto i nostri piedi alcune parti dell’antica strada romana, della sorgente d’acqua ancora in funzione ristrutturata per utilizzare l’acqua potabile in vari modi e varie grotte, di cui una impiegata per l’affinamento del primo metodo classico di Malvasia Puntinata o del Lazio in purezza che a seguito di varie sboccature, con ogni probabilità e studi uscirà dai 36 mesi in poi sui lieviti.

Continuando il nostro viaggio, percorrendo queste strade, ci rendiamo conto dei tanti anni di storia di questo luogo, degli antichi racconti narrati e dei personaggi che hanno lasciato segni ed impronte di una cultura che ci sembra, ad oggi, così lontana.

UNA GRANDE QUERCIA COME CUSTODE

Accanto alla cisterna romana, troviamo un’imponente e suntuosa quercia secolare, con una sorprendente storia alle spalle, affiancata da una più piccola.

Anticamente, quando le donne percorrevano questa strada per lavorare la vigna, venivano spaventate da un serpente dotato di orecchie, il quale arrotolandosi, si arrampicava intorno alla quercia più grande. Trattasi dell’aspide sordo.

La leggenda narra che questo aspide avesse la sua tana proprio su questa quercia magnifica e che, per questo motivo proteggeva la sua tana e l’antica cisterna romana chiamata “cava di Santa Croce”.

Ad oggi, la Famiglia Gasperini ha voluto omaggiare la grande quercia, riportando sull’etichetta della linea “Caspide”, gli anelli del suo tronco, a testimonianza dei suoi tanti anni, e nel retro la storia dell’aspide sordo.

Ammirando sotto la luce le due querce, ci sembra quasi di poter immaginare una madre ed una figlia che proteggono la loro terra, il loro terreno.

Proprio in questo punto, ci soffermiamo un momento a riflettere e a guardare intorno il panorama, fantasticando subito su imponenti degustazioni, fatte all’ombra di queste due querce, con il loro abbraccio caloroso e protettivo e la dolce brezza di un vento primaverile.

“Abbiamo fatto di tutto per mantenere l’autenticità del luogo”

 

VINO E MARKETING 

“Da sempre noi crediamo che il vino debba avere una territorialità e che, quest’ultima debba essere raccontata bene. Il cliente deve capire l’identità di quel vino e poi ,in seguito a questo, acquistarlo se piace. Il mondo del marketing molto spesso questo lo dimentica”

 Qui ci troviamo molto d’accordo con le parole di Cristina: il vino si deve trasmettere, spiegare e narrare. Abbiamo il dovere di farlo con emozione, passione e dedizione, soprattutto quello dei Castelli Romani poiché, chiunque lo rappresenti ha il dovere di provare ad eliminare l’etichetta vino di quantità e non di qualità che ancora ad oggi si porta. Come filosofia aziendale hanno abbracciato il fatto di voler creare tipologie diverse di vini, una più identitaria e di nicchia ed una più semplice, di facile beva ed a prezzi contenuti mirata alla GDO. Proprio per questo motivo hanno creato la LINEA CASPIDE vendendola, ad oggi, molto all’estero ma che in futuro troveremo anche nella GDO.

Per l’affinamento dei loro vini, non prediligono passaggi estremi in legno per evitare la troppa cessione di aromi vanigliati, cercando di valorizzare ed esaltare invece i profumi del vitigno con una leggera tostatura sopra.  Per i rossi utilizzano barriques o  tonneaux di 2 e 3 passaggio per 5/6 mesi e per alcuni dei loro bianchi, come il Cannellino, la barrique e, per la Riserva, il tonneau.

”Il Cannellino passito me lo tengo stretto, è una particolarità, pochissime rese, grande qualità. Una piccola chicca “

Per l’ HEREDIO, un blend di Malvasia del Lazio, Greco e Bombino, si è evidenziata questa parola con caratteri più grandi in etichetta anziché Frascati Superiore DOCG, poiché si è voluto dare importanza all’identità del nome piuttosto che alla Denominazione, ovvero dare un nome ad un vino per riconoscerlo in mezzo a mille così da renderlo più identitario. Un possibile acquirente deve voler comprare il Frascati di Casale Vallechiesa perché ama i suoi sentori, crede in questa filosofia e perché non pone la sua attenzione soltanto al costo.

 Intervista a Bruno  Gasperini: Blockchain e Metaverso

Intervistiamo il figlio di Cristina, Bruno Gasperini, General Manager di Casale Vallechiesa e Delegato dell’Associazione Città del Vino del  Comune di Frascati che ci racconta:

“Tutto deve essere tracciato e rintracciabile, iniziando dalla vigna fino alla macchina per l’imbottigliamento; questo dà una sicurezza differente. Il nostro progetto in anteprima è quello di tracciare tutta quanta la filiera con la blockchain che ci porterà ad avere una trasparenza totale con il cliente, su tutto”

 Essenzialmente il lavoro è quello di inserire dei chip in etichetta che avranno il compito di fornire al consumatore finale tutti i dati sulla storia della bottiglia di vino, cominciando dalla mappatura del grappolo di uva in vigna, alle mani dell’uomo che l’ha raccolta, l’orario, il giorno, l’imbottigliamento e il viaggio finale. I Focus primari sono tre al momento: tracciabilità, sostenibilità e l’internazionalizzazione. Poi in futuro si punterà anche all’ospitalità incrementando le camere.

Al momento tre sono le modalità di degustazione:

L’EARLY TASTING ovvero la degustazione- aperitivo, la WINE EXPERIENCE, quella più complessa con il tour della cantina, dei vigneti e la degustazione ed infine il LUNCH IN THE WINERY con il pranzo completo. Ovviamente fanno anche eventi privati tramite la collaborazione di un catering.

Bruno continua a raccontarci che per quanto riguarda la sostenibilità, in fase di conversione al biologico, verranno certificati non solo i vigneti, ma anche tutto l’assetto aziendale.

Seguendo il progetto della Blockchain, ci saranno dei sensori in vigna che, automaticamente, andranno a sostituire l’intervento umano,  e daranno risultati in tempo reale. Questo porterà a far mutare il mondo delle certificazioni.

Tutto questo porterà alla partecipazione ad un club privato che con un’identità digitale darà l’accesso alle degustazioni, alla futura sboccatura o ai diversi passaggi di produzione dello spumante, ritirandolo per esempio quando sarà pronto tra 36 mesi direttamente in azienda o rivendendo il certificato così da non alterare l’autenticità della bottiglia.

Questo in futuro potrà essere integrato anche con il distributore, poiché, tramite sempre il Chip si potranno rilevare tutti i problemi relativi alla filiera produttiva come  anche alla distribuzione.

“Noi saremo quasi sicuramente i primi a farla, fummo i primi nel Lazio e terzi in Italia anche a progettare un NFT con la linea del Metodo Classico, creandone un utilizzo funzionale, legato al certificato digitale dando autenticità al nostro spumante”

Per quanto riguarda l’estero, il consumatore internazionale pone molta attenzione sulla tracciabilità e sostenibilità del prodotto italiano, perché vuole avere la certezza di acquistare il vero Made in Italy. Il progetto della Blockchain aiuta, in questo senso, a raggiungere proprio questi obiettivi.

Il prossimo passo per l’Azienda sarà utilizzare il Metaverso ovvero questo spazio virtuale all’interno del quale vivere esperienze, incontrare altri utenti e creare qualsiasi cosa come per esempio partecipare alle fiere internazionali, spedendo i propri campioni. Il  progetto effettivo sarà creare una cantina nel Metaverso. Sarà un investimento del futuro.

 

La qualità richiede tempo: la degustazione

Per noi che amiamo questo vitigno, è stato un grande piacere fare un confronto sulle due ultime annate. Il Viognier, vinificato in purezza, ha trovato sul nostro territorio laziale la sua massima espressione, grazie al clima caldo e ai nostri suoli vulcanici ricchi di minerali.

Dopo la vendemmia manuale, le uve portate in cantina e diraspate subiscono una criomacerazione per 36 ore a bassa temperatura. Fermentazione a temperatura controllata e affinamento in acciaio per quattro mesi e tre mesi in bottiglia prima dell’uscita.

Primo calice “GIOVIN RE” Viognier IGP 2021

Assaggiamo con curiosità l’ultima annata più calda della precedente e la prima sensazione che ci colpisce al naso è questa leggera pietra focaia nascosta da una vellutata acidità e profumi di albicocca e fiori di camomilla. Un vino ancora giovane ma con un sorprendente corpo e una bella sapidità dovuta al suo terreno vulcanico. Un palato fresco, vivace, agrumato, con note di frutta esotica e ritorno alle note olfattive. A nostro avviso molto longevo.

Secondo calice “GIOVIN RE” Viognier IGP 2020

Questa 2020 è a dir poco sorprendente, con spiccate note balsamiche, sentori nitidi di pietra focaia e una spalla acida alta che accompagnerà questo Viognier lungo tutti i suoi migliori anni d’invecchiamento. Al palato avvertiamo piacevoli note di mandorla dolce e frutta secca. Grande evoluzione e longevità sono, dal nostro punto di vista, le sue caratteristiche primarie.

Terzo calice “HEREDIO” Frascati Superiore DOCG 2021

70% Malvasia del Lazio, 15% Greco e 15% Bombino Degustiamo un bel cavallo di battaglia nonché orgoglio di punta dell’Azienda. Olfattivamente ci incuriosisce e coinvolge questa esplosione di frutta e fiori, con evidenti note di camomilla e tanta balsamicità.

Al palato ritroviamo le stesse componenti olfattive con l’aggiunta di albicocca, rosmarino, salvia, note erbacee, macchia mediterranea. Un Frascati degno di nota, sapido e persistente, di media struttura con un finale piacevolmente agrumato.

Prolungata macerazione a freddo sulle bucce, affinamento in acciaio sulle fecce fini per quattro mesi; mentre la riserva affina in tonneau 5/6 mesi sulle fecce nobili e 6/8 in bottiglia.

Dalle parole di Bruno:

“Il vino deve essere ricordato. I nostri vini devono avere quell’identità che rimane impressa nella mente del consumatore. Solo così secondo me un cliente si conquista. Il nostro calice più identitario è sicuramente l’HEREDIO e la RISERVA. Si riconosce, ha personalità, ha territorialità.”

 Quarto calice “ANIMA LIBERA” Malvasia Puntinata  IGP 2019

Vino a fermentazione naturale e integrale delle uve con raspi e bucce  per 10 gg, non criomacerazione ma solo macerazione di 10 gg e decantazione x filtrazione. Affinamento sui lieviti indigeni per 4 mesi in acciaio.

Un vino che vuole essere l’espressione naturale di questo terroir, originale e identitario, caratterizzato soprattutto dalla presenza di macchia mediterranea. Al palato ha un gusto pieno, di ottima struttura. Lo troviamo molto Intrigante!

“CANNELLINO” di Frascati DOCG VENDEMMIA TARDIVA 2020

80% Malvasia Puntinata, 10% Greco e 10% Bombino (200 bottiglie)

Rese molto basse per questo Cannellino con una vendemmia tardiva e un leggero appassimento in pianta. Imbottigliato da poco, ma già ricco di profumi come albicocca candita, agrumi canditi, miele, zenzero, fieno, muschio, terra bagnata. Degustandolo abbiamo questa dolce e fresca sensazione di canditi predominanti, note di erbe aromatiche e un retrogusto di caramella mou.

Macerazione a freddo sulle bucce e affinamento, come da tradizione, 5/6  mesi in caratelli di legno.

 Visitando anche il loro punto vendita ci rendiamo conto che la produzione qui non è soltanto del loro eccellente vino, ma anche di marmellate, olio, una passata di pomodoro selezionata e premiata dal gambero rosso e sott’oli.

Un grande ringraziamento a Cristina Piergiovanni e alla sua Famiglia per averci ospitato nella loro Cantina, regalandoci una visita indimenticabile in una giornata calda e soleggiata.

A conclusione di questa intensa giornata, Vi lasciamo con le parole di Bruno Gasperini:

“Noi abbiamo una storia, quella non ce la toglierà mai nessuno, abbiamo una bella azienda e molte volte si deve puntare su quello che si ha, sui propri punti di forza. Il nostro è sicuramente la nostra antica storia, partendo dai nostri nonni”.

 Noi ci sentiamo di aggiungere:

“Historia magistra vitae – la storia è maestra di vita”

Ilaria Castagna e Cristina Santini 

Partners in Wine