11 Ott 2024
Suggestioni di Vino

Luca Dellisanti. Okùs, l’eleganza dell’essenzialità

Nella vita si parte tante volte e altrettante si torna. Per andare al lavoro. Per andare a fare la spesa. Per andare ad una festa. Per andare a cena con la propria metà. Si torna. Si torna sempre. In un modo o nell’altro si torna. Così come si torna alla propria terra. Quella in cui siamo nati e vissuti per brevi o lunghi attimi di vita.
si parte e si continua a partire. Brevi o lunghi viaggi che ci portano lontano o lontanissimo.

Partir c’est mourir un peu.

Sono gli unici versi che si conoscono di un poeta e scrittore francese che scrisse invece tanto ma tanto altro. Edmond Haraucourt .

Partire è un pò morire. Perché quando parti per qualcosa che senti come duraturo, se non definitivo, muori un pò dentro. Ti lasci alle spalle pezzi di vita. Belli o brutti che siano, hanno fanno parte della tua vita. Anche se muovi passi verso un ignoto che sarà magari magnifico, dietro ci sono pezzi di vita. Difficili da dimenticare.

Luca Dellisanti, da Gorizia, sua città natale, immediatamente dopo il liceo vola a Londra. Li ad aspettarlo c’è Costanza. Stanno insieme proprio dal liceo anche se lei è due anni più grande di lui. A Londra Luca studia e si laurea in genetica per poi andare a lavorare alla Anthony Nolan, una organizzazione no profit che opera nel campo delle cellule staminali.
Luca si occupa dei test di compatibilità tra i pazienti in attesa di trapianto. Analisi del dna, sequenziamento… Uno di quei lavori forse oscuro ma fondamentale per assicurare che un trapianto vada a buon fine.

Due anni e mezzo di lavoro e mi è piaciuto tanto. Lavoro, colleghi. Tutto. Non mi è piaciuta per niente Londra. Sei in una grande città. Ci sono tante persone. Ma sei solo. Mi piangeva il cuore. Il week end mi piangeva il cuore. Aprivi Facebook e vedevi gli amici di Gorizia che andavano fuori e facevano festa insieme. Dopo un pò non ho resistito più. Ricordo i we da soli e una infelicità nemmeno latente.

Costanza e Luca. Stare insieme a Londra e fare il lavoro che amano non basta. Non basta più. Troppo forte è il richiamo di casa. Le radici. La terra. Davvero a Londra si sentono come due esuli. Difficile capire per chi non è mai stato fuori di casa. Come quei bamboccioni che non riescono ad allontanarsi da casa. Ricordo quando dopo la laurea andai a lavorare a Torino. Non sapevo nemmeno quanto avrei guadagnato. Mi chiamarono il giovedì per essere operativo il lunedì seguente. Partii con il treno e una valigia con un albergo prenotato per solo tre notti. Da li costruii tutto. Furono anni all’inizio complicatissimi. Ma sono sopravvissuto. So bene cosa voglia dire sentirsi solo e lontano da casa. Un lavoro certo bellissimo, gli amici e le cose belle. Ma casa è un’altra cosa.

Quando comunque parlo con persone giovani come Luca, capisco quanto ancora di buono ci sia in questo mondo. Quanta voglia di fare. Quanto spirito di intraprendenza e, soprattutto, quanta capacità di mettersi in gioco per ricominciare tutto d’accapo ci sia in certi giovani.

Tornare a Gorizia per Costanza e Luca vuol dire salto nel buio. Cosa fare una volta tornati non era chiaro. Di certo, non stare con le mani in mano.

Siamo tornati a Gorizia. Eravamo comunque fortunati nell’avere entrambe le nostre famiglie a Gorizia. Anche nella peggiore delle ipotesi di chi come noi si fa le ansie circa il lavoro, comunque c’era e c’è stato il sostegno delle nostre famiglie quando ne abbiamo avuto bisogno. Ma sapere che c’è aiuta. Mio papà è magazziniere in una ditta che commercia apparecchi medicali. Mia mamma lavorava (è appena andata in pensione) in un centro culturale sloveno. Con lei parlo in sloveno e con papà in italiano. Ho fatto le scuole qui a Gorizia con il programma italiano e la lingua che si insegnava in sloveno.

Costanza si da da fare e riesce a diventare giornalista. Luca si da da fare e inizia a lavorare nel campo della viticoltura. Era la sua una passione fatta di frequentazioni e contaminazioni scolastiche.

Alle medie andavo in classe con tre amici con i quali siamo ancora amici che avevano aziende vinicole su per i colli. Music, Fiegl, Paraschos. Non avevo però mai fatto nessun corso nemmeno da assaggiatore. Mi attirava istintivamente ma senza avere la capacità di comprendere bene. A Londra nel dopo lavoro mi ero iscritto al corso WSET livello tre con una preparazione fatta prima. Se prima c’era un istinto, una volta che ho cominciato a mettere insieme il puzzle ovvero capendo cosa c’è dietro al gusto del vino, ho scoperto un mondo. Così l’interesse è aumentato a dismisura. Quando siamo tornati ho pensato che c’è questa cosa che mi interessa tanto dunque riparto da zero con il vino.

Riparto da zero. Ecco la bellezza dei ragazzi. La capacità di rimettere tutto in gioco e ricominciare partendo dalle basi. Luca è uno di quei ragazzi che non fa le cose tanto per farle. Ha bisogno di capire prima di qualunque altra cosa. Capire i processi e i fenomeni. Solo così può pensare di spiccare il volo da solo. Ecco quindi che Luca va a lavorare prima da Paraschos e poi da Radikon. Come dire, all’università del vino.

Tornati a dicembre 2017. Nel 2018 la potatura da Paraschos, nel 2019 l’annata completa da Radikon. Sono andato ad imparare da quelli bravi. Ho la fortuna che sono attaccati a Gorizia. Paraschos poi è anche mio amico. Ho cominciato da li a sperimentare.

Uno con la mentalità scientifica non può che sperimentare. Luca ha di che cimentarsi visto che qui a Gorizia, un nonno con un pò di vigna non si nega a nessuno.

È vero che i miei genitori non sono vignaioli ma il nonno aveva un mini vigneto dietro casa. Così già dal 2018 ho cominciato a fare prove. Non sapendo cosa stavo facendo ho fatto comunque quattro damigiane. Con il culo del principiante sono pure venute bene. Nel 2019, aceto completo. L’annata dunque non esiste. Con la 2020 abbiamo fatto le bomboniere del matrimonio. La 2021 non era per niente buona. La 2022 era buona ed è in vendita.

È il metodo scientifico in fondo. Fatto di sperimentazioni. Studio, analisi, sperimentazioni.
Peccato che serva altro per mantenere una famiglia. Luca lo sa ed è per questo che inizia a lavorare in una azienda di Cormons che si occupa di consulenza tecnica e gestionale nel mondo del vino, la Perleuve. Mi sono scervellato anche io per capire come si pronunciasse il nome per poi leggere nel logo che è solo l’acronimo di Per Le Uve.
Solo che senza esperienza specifica, si parte da zero.

Motopompa in spalla, tuta bianca e maschera a trattare. Tutta l’estate cosi.

goriziaCompito di Luca è quello di fare i trattamenti su micro particelle analizzandone poi le evoluzioni e i comportamenti al fine di valutare le migliori strategie. Per la serie, ci si rimbocca le maniche e via. Quando si parte da zero si fa di tutto. Ecco la meraviglia dei giovani che hanno voglia di fare.

Dopo due anni sono diventato consulente. Adesso seguo più aziende anche importanti. Abbiamo anche un servizio per le previsioni meteo che ci fornisce i meteogrammi con temperature e umidità oltre che vento. Questo ci serve per i trattamenti fitosanitari. La cosa innovativa dello studio dove lavoro è il fare un monitoraggio serio in vigneto. È vero che ci sono le condizioni meteo giuste per fare il trattamento. È vero che c’è la data giusta. Abbiamo però sufficienti foglie aperte e sviluppate perché ci siano le condizioni ideali dello sviluppo della peronospora? Questo implica che si riduce di tanto. Si va in vigna si verifica la tipologia e poi si consiglia il trattamento. Incluso i prodotti. È molto elegante perché fai un bel lavoro resource demanding. Tante persone però che devono monitorare i vigneti.

La voglia di un approccio scientifico di Luca è evidente dalle sue parole. Lui è fatto così. È la sua natura. Una natura che, unita alle frequentazioni dei suoi amici vignaioli, lo porta a capire cosa sia necessario fare per produrre vini naturali. Non è solo una questione di filosofia. L’approccio scientifico di Luca implica che per produrre vini naturali è necessario partire dal vigneto e per lui, che non ne ha, vuol dire trovarne di idonei. Altrimenti niente. Si usa la tecnologia per assecondare la natura.

A me piace perché voglio avere un approccio scientifico. Anche se faccio vini naturali non vuol dire che li faccio sulla per partito preso. Certe volte nell’ambito di vini naturali o biodinamici si fanno i vini per religione quasi. Qui l’approccio è un altro.

Luca va in cerca di vigneti. Devono avere non solo la giusta collocazione ma anche custodire i vitigni che lui ama.

Nelle condizioni in cui abbiamo i vigneti a disposizione qui, è una cosa fattibilissima. Basta scegliere i vigneti giusti. Basta non piantare alcuni vigneti in zone sfavorevoli. Ci sono zone dove è impossibile, difficile o controproducente. Se occorre fare troppi trattamenti non vale la pena. La maggior parte delle aziende che seguo, sono biologiche. Basta non scegliere il posto sbagliato.

Sceglie la vigna giusta per essere naturale. Anche in questo c’è programmazione. Il ragionamento dietro è semplice: se posso raggiungere lo stesso risultato con meno input diventa tutto più elegante e salubre.

Una parte di rischio con un vigneto nel posto giusto e vendemmiando bene una parte di rischio rimane. Il gioco vale la candela però. È un tema di priorità. Preferisco avere un pò di rischio.

Luca sa bene che un lavoro lo l’ha e questo gli consente di mantenere questa filosofia e il rischio che ne consegue.

Sono circondato da aziende importanti che fanno vini molto precisi con input minimi. Anche in cantina. Sono super attenti. Sempre ad assaggiare. Hanno avuto una grande influenza e una grande rassicurazione per me. I vini di Paraschos sono strepitosi per me. Sono esempi che mi hanno dato fiducia. Mi hanno mostrato come si facevano i lavori e tuttora mi confronto con loro.

L’azienda di Luca si chiama Okùs, una parola slovena che vuol dire “gusto”. Dopo aver iniziato con poco più di seimila metri quadri, adesso sono due ettari presi in affitto dopo due anni di ricerca.

viti

Prima c’era la persona che mi ha detto si ma con Pinot Grigio, Carmenere, ecce. Quando ha scoperto che volevo farlo in biologico mi ha detto no. Ho trovato vigneti della varietà giusta ma in zone troppo umide. Oltre alle sfighe che ci sono state, ci abbiamo messo tempo per trovare la soluzione. Parlando con la persona giusta al momento giusto, la zona che mi piaceva e la varietà che mi piaceva. È stata una botta di culo. Volevo una Malvasia Istriana e il Tocai Friulano. La Malvasia non ce la ho. O meglio ho solo mezzo filare. Tutto il resto è Tocai. Poi Merlot.

Quando la terra non ce l’hai, devi andare in giro a cercartela. Non sembra, ma di contadini non più disposti o non più in grado di coltivare le viti, purtroppo, ce ne sono tanti. Lasciati da soli dai propri figli o dalle proprie forze. Ben vengano ragazzi come Luca che hanno solo la voglia di rimboccarci le maniche per coltivarli. Certo, che qualcuno si opponga al biologico non lo capisco proprio.

Vigneti di venticinque o trenta anni si trovano. Più vecchie si sudano. Anche trovare in affitto in queste zone non è semplice e me le sono sudate. Conosco i vignaioli per il lavoro che faccio. Ma nonostante questo è difficile inserirsi perché prima di darti la loro vigna ci pensano.

Quest’anno c’è stata la fiducia di una viticolture che mi ha ceduto parte dei suoi vigneti che non riusciva più a coltivare. Vinifico a casa di un mio amico che mi ha concesso due vasche. Una per il rosso e una per il bianco.

Due soli vini per Okùs. Un bianco da Friulano e un rosso da Merlot. Entrambe prodotti secondo la filosofia di Luca che prevede niente se non le uve. Lieviti ovviamente nemmeno a parlarne. Macerazioni anche lunghe. Affinamenti in acciaio.

Il Rosso Merlot è rosso ed è Merlot. Il colore rubino scuro con un lievissimo riflesso porpora è quello del Merlot. Sentori vinosi arricchiti dalla balsamicità e dal frutto croccante che emerge prepotente con ciliegia, prugna, mora. I fiori rossi e l’erba appena tagliata conferiscono freschezza a bilanciare sapientemente l’olfatto.
In bocca è un vino vero. Di quelli che ti aspetti per il semplice fatto di essere in queste zone. La freschezza si esalta anche grazie a tannini presenti ma non aggressivi. Persistenza anche abbastanza lunga per un vino senza tempo e con un tempo che ricorda il passato dei vini veri. Tanta sostanza con il frutto vivo e croccante che viene preservato nella sua freschezza. Questo è uno di quei pochi vini ancora rimasti che bevi con pane e salame e in grande scioltezza.

Il Bianco da Friulano offre una visione bellissima: dorato, trasparente e luminosissimo. I sentori sono immediatamente di pesca percoca, frutti tropicali come ananas e mango; fiori di camomilla che diventano miele. Grande grandissima rotondità che si arricchisce anche di note di pera, salvia e vaniglia. Insomma tutto sa di rotondità stemperata dalle nuance di mandarino.
In bocca è decisamente meraviglioso con la freschezza, sì presente ma non invasiva; la pesca che torna riempiendo la bocca con un finale quasi mandorlato a stemperare la dolcezza. Sapido, secco e con una base tannica ottenuta grazie alla macerazione nei tini di legno. Persistenza lunga che non disturba, anzi, richiede sempre un altro sorso. Il mandarino torna insieme alla pesca a realizzare un tripudio di sapori. Sa di vino, di quelli veri e di un tempo che non c’è più.  Non c’è nulla di artefatto e si sente cosi che la sua concretezza, meraviglia. Essenziale ed elegante

Mi piacerebbe che il cliente apprezzasse la varietà di provenienza del vino apprezzando ad esempio le differenze con un Tocai classico. Sullo stile, uno stile più acidulo, meno alcolico e con aromi e profumi intensi. Che sia fatto in maniera elegante. Se ci sono operazioni che si possono non fare per arrivare allo stesso risultato, non le faccia.

Luca parla di eleganza. L’eleganza di uno scienziato che si approccia alla cantina così come alla vigna con metodo e precisione. L’eleganza o meglio l’essenzialità nel fare solo ed esclusivamente ciò che serve. Niente di più.

In cantina, faccio solamente io. Ogni tanto mi da una mano un mio amico, Davide. Abbiamo due aziende separate ma ci diamo una mano per tutto. Da quest’anno, avendo preso dei vigneti in più e avendo la fortuna che mia madre e mia zia sono in pensione, mi danno una mano anche loro in vigna. Mamma lavorava in ufficio e mi ha detto che non voleva più lavorare in ufficio.

collioNonostante il livello raggiunto in così poco tempo, Luca ha la consapevolezza delle cose che fa e di ciò che può ottenere. Se sia l’ardore di un giovane o la sicurezza di chi sa il fatto suo, solo il tempo ce lo dirà. Però, detto tra noi, per uno che faceva sequenziamenti del genoma, seguire le indicazioni di un enologo o di un agronomo, non credo che vi siano particolari problemi. In barba a tutti coloro che pensano ci vogliano tante vendemmie per essere un vignaiolo serio.

A livello enologico, potendo tornare indietro, vorrei avere le conoscenze di un enologo o di un agronomo. Non le ho ma non ho le risorse ne il tempo per rimettermi a studiare. Anche se nel tipo i vino che faccio molte cose non vengono applicate. Però conoscendo le basi, sapere perché succede una cosa nel vigneto, anche se decidi di non intervenire, è meglio saperlo. Sono pronto si. Anche per la parte enologica visto che dal 2018 faccio le prove. Ho capito lo stile di vino che mi piace e gli errori più grossi da non commettere. La mia percezione è di avere sufficienti esperienze per potermi dedicare.

Eppure, la genetica gli manca. Così come gli manca quella vita con i colleghi a Londra.

La genetica mi manca abbastanza. Mi manca molto l’ambiente lavorativo perché a Londra era super. In due anni e mezzo che ero su, sono riuscito a fare passi avanti incredibili con le persone che non vedevano l’ora di incoraggiarti e spingerti. Non è una cosa che si trova dappertutto. Quello mi manca tanto. Sicuramente mi manca quello che in prospettiva sarebbe diventato il mio lavoro. Nei laboratori eravamo chiusi e non vedevi la luce del giorno. In prospettiva non la volevo fare per il resto della vita. Sarei però entrato negli uffici a fare analisi dati e autorizzazioni dei risultati. Non lo volevo fare tutta la vita.

Scelte di vita. È davvero stupefacente vedere come un ragazzo giovane come Luca sapesse già cosa volere dalla vita. Un vero ragionamento di prospettiva. Poco comune. Purtroppo.
Per staccarsi dal suo lavoro e dedicarsi esclusivamente al proprio progetto di vita, non è ancora tempo. Ma il ragazzo è sveglio e si farà

Il ragazzo si farà, anche se ha le spalle strette,
questo altro anno giocherà con la maglia numero sette.

Come cantava Francesco De Gregori nella canzone La leva calcistica della classe ‘68.

luca dellisantiSi sente pronto. Si sente di aver appreso tanto soprattutto perché la fortuna di vivere in un territorio pazzesco come quello del Collio lo ha agevolato nel conoscere tante realtà. Fortuna si ma anche e soprattutto umiltà nell’apprendere e contemporaneamente, sperimentare. Semmai, la vera fortuna è avere vicino una donna come Costanza che ha dimostrato una pazienza non indifferente. Non fosse altro perché Luca oltre al lavoro che sostiene il tutto, ha la sua cantina e le sue vigne a cui dar conto. La piccola Vida, da poco arrivata, sarà un ulteriore stimolo a continuare con questa fantastica avventura.
Non mollare Luca. Non mollare mai. Abbiamo bisogno di persone come te!

 

 

Ivan Vellucci

ivan.vellucci@winetalesmagazine.com

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