22 Feb 2023
The Voice of Blogger

Chi trova un amico…trova Marco Capitoni

“Chi trova un amico trova un tesoro”, dice il proverbio. E a quanto pare un tesoro porta ad un altro, quando gli amici con cui condividi quella bellissima passione che è il vino hanno il desiderio di farti conoscere le loro cantine preferite, come spesso accade. Eccomi così un sabato mattina sfrecciare in treno direzione Arezzo. Da lì, io e Benedetta ci siamo dirette verso la Val D’Orcia, luogo che non necessita di tante presentazioni essendo tra le altre cose riconosciuto come patrimonio dell’umanità dall’Unesco dal 2004.

Già nell’antichità la Val d’Orcia era famosissima, attraversata longitudinalmente dalla Via Francigena che a sua volta incrociava molte importanti antiche vie di comunicazione. Oggi, tra molti suoi pregi, i prodotti alimentari tipici del territorio fanno di questa valle una regione conosciuta in tutta la penisola. Uno tra tutti, il suo rinomato formaggio, nato pare dall’insediamento nel passato di una comunità di pastori sardi che si dice abbia trovato qui il luogo ideale dove stabilirsi con le proprie greggi. Ma anche tartufo, olio extravergine e, naturalmente, i suoi vini sono prodotti altrettanto identitari di questa zona.

E’ una bella giornata di sole. “Siamo fortunate”, ci diciamo mentre attraversiamo i tipici paesaggi della campagna toscana, dove filari di cipressi si intervallano con dolci colline disseminate di vigneti. E poi boschi, oliveti e campi a perdita d’occhio, intervallati da paesini le cui case sono per la maggior parte state costruite con mattoni  a vista e i cui attuali abitanti testimoniano l’identità del luogo e la profonda appartenenza alla propria terra. Qui, infatti e contrariamente alle più rinomate zone vicine, gli abitanti hanno scelto di non vendere le proprie case e terreni, rimanendo custodi della propria identità culturale.

La Val D’Orcia

Eccoci arrivate alla nostra meta finale, l’Azienda Capitoni. Marco, il titolare, ci accoglie sorridente insieme a sua moglie fuori dalla casa-cantina. L’edificio è a due piani, completamente in pietra e caratterizzato da una una ripida scala per arrivare all’appartamento, mentre sotto di essa, a livello del terreno, riposano le botti. Ci perdiamo nel panorama, con Pienza che si può vedere in lontananza e il Monte Amiata lì, maestoso, che sovrasta il cielo terso e azzurro.
Il vitigno dominante in questa zona è il Sangiovese, ma troviamo anche molti vitigni autoctoni, tra cui il Foglia Tonda. Due le tipologie rosse previste dal disciplinare: l’Orcia Doc, che prevede almeno il 60% di Sangiovese, e l’Orcia Doc Sangiovese, dove la percentuale minima del vitigno sale fino al 90%. Nonostante qui il vino sia cosa seria da secoli, la prima è una Doc molto giovane che ha visto la luce il 14 febbraio 2000 grazie agli sforzi di un tenace gruppo di produttori. Al momento, le cantine sono circa sessanta, sparse nei tredici comuni entro i quali il disciplinare ne ammette la produzione.
L’Orcia, ci racconta Marco, è una giovane denominazione “schiacciata” tra due giganti, Montepulciano e Montalcino, ma non da meno per quanto riguarda la qualità. Il terreno ha comunque distinte e specifiche caratteristiche e siccome il suolo non è “riproducibile”, tramite esso si creano riconoscibilità e identità. Siamo a 460 metri sul livello del mare, in un crinale tra la Val di Chiana e la Val D’Ordine caratterizzato da un terreno marino che regala al vino una sapidità che non ti aspetteresti. Un territorio vasto con una produzione contenuta (300.000 bottiglie la produzione globale) che porta di conseguenza a una denominazione di nicchia.
Da emiliana apprezzo molto l’ospitalità in cantina e il fatto che ai Capitoni si coniughi l’arte al vino. Ammiriamo le opere di Camilla Perinetti Casoni in esposizione in questo periodo, che dipinge utilizzando mosti e vino ritratti di donne molto belli. Sembrano dei carboncini se li osservi da lontano, I colori cambiano come cambia il colore del vino a contatto con l’ossigeno… è tutto in evoluzione.
Le etichette dell’Azienda I Capitoni riportano tutte la Cariatide della Pieve di Corsignano dell’VIII secolo che si trova tra le piccole arcate della Pieve di Corsignano. Questo vuol essere un omaggio alla dea della fertilità ma anche alla donna colonna portante della famiglia e della società.

Gli assaggi

Passando agli assaggi, Marco ci racconta di “aver immaginato di andare indietro nel tempo e di partire dalle basi” mentre ci spilla direttamente dall’anfora un Sangiovese in purezza, Il Troccolone, unico suo vino prodotto in anfora. L’anfora non è una qualsiasi, ma prodotta a Impruneta con una lavorazione tra le più antiche, che richiede grandi abilità manuali e tecniche e l’utilizzo della pregiata terra di Galestro. Nella pratica, questa tecnica consiste nell’applicare filoni di argilla attorno ad una matrice che serve da sostegno, facendo aderire una parte dell’argilla alla parte finale del giro precedente. Finito il guscio, esso viene stuccato, steccato e lisciato. Infine, vengono eseguite le rifiniture a completamento, come bordi e festoni. L’anfora viene prima essiccata al sole. Tecnica, questa, che impedisce la vetrificazione che si avrebbe altrimenti in cottura, rendendola in questo molto più traspirante. L’obiettivo è arrivare alla maturità del vino, esaltando le caratteristiche del frutto con la sua croccantezza e i suoi profumi, mettendoci al tempo stesso in condizione di goderne in tempi brevi con una beva che risulti scorrevole. Una curiosità; il nome Troccolone deriva dal modo in cui, in dialetto, veniva chiamato il commerciante, sia esso a piedi, in calesse o a cavallo, che andava per paesi barattare con i contadini polli, uova, conigli e vino. Nome, oggi, di un vino che comunica il rispetto della tipologia che si beveva a quel tempo nei poderi.
Assaggiamo Capitoni come prova di botte, vendemmie separate e vinificazioni separate. Un blend diverso sangiovese e  merlot in percentuale variabile.
Passiamo al Frasi 2019 (Sangiovese, Candiolo, Colorino) un “unicum” entusiasmante perchè è prodotto da un’unica vigna (classe ’74 vigne miste) e se ne ricava solo una botte di vino. Marco lo produce solo se le vendemmie sono equilibrate per qualità e quantità. Perchè Frasi? Chiedo curiosa. Marco mi fa notare che nel retro dell’etichetta è riportata appunto una frase. Ci spiega che sceglie le frasi, diverse per ogni annata, basandosi su un pensiero un particolare che identifica l’annata: può essere un’andamento stagionale, un fatto accaduto oppure un aspetto fantasioso.
Ad esempio il Frasi 2007 riporta “la soddisfazione della fatica, le speranze e i risultati: Orgoglio”. Affascinante.
Continuiamo la carrellata con Capitoni 2019, fermentazione spontanea un blend di  85% sangiovese 15% merlot, Capitoni 2005 e con Ventennale 2017 (100% Sangiovese) uscito nel 2021 per il 20 anni di vita dell’azienda, In etichetta altre alla cariatide onnipresente è riportata la frase significativa: «Vent’anni di vita-vent’anni di vite».
Passiamo ad assaggiare una novità, solo 300 bottiglie per ora prodotte. Sangiovese 2021, macerazione su bucce e raspi fino a giugno. Il suo nome sarà EsSenza. Un vino senza solfiti dove i raspi servono per aumentare le proprietà antiossidanti e per bilanciare l’assenza della solforosa. Una sperimentazione che seguirò con curiosità per vedere come andrà a finire!
Finiamo poi con le gambe sotto il tavolo un un tipico locale a Pienza (Ristorante Il Falco). Si capisce che qui l’accoglienza viene vissuta con piacere e intesa come arricchimento. Una Toscana un po’ diversa da altre zone; forse più autentica? Non lo so ma di sicuro qui mi sono sentita in famiglia, come se conoscessi Marco e Antonella da una vita.
Concludiamo sontuosamente con il Vinsanto 2016 di uve bianche: grechetto (qui chiamato pulcinculo) malvasia e trebbiano appassite in fruttaio. Il suo nome è “Ta” che è il nomignolo con cui Marco chiama la moglie a cui ha dedicato il vino. Un amore che abbraccia a 360° territorio, famiglia, tradizioni.
E tu sei mai stato in Val D’Orcia per cantine? Ora non hai più scuse

Claudia Riva di Sanseverino