19 Gen 2023
The Voice of Blogger

Il Progetto ZEI – Zero Environmental Impact

 

Si fa presto a dire sostenibilità ma è molto più difficile trovare soluzioni concrete.

Come molti di noi sanno, il fil rouge dello scorso Merano Wine Festival è stato il problema dell’acqua in quanto risorsa primaria e fondamentale per la vita, sviluppato all’interno di importanti temi come l’innovazione, la sicurezza alimentare e la sostenibilità. E’ stata in questa occasione che ho avuto l’opportunità di assistere a una masterclass durante la quale è stato presentato un progetto che mi ha decisamente affascinato e convinto, il Progetto ZEI.

Facciamo un passo indietro e diamo per scontato che la fertilità del suolo e la salubrità della pianta siano fondamentali per la produzione di vino. Da qualche anno, ormai, ci si è accorti di come l’utilizzo di componenti chimici da sempre ritenuti innocui per l’uomo e indispensabili alla vigna, non sia esattamente una passeggiata per la salute. Un esempio su tutti, l’utilizzo del rame, vaporizzato da decenni a difesa della produttività. Come lo zolfo, però, anche il rame è un metallo pesante che, dopo aver eliminato i funghi nocivi, penetra nel terreno e vi si deposita, legandosi chimicamente ad altri minerali e svolgendo un effetto inibitore della capacità della vite di assimilare altri microorganismi utili al suo sviluppo. Questa conclusione è stata scientificamente verificata da un gruppo di ricerca dell’Università della Tuscia, guidato dal Prof. Marco Esti e dall’agronomo Dott. Alessandro Leoni. Ed è qui che hanno vacillato le mie certezze sui dogmi che sostengono le certificazioni bio. Se infatti, da una parte, “biologico” significa fare agricoltura senza prodotti di sintesi, dall’altra tale protocollo permette l’utilizzo di sostanze come questa.

Gli effetti del rame come fattore di alterazione

La ricerca ha evidenziato come il rame elimini i microorganismi che incontra durante la sua penetrazione nel terreno, impoverisca la fillosfera (la parte visibile della pianta della vite), e distrugga la rizosfera, ovvero la capacità biotica del terreno. Anno dopo anno, i trattamenti con il rame provocano un accumulo di questo elemento nel suolo, rendendo sempre più difficoltosa l’assimilazione da parte delle viti di altre sostanze nutritive essenziali per lo sviluppo e la resistenza della pianta, arrivando addirittura a comprometterne la stessa sopravvivenza. Nei terreni viticoli in cui è presente un’elevata concentrazione di rame accumulato emergono, inoltre, problematiche di vinificazione dovute all’effetto inibitore del rame sulla trasformazione del mosto e la fermentazione del vino. Un ulteriore effetto della presenza di questo metallo nel terreno è che esso, legandosi alle foglie e al frutto, altera i profumi del vino, oltre al rischio di tossicità per via dell’accumulo nel fegato umano qualora finisca nella bottiglia. Ovviamente, nessun produttore vorrebbe mai sentire alterato il profumo e il sapore del proprio vino. Ciò nonostante, questo è ciò che accade ad oggi in moltissimi casi.

La natura ritrovata: il progetto ZEI

Una volta accertata l’influenza negativa del rame sulla qualità biologica della vite e sulle proprietà organolettiche del vino, il Prof. Esti e i ricercatori dell’Università Della Tuscia hanno dato il via a sperimentazioni su possibili sostituti biologici.

Perché infatti non pensare di trattare la vite con estratti di origine naturale, senza residui e senza rischi tossicologici per gli operatori e che hanno anche il vantaggio di migliorare sensibilmente la qualità delle uve?

Tre anni fa è quindi partita la sperimentazione nei terreni della Cantina Feudi Spada, proprietà umbra del noto enologo Alessandro Leoni, dove erano presenti vigneti antichi, alcuni originari della Francia. La cura e il ripristino di quei vigneti è stato un test ideale per lo sviluppo di nuovi prodotti e metodologie in grado di rinvigorire i processi naturali coinvolti nella coltivazione della vite e nella vinificazione. Proprio da qui ha preso vita il progetto ZEI, acronimo di Zero Environmental Impact (Impatto Ambientale Zero), coordinato dal Dott. Alessandro Leoni, allargatosi ad altri piccoli appezzamenti e a porzioni di filare, in modo da poter controllarne l’efficacia in modo immediato.

I campi sperimentali sono nel tempo passati a oltre 70 ettari divisi tra Oltrepò Pavese, Toscana, Lazio, Umbria, Campania, Piemonte e Puglia, sia su varietà autoctone che internazionali, allo scopo di avere ampie possibilità di verifica dei risultati.

I prodotti di biosintesi e gli estratti essenziali

Una delle sfide più importanti di oggi è la capacità di bilanciare l’applicazione delle tecnologie e delle conoscenze con il rispetto degli equilibri e dei processi naturali. Nel caso del progetto ZEI, l’idea del gruppo di ricerca è stata quella di testare alcuni estratti vegetali provenienti da altre piante, come l’acido salicilico e l’etilene, che migliorano il metabolismo-della vite, arrivando alla sintesi di miscele bilanciate, completamente prive di elementi chimici tossici e in grado di proteggere la pianta e arricchirne le qualità organolettiche a partire dalle bucce delle uve.

Una piccola rivoluzione

Dopo il periodo di sperimentazione in vigna e in cantina, la trasformazione delle miscele in composti microbiologici standardizzati e prodotti in serie è stata affidata all’azienda Prime Evolution, un’azienda giovane, dinamica e innovativa, nata per volontà degli imprenditori Valeria Bombelli e Francesco Civati, impegnati dal 2005 nel settore della ricerca in biotecnologie. Decisi ad operare una piccola rivoluzione nel settore, hanno portato realtà e concretezza al progetto iniziando ufficialmente la produzione e la commercializzazione di prodotti biostimolanti, bioattivanti e di estratti vegetali.

Quando le ho telefonato per avere maggiori informazioni, Valeria si è mostrata ben felice di condividere con me alcuni dettagli in più rispetto a quanto era stato trattato durante la masterclass. Durante la nostra conversazione, ricordo un suo pensiero che condivido appieno, secondo cui “siamo sempre in evoluzione (da qui il nome dell’azienda, Prime Evolution) perché crediamo che tutto derivi da lì, dalla natura, che occorre solamente osservare e che ci mette a disposizione tutto ciò che necessitiamo. I nostri prodotti infatti sono tutti di origine vegetale”. Prosegue Valeria: “in Azienda ci si occupa di studiare e ricercare, con tecniche sempre più precise, le esigenze di difesa, stimolazione e nutrizione in tutte le colture agricole, dalla viticoltura alle colture da reddito e ornamentali, al fine di progettare e formulare nuovi bio-fertilizzanti e stimolanti tecnologicamente avanzati per risolvere i problemi legati allo sviluppo vegeto-produttivo nel suo complesso”. Personalmente, sono rimasta affascinata da questo progetto e dall’entusiasmo con cui viene portato avanti.

Prime Evolution, in collaborazione col Prof. Marco Esti e l’enologo Alessandro Leoni, ha quindi sviluppato una gamma di prodotti pronti all’uso per ogni fase della produzione, con protocolli di utilizzo per la soluzione di problemi specifici. Con il rilascio dei nuovi prodotti sul mercato, è stato possibile anche definire un protocollo ZEI per certificare l’assenza di sostanze chimiche e metalli pesanti nelle uve, permettendo ai viticoltori di guadagnare in qualità e proporre una rivalutazione del prezzo di vendita delle proprie bottiglie. Il progetto prevede di raggiungere buoni risultati economici a partire da una produzione di 5.000 bottiglie l’anno, risultando quindi adatto e conveniente anche a cantine medio-piccole.

Tra le domande della platea non poteva mancare quella sui costi. L’ho girata a Valeria, che mi ha risposto che “il Progetto ZEI ha un’incidenza di investimento tra i 15 e i 20 centesimi/bottiglia, un costo di poco maggiore di un metodo convenzionale, in alcuni casi attestandosi allo stesso livello”. Quindi, nessuna scusa! La possibilità di migliorare c’è ed è affrontabile, considerando i vantaggi.

La masterclass

Tornando alla masterclass, dopo il benestare degli esperti, il vino è stato versato nei calici, contribuendo a un’atmosfera più rilassata e fluida, permettendoci di assaggiare i vini con un diverso stato d’animo, oltre che con molta curiosità. Gli assaggi proposti, in un carosello di profumi, aromi e sapori, sono stati:

–          Vesali, 2021 100% Fiano, Tredaniele

–          Madonna 2020, 100% Chardonnay, Feudi Spada

–          Cerbero 2018,  90% Croatina – 10% Merlot, Mantovani

–          Il Privilegiato 2021, 100% Nero di Troia, Planisium

Per dovere di cronaca, su sette vini prodotti dai vitigni antichi della cantina Feudi Spada con il metodo ZEI, ben tre hanno ricevuto prestigiosi riconoscimenti da persone molto più esperte di chi scrive. Al di là dei premi, credo che la soddisfazione maggiore per questi viticoltori, in una certa misura visionari e decisamente pionieri, sia sapere di avere prodotto un vino di ottima qualità senza cedere alle lusinghe della chimica o ai dogmi “poveri” della biodinamica, coerentemente con quello spirito di adattamento imprenditoriale che vede la tecnologia e la ricerca al servizio della natura e non vice versa.

 

Claudia Riva di Sanseverino