28 Ott 2022
The Voice of Blogger

Mi sono innamorata dell’Irpinia, prima puntata

Mi sono innamorata dell’Irpinia e ve lo racconterò in due articoli che narrerranno le qualità di un territorio incredibile! Quindi adesso mettete comodi ed iniziate a leggere.

Come prima cosa scordatevi quello che vi aspettereste di trovare al Sud! L’Irpinia è una terra fredda fatta di montagne e colline, attraversate da torrenti e fiumi, che si susseguono e si arrampicano fino a raggiungere i 1800 metri sul livello del mare. Una terra quindi mai uguale a se stessa, con esposizioni e altitudini che variano continuamente. Pensate che 6 milioni di anni fa il mare era qui! L’Irpinia, prima che la conoscessi attraverso il vino era nella mia testa una terra lontana e sconosciuta che associavo al terribile terremoto del 1980.

Perdonatemi una piccola divagazione: durante il lockdown mi sono imbattuta su Instagram in Autoctono Campano. Ideato da un geniale ragazzo di Reggio Emilia, Stefano Franzoni, innamorato di questa regione, dei suoi vini variegati e diversi nelle loro espressioni grazie anche al fatto di contare oltre 100 vitigni autoctoni.

Il “gioco” lanciato dal profilo IG consisteva nel dare ogni settimana spazio a una provincia diversa e nel ripostare chi si impegnava nella ricerca della bottiglia, raccontando nel post il vino prescelto e la sua storia. Un modo per evadere dalla prigione della pandemia, per socializzare e scambiarsi opinioni, una possibilità per viaggiare attraverso il gusto alla scoperta di vini che altrimenti non avrei mai acquistato.

Si è costituita così una community che nel tempo, si è incontrata passando dal virtuale al reale. Si sono creati forti legami tuttora esistenti.

E proprio uno di questi mi ha spinto a scoprire questa terra.

Villa Raiano

Il mio viaggio in Irpinia inizia con la visita a Federica, con cui ci eravamo ripromesse di incontrarci fin dai tempi della pandemia. Federica (@winesoul__) che cura l’accoglienza a Villa Raiano, rappresenta in modo perfetto la professionalità e la passione che ho trovato in questa terra. Mi ha dedicato un intero pomeriggio con il benestare della Proprietà che ringrazio ancora, per raccontare il clima, i vigneti, le particelle, la produzione e mostrarmi questa cantina dalla concezione moderna. E’ stata infatti completamente rinnovata secondo i più moderni criteri tecnologici e architettonici. Pensate che gli spazi sono pensati per accogliere fino a 200 persone per gli eventi, circondati da un panorama mozzafiato. Villa Raiano è nata nel 1996 nei vecchi opifici dell’oleificio della famiglia Basso (produttori d’olio da 3 generazioni). I Basso hanno fortemente creduto nel potenziale di un territorio straordinario, per cultura e tradizione vitivinicola e hanno avviato un ambizioso progetto, ad oggi direi pienamente realizzato. La Cantina è situata sulla cima di una collina a 600 m. sul livello del mare e deve il nome al piccolo borgo vicino a cui si trova. Attualmente può contare su 27 ettari di vigneti in vari areali. Si producono solo vitigni autoctoni campani, Greco di Tufo, Fiano di Avellino, Aglianico di Taurasi e Falanghina, vinificati tutti in purezza per conservare intatte le caratteristiche del singolo vitigno. Due le linee prodotte: la “classica” e i Cru, proprio a sottolineare le differenze degli areali irpini e di come clima, esposizione e suolo giochino ruoli determinanti nel risultato finale.

Gianni Fiorentino

E’ stato il caso che mi ha fatto conoscere Gianni Fiorentino. Avevo una mattina libera e l’ho contattato. Gentilissimo malgrado il poco preavviso, mi ha accolta nella sua cantina costruita secondo i principi di Bio-archittettura già nel 2012. Per il profondo rispetto che nutre nei confronti della sua terra e della sua storia, Gianni si è concentrato sui soli due vitigni autoctoni che coltivava il nonno, ovvero l’Aglianico e la Coda di Volpe.

La Cantina è un vero gioiello. Gianni mi ha raccontato che il lavoro per una piccola cantina come la sua è artigianale e certosino. Per l’Aglianico la vendemmia è tardiva e manuale su vigneti a 450 mt. Il disciplinare del Taurasi richiede un grande sforzo economico per una piccola cantina come la sua, ma le vendite vanno fortunatamente bene. Gianni mi promette che la prossima volta mi farà da guida in questo suo mondo fatto di storie non raccontate e tramandate di generazione in generazione: mi cita l’Eneide, ma anche la storia di Carlo Gesualdo il principe assassino. “Il vino è anche un viaggio nelle storie di chi lo fa e di chi lo ama. Grazie a te per quanto farai, anche attraverso il tuo racconto”. Questo mi ha detto salutandomi.

Quindi almeno questa storia ve la racconto!

Il principe Carlo Gesualdo, tanto per inquadrare il periodo storico, era figlio di Fabrizio e Geronima Borromeo – sorella di quel San Carlo, arcivescovo di Milano, che troviamo nei Promessi Sposi. È stato un musicista raffinatissimo ed eccezionale precursore della musica moderna, amante delle lettere e noto mecenate e diventò uno dei più illustri madrigalisti di ogni tempo.

Visse nel castello di Taurasi e sposò Maria d’Avalos, una delle donne più belle e sensuali di Napoli. Carlo aveva 20 anni e Maria 26. La differenza di età, gli interessi culturali diversi, il fascino inesistente del principe, il matrimonio imposto da interessi familiari, portarono ben presto la bella Maria fra le braccia di Fabrizio Carafa, duca d’Andria e conte di Ruvo, conosciuto ad un ballo e soprannominato per la sua bellezza “l’arcangelo”. La tresca durava da parecchio tempo ed era ormai risaputa. Il Principe decise di vendicarsi del tradimento e una notte finse di partire per una battuta di caccia mentre rimase appostato nelle cantine del suo palazzo con tre fidati sicari. Non dovette aspettare molto l’arrivo del duca d’Andria. Nonostante gli amanti avessero messo di guardia una giovane cameriera, furono sorpresi nel pieno della notte e atrocemente uccisi. Il principe non partecipò materialmente all’uccisione e rimase nell’anticamera; solo quando tutto fu compiuto si accanì col suo pugnale, prima sul cadavere del duca, quasi volesse cancellare la sua bellezza, e poi sul ventre della moglie. I corpi straziati e nudi degli amanti furono esposti al pubblico ludibrio sul portone di casa, per mostrare alla città che l’onore del principe di Venosa era salvo.

 

Feudi di San Gregorio

Il mio viaggio è proseguito per Feudi di San Gregorio, una cantina impressionante di cui sarebbe banale parlare. Non si può però prescindere dal visitarla perché è veramente bellissima. Nasce nel 1986 e insieme a Mastrobernardino condivide il merito di far conoscere l’Irpinia nel mondo. Nel 2001 viene totalmente ristrutturata dal giapponese Hikaru Mori che disegna una cantina dalle linee essenziali, recuperando i fabbricati preesistenti e creando spazi di grande impatto sia all’interno, sia nei giardini esterni, trasformandola in una delle prime cantine d’autore. All’esterno troviamo un giardino di erbe aromatiche e un grande roseto anche se il suo sviluppo è per la maggior parte sotterraneo. E’ stata esposta per ben due volte alla Biennale di Venezia come eccellenza architettonica.

Qualche numero:

  • 4 milioni di bottiglie
  • 300 ettari di cui 180 provenienti dai conferitori.

Antonio Caggiano

La Cantina di Antonio Caggiano è un altro luogo imprescindibile da visitare se si è da queste parti. Non mi dilungo troppo perché l’amico Ivan Vellucci ha scritto un bellissimo articolo che avrete sicuramente letto e non potrei scriverlo meglio.

Qualche numero:

  • 180 mila bottiglie, volutamente un numero basso
  • 30% di prodotto esportato all’estero per la maggior parte nel mercato Americano, Giappone e resto del mondo
  • 1994 primo vino che esce dalla cantina.
  • 4 i livelli su cui si sviluppa la cantina.

Una collina svuotata e riempita di materiali di recupero collezionati con amore e pazienza. Infatti dopo il terribile terremoto Antonio andava a prendere le pietre degli edifici crollati e le destinava a nuova vita. Ricorderò sempre il suo sorriso e i suoi occhi vivaci mentre ci raccontava le sue avventure in giro per il mondo. Una frase per tutte :

La donna è un’opera d’arte

E nel mio cuore la frase del suo brindisi “ai vostri sogni segreti”.

Per ora mi fermo qui ma non perdetevi la seconda puntata di questo approfondimento irpino…

Claudia Riva di Sanseverino