26 Feb 2022
Provato per Voi

Il piolismo ci salverà

Qui si parla di osteria e di trattoria di prossimità, s’introduce un tema “il piolismo ci salverà” come pretesto per la narrazione di un bel pranzetto; si citano poi alcuni noti piatti tipici piemontesi e finalmente anche un vino piemontese, il Ruchè, forse un po’ meno noto: portate pazienza, con un po’ di pazienza ci arriviamo.

Iniziamo dal Piolismo. Certo, per i tifosi dell’A.C.Milan il Piolismo è la (recente) fede cieca, illimitata et adorante nel verbo calcistico così come professato in perfetto understatement dall’allenatore Stefano Pioli, come prima di lui sono stati il Sarrismo o il Cholismo, insomma; ma qui si viene per almanaccare sul mangiare, non per fingersi commissari tecnici nel guardare giocare al pallone: il livello di coinvolgimento richiesto è maggiore, in fondo Feuerbach viene ricordato per quell’aforisma-tormentone “l’uomo è ciò che mangia”, mica – e mi si conceda licenza per l’evidente falso storico – per esser stato supertifoso di una qualche squadra di calcio.

Nei dizionari del dialetto piemontese di fine ottocento – sul sito internet archive.org se ne trovano, eccome, il termine “piola” significa “accetta” – una piccola ascia – o “persona poco intelligente”; per ricollegare questa parola ad un’osteria bisogna quindi ricorrere ad un prestito-calco dal francese piaulepiôle, la taverna, a sua volta dal francese antico pier “bere” (occhio che se però metto “piolle” nel traduttore di Google questo mi risponde “piccone”… e si ritorna in zona accetta).

La stagione della piola

Ricreazione finita, torniamo alle cose: la piola è l’osteria/trattoria piemontese: arredi a patchwork, menù alla lavagna, vini alla mescita, piatti dalla fortunatissima tradizione locale diligentemente attualizzati vuoi per fattura, vuoi per presentazione, prezzi sostenibili anche alla terza settimana del mese (ovvero quando con il salario si studia su come ad arrivare alla quarta).

Sembrerebbe un programma più indicato per tipi alla Heinz l’Autoriductoren, sembrerebbe: invece si presta a interpretazioni di tale meditata autenticità ed eleganza concettuale da far eleggere il paradigma del piolismo, dell’osteria di prossimità, a messaggio di speranza per tutti i golosi ormai cronici pessimisti nella ragione, seppur forse ancora tiepidamente ottimisti nella volontà: “il piolismo ci salverà”.

A Torino in San Salvario, a esserci posto, andiamo da Barbagusto: troveremo di tutto questo, e in abbondanza, e ne resteremo affascinati.

Barbagusto, in San Salvario

BARBAGUSTO, PIOLA IN SAN SALVARIO, TORINO

Domina l’ingresso il bancone da bar, con antipasti in vetrina e bottiglie esibite per l’evocazione dell’assaggio e a memorabilia del loro compiuto destino; bancone come dogana inflessibile, ma benevola, tra la cucina ed il servizio in sala. Pochi i tavoli, da aver prenotato anzitempo. Il menù? Eccolo lì, alla lavagna.

Il Ruchè di Castigliole Monferrato, DOCG

DOCG RUCHè DI CASTIGLIOLE MONFERRATO

Antipasto, un piatto, il dolcetto. Un bicchiere di vino: restiamo in regione, e ci mancherebbe altro: il Ruchè del Monferrato vitigno autoctono allevato nel Monferrato astigiano, da terreni calcarei, asciutti e assolati. Aveva perso interesse, ma dagli anni Sessanta è cominciata la sua rinnovata ascesa: DOC dal 1987, DOCG (Ruchè di Castigliole Monferrato) dal 2010. Appena superata, nel 2021, la barriera del milione di bottiglie, a cinque bicchieri la bottiglia… insomma è un vino piuttosto di nicchia, ma se non siete pigri fate in tempo ad assaggiarlo.

Antipasti piemontesi misti

ANTIPASTI PIEMONTESI MISTI

Nel piolismo resta molto difficile derogare dagli antipasti misti, in quello torinese solitamente arrivano tutti assieme nel vassojo: questa volta le acciughe, i tomini con i due bagnetti rosso e verde, la salsiccietta cruda, la carne (qui un meno consueto lonzino) tonnata, la battuta di fassone, l’insalata russa, le verdure, i carciofi sott’olio. Ineccepibile, tutto ineccepibile, ghiotto fin dalla vista.

Agnolotti al ragù

AGNOLOTTI, RAGù DI BARBERA E SALSICCIA DI BRA

Segue il main course, qui gli agnolotti con ragù di barbera e salsiccia di Bra: la nota acida del vino equalizza ed esalta l’impianto dolce della pasta ripiena e della carne del ragù. Scrivo giusto due note prima di perdermi nel piatto e di riprendere coscienza a scarpetta compiuta.

Ed ora prendiamo cappello

BONET, DOLCE TIPICO PIEMONTESE

Il dolce: inevitabile il bunet (scritto anche bonet ma pronunziato comunque bunèt): indovinatissimo minotauro tra budino e creme caramel, agli amaretti. Si prende da ultimo, prima di terminare il pranzo o la cena: a cappello di tutto il resto, così come da ultimo si indossa il cappello prima di uscire (questa l’ho rubata da Wikipedìa).

Nella declinazione barbagustosa è squisito, eccelso, fenomenale, roba che le maddalene proustiane possono solo accompagnare.

Alla fine

ALLA FINE, IL PIATTO PARLA

La soddisfazione del palato e la piacevolezza dell’ambientazione vanno a braccetto: sarà che son piolista, ma Barbagusto, questo tema, lo svolge in eccellenza e lo studiato understatement della rappresentazione ne contribuisce ulteriormente al fascino. Bravi, bravissimi tutti, forse davvero di questo passo “Il piolismo ci salverà”.

Arrivederci, secondo fortuna, al prossimo pranzetto, così come fotoassaggiato da @magnosolo, il vostro mangiatore resipiscente.