19 Mag 2024
Diario di un sommelier

Tedeschi: aromi di Valpolicella

Ci sono realtà che non possono mancare nel nostro bagaglio di conoscenze del mondo del vino e, per chi come me ama i grandi rossi della tradizione, qui siamo difronte ad una vera eccellenza da non perdere.

Quattro secoli di storia e di tradizione vitivinicola, pionieri dei vini cru della Valpolicella, la famiglia Tedeschi dal 1630 interpreta con passione il territorio della Valpolicella. Vini, eleganti e dotati di spiccata personalità, svelano i sapori e gli aromi tipici della terra che caratterizza da sempre la loro produzione e identità.

La grande sfida intrapresa dall’azienda consiste nel coniugare lunga tradizione e metodo di ricerca e produzione innovativa all’interno di vini capaci di raccontare la ricchezza del territorio della Valpolicella.

I vini Tedeschi sono diventati sinonimo di terroir e di Valpolicella in tutto il mondo, grazie ad un lavoro costante e meticoloso in vigna negli anni. Tedeschi sostiene la ricerca e la sperimentazione, quali strumenti fondamentali per garantire una produzione di qualità. L’azienda, da sempre rispettosa del territorio, è oggi sostenibile, certificata secondo gli standard Biodiversity Friend ed Equalitas.

Nulla può essere lasciato al caso: la profonda attenzione alla vigna implica anche la ricerca di ottenere una perfetta interazione tra caratteristiche del terreno, il microclima, l’esposizione, la scelta delle giuste varietà e il sistema colturale, con il fine di ottenere uve perfette.

In quanto produttori di Valpolicella, di Amarone e di Recioto in Valpolicella da secoli, accanto alle uve autoctone obbligatorie nei vigneti di proprietà vengono coltivate anche piccole percentuali di cultivar meno note ma altrettanto tradizionali in Valpolicella come l’Oseleta, la Dindarella, la Negrara, la Rossignola e la Forselina.

Nel 2010 è iniziato un lavoro di zonazione e di caratterizzazione dei vigneti della tenuta di Maternigo e della zona Classica. La zonazione, ovvero lo studio pedologico dei vigneti, è da anni vista come il punto di partenza necessario per una viticoltura di qualità, una strada impegnativa e onerosa, ma capace di offrire risultati importanti e permanenti.

Oltre alla zonazione è stata affiancato il lavoro di caratterizzazione che analizza il terreno e misura il modo in cui la pianta si esprime da un punto di vista vegetativo. Una volta misurate le differenze, è stato dunque possibile intervenire in maniera mirata e capillare al fine di ottenere uno sviluppo vegetativo e produttivo uniforme della vite nell’intero parco vigneti, con evidenti conseguenze positive sulla qualità dei vini.

Il lavoro di zonazione e di caratterizzazione ha permesso di preparare una carta dei suoli: Maternigo ha evidenziato l’esistenza di 7 diverse aree con caratteristiche pedologiche proprie per giacitura, terreno, sostanza organica e capacità di drenaggio; nella Valpolicella Classica, sia nel vigneto Monte Olmi sia nel vigneto La Fabriseria sono state invece evidenziate due diverse aree.

Per ogni area a vigneto sono state delineate le diverse tipologie di suolo rinvenute. Le analisi mostrano un terroir ad alta vocazione e di grande qualità. Sono le differenze in microelementi, a tratti apparentemente poco significative dal punto di vista quantitativo, a determinare e a definire le peculiarità delle singole parcelle e quindi dei vini prodotti nei diversi vigneti.

I risultati ottenuti dalla zonazione e dalla caratterizzazione dei suoli hanno avviato una serie di interventi in vigna.

Nel tempo è stato portato avanti un processo di inerbimento per rafforzare le difese naturali del vigneto, un piano di controllo dello stress idrico, un innalzamento del contenuto di carbonio organico, un arricchimento del terreno mediante semina di particolari essenze, con lo scopo anche per rafforzare le difese naturali del vigneto, e l’apporto di concimi organici.

Viene inoltre adottata una lotta integrata tramite l’utilizzo di batteri contro malattie come la tignola e la botrite e di estratti naturali per combattere la peronospora e l’oidio.

Consapevoli di come la composizione del terreno possa influenzare l’aroma di un vino, in modo pionieristico nel territorio della Valpolicella, Tedeschi ha intrapreso uno studio di caratterizzazione aromatica dei vigneti.

Le prove scientifiche dell’esistenza di un codice chimico trasmesso da uno specifico terroir ai vini arrivano grazie ai nuovi strumenti a disposizione dei ricercatori, spinti nei loro studi anche dalla curiosità dei produttori, sempre più interessati a comprendere i meccanismi che generano differenze aromatiche e di longevità nei vini ottenuti da vigneti situati in zone diverse dello stesso areale di produzione.

Dopo la presentazione dei primi risultati, nel 2021, di uno studio iniziato nel 2017 svolto dalla famiglia Tedeschi con il Prof. Maurizio Ugliano e in collaborazione con il Dipartimento di Biotecnologie dell’Università di Verona sui caratteri aromatici delle uve e dei vini da singoli vigneti e sui principali fattori coinvolti nella loro espressione, arriva oggi un ulteriore aggiornamento, che entra ancora più nel dettaglio di quella che viene definita firma aromatica di un vino.

L’identificazione delle impronte aromatiche di ciascun terroir ha comportato l’impiego di una strategia di analisi piuttosto complessa, che si è avvalsa dell’impiego di 4-5 differenti metodi di analisi della frazione aromatica. Questo perché l’aroma di un vino è, da un punto di vista analitico, un mix estremamente complesso, costituito da diverse centinaia di sostanze di cui però solo un numero più contenuto contribuisce all’aroma percepito. Infatti, alcuni dei composti che contribuiscono alle firme aromatiche non sono presenti nelle uve o nei vini giovani, ma si formano con l’invecchiamento.

In particolare, gli studi hanno mostrato che alcuni Amarone, tra cui quelli dell’azienda Tedeschi, si distinguono per la presenza di alcune sostanze odorose dalle caratteristiche olfattive complesse. Tra queste, i cineoli sono di particolare interesse in quanto supportano l’espressione di note aromatiche balsamiche che ricordano a tratti l’odore delle foglie di eucalipto”, sottolinea Ugliano.

Affinché i vini possano sviluppare nel tempo questi caratteri, è importante che nelle uve siano presenti alcuni composti, aromaticamente poco odorosi e quindi spesso trascurati dai ricercatori, che poi nell’ambiente debolmente acido del vino formano lentamente i cineoli stessi. Si tratta quindi a tutti gli effetti di una riserva di precursori d’aroma che nel tempo contribuisce ad arricchire il profilo aromatico del vino con nuovi caratteri.

L’aspetto interessante è che l’appassimento, in particolare nel caso della varietà Corvina, aiuta la formazione di precursori d’aroma specifici a supportare poi lo sviluppo di questi sentori balsamici, attraverso meccanismi che ancora non comprendiamo del tutto”, aggiunge Ugliano.

Grazie all’impiego di un nuovo metodo di analisi messo a punto dal Dipartimento di Biotecnologie dell’Università di Verona, inoltre, è stato evidenziato il contributo, alle firme aromatiche dei vini, di un altro composto finora poco studiato nei vini rossi italiani, ossia il dimetil solfuro. Si tratta di un composto aromatico che a concentrazioni elevate impartisce al vino odori che ricordano il tartufo e il sottobosco, mentre se presente a livelli più bassi supporta l’espressione di note odorose di frutti neri e cassis. Nei vini giovani esso è pressoché assente, mentre con l’invecchiamento aumenta in maniera significativa ed è considerato un aroma chiave nel bouquet di invecchiamento dei rossi di Bordeaux e di quelli della valle del Rodano a base Syrah.

 “Nel corso del nostro studio abbiamo riscontrato livelli elevati di dimetil solfuro in vini ottenuti da uve con un particolare profilo di sostanza azotata, a sua volta riflesso delle interazioni suolo-pianta. Appare legittimo quindi considerare questo composto come uno dei fattori chiave nell’espressione aromatica del terroir di un vino. Nel caso dei terroir studiati, il vigneto Fabriseria e una specifica parcella all’interno della tenuta di Maternigo sono risultati maggiormente associati allo sviluppo di dimetil solfuro nel corso dell’invecchiamento del vino”, conclude Ugliano.

Per Riccardo Tedeschi, “lo studio conferma, una volta di più, che l’Amarone è un vino di terroir, dal quale dipende la produzione di vini con caratteristiche di complessità, corpo ed eleganza diverse da qualsiasi altro. A noi il compito di scegliere i vigneti più idonei e di lavorare le uve in modo da farne sprigionare il massimo potenziale”.

Tedeschi: aromi di Valpolicella

A cura di Giuseppe Petronio 

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