ENOTURISMO la stagione riparte
Enoturismo la stagione riparte…Enoturismo, unica via.
Se ne parla, si fanno conteggi, sondaggi, classifiche, studi numerici, studi percentuali, analisi finanziarie e analisi di flussi: a quanto pare tira più il turismo legato a vino e cibo che un carro di buoi…
Ho letto diversi articoli molto interessanti nelle ultime settimane, considerazioni portate in primo piano da chi di vino e di enoturismo se ne occupa da molto e in tutto il mondo, come Laura Donadoni (https://theitalianwinegirl.com/) e Roberta Garibaldi (https://www.robertagaribaldi.it), che seguiamo sempre con attenzione ed interesse.
I numeri non sono un optional, sono importanti e sono primo strumento di riflessione e comparazione. Mi ha colpito pertanto il post di Laura Donadoni di cui riporto i dati più eclatanti:
“Nel nostro Paese su 15 milioni di visitatori nelle cantine, solo il 10 per cento acquista bottiglie.
E in Napa Valley? Su 3,9 milioni di visitatori, le vendite DTC sono del 70%
La regione di Napa Valley in California con un numero di visitatori annui quasi 4 volte inferiore all’Italia, genera un ritorno di circa 2 miliardi di euro.
Questo significa che a parità di numero di visitatori, la Napa Valley potrebbe, potenzialmente, incassare circa 2.8 volte il valore dell’intero mercato enoturistico italiano.”
In Italia risulta inoltre che il 73,3% delle cantine non mette in relazione i dati di vendita con i contatti personali del cliente che ha terminato l’esperienza, perdendo di fatto ogni possibilità di fidelizzare.
Mi chiedo il perché di questi divari, di quest’inefficienza italiana, di questa difficoltà a tradurre in risorsa economica un fenomeno che spadroneggia e che fa parlare di sé continuamente.
Poi la riflessione prosegue quando la segreteria del mio Consorzio, per il mese di settembre che vede a Scanzorosciate tutte le cantine aperte e tutto il territorio movimentato per l’accoglienza enoturistica appunto, mi informa che pochi dei nostri Soci hanno fatto il corso sull’enoturismo, primo requisito per poter fare attività di accoglienza in cantina e in vigneto.
Approfondendo scopriamo anche che in tutta Lombardia le Aziende Agricole regolarmente iscritte al nuovo Albo dell’enoturismo sono una decina. Una cifra ridicola, ma facile da comprendere.
Di enoturismo si parla da tanto ma viene regolamentato in Italia con il Decreto del 12 marzo 2019, quindi recentissimo. Il Decreto, come spesso accade in Italia, non è stato redatto da zero, non si è partita dalla pagina bianca, bensì si sono dovute recepire gran parte delle regolamentazioni precedenti riguardanti le degustazioni in cantina e in azienda.
Tutto il nostro mondo ha gioito dell’uscita del Decreto, sperando finalmente in una legislazione semplice e chiara di un’attività, semplice e chiara, che fino ad allora è vissuta di vita propria. Lo sconforto è subentrato pochi mesi dopo però, quando i tempi burocratici si sono allungati e tardavano ad arrivare le specifiche regionali del decreto e quando nulla si sapeva di come ci si poteva mettere in regola.
Regione Lombardia con la L.r. 31/2008 (art.160) e col regolamento attuativo n. 5/2020 (art. 17), ha normato a livello lombardo l’attività enoturistica.
Come si legge è stato poi il regolamento attuativo del maggio 2020 a darci la reale possibilità di avviare l’attività, previa frequentazione di un corso, di diverse ore, online, a pagamento. Il primo corso per la Lombardia è appunto del maggio/giugno 2020. Lo hanno frequentato oltre 70 rappresentati di azienda.
Perché di queste 70 solo una decina sono registrate all’Albo degli Enoturismi?
La risposta è semplice: durante il corso si apprende di quanto complicata sia la gestione burocratica e amministrativa dell’attività enoturistica nel momento in cui oltre al vino si vuole offrire per esempio qualche formaggio o salume in abbinamento. Di quanto sia, come sempre ahimè, assurda e complicata la contabilizzazione di questa semplice attività ricettiva.
Ovviamente ci sono altre complessità ma non è il caso di andare a fondo tediando i lettori.
Ora senza lamenti tout-court, senza false scusanti, concordo che l’Italia è spesso un passo indietro su molti aspetti, che in certi contesti siamo chiusi e poco propensi ad aprire case, attività, campi solo per guadagnare di più, che spesso siamo improvvisati e ci improvvisiamo. Credo però che si debba tener conto delle differenze spesso abissali che intercorrono tra il nostro paese, legislativamente più complesso di un labirinto dedalico, e altri contesti che hanno anche la tendenza a monetizzare più di noi.
Nessun giudizio morale, nessuna paura, solo consapevolezza, che ci serva anche a fare valere di più il peso e il valore delle nostre produzioni e , ovviamente, a farci crescere in professionalità.