25 Giu 2021
In legge veritas

IL PEGNO ROTATIVO, uno strumento finanziario.

Come annunciato, volevo richiamare l’attenzione dei nostri lettori, senza distoglierli dai consigli delle amiche di redazione su quel rosato o quelle bollicine così agognate con i primi caldi, ma anche con le prime e promettenti uscite dopo COVID, su uno strumento antico nel mondo del diritto, ma innovativo e forse anche risolutore nella sua recente versione applicata al mondo del vino.

Mi riferisco al “pegno rotativo” introdotto con il Decreto 23.7.2020, pubblicato a fine agosto con il quale viene consentita la possibilità di costituire un vincolo sui prodotti agricoli e alimentari DOP e IGP, inclusi i prodotti vitivinicoli e gli spiriti.

Cosa è il pegno? È la garanzia che viene concessa al creditore a presidio dell’esatto adempimento di un’obbligazione, che in questo ambito viene individuata nella restituzione di un finanziamento, che un istituto di credito ha erogato al produttore (art.2784 del Codice Civile).

È la possibilità dunque che la giacenza di vino, che per altro in epoca COVID sono lievitate, possa essere individuata e vincolata al buon esito del rimborso di un prestito bancario o di una linea di affidamento comunque concessa.

La novità e l’appeal dell’istituto sono date dalla caratteristica di questo pegno “non possessorio”, cioè che non prevede il materiale trasferimento del vino dato in pegno in capo al creditore ed è “rotativo”, nel senso che il produttore può sostituire l’originaria partita di vino concessa in garanzia, con altra di nuova stagione, mantenendo inalterato però il valore dei beni vincolati, con la sola prescrizione di rendere noto l’avvenuta sostituzione al creditore. Con l’aiuto infatti del Registro telematico SIAN, che annota l’avvenuta costituzione del pegno e le altre eventuali sostituzioni nel tempo da notificare con un anticipo di due giorni dall’esecuzione al soggetto creditore e all’organismo di controllo, risulta più rapido per il creditore procedere all’analisi della legittimità del prodotto da vincolare e alla sua valorizzazione che condurrà alla successiva erogazione del finanziamento.

Dunque misura agile e di facile accesso, che non rappresenta un pregiudizio per la cantina, la quale può sostituire quella partita di vino senza alterare il processo di affinamento o altre manovre necessarie a conservare ed impreziosire il vino secondo scadenze e regole dettate dai vari disciplinari.

Ma ancora più determinante, questa formula consente di sfruttare il valore intrinseco di un prodotto stoccato, ancor prima che lo stesso scenda sul mercato, con indubbi e chiari vantaggi per i produttori.

Formidabile leva finanziaria dunque per vedere, in tutta sicurezza, sviluppare il settore vitivinicolo, sfruttando una risorsa che prima costituiva una semplice ed infruttuosa giacenza in attesa di essere imbottigliata e venduta e che ora invece consente di ottenere liquidità per le imprese del settore, sfruttando quel prodotto che ancorché giacente, è già portatore di un valore, crescente nel tempo, che tranquillizza il creditore.

La necessità allora di avere un’adeguata e aggiornata valorizzazione del magazzino, che consente al finanziatore di poter compiere verifiche sugli asset da sottoporre in pegno appare come una scelta ineludibile, così come quella di trasferire, soprattutto per le realtà vitivinicole medio-piccole, ma non per questo meno rilevanti nel panorama di riferimento, ai consorzi che racchiudono le varie tipologie e regionalità di vino, di poter offrire una massa critica di prodotto “rotativo”, tale da attivare flussi finanziari costanti ed affidabili nel tempo, come già è accaduto nell’esperienza dei formaggi e dei prosciutti.

A cura Avv. Paolo Spacchetti