21 Mar 2024
In legge veritas

Vermouth per tutti e in ogni tempo

Non vuole essere una cosiddetta deformazione professionale quella di vedere in ogni gesto della quotidianità profili giuridici e legali. Gustare un bicchiere dei tanti “Vermouth di Torino” che oggi più che mai, è tornato alla ribalta per consumi e scelta, non vi è dubbio appassiona e coinvolge anche un avvocato come me, sempre più attratto dagli aromi, dai colori e dal fascino che questa bevanda è in grado di esercitare. Tanta attrazione ed interesse del mercato, ma anche riflessi in diritto.

Visto che allora l’argomento si presta, mi accingo ad alternare, come inebriato dall’assenzio (appunto “vermuth” in lingua tedesca per indicare questo ingrediente), connotati normativi a quelli storici e di costume i quali contribuiranno, così spero, a far conoscere ed apprezzare il vermouth in molte delle sue declinazioni.

Parto con il riconoscimento ottenuto della IGP italiana del “Vermouth di Torino” negli Stati Uniti ad iniziativa dell’omonimo Consorzio, che già gode della tutela di indicazione geografica protetta, sodalizio che raggruppa ben 35 aziende produttrici di questo vino aromatizzato (ma se le differenzia dagli altri così identificati in quanto la filiera è controllata in tutte le sue fasi e processo produttivo).

La United States Patent & Trade Mark Office costituirà dunque un baluardo all’ingresso del suo territorio del “vero” Vermouth di Torino, impedendo la circolazione a prodotti diversi da quelli che non posseggono la certificazione  IGP da parte del Consorzio. Ovviamente a tutta tutela dei consumatori, ma anche dei produttori ed esportatori italiani che negli Stati Uniti hanno da tempo trovato un mercato dai numeri in crescendo tanto che, sempre più spesso, si trovano nuove ed accattivanti etichette di vermouth riferibili a cantine e distributori di vino i quali, forti dell’appeal esercitata da questo liquore speziato, dal sapore e dal suono tutto italico, impongono al cliente statunitense (e non solo) l’acquisto di quantitativi rilevanti anche di prodotto corrente della cantina, se si intende acquistare cartoni di vermouth!

Anche se di tradizioni e ricette antiche risalenti addirittura all’antica Roma (vermuth Absinthium, con assenzio, cannella, mirto e zafferano), il vermouth rimane un prodotto versatile e che nel tempo si è arricchito di altri ingredienti, che ancorché “segreti”, oggi è tornato alla ribalta del buon bere tra le giovani generazioni, ma anche tra quelle precedenti. Tutti vermouth hanno apprezzato le doti di miscelazione con altri liquori per dare vita ai classici cocktail quale il Negroni e le sue declinazioni, il Martini, l’Americano, il Manhattan. Ma anche per essere degustato liscio o quale digestivo di fine serata o di essere addirittura utilizzato in cucina per smorzare o insaporire ripieni, farciture, salse e marinate.

Insomma una molteplicità di opzioni di consumo che fanno del vermouth un prodotto sul quale puntare. Decisamente!

Partendo dalla ricetta originale, collocata nel 1786 dall’erborista farmacista Antonio Carpano, il vermouth ha tenuto il tempo a riprova che oltre a rappresentare uno stile di vita tutto sabaudo, è riuscito ad imporre sulla scena internazionale dei consumi, in questo aiutati anche da pubblicità storiche come il marchio “Punt e Mes”, che nello slang piemontese significa “un punto di dolce e mezzo di amaro” e che Armando Testa ha sintetizzato nella celebre sfera nera raffigurante il “pieno” e la mezza sfera che invece è sinonimo del “mezzo”.

E che dire del cocktail Vesper Martini, che James Bond in Casinò Royal, edizione 2006, richiede al barman con una mezza misura di Kina Lillet Blanc!

Insomma tante etichette, tante formule e miscele per ottenere il “Vermouth di Torino”, il quale, ai sensi dell’attuale legislazione e cioè con l’entrata in vigore dei nuovi obblighi di etichettatura, gli ingredienti possono ancora rimanere “segreti” e al di fuori del QR code, essendo sufficiente indicare solo la “presenza di aromi naturali, spezie, miscele di spezie” lasciando spazio legittimo ad un impiego anche di altre piante officinali non previste dal disciplinare, soluzione che riesce a personalizzare il prodotto in argomento e a fidelizzare il sempre crescente numero di estimatori.

Un vino base dunque, così prevede il regolamento, trattato con una tecnica di produzione che costituisce il know how per la realizzazione del prodotto con l’impiego dell’artemisia, rinvenibile in una zona ristretta del Piemonte.

La protezione IGP punta soprattutto sulla “segretezza” delle regole e delle procedure per ottenere il prodotto finito, posto che noti sono gli ingredienti, ma ignote le ricette in termini di ingredienti e quantità e soprattutto le tecniche utilizzate per ottenere il risultato. In altre parole, anche per il vermouth il successo è assimilabile a quanto accade per la Nutella e la Coca Cola.

Dietro tutta questa lunga tradizione, non sfugge il dato che il prodotto ha retto al tempo e anche sostituendo l’antica “ora del vermouth” nell’ora “dell’aperitivo”, questa bevanda aromatizzata, è apprezzata e assunta soprattutto tra i millennians (coloro che sono nati negli anni 80 e gli anni 90) o quelli della Generazione X (coloro nati dal 1965 al 1980) che nel vermouth ricercano momenti di incontro e di convivialità, mentre per i Boomers (coloro nati tra il 1945 e il 1964) il successo è legato al richiamo della storicità di un vino e di uno stile sempre attuale.

Insomma vermouth per tutti, per tutti i gusti e in ogni tempo.

 

Avv. Paolo Spacchetti