17 Lug 2024
Passi in cantina

Viaggio sensoriale in Calabria

Come la Notte Rosa del Vino mi ha fatto scoprire l’Alto Jonio cosentino

La Notte Rosa del Vino, che lo scorso 6 luglio ha coronato la sua quarta edizione, nasce da un’idea di Francesco Pingitore, delegato regionale della Scuola Europea Sommelier, con il sostegno dall’Assessorato all’Agricoltura della Regione Calabria, del Comune di Trebisacce e di associazioni del territorio, per celebrare professioniste da tutt’Italia – ed oltre – distintesi per il loro contributo alla filiera produttiva e alla promozione, comunicazione e divulgazione della cultura del vino.

Questa è la doverosa premessa per inquadrare lo scopo istituzionale dell’iniziativa, ma per me la Notte Rosa del Vino è stata molto di più.

Per me è stata una due giorni in cui ho rappresentato la Lombardia in un’esperienza immersiva di gusto, di bellezza e di condivisione.

Nella prima tappa del nostro viaggio veniamo accolte Giuseppe Chiappetta nella sua Azienda Terre di Balbia nei pressi del borgo medioevale di Altomonte in provincia di Cosenza, appunto l’antica Balbia citata da Plinio il Vecchio (23-79 dC).

In questo terroir unico, tra le brezze dello Jonio e le escursioni termiche del Monte Pollino, prendono vita 3 assaggi imperdibili, tutti monovitigno.

Ligrezza, un rosato pieno e persistente da Gaglioppo, poi Fervore, un deciso ma avvolgente rosso Magliocco dolce, ed infine un interessante internazionale: un Merlot dal nome Blandus.

 

 

 

La degustazione serale ha invece visto protagonista la gamma di vini di una delle donne del gruppo, Vincenza Librandi, titolare dell’omonima cantina di Cirò Marina, in una location decisamente inedita: su un veliero al tramonto sui Laghi di Sibari.

Si tratta di un complesso residenziale e portuale creato su laghi artificiali di bonifica, tra i più grandi poli turistici di attracco del Mediterraneo e contornato da gioielli naturalistici come il massiccio montuoso del Pollino.

Un autentico gioiello di natura, luci e colori al tramonto.

La giornata successiva è cominciata con un’escursione guidata da Fernando Di Leo tra le sue coltivazioni di limoni. Lì abbiamo appreso le proprietà del Limone di Rocca Imperiale IGP con una forma allungata, di medie dimensioni, ed una buccia di colore variabile tra il verde chiaro ed il giallo. Si tratta di una varietà praticamente priva di semi, che produce un abbondante succo né acido né amaro, oltre che dal profumo straordinario.

Nel corso dell’anno, il Limone di Rocca Imperiale produce ben tre tipi di frutti derivati da altrettante fioriture: il Primofiore raccolto da maggio a luglio, il Maiolino raccolto da maggio a luglio, ed infine il Verdello raccolto da agosto a ottobre.

Farnando Di Leo e la sua famiglia producono da tre generazioni il rinomato Limone “Oro di Federico”, proprio in omaggio alla città d’origine Rocca Imperiale, fondata dal re Federico II di Svevia.

E appena lasciata l’Azienda Di Leo, anche il nostro gruppo ha voluto rendere omaggio a Rocca Imperiale con una visita!

Ogni anno, nell’ultima settimana di agosto, nel borgo calabrese si celebra il Concorso internazionale di poesia inedita “Il Federiciano”. Questo forte legame con la scrittura in versi spiega la presenza di tante poesie riportate su ceramica decorata tra i vicoli.

Ma torniamo a concentrarci sullo scopo primario della nostra visita, in quanto donne del vino. In un giardino interno nel cuore di Rocca Imperiale ci aspettava Francesco Gabriele Bafaro, archeologo per professione e viticultore per vocazione, che ha fondato la propria azienda archeo-enologica, valorizzando l’uso delle anfore.

La produzione dell’”archo-vino” Acroneo è frutto di uno studio attento delle fonti letterarie, iconografiche e archeologiche di varie epoche. Ogni fase della produzione è curata nei minimi dettagli per ricostruire il processo di vinificazione antico, in un vero e proprio percorso di archeologia sperimentale.

Il “Vino di Raffaele”, Magliocco al 100% degustato dopo la presentazione mi ha colpita per la sua estrema piacevolezza: una potenza alcolica ben bilanciata dalla freschezza piena dei frutti rossi e dall’ingentilimento del passaggio in barriques di rovere francese.

Non si concludono però con l’archeo-enologia le nostre scoperte sensoriali della seconda ed ultima giornata!

La paradisiaca meta conclusiva del nostro breve tour è la Tenuta del Castello di Montegiordano, cantina tra le più antiche della Calabria, al confine con la Basilicata, con vigneti a strapiombo sul mare e dolci colline ricoperte di pini e macchia mediterranea.

Lì ci accoglie calorosamente il titolare Renato Bocca, che ci illustra entusiasta i suoi progetti di sviluppo aziendale in collaborazione con il celebre enologo Riccardo Cotarella e ci fa degustare due splendide interpretazioni d’Aglianico in purezza: il rosato «Pian delle rose» ed il cru rosso «Soprano», affinato in barriques nuove per 18 mesi.

Se puntare sull’Aglianico significa scommettere sul «Barolo del sud», certamente vini rappresentativi come quelli di Tenuta del Castello concorrono alla valorizzazione di un patrimonio enologico ed enoturistico ancora in gran parte inesplorato.

Le mie colleghe donne del vino ed io, ciascuna con i propri canali e con la propria rete di relazioni, abbiamo dato il nostro piccolo contributo alla narrazione del territorio fino alla serata conclusiva di premiazione, in cui siamo diventate ambasciatrici della Calabria attraverso gli abiti di Luigia Granata, stilista identitaria che sui propri capi, tutti pezzi unici realizzati a mano con tessuti pregiati, ritrae le bellezze paesaggistiche e le chicche agroalimentari calabresi.

L’abito turchese che indosso nella foto, per esempio, riporta nella stampa la patata della Sila IGP.

Dopo alcuni giorni di relax al mare sono ripartita, carica di generosi omaggi enogastronomici e desiderosa di tornare a scoprire quella fantastica Regione che è la Calabria.

 

Adele Gorni Silvestrini

Mi trovi su Instagram @adelegornisilvestrini

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