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In questa sezione le rubriche che fanno parte della nostra storia

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17 Agosto, 2022

Mottura e il Grechetto: un'antica storia d'amore

Continuano le incursioni per cantine de Il vino in una stanza questa volta nella Tana dell’Istrice, per raccontare di  Sergio Mottura e il Grechetto: un’antica storia d’amore. Come nel film “Le Cronache di Narnia”, entrando nell’armadio, qui in cantina, ci ritroviamo in un’altra dimensione. Inondate da pareti di pietra, scendendo molte scale, sempre più in profondità, veniamo immerse in una grotta scavata nel tufo risalente al XV Sec.  Adornato da così tanta storia, tradizione e cultura riposa qui lo spumante, in un accumulo stratificato di cenere vulcanica che isola e mantiene una temperatura di 13 gradi che improvvisamente ci da una sensazione rigenerativa dopo il gran caldo vissuto in questa giornata . Ci colpisce la muffa ovunque depositata sulle bottiglie a riposo, la stessa che troviamo nelle cantine dello Champagne.  Nelle Terre del Grechetto Edizione 2022 Siamo a Civitella D’Agliano, nell’Alta Tuscia viterbese, all’evento Nelle Terre del Grechetto XIX edizione. Organizzato dalla Proloco e condotto dal giornalista enogastronomico Carlo Zucchetti, siamo ospiti dal grande Sergio Mottura. Mottura è tante anime: pioniere del biologico dagli anni 90, grande icona del grechetto, vitigno emblema di questo territorio. Ha fondato la propria immagine e la propria produzione proprio su di lui. Ritrovandoci in questa suggestiva piazza medievale, ci accoglie Giuseppe che, accompagnandoci all’interno della sala di degustazione, ci racconta la storia della sua famiglia che noi vi riportiamo con immenso piacere. Una bella storia Una bella storia quella dell’amore tra Mottura e il grechetto, la volete sentire? Giuseppe Mottura, figlio del “Boss” Sergio Mottura (così da lui soprannominato), ci porta con la mente direttamente al 1933, quando Sergio, giovane ragazzo intraprendente e grande sognatore, eredita da un suo prozio paterno piemontese la tenuta a Civitella D’Agliano. Fino agli anni ’60 molte zone d’Italia, compresa questa dove ci troviamo, erano gestite con contratti di mezzadria. Tutto cambiò nel Settembre del ’64: fu rivoluzionato tutto il sistema agrario. Le scelte che cambiano la prospettiva. E’ il momento in cui Sergio inizia a prendere decisioni fondamentali per lo sviluppo dell’azienda. La Scelta con la S maiuscola fu quella di innamorarsi follemente del grechetto. Grechetto super omnia Mottura e il grechetto. Oggi la chiameremmo intuizione, all’inizio fu una semplice scelta derivata dall’aspetto organolettico del vitigno. Tra Orvieto doc, Malvasia, Trebbiano, Procanico, Grechetto e altri, Sergio si rese conto che quest’ultimo dava risultati migliori, qualitativamente più alti. Ha inizio così questa lunga storia d’amore con il grechetto, partendo proprio dal “Poggio della costa”, vigneto piantato a filare negli anni ’70. Sino ad allora e nei decenni precedenti i mezzadri, non potendo impiegare un ettaro di terra solo per la coltivazione della vite, utilizzavano il terreno per altre colture. Quindi la vite era maritata ad un albero da frutto o ad un olmo (stucchio). Tutto questo, ovviamente, venne meno con l’arrivo dell’imprenditoria agricola e con l’impianto dei primi vigneti “puri”. Altra scelta fondamentale arrivò alla fine degli anni ’80, quando Sergio decise di imbottigliare i propri vini, passando da conferitore di uve a produttore, occupandosi di tutte la fasi produttive fino alla commercializzazione, creando il proprio marchio aziendale e divenendo così vignaiolo al 100%. L’istrice simbolo di approccio biologico Terza scelta, anche questa estremamente importante per il progresso aziendale, è stata quella di dedicarsi completamente al biologico. La conversione inizia nel ’91 e la certificazione arriva nel ’96. Perche l’istrice in etichetta ? “L’idea dell’istrice nasce quando mio padre, accanito sostenitore del biologico, comincia a lavorare la terra in maniera più salutare, sostenibile e si accorge del ritorno degli istrici nei vigneti come parte integrante dell’eco sistema. Le tane sono bellissime sotto i nostri 37 ettari vitati. L’istrice diventa così un simbolo di unificazione dei vignaioli che decidono di seguire le orme del bio, del rispetto per la natura creando un mondo agricolo diverso da come era apparso negli anni ’70/80. Un mondo fatto di chimica. Un esempio: dopo anni di utilizzo del verde rame come prodotto previsto per la coltivazione biologica contro la malattia peronospora, oggi alcuni produttori hanno sostituito il metallo pesante che si accumula nel terreno con del semplice tannino di castagno, organico al 100%. Inoltre, viene usata la zeolite come prodotto naturale per rendere la vite più resistente alla siccità e migliorare le caratteristiche fisiche e chimiche del terreno. Oltre le radici della vite Oggi l’azienda fa parte di un gruppo di produttori di Orvieto, l’ORV (oltre le radici della vite), che da anni sta cercando di ricostruire l’immagine dell’Orvieto Doc e di lavorare insieme per una sua identità. Assaggiando e confrontando i vini, questi produttori sono giunti alla conclusione che il grechetto non è un’uva che vale per tutti i territori. Un territorio della Tuscia diversificato in tre macro-aree che hanno origini geologiche completamente diverse: c’è l’area vulcanica che parte del lago di Bolsena e arriva ad Orvieto; c’è la parte nord sedimentale e marina con grosse percentuali di argilla nei terreni; e infine la terza area, principalmente alluvionale del Tevere di migliaia di anni fa, circoscritta tra i due Comuni di Civitella D’Agliano e Castiglione in Teverina. Orvieto DOC Produzioni e terroir completamente diversi fanno sì che la percentuale di uve nell’Orvieto Doc cambi di zona in zona. Chiaramente in questa azienda il grechetto ne è protagonista. Dalla rivalutazione dei vitigni autoctoni, alla ricerca scientifica ed alla sperimentazione su campo, agli studi sul DNA e alle varie vinificazioni scelte per esaltare al meglio le grandi potenzialità del vitigno grechetto, la Famiglia Mottura ha voluto creare soprattutto un lavoro d’ identità e di qualità del prodotto, selezionando come unico denominatore, il Clone G109 ovvero il Grechetto di Orvieto. E’ un’uva difficile, tannica, bisognosa di una pressatura delicata, ma una garanzia per la longevità del vino, come ci dimostrano le bottiglie degustate in questa occasione. Ascoltando Giuseppe: “L’atteggiamento giusto del vignaiolo è considerare il vigneto eterno. Poiché la vite per 40/50 anni subisce stress, bisogna andare a lavorare con la sostituzione delle fallanze della vite che muore il prima possibile in modo che l’età media del vigneto rimanga alta, soprattutto facendo sì che tutte le viti rimangano in produzione”. La degustazione il titolo dell’articolo è Mottura e il Grechetto: un’antica storia d’amore. Il grechetto, infatti, è ovunque. Partiamo con la degustazione: Spumante Metodo Classico Brut Magnum 100% Chardonnay millesimato 2011 – 10 anni sui lieviti sboccatura 05/22.  Nasce da uve Chardonnay, provenienti dal Cru San Martino, situato sulla parte alta dell’azienda. Nobile con un perlage fine ed elegante. Intreccio di sentori di erbe aromatiche con nuances complesse di crema pasticcera e nocciola. In bocca si avverte una grande freschezza vibrante con ritorni di agrumi e frutta secca.  Acidità molto alta: nelle annate in cui la maturazione avviene in giornate ancora molto calde, le uve sono raccolte nelle prime ore mattutine proprio per avere delle uve fresche e acidità maggiore. Racconta Giuseppe: “Mio padre mi racconta che nell’ 83 le prime prove di metodo classico furono fatte con uve Verdello e Grechetto, ma con scarsissimi risultati. Si passò così velocemente ai vitigni classici quali Chardonnay e Pinot Nero. La prima annata ufficiale però uscì nell’ 84 da uve Verdicchio e Grechetto. “      Tragugnano Orvieto Doc 2021 vs 2011  – 50% Procanico 50% Grechetto. Acciaio. (Entrambi tappi a vite plus)  In questo caso l’obiettivo è quello di rilanciare la DOC sia dal punto di vista comunicativo che organolettico. La strategia è quella di mantenere sempre alto l’interesse sul proprio territorio. L’ azienda si regge sulla produzione dell’Orvieto DOC e del Grechetto in purezza; insieme rappresentano quasi il 90% della produzione. L’Orvieto DOC è stato il vino fondamentale per questa zona e se, ad oggi si coltiva grechetto, è proprio perché nella doc da sempre c’è la sua presenza.  L’annata 2021 ha dato vita ad un vino semplice, godurioso e dinamico con piacevoli sentori di mela smith, glicine, pera williams, zenzero e mandorla amara , che rappresentano l’equilibrio perfetto tra la sapidità e l’acidità alta pur mantenendo un tenore alcolico importante.  Tornando 10 anni indietro, ci troviamo a degustare la 2011 che ci colpisce per la sua spalla acida ancora alta e non spigolosa. La mandorla è sempre presente ma più dolce al palato con un arricchimento di frutta a polpa matura e miele con ritorni di pera, mela e nocciola.  POGGIO DELLA COSTA CIVITELLA D’AGLIANO IGT – 100% Grechetto CRU 2020 vs 2014 (50% tappo a vite plus e 50% sughero a scelta del cliente) Uve raccolte rigorosamente a mano, pressate in maniera soffice con decantazione a freddo. Fermentazione e maturazione in acciaio per 6 mesi più due mesi in bottiglia. La 2020 è un vino molto giovane caratterizzato da grande acidità e sapidità. Venature minerali, evidenti note balsamiche e richiami di nocciola tostata e miele di castagno. La sua vibrante freschezza lo rende godibile in qualsiasi occasione. Poliedrico. Estrema: questa è la nostra parola assegnata alla 2014 a conferma della longevità del Grechetto. Il colore dorato ci conquista prima ancora di poggiare il calice al naso, abbiamo l’oro nelle mani. Un mix di frutta tropicale, frutta secca e miele di castagno ci avvolgono l’olfatto che ritroviamo anche al palato. Un leggero picco di ossidazione ci fa sorridere ma uno spiccato e bellissimo finale di fiori appassiti e erbe secche ci convince.    POGGIO DELLA COSTA  Dalle parole di Giuseppe: “Poggio della Costa è un vigneto piantato nel 1970; solo 7 ettari di Grechetto. Inizialmente mio padre prese tralci di grechetto da chi, per tradizione, coltivava e vinificava il Grechetto “buono”. In realtà dopo tanti anni di lavorazione, questo vigneto è diventato il nostro CRU aziendale. Io ho una definizione tutta nostrana e paesana di CRU, ovvero che se da un vigneto, 10 volte su 10, esce il vino più buono della cantina allora quella è sicuramente una vigna di pregio. E’ un vitigno che ha tutta una serie di elementi che in realtà neanche il produttore conosce fino in fondo. Il Grechetto non sbaglia mai sia per qualità sia per costanza; sa vivere a lungo e dopo tanti anni per questa azienda è stato un successo “.  LATOUR A CIVITELLA 2020 vs 2016 Grechetto in purezza fermentato in barriques di rovere francese (95% sughero e 5% tappo a vite plus)  Prima parte di fermentazione in acciaio, seconda fase di fermentazione in barrique fino a giugno; affinamento 9 mesi in legno e riposo in acciaio nella cantina sotterranea per 6 mesi prima dell’imbottigliamento. In realtà la prima annata fu prodotta nel ‘94. In quel periodo, Sergio Mottura conosce l’ amico produttore francese, Louis Fabrice Latour. Fu lui, colpito dalla qualità del vino, a suggerirne l’affinamento in legno, donandogli cinque barrique di sua proprietà. Da qui il nome riportato in etichetta. Chiaramente da allora ad oggi l’ affinamento è cambiato moltissimo. L’obiettivo principale è stato quello di mantenere l’idea di un grechetto elaborato in legno ma senza perdere l’ espressione autentica del vitigno unita all’identità dell’azienda. Una 2020 intensa e luminosa con un impatto olfattivo complesso ed elegante, con sentori di frutta a polpa bianca, burro fuso e nocciola. Decisamente morbido e tattile al palato con un finale piacevole di vaniglia e scorza di agrumi. SOLENNE E POTENTE: la 2016 ci fa innamorare partendo già dal colore. Un dorato intenso che si riflette al calice. Al naso un connubio perfetto di fiori appassiti, sentori di nocciola, fiori bianchi e burro; assaggio solido, complesso con sentori di pasticceria per un finale di gran classe. Chapeau!   MUFFO LAZIO IGT Grechetto Passito 2016  Elegante e complessa espressione di Grechetto passito, ottenuta da uve colpite da muffa nobile e maturato in barrique per 12 mesi. Sontuoso vino da meditazione dal colore ambrato, affascinante nei suoi sentori di miele, burro, fiori gialli, scorza di agrumi canditi e pietra focaia. Intrigante al naso, ci dona anche sentori di frutta esotica. Al palato cremoso, armonico e di buon corpo con una sapidità travestita da dolcezza con timide nuances eteree. Finale speziato. SUBLIME! Tanta materia a conferma del grande potenziale di questo vitigno.      Un ringraziamento speciale a Giuseppe Mottura che ci ha ospitate nella sua dimora regalandoci emozioni, nozioni, curiosità su un grande vitigno, il Grechetto, che ha fatto e farà la storia della nostra Regione.     Vi lasciamo, a conclusione di questa bellissima esperienza, con una citazione di Andy Warhol perfetta per questa occasione. Citazione che rispecchia totalmente la filosofia della Famiglia Mottura. “ Credo che avere la terra e non rovinarla sia la più bella forma d’arte che si possa desiderare” Ilaria Castagna e Cristina Santini Partners in Wine
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8 Agosto, 2022

Un binomio da comunicare…Vino e Valle d'Aosta

Un binomio da comunicare…è così che Stefano Di Francesco, presidente del Consorzio Vini Valle d’Aosta, inizia la nostra intervista, un messaggio che vuole unire la bellezza del posto alla qualità del vino.   Siamo a Morgex, tra i filari e la meravigliosa vista, al primo evento Vini in Vigna- Valle d’Aosta nel bicchiere, la cui organizzazione è stata affidata al nuovo Consorzio Vini Valle d’Aosta, insieme al presidente Stefano Di Francesco e all’agenzia n8marketing, in cui ventitré aziende hanno portato i loro vini per dare la possibilità  a tutti i partecipanti di farsi conoscere e riconoscere le qualità organolettiche del patrimonio ampelografico Valdostano. Un evento accompagnato non solo dalla degustazione dei vini ma anche dagli assaggi della cucina dello chef Café Quinson Agostino Buillas e dalla dolce voce della cantante Silvana Bruno (in foto).   Lo stesso evento verrà poi ripetuto il 20 Agosto ad Aymavilles per fare conoscere le altre aziende vitivinicole della Valle d’Aosta.Durante la nostra intervista, Stefano ci racconta che il Consorzio è stato costituito da pochi mesi, il 28 Marzo di quest’anno e raggruppa il 92% delle cantine valdostane, sia privati che società cooperative. Il binomio da comunicare, rappresenta il messaggio principale della nascita del Consorzio Vini della Valle d’Aosta, e si evolve infatti nel volere trasmettere a tutti che questi meravigliosi paesaggi nascondono le difficoltà di una viticoltura eroica e verticale che sono alla base della produzione del loro vino. Un territorio che si estende per ben 70Km all’interno del quale coesistono 14 DOC, unico al mondo! Ovviamente ritroviamo anche i vitigni  autoctoni per la produzione di vini internazionali. Sono anche definiti “I vini più alti di Europa”, estendendosi da circa 1250m per scendere a 400-500m. Dai bianchi ai rossi, la loro fondamentale caratteristica è data da mineralità e sapidità. Stefano chiude l’intervista riportando uno dei principi verso cui anche loro sono molto attenti, la sostenibilità ambientale, nonostante la voglia dei viticoltori ma anche del Consorzio stesso sia quella di crescere. Investire nel territorio significa portare turismo aumentando la conoscenza dei prodotti tipici e della territorialità e quindi la conoscenza del vino della Valle D’Aosta, un binomio da comunicare.  “Oltre alle Montagne c’è anche il Vino”. A cura di Elisa Pesco  https://www.youtube.com/watch?v=RakajXgmc-E
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5 Agosto, 2022

Passione ed eleganza a Casal Montani

Passione ed eleganza a Casal Montani, una bellissima dimora storica che sorge su un’altura nel cuore del Frascati DOC. La passione è quella di Andrea Evangelisti che ci racconta il suo legame indissolubile con la natura, la vite ed il vino.  Grande imprenditore che pur mantenendo con gli anni il suo attuale impiego, dal Gennaio del 2020, Andrea Evangelisti da conferitore ultra decennale decide di diventare produttore.  Con solenne determinazione e la giusta combinazione trova per caso Casal Montani e, cambiando in parte un famoso proverbio a noi molto conosciuto, diremmo “ la persona giusta nel posto giusto.” Un Casale del ‘600 Il Casale risale al ’600 ed è stato completamente ristrutturato nel 2020. Poggia sui ruderi di una villa romana del I sec. di cui, grazie agli scavi, realizzati in accordo con la sovraintendenza dei beni archeologici, possiamo oggi ammirare alcuni mosaici e tre piani di antiche grotte, lunghe 400 metri, stratificate nel tufo, pozzolana e sperone.  A Casal Montani troviamo anche 120 nicchie per le botti che fino al 1950 fungevano da frigorifero naturale per conservare il Frascati, testimonianza della grande tradizione vinicola del territorio.  Passione ed eleganza, a Casal Montani, hanno dato vita ad una azienda che tiene alla sua unicità e che gode di una vista sulla Capitale da togliere il fiato. La passione per il bello Secondo Evangelisti un’azienda deve avere una visione a 360°: il vino deve essere una componente importante di un servizio completo per il visitatore, che comprenda anche ospitalità e ristorazione. Casal Montani è questo e si definisce Azienda Agrituristica e Wine Resort. “ Il bello piace a tutti. Ammirare un bel posto, una cantina pulita e degustare vini di qualità, sono dei requisiti fondamentali per l’immagine di un’azienda” afferma Andrea. Entrando nella sala troviamo un bellissimo mosaico, preziosamente custodito, con al centro il “nodo di Salomone” simbolo di buon auspicio  e di continua esistenza.  Disegno che ritroviamo con piacere sulle etichette, eleganti e raffinate, immediato richiamo con la storia del luogo. Storia che parte da Marco Antonio il quale, tornato dalle crociate, riceve dal Papa i terreni intorno alla campagna romana tra Frascati, Marino e Grottaferrata, come testimoniano le varie torri ritrovate, similari a quella tuttora esistente a Casal Montani, appartenenti ai contadini.  Oltrepassando un antico portone, di fronte alla cantina , troviamo la cisterna Romana perfettamente funzionante, che raccoglie ancora tutte le acque dopo ben 2000 anni.  Il progetto è quello di approfondire gli scavi sotterranei e di  completare il ritrovamento del tempio Mitraico che, secondo gli archeologi, nasconde una stanza con un altare raffigurante un toro.  Le vigne L’azienda conta su circa 17 ettari di vigneti,  caratterizzati da vari sistemi di allevamento a seconda della varietà e dell’età della vite. Ci sono sesti d’impianto antichi, per le viti dell’ 86 con pochissimi ceppi per ettaro, a pendolino per la Malvasia del Lazio e per i nuovi vigneti sistemi di allevamento più stretti. Si coltivano nuove varietà con le quali sperimentare nuovi blend mantenendo l’identità autoctona tradizionale.  Tra le uve a bacca bianca abbiamo la Malvasia di Candia, il Trebbiano, Incrocio Manzoni, Bombino, Bellone e il Viognier; tra le uve a bacca rossa Montepulciano, Cabernet Franc e Shiraz.  Nuovo progetto di quest’anno sarà l’entrata nel circuito dell’apetta SQNPI (Sistema di Qualità Nazionale di Produzione Integrata), che porterà ad una maggiore attenzione e sostenibilità dell’ambiente, togliendo diserbi, utilizzando tecniche meno invasive e alternando, tra i filari, lo sfalcio della vegetazione ed evitando l’erosione del suolo.  Oggi il vino Frascati, dopo anni di declino, torna alla riscossa. Dimentichiamo la quantità, dimentichiamo il vinello facile e il suo colore bianco carta bevuto nelle fraschette negli anni ‘80: il glorioso vino di Roma si mette di nuovo in mostra, ottiene riconoscimenti, torna finalmente alla sua antica fama.  Dalla tua esperienza di vignaiolo, quali sono le problematiche inerenti al nostro territorio?  “Partendo dalla comunicazione sicuramente il nostro mantra è il suolo vulcanico. Il territorio è il valore da comunicare e il nsotro è così importante che potrebbe diventare, come già ragionato con il Consorzio e i Comuni, patrimonio dell’ UNESCO.  Obiettivo comune è anche la realizzazione di prodotti di alta qualità a prezzi competitivi. Riscontriamo però ancora sul mercato una certa diffidenza dovuta ai retaggi del passato. Le grandi produzioni stanno terminando per far posto ad una produzione di qualità con rese molto più basse. Questo ci porterà a diventare, nel tempo, una DOC e una DOCG di altissimo livello”.  Cosa ci aspettiamo di trovare nel tuo vino?  “Degustare un nostro calice è respirare il territorio,  quel vento Ponentino che arriva da Roma, quel fresco che abbiamo nelle vigne tutti i giorni, che le asciuga, e tutte le erbe aromatiche che sentite nella bottiglia derivano da questo. Chiudendo gli occhi e bevendo un calice del nostro vino, dobbiamo immaginarci, il nostro grande territorio”.  Nel vino ci deve essere personalità, spontaneità e grande passione.  Nei vini di Andrea Evangelisti ritroviamo tutto questo, riscoprendo un grande legame con la terra e sentori che ci riportano all’importante lavoro che l’uomo fa per produrlo. L’eleganza dei vini Partiamo dalla degustazione in anteprima di uno spumante metodo classico dosaggio zero 2021. Un grande progetto, giunto ai suoi 20 mesi di affinamento sui lieviti, in cui rientrano Bellone e Bombino. Si presenta come un giovane, bello e vigoroso, ancora nella sua fase di crescita ma con una bolla già raffinata ed elegante. Immaginiamocelo alla fine dei suoi 48 mesi! Frascati Superiore Docg “Vigne Casal Montani” 2020 e 2021 a confronto; acciaio contro cemento da uve che provengono da un vero e proprio Cru. A comporre il blend di Malvasia del Lazio, piccole percentuali di Bellone, Bombino e Greco. Ci siamo trovate a provare sentimenti contrastanti: una 2020 con una spalla acida imperiosa e grandi note balsamiche con salvia e menta in evidenza; una 2021 più complessa con sentori vanigliati. Lazio IGT 2020 e 2021 “Uno Tre Tre” (codice numerico del registro nazionale delle varietà di vite). Una 2020 affinata in acciaio, con un effluvio di fiori, frutta a polpa bianca e miele; una 2021 maturata in cemento, caratterizzata da note vegetali e una spiccata freschezza.  Frascati Superiore Riserva  Docg 2020 Non ancora in commercio del Cru “Vigna Casal Montani” affinato in anfora per 10 mesi. Un calice che sottolinea la macchia mediterranea, note agrumate e sentori avvolgenti di pasticceria. Lazio IGT Rosso 2020 “Aleph” composto da uve Cabernet Franc, Aleatico e Montepulciano. Un vino giovane con una grande parte balsamica e fini sentori di cenere che donano una leggera piccantezza avvolgente. Note di tabacco, cioccolato e una squisita caramella Mou date da un leggero passaggio in legno.  Lazio IGT Passito “Antho” 2020   Malvasia del Lazio in purezza. Un capolavoro di sentori di frutta secca bilanciato a frutta fresca di albicocche, nespola e pesca gialla con una complessità agrumata e spiccati sentori di zafferano e ramo di vaniglia. Da questa nostra esperienza sensoriale, ci portiamo a casa un bagaglio di emozioni, lo spirito del ritrovarsi, la convivialità senza fronzoli, tenendo in mano un calice di vino, per poche ore di assoluta serenità.  Il grande obiettivo di Andrea Evangelisti è far diventare la sua azienda un riferimento per il Frascati e far sì che tutta la zona ne possa beneficiare.  A cura di Cristina Santini e Ilaria Castagna https://youtu.be/RakajXgmc-E
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3 Agosto, 2022

Wine Destinations: Serbia e Montenegro Intervista a Roberto Zoppi, Presidente di ITALJUG Camera di Commercio Italiana per la Serbia e il Montenegro

Stiamo attraversando un periodo molto particolare. Da un lato viviamo un moto di ripresa e di riapertura, gli effetti post Covid ci spingono a riprendere le tanto compiante attività estere in presenza, dall’altro, come magistralmente raccontando nel nuovo editoriale di Francesca Pagnoncelli Folcieri, molte ombre incombono sulla scena interna e internazionale. Le attività di promozione per le cosiddette Wine Destinations stanno finalmente ricominciando a farsi strada nelle nostre caselle mail e sulle bacheche dei principali social media. Parlando di Wine Destinations, non potevamo ignorare quanto accaduto il 26 luglio scorso a Vibo Valentia, dove gli organizzatori della manifestazione Vicoli diVini hanno voluto mettere in scena, in collaborazione con le principali istituzioni locali, un interessante forum dal titolo: “ Il vino come traino dello sviluppo calabrese: un’analisi sulla promozione nazionale e internazionale” Tra i relatori Roberto Zoppi, Presidente di ITALJUG – Camera di Commercio Italiana per la Serbia e il Montenegro. Due Paesi che sicuramente non ricorrono spesso come prime mete di sbocco per i processi di internazionalizzazione. Ho quindi deciso di fare qualche domanda al Dott. Zoppi con lo scopo di saperne di più su questi Paesi e sull’istituzione di cui è a capo. Quali sono le ragioni che hanno portato alla creazione di una Camera di Commercio Italiana per Serbia e Montenegro?  L’Italia è praticamente da sempre uno dei principali partner commerciali della Serbia, da sempre nella top 3 superata solo dalla Germania. Un player commerciale fondamentale per ciò che concerne import-export. Da sempre tra le prime nazioni investitrici in Serbia. In modo particolare l’Italia vanta degli investimenti molto importanti come per esempio lo stabilimento produttivo di FIAT e gli investimenti di San Paolo, tra i principali attori a livello internazionale nel settore bancario. Tutto questo, unitamente al crescente interesse per il Montenegro, ha costituito le premesse per creare, nel 1992, ITALJUG. Un soggetto che si propone di supportare le aziende italiane interessate ad operare nel mercato di Serbia e Montenegro per esportare i propri prodotti e quindi realizzare una presenza commerciale stabile in questi mercati. A chi si rivolge ITALJUG e cosa propone? ITALJUG è una Camera di Commercio iscritta alla Sezione di Unioncamere come Camere di Commercio Italo Estere ed Estere in Italia. Si propone di supportare le aziende italiane interessate ad operare nel mercato di Serbia e Montenegro per esportare i propri prodotti e quindi realizzare una presenza commerciale stabile in questi mercati. Ci rivolgiamo anche ad aziende che sono interessate a realizzare investimenti produttivi nelle due aree oppure ancora aziende che sono invece interessate a reperire nei mercati di Serbia e Montenegro materie prime oppure prodotti semilavorati o ancora ad allacciare rapporti di collaborazione industriale con fornitori locali. La nostra Camera di Commercio lavora con le aziende italiane fornendo una gamma il più possibile ampia di servizi quali per esempio la realizzazione di attività promozionali come presenza in manifestazioni fieristiche oppure missioni imprenditoriali ancora invece servizi più operativi come consulenza tributaria, societaria e fiscale rivolta a chi intende effettuare investimenti in loco. La nostra attività è in particolar modo concentrata sulle piccole medie imprese che sono quelle aziende che hanno poi maggiore necessità di servizi esterni per poter compensare una carenza di risorse operative sia finanziarie che umane. Possiamo quindi considerare Serbia e Montenegro come mercati di sbocco per il vino italiano? Partiamo da una premessa: la Serbia e il Montenegro sono due paesi di piccola dimensione. La Serbia ha una popolazione di circa 8 milioni di abitanti con una capacità di spesa abbastanza limitata stante il fatto che il reddito medio di un cittadino serbo è di circa 500-600 €. Questo significa che la Serbia, per ciò che concerne i prodotti vinicoli, deve essere considerata come un mercato di nicchia. Attualmente il mercato serbo è valutabile e su circa 1 miliardo di euro questi sono dati che sono stati stimati per quanto riguarda il 2020 con un consumo medio pro capite che viene valutato circa intorno ai 10-15 litri per anno. Il consumatore serbo consuma vino abitualmente durante i pasti e in occasioni equiparabili al nostro aperitivo o al consumo dopo cena. Attualmente nel mercato serbo sono presenti numerosi vini italiani e il nostro paese è tra i primi tre esportatori in Serbia per prodotti vinicoli. Si stima che circa un quarto del mercato serbo sia rappresentato da prodotti importati. I vini italiani che sono presenti in Serbia sono soprattutto vini piemontesi toscani e veneti. C’è una scarsa presenza di vini di altre regioni in particolare di vini del sud Italia. I canali di consumo dei vini italiani sono sia il settore Ho.Re.Ca che la distribuzione. Il consumatore serbo ha una buona conoscenza del prodotto e quindi è in grado di distinguere tra prodotti di alta qualità e di bassa qualità. Attualmente sul mercato serbo vengono venduti sia prodotti con livello di prezzo medio basso che prodotti con livello di prezzo medio alto. La quantità però che viene acquistata è inferiore rispetto a quella che può essere la media di acquisto di un cittadino italiano o di altre mete vinicole europee. Il Forum di Vicoli diVini ha voluto portare alle cantine Calabresi un pool di esperti in campo internazionale che potessero condividere degli aspetti pratici e oprativi per approcciare i rispettivi mercati. Quali consigli per avvicinarsi efficacemente a Serbia e Montenegro? Per poter operare efficacemente in Serbia è sicuramente necessario seguire alcune strade fondamentali. La prima è quella di realizzare una efficace collaborazione con un partner locale quindi un importatore o distributore, senza il quale è sostanzialmente molto difficoltoso poter essere presente nel Paese. La seconda strada che deve essere perseguita è quella dell’attività promozionale. Cercare di promuovere il proprio prodotto focalizzandosi sia sul brand che sulla qualità del prodotto stesso. Importante anche fare rete con altre aziende, così come risulta molto importante partecipare a manifestazioni fieristiche e realizzare attività promozionali come degustazioni e incontri di networking. Terzo elemento che è fondamentale è quello di considerare come canale di sbocco non soltanto il settore della distribuzione ma anche il settore Ho.Re.Ca che oggi rappresenta un buon punto di partenza per quanto riguarda l’introduzione del vino italiano nel mercato nel mercato serbo. Un elemento da considerare è la particolare legislazione della Serbia che prevede che ci sia un dazio pari al 30% sui prodotti importati. Esiste una quota pari a 25.000 ettolitri di vino che può essere importata senza dazi, sorpassata questa quota ogni successivo litro di vino importato deve essere gravato dal dazio. Per quanto riguarda il Montenegro il mercato interno è chiaramente molto piccolo perché sono 600.000 abitanti e quindi una realtà molto limitata quasi una regione, paragonabile per estensione geografica, all’Abruzzo e al Molise sebbene con capacità di spesa certamente superiore a quelli della Serbia. Tuttavia, rappresenta uno sbocco molto importante per il settore Ho.Re.Ca per tutta la parte costiera, ricca di attività turistiche, che conta un numero molto importante di visitatori e turisti che provengono da tutta Europa. Questo consente di avere un consumatore con una elevata capacità di spesa e permette di poter proporre vini di segmento più alto. Anche in questo caso, l’importatore si rivela una figura importantissima, unitamente ad attività promozionali sempre più mirate e cucite sul brand da proporre. Progetti futuri per ITALJUG? Negli ultimi anni ITALJUG ha sviluppato e realizzato molteplici progetti legati al settore dell’agro alimentare italiano promuovendo in Serbia e Montenegro vari prodotti tipici della gastronomia italiana come per esempio la norcineria Toscana piuttosto che, sempre per la Toscana, la carne fresca di Chianina e di Cinta Senese. Abbiamo sviluppato anche molti progetti legati alla promozione del vino italiano nel mercato di Serbia e Montenegro; in tal senso nei prossimi nei prossimi mesi andremo a sviluppare un progetto legato alla promozione dei vini siciliani attraverso la realizzazione di sei attività promozionali che consisteranno in quattro masterclass e due cene di gala, in cui saranno coinvolti i principali operatori commerciali – importatori distributori – serbi e montenegrini e i principali rappresentanti istituzionali con un ruolo fondamentale nella realtà economica serba e nell’interscambio tra i due Paesi e l’Italia. Ringraziamo Roberto Zoppi, Presidente di ITALJUG – Camera di Commercio Italiana per la Serbia e il Montenegro per averci fornito un quadro dettagliato su due Paesi di sicuro interesse sia per le aziende vinicole Italiane che per i lettori di InternazionalMente. Per informazioni e approfondimenti: info@italjug.com   A cura di: Riccardo Rabuffi
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25 Luglio, 2022

Vinòforum 2022 Le interviste di Winetales Magazine

Le interviste di Winetales Magazine durante lo scorso Vinòforum 2022 per dare voce ai protagonisti della diciannovesima edizione della manifestazione andata in scena a Roma, lo scorso 10 giugno per dieci giorni di passione per il vino e per il cibo. Un’edizione da record per presenze e pubblico che sempre di più ha dimostrato che il vino ha bisogno di leggerezza e non solo di palcoscenici patinati. Con la nostra Press Area abbiamo dato voce agli addetti ai lavori, ma non solo anche al pubblico di appassionati, per rinnovare ancora una volta l’importanza della nostra missione ovvero: Il vino è di tutti! Federico Bovarini e Francesca Pagnoncelli Folcieri in un intervista intrecciata, raccontano la loro esperienza al Vinòforum. In questa intervista Federico Bovarini , per due volte consecutive terzo sommelier AIS della Lombardia, Master Sommelier Alma presso la Scuola Internazionale di Cucina Italiana istituita dal Maestro Gualtiero Marchesi, con una tesi sulla zonazione del Moscato di Scanzo Docg. Francesca Pagnoncelli Folcieri, laureata in Architettura, lavora nel mondo delle istituzioni e delle riviste come redattrice, comunicatrice e organizzatrice di eventi del settore. Viene poi coinvolta nell’universo food&beverage per stampa e guide legate a questo settore. Inizia così a viaggiare e conoscere le migliori realtà italiane, capendo che la produzione hobbistica di famiglia di Moscato di Scanzo può essere un’opportunità. Nel 2006, torna a casa per dare inizio alla nascita di una vera e propria Azienda Agricola. Dal febbraio 2021 Presidente del Consorzio di Tutela del Moscato di Scanzo, crede nella cultura e nelle collaborazioni, adora raccontare il coraggio e le migliori imprese umane attraverso la scrittura. Nei prossimi giorni vi racconteremo tutte altre storie che abbiamo raccolto in questi dieci giorni di Vinòforum 2022 ! Quindi restate connessi e non perdetevi il punto di vista di: sommelier, operatori, chef stellati  o semplici Winelovers che poi sono anche il pubblico che trasforma le parole in numeri ed in vendite per produttori e ristoratori e permettono di far girare questo meraviglioso circo chiamato Vino. In basso trovate il link dell’intervista di Francesca Pagnoncelli Folcieri e Federico Bovarini Non perdete tutte le interviste di Winetales Magazine. A cura della Redazione 
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16 Luglio, 2022

Un sogno diventato realtà, la realtà diventata sogno

Un sogno diventato realtà, la realtà diventata sogno: ÔMINA ROMANA I sogni possono diventare realtà? Per la famiglia Börner è stato proprio così! Dal nostro incontro con Paola Pachego, direttore tecnico e agronomo dell’azienda, inizia la nostra avventura in vigna, partendo dalla filosofia produttiva e dal grande potenziale del territorio dei Castelli Romani.     L’azienda ad oggi si basa su due grandi passioni: i grandi vini del mondo soprattutto Francesi e l’archeologia. Da questo è nata la volontà di cercare un luogo e in coincidenza della sponsorizzazione di alcuni scavi dalla parte del Tuscolo, essendo in contatto con alcuni archeologi, il dott Börner si innamora del territorio di Velletri, terra natia di cinque imperatori romani, dove le barbatelle lì coltivate hanno avuto vita ed espansione in Europa. Lasciato abbandonato per molto tempo, nel 2007, la Famiglia Italo Tedesca, decide di ridare vita a questo habitat, estremamente vocato, inserendo come logo aziendale una fenice, a testimonianza di questa grande rinascita. Inizia così l’indagine di tutte le componenti che fanno sì che una sola zona possa essere catalogata vocata per la viticultura; indagine pedologica che dura circa due anni, scavando in profondità e analizzando gli orizzonti del terreno. Da questo studio sono emersi due differenti suoli, appartenenti allo stesso enorme complesso vulcanico dei Colli Albani, imparentati con il Vesuvio: il primo, un suolo argilloso rosso molto minerale e profondo con argille non coese e molto permeabili, ideale per la coltivazione di vitigni a bacca rossa; il secondo, a pochi metri di distanza, un suolo bianco, sabbioso, pozzolanico, leggero, dove le argille rappresentano una piccolissima parte, ideale per la produzione di vini a bacca bianca.  Altre condizioni fondamentali per questi 87 ettari vitati, sono la vicinanza al mare e la barriera naturale del Monti Lepini che proteggono e non stressano la vite. La forte escursione termica, che si rileva da luglio in poi, fa si che le temperature varino di 14/17 ° di differenza tra il giorno e la notte, ottimo precursore degli aromi all’interno dell’acino. Ci troviamo di fronte a un’azienda che punta in maniera maniacale alla tecnologia e alla sostenibilità in tutte le fasi, dal vigneto alla cantina; posizionamento in vigna di 24 centraline meteorologiche, con sistemi BSS, più una principale con satelliti che registrano i dati minuto per minuto, inviati in seguito ad un applicativo che aiuta il riconoscimento delle malattie fungine della vite prima che si verifichino;  inerbimento spontaneo naturale ricco di fertilità e variabilità botanica, rifugio ideale per insetti utili all’ecologia del vigneto, fino ad arrivare ad una irrigazione di soccorso lunga tutti i filari della vigna. DALLA TECNOLOGIA ALLA SENSORIALITA’ Si sceglie la data di vendemmia in base all’analisi sensoriale dell’acino, scomponendo buccia, polpa e vinacciolo e assaggiando separatamente in maniera molto tecnica per un unico obiettivo: andare oltre i valori chimici ( zucchero, acidità, PH) e trovare come fattore decisionale la complessità aromatica che ritroviamo poi in tutti i loro grandi vini. Selezione in pianta molto accurata con estrema attenzione agli acini rovinati che faranno da concime alla terra; raccolta differenziata e separata, a seconda della varietà, dei grappoli integri durante il giorno e per 5/7 giorni al fine di capire e  raccogliere l’uva nel momento di maggior concentrazione aromatica; ed infine ghiaccio secco in pre- fermentativa dalle 24 alle 72 ore, questo per proteggere dalle ossidazioni enzimatiche ed estrarre maggiori sostanze dalla polpa e dalla buccia. Questa è la vendemmia di OMINA ROMANA. Ogni varietà ha una sua fase di fermentazione a basse temperature. Giornalmente si decide se fare un rimontaggio, un bâtonnage o una follatura per svariati minuti a seconda del vitigno. La linea Ars Magna di Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon e Merlot passa prima dalle botti troncoconiche per essere in seguito affinata in barrique. Un  grande progetto dell’azienda, curato dal Consulente Enologo, Claudio Gori, è l’Extravelvet, composto da una griglia che separa il liquido dal solido per lo sgrondo, utilizzato prima e dopo la fermentazione. La parte solida viene messa nella parte superiore e il liquido per caduta; poi nella fase post fermentativa viene aggiunto altro ghiaccio che, compattandosi, con le pale viene omogeneizzato con le vinacce, creando un prodotto molto concentrato similare ad una marmellata. In seguito avviene la decantazione e l’affinamento in barrique per l’85 % di primo passaggio. Esse sono divise in blocchi, studiati per dividere i vari appezzamenti. Ci siamo trovare di fronte  ben 3 tipologie di Cabernet Franc diversi, divisi in lotti e da  tipi diversi di tonnellerie. Questo per evitare un prodotto standardizzato perché ogni tonnellerie ha provenienze forestali e caratteristiche differenti che influenzano il vino. Le barrique sono posizionate su sistema OXOLINE, con alla base delle rotelle che permettono di rotearle senza andare ad utilizzare la stecca del bâtonnage, limitandone danni microbiologici. Altro discorso importante sono le colmature. Come ben sappiamo, le botti respirano e si scolmano; per evitare quindi di fare colmature frequenti si utilizza un sistema di ventilazione ad ogni blocco che movimenta l’aria in senso rotatorio e stabilisce una temperatura di 17/18 ° con circa l’ 80% di umidità. Terminati gli affinamenti, che partono minimo dai 12 mesi, iniziano i tagli. Da qui, avviene la degustazione delle barrique di ogni blocco, per poter decidere se utilizzarlo per un taglio o un monovarietale.  Dall’affinamento i vini passano nelle troncoconiche per cercare di evitare lo shock che subirebbero dal passaggio dal legno all’acciaio che dura un mese prima di essere imbottigliati. Dalla tecnica all’assaggio: Hermes Diactoros II 2020 60% Viognier  40% Incrocio Manzoni, Petit Manseng, Chardonnay  Acciaio 6 mesi e 2 mesi di bottiglia Un entry level di tutto rispetto. Un vino  immediato, fresco, un vero connubio di Agrumi e note balsamiche, frutta esotica, magnolia, ricco di mineralità dovuta al suolo vulcanico, il tutto sostenuto da un’ alta spalla acidità. Un gran finale di mandorla dolce. Chardonnay 2020 Acciaio 6 mesi e 2 mesi bottiglia Intenso e complesso con fiori bianchi appassiti, note agrumate, pesca bianca e note  di frutta secca e crosta di pane, persistente e caldo. Chardonnay ARS MAGNA 2018 12 mesi di barrique di Rovere Francese, 6 mesi di Acciaio e 6 mesi di bottiglia Ottimo equilibrio e intensità, un’ armonia di note balsamiche, salvia e finocchietto e un leggero sentore di miele.  Finale lungo e avvolgente. Chardonnay ARS MAGNA 2015 12/18 mesi di barrique di Rovere Francese, 6 mesi di Acciaio e 6 mesi bottiglia Annata straordinaria. A confronto con la 2018 si notano anche sentori  più evoluti di caramello, erba falciata, miele d’acacia e una straordinaria caramella Mou. Viognier 2019 Fermentazione parte in barrique di II passaggio e parte in acciaio; maturazione 12 mesi  di barrique I e II passaggio e 6 mesi in bottiglia per l’affinamento. Meravigliosi sentori di finocchietto, erbe aromatiche, tabacco tostato, infuso di camomilla, albicocca, e un’ insolita freschezza e delicatezza. Un  finale di frutta secca. Viognier ARS MAGNA 2016 12/18 mesi di barrique e 6 mesi in Acciaio e 6 mesi bottiglia. Corpo complesso e intenso, tostatura dolce, frutta secca, rosmarino, balsamico, incredibile spalla acida persistente. Diana Nemorensis I 2018 50% Merlot 30% Cabernet Sauvignon e 20 % Cabernet Franc. Un magnifico entry level taglio bordolese con affinamento esclusivo in acciaio. Sentori di tabacco da pipa e note balsamiche molto presenti, cacao, amarena e lampone, tannini setosi e lunga persistenza. Cesanese 2016 12  mesi di barrique, 6 mesi di Acciaio e 12 mesi in bottiglia. Estremamente elegante con note speziate, frutti di bosco, rose rosse, viola, balsamico, tostatura affumicata. Longevo. Merlot ARS MAGNA 2016 24 mesi di barrique, 6 di Acciaio e 12 di bottiglia. Un vino elegante, di gran corpo. Un seducente protagonista con sentori di  cioccolato, spezie, frutti di bosco, potpourry e tabacco da pipa. Ottimi tannini bilanciati e grande persistenza. Ceres Anesidora I 2013 50% Cabernet Franc e 50% Cabernet Sauvignon Circa 24 mesi di Barrique , 6 mesi in Acciaio e 18 bottiglia. Potente e armonioso, una marmellata di ribes e more, speziatura, note di vaniglia, cioccolato e  note smaltate. Cabernet Franc ARS MAGNA 2015 Circa 24 mesi di barrique, 6 mesi di Acciaio e 12 in bottiglia. Ottimo equilibrio in perfetto stato di conservazione, un effluvio di frutti rossi, spezie dolci e un gran finale di cioccolato e caffè. Bellissima trama tannica. Giacchè , siamo delle grandi lettrici nonché amanti dei libri, vi  lasceremo una citazione come spunto di riflessione: “Dum vinum intrat, exit sapientia.” A cura di Cristina Santini e Ilaria Castagna  https://youtu.be/RakajXgmc-E
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11 Luglio, 2022

Vinòforum 2022 - Le interviste di Winetales Magazine

Vinòforum 2022 ecco le interviste di Winetales Magazine per dare voce ai protagonisti della diciannovesima edizione della manifestazione andata in scena a Roma, lo scorso 10 giugno per dieci giorni di passione per il vino e per il cibo. Un’edizione da record per presenze e pubblico che sempre di più ha dimostrato che il vino ha bisogno di leggerezza e non solo di palcoscenici patinati. Con la nostra Press Area abbiamo dato voce agli addetti ai lavori, ma non solo anche al pubblico di appassionati, per rinnovare ancora una volta l’importanza della nostra missione ovvero: Il vino è di tutti! In questa intervista Giuseppe Petronio, in arte Peppetronio, sommelier e nostro redattore che fa del vino la sua passione con competenza ed entusiasmo fino a diventare nel corso degli anni un punto di riferimento per la comunicazione enoica italiana. Peppetronio ha intervista un grande della ristorazione lo chef Giancarlo Morelli, da enfant prodige a Chef pluripremiato a imprenditore accorto e gentile: una passione lunga una vita, quattro ristoranti e numerosi riconoscimenti nell’alta cucina internazionale. Giancarlo Morelli è uno dei più importanti esponenti della cucina italiana contemporanea. Bergamasco di origini, è protagonista di un percorso professionale fatto di concretezza, creatività e sapori che non perdono mai l’ancoraggio con l’ingrediente primario che interpretano. La sua prima “creatura” è stato il ristorante Pomiroeu di Seregno, in provincia di Monza e Brianza, stella Michelin nel 1993. Lì è iniziato il “mito” dei suoi risotti, saporiti e dalla cottura perfetta, viaggi di gusto in un chicco di riso. Ma è necessario sottolineare che Giancarlo Morelli è oggi alla guida di una “galassia” di proposte, tutte legate dal fil rouge di una cucina fatta di estro e bontà, nella sua cucina, elegante e schietta, convergono tradizione, ricerca e convivialità. Da sempre rispettosa della natura e senza sprechi. “Il cibo è come un abito, a qualcuno può piacere a qualcun’altro no. L’importante è che la critica che mi viene fatta riconosca il grande lavoro che c’è a monte,  la buona fede e l’amore sincero per la materia prima”. Nei prossimi giorni vi racconteremo tutte altre storie che abbiamo raccolto in questi dieci giorni di Vinòforum 2022 ! Quindi restate connessi e non perdetevi il punto di vista di: sommelier, operatori, chef stellati  o semplici Winelovers che poi sono anche il pubblico che trasforma le parole in numeri ed in vendite per produttori e ristoratori e permettono di far girare questo meraviglioso circo chiamato Vino. In basso trovate il link dell’intervista di Giuseppe Petronio e Giancarlo Morelli A cura della Redazione 
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7 Luglio, 2022

Vinòforum 2022 - Le interviste di Winetales Magazine

Le interviste di Winetales Magazine per dare voce ai protagonisti della diciannovesima edizione di Vinòforum andata in scena a Roma, lo scorso 10 giugno per dieci giorni di passione per il vino e per il cibo. Un’edizione da record per presenze e pubblico che sempre di più ha dimostrato che il vino ha bisogno di leggerezza e non solo di palcoscenici patinati. Con la nostra Press Area abbiamo dato voce agli addetti ai lavori, ma non solo anche al pubblico di appassionati, per rinnovare ancora una volta l’importanza della nostra missione ovvero: Il vino è di tutti! In questa intervista Giuseppe Petronio, in arte Peppetronio, sommelier e nostro redattore che fa del vino la sua passione con competenza ed entusiasmo fino a diventare nel corso degli anni un punto di riferimento per la comunicazione enoica italiana. Peppetronio ha intervista un altro grande del vino italiano Gabriele Pazzaglia winemaker di Cantine Banfi una vera e propria leggenda nel patrimonio ampelografico italiano nata nel 1978 grazie alla volontà dei fratelli italoamericani John e Harry Mariani. Sin dall’inizio i due fratelli prevedono un progetto su larga scala, integrando una produzione viticola di qualità con una cantina moderna con l’obiettivo di mantenere sempre alto il livello qualitativo dei vini prodotti. A fianco della famiglia Mariani, Ezio Rivella, uno dei più grandi enologi italiani, il quale ritiene subito che per la ricchezza della natura del suolo e la privilegiata posizione microclimatica, i territori acquisiti avrebbero avuto grosse potenzialità di sviluppo. In quegli anni, i fratelli John e Harry rilevano inoltre la storica casa vinicola piemontese Bruzzone, attiva fin dal 1860 e specializzata nella produzione di spumanti, per farne il marchio piemontese del gruppo, oggi Banfi Piemonte. Nei prossimi giorni vi racconteremo tutte altre storie che abbiamo raccolto in questi dieci giorni di manifestazione! Quindi restate connessi e non perdetevi il punto di vista di: sommelier, operatori, chef stellati  o semplici Winelovers che poi sono anche il pubblico che trasforma le parole in numeri ed in vendite per produttori e ristoratori e permettono di far girare questo meraviglioso circo chiamato Vino. In basso trovate il link dell’intervista di Giuseppe Petronio e Gabriele Pazzaglia. A cura della Redazione 
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4 Luglio, 2022

Vinòforum 2022 - Le interviste di Winetales Magazine

Le interviste di Winetales Magazine per dare voce ai protagonisti della diciannovesima edizione di Vinòforum andata in scena a Roma, lo scorso 10 giugno per dieci giorni di passione per il vino e per il cibo. Un’edizione da record per presenze e pubblico che sempre di più ha dimostrato che il vino ha bisogno di leggerezza e non solo di palcoscenici patinati. Con la nostra Press Area abbiamo dato voce agli addetti ai lavori, ma non solo anche al pubblico di appassionati, per rinnovare ancora una volta l’importanza della nostra missione ovvero: Il vino è di tutti! In questa intervista Ambra Berardi , responsabile Eventi del Consorzio Lugana che ci ha parlato del sua meravigliosa terra posta a cavallo tra le due province di Brescia e Verona, la denominazione Lugana si sviluppa lungo la piana di origine morenica a sud del lago di Garda, racchiusa tra i comuni lombardi di Sirmione, Pozzolengo, Desenzano, Lonato e il veneto Peschiera del Garda. Il nome sembrerebbe derivare dalla parola altomedievale lucus (bosco): questa zona infatti era in passato ricoperta dalla Selva Lucana, una folta boscaglia ricca di acquitrini. Oggi è un’area che si caratterizza per un suolo molto particolare, composto in maggioranza da argille bianche e calcari, difficili da lavorare ma capaci di regalare alle uve che qui si coltivano una sapidità e una eleganza straordinarie. Per questo la zona fu coltivata a vigneti fin dall’epoca romana: qui da sempre si coltiva una particolare varietà locale di trebbiano, chiamata “turbiana”, che si avvale sia del benefico microclima temperato del lago, sia dei particolari terreni argillosi. Il vino che si ricava presenta perciò un corredo aromatico che rimanda ai fiori bianchi e agli agrumi maturi, con una struttura e longevità tali da farne oggi uno dei vini bianchi di maggior successo in Italia e all’estero. Ambra ci ha raccontato i numeri in crescita del consorzio e l’importanza di continuare a presidiare il territorio capitolino prima con Vinòforum e poi con Armonie senza Tempo, un secondo appuntamento del consorzio sempre a Roma, giovedì 15 settembre prossimo, nella suggestiva e centralissima Villa Piccolomini. Protagonisti oltre cinquanta vignaioli che offriranno in degustazione con banchi di assaggio delle etichette più rappresentative della denominazione, un percorso di degustazione per immergersi in tutte le sfumature dei vini Lugana. Nei prossimi giorni vi racconteremo tutte altre storie che abbiamo raccolto in questi dieci giorni di manifestazione! Quindi restate connessi e non perdetevi il punto di vista di: sommelier, operatori, chef stellati  o semplici Winelovers che poi sono anche il pubblico che trasforma le parole in numeri ed in vendite per produttori e ristoratori e permettono di far girare questo meraviglioso circo chiamato Vino. In basso trovate il link dell’intervista di Ambra Berardi. A cura della Redazione 
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