Diario di un sommelier

Diario di un Sommelier è la rubrica curata da Giuseppe Petronio, amante del vino e sommelier per passione, noto su Instagram come @peppetronio, in cui racconta in modo originale il mondo del vino, i propri assaggi e le esperienze che vive, selezionando le cantine che più lo colpiscono e mettendo sempre avanti i rapporti umani.

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16 Novembre, 2021

THE WINE SIDE OF ITALY - La serie che racconta gli autoctoni italiani

Si sente parlare spesso di vitigni autoctoni, ma quanto ne sappiamo davvero sull’argomento? Il modo migliore per andare alla scoperta di questo mondo e del nostro patrimonio enologico è guardare The Wine Side of Italy. È finalmente arrivata infatti la web serie che racconta e promuove nel mondo la ricchezza del territorio italiano e dei vitigni autoctoni, facendoli conoscere ai meno esperti raccontando curiosità e storie. Realizzata nell’ambito del progetto True Italian Taste, promosso e finanziato dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e realizzato da Assocamerestero in collaborazione con le Camere di Commercio Italiane all’Estero (CCIE), nasce per valorizzare e salvaguardare il prodotto agroalimentare autentico italiano ed è parte del programma governativo avviato nel 2016 “The Extraordinary Italian Taste”. Il progetto True Italian Taste si sviluppa in collaborazione con 36 CCIE in 23 Paesi del mondo ed è volto a sensibilizzare il consumatore estero all’acquisto e al consumo consapevole del food 100% Made in Italy per contrastare il fenomeno dell’Italian Sounding, che utilizza impropriamente parole, colori, località, immagini, denominazioni e ricette che richiamano l’Italia per alimenti che di italiano hanno ben poco. L’obiettivo è diffondere una maggiore conoscenza delle caratteristiche di tipicità, dei luoghi di origine e degli aspetti nutrizionali e certificativiDOP-IGP. La conduzione di questi racconti, in un percorso che segue un’immaginaria “strada del vino” da nord a sud, è affidata a Luca Iaccarino, critico enogastronomi co che con carisma, competenza e simpatia, ripercorre l’Italia alla scoperta dei vitigni meno conosciuti e più caratteristici di quei territori. Ad accompagnare Luca nel percorso itinerante tra sensazioni e territori ci sarà, in ogni episodio, un Sommelier esperto dell’Associazione Italiana Sommelier (AIS) che incontrerà in un’osteria, ben radicata sul territorio, culla della cucina italiana e luogo per eccellenza dove provare un vino. La serie è visibile on line sul sito trueitaliantaste. Faremo tappa nelle Marche e nel Piemonte per scoprire rispettivamente i vitigni a bacca bianca Pecorino e Roero Arneis, mentre per quelli a bacca rossa faremo un viaggio alla scoperta del Tai Rosso in Veneto e del Susumaniello in Puglia.   Per ciascun vitigno si potranno scoprire molte curiosità sulla storia e sulle origini, sul territorio che lo accoglie e le condizioni ideali che lo favoriscono, passando per lo sviluppo che ha seguito nel tempo fino ad arrivare all’attualità e agli abbinamenti caratteristici con i prodotti locali. Un viaggio autentico tra la cultura ed enogastronomia che rappresenta l’unicità del nostro Paese, raccontato da chi vive ogni giorno queste specialità con estrema passione. La serie è realizzata da GRINDER Ideas Production Entertainment E voi cosa aspettate ad andare a vedere tutte le puntate di The Wine Side of Italy? A cura di Giuseppe Petronio 
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22 Ottobre, 2021

Ricasoli 1141 – Castello di Brolio è #vinosostenibile

La zona del Chianti Classico, con la sua alternanza di natura incontaminata e fascino storico delle aziende che vi risiedono, è tra i luoghi più belli d’Italia per gli amanti del vino e non solo. Queste zone, con i loro panorami collinari ricchi di vigneti che disegnano geometrie perfette, dove natura e uomo coesistono da secoli, sono da preservare, come d’altronde è necessario fare con tutto il resto del nostro pianeta. In questa magica cornice sorge Castello di Brolio la cui storia, legata alla famiglia Ricasoli, è testimoniata da alcuni scritti risalenti al 1141. L’azienda, guidata da Francesco Ricasoli, conta 1200 ettari di proprietà nel comune di Gaiole in Chianti, comprendenti circa 240 di vigneto e 26 coltivati a ulivo. È attualmente l’azienda con la maggiore superficie vitata di tutto il Chianti Classico ed è per questo che rappresenta l’esempio trainante per tutti, un riferimento. Sotto la sua direzione l’azienda ha scelto di valorizzare la tradizione intrecciandola alla tutela e alla valorizzazione del territorio, portando avanti studio e mappatura dei suoli, selezione clonale del Sangiovese e tutela dell’ambiente secondo i principi della sostenibilità, sociale ed economica oltre che ambientale. Il cammino sostenibile ha visto l’azienda conseguire nel 2019 sia la certificazione SQNPI (finalizzata a dimostrare l’applicazione dei disciplinari di produzione integrata) per poi nel 2020 arrivare anche ad ottenere la certificazione di sostenibilità Equalitas. Ma per raccontare la visione di Castello di Brolio è necessario fare un passo indietro sul percorso del #vinosostenibile. Ad aiutarmi in questo racconto è Massimiliano Biagi, Direttore Tecnico della Cantina, con il quale ho avuto il piacere di approfondire queste tematiche. Per l’azienda è sempre maggiore la consapevolezza che la sostenibilità avrà un ruolo ancor più determinante, tanto nei processi di produzione quanto nelle scelte dei consumatori. Sono soprattutto alcuni mercati esteri ad esempio del nord Europa a dare priorità al prodotto sostenibile, ma è una visione che entrerà gioco forza in tutto il mondo. La volontà di intraprendere una viticoltura sana parte da molto lontano, con conduzioni che negli anni sono andate oltre i parametri del biologico, tuttavia uno dei passi concreti da sottolineare deriva dalla partnership dell’azienda con Horta, spin off dell’Università di Piacenza, con cui a partire dal 2009 sono stati condotti studi accurati e sul campo utili ad elaborare modelli previsionali sull’epidemiologia dei vigneti dell’azienda. Nella prima fase della partnership si sono raccolti i dati sperimentali che hanno poi permesso di delineare il comportamento e l’esatta correlazione tra i parametri che in vigna possono determinare lo sviluppo delle malattie (ad esempio grado di crescita vegetativa, pioggia, tasso di umidità, temperatura, ecc.). Questo modello matematico-previsionale si traduce nella cosiddetta “Viticoltura di precisione”: mediante l’elaborazione dei dati delle centraline presenti in ciascuna zona vitata è possibile programmare e gestire in modo preciso interventi e trattamenti, agendo sui suoli per lo scasso e il loro drenaggio, operando un’efficace difesa fitosanitaria solo dove necessario, minimizzando tutte le operazioni e i trattamenti che prima potevano essere tradizionalmente programmati. Le concimazioni sono effettuate con l’apporto di sostanza organica da compost o letame ed in alcuni vigneti si utilizza la tecnica del sovescio con miscugli di essenze: leguminose, graminacee e brassicacee. La lotta agli insetti è gestita con trappole al feromone che permettono di monitorare la presenza del patogeno e di conseguenza decidere l’intervento, effettuato con prodotti autorizzati in agricoltura biologica, oppure si insediando degli insetti “buoni” antagonisti, come ad esempio la coccinella per la cocciniglia. Una parte dell’azienda adotta la pratica della confusione sessuale per la difesa dalla tignola. Sono stati eliminati tutti i diserbanti e gli insetticidi chimici, che potrebbero colpire anche gli insetti utili come gli impollinatori. Inoltre per salvaguardare l’ambiente dai rischi di erosione superficiale si adotta anche l’inerbimento tra le fila del vigneto con materiale vegetativo autoctono. L’Agricoltura integrata è quindi praticata da diversi anni essendo considerata un metodo ecologicamente sostenibile, per tale motivo la certificazione SQNPI è stata conseguita senza alcuna difficoltà. È bello scoprire che, continuando a parlare con Biagi, queste certificazioni rappresentano solo il punto di partenza per l’azienda che vuole fortemente andare avanti nel percorso sostenibile, scegliendo ad esempio un vetro per le bottiglie sempre più leggero, agendo sull’efficientamento della produzione e del consumo energetico, proseguendo sul calcolo dell’impronta idrica e carbonica. Molti gli investimenti verdi che riguardano la sostituzione del combustibile per la caldaia a vapore, passando da derivati del petrolio più inquinanti (BTZ) al GPL, la sostituzione di corpi illuminanti con soluzioni a minor consumo, l’implementazione di sistemi fotovoltaici per la produzione diretta dell’energia nelle ristrutturazioni di alcuni fabbricati. In ogni caso l’energia fornita all’azienda oggi è certificata come proveniente da fonti rinnovabili per il 100% dell’intero consumo e sono presenti stazioni di ricarica elettrica dei veicoli e i turisti sono guidati nei tour interni con un van elettrico. Molta attenzione infine ai fornitori (dai tappi agli imballaggi) che vengono scelti tra quelli che possono dimostrare di essere operanti ad impatto zero, ed alla sostenibilità sociale, con Ricasoli che rappresenta oggi primo datore di lavoro del suo comune, Gaiole in Chianti. Insomma una grande azienda che affronta il percorso della sostenibilità con approccio dinamico e trainante per tutte le realtà di settore, con l’occhio mai distolto dalla tradizione e dalla qualità. A cura di Giuseppe Petronio 
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22 Settembre, 2021

Cantina Kaltern è #vinosostenibile

La storia della Cantina Kaltern inizia più di un secolo fa e quella che vediamo oggi è il risultato della fusione e dell’evoluzione di diverse realtà contadine e sociali del territorio del Caldaro, presenti in loco sin dagli inizi del ‘900. Caldaro, con il suo grande lago naturale balneabile, è un posto speciale non solo per gli appassionati e gli intenditori di vino ma anche per la comunità che lo circonda, ampiamente coinvolta nell’attività vitivinicola: Cantina Kaltern è una delle più importanti cantine dell’Alto Adige, una cooperativa vitivinicola con ben 650 soci e 450 ettari di vigneti. Kaltern rappresenta l’unione di tanti vignaioli che intendono diffondere in tutto il mondo lo spirito, l’euforia e l’impegno nel conseguire un obiettivo comune attraverso il vino e, naturalmente, le bellezze naturali del territorio, legando la ricerca costante della qualità alla tutela dell’ambiente ed alla sostenibilità. Da questi elementi nasce la loro idea di #vinosostenibile: Kaltern è la prima cantina italiana, nonché la prima cooperativa, a fregiarsi, a partire dall’annata 2018, della certificazione di sostenibilità FAIR’N GREEN. Fair’n Green è tra le più autorevoli certificazioni per la viticoltura sostenibile in Europa, nasce in Germania nel 2013 ed è il marchio sostenibile scelto dalle più importanti aziende vitivinicole tedesche. L’idea alla base della certificazione è di rendere misurabili e verificabili gli obiettivi che definiscono un’azienda davvero sostenibile, prendendo in considerazione quattro aspetti fondamentali: la gestione aziendale, l’ambiente, la società e la catena del valore. Lo standard, verificato da auditor di alta competenza, non fotografa una realtà statica come può essere nel caso di altre certificazioni, ma prevede dei processi tesi a migliorare in modo continuativo il modus operandi di ogni azienda partecipante almeno del 3% ogni anno rispetto alla misurazione precedente, ponendo alla base una pianificazione delle azioni migliorative da implementare nel tempo. È quindi una certificazione che impone il miglioramento continuo con l’obiettivo di annullare le emissioni in atmosfera, con tutti gli elementi verificati da analisi puntuali, tra cui la valutazione del bilancio ecologico e la determinazione della carbon footprint, garantite da istituti indipendenti. Ad aiutarmi a raccontare la visione sostenibile di Kaltern è Andrea Moser, enologo della Cantina, con il quale ho avuto il piacere di approfondire queste tematiche. La visione della viticultura dev’essere olistica e racchiudere una prospettiva a 360° nella quale l’uomo, l’attività di produzione del vino e l’ambiente circostante vengono visti nell’insieme e non separati, spiega Moser. La certificazione, continua l’enologo, non deve solo raccontare l’attuale stato di raggiungimento di una produzione sostenibile ma, nei punti in cui si può ottimizzare e introdurre soluzioni innovative, deve rappresentare lo stimolo a migliorare continuamente indicando gli interventi da introdurre e proponendo soluzioni concrete. Nel corso degli anni tra le varie misure implementate da Kaltern vi sono: l’alleggerimento delle bottiglie, passando da 800 a 500 grammi ciascuna (per produrre una bottiglia di vetro si emette circa un grammo di CO2eq per ogni grammo di peso, si fa quindi presto a capire il risparmio derivante dall’alleggerimento), l’etichettatura con carta naturale, la compensazione della CO2 emessa durante i trasporti con certificazioni verdi di rimboschimento (attualmente non valide per l’Italia, principalmente verso la Germania). Molto importante è stata l’istallazione di un impianto fotovoltaico da 370 Kwp per produrre energia verde dal sole con la capacità di coprire il 55% del fabbisogno energetico aziendale, l’introduzione di macchinari in cantina che sfruttano tecnologie ad alta efficienza con, ad esempio, recupero del calore residuo per l’autoproduzione di acqua calda, isolamento termico del tetto della nuova cantina con verde naturale ed edifici ad alta efficienza. La sostenibilità passa anche per le pratiche in vigna, dove, grazie al coinvolgimento di ciascun socio, è stato abbattuto l’utilizzo di erbicidi e pesticidi ed introdotta la pratica della confusione sessuale per combattere i parassiti come la tignola e la tignoletta. Queste pratiche diffuse in una realtà come Kaltern, continua Moser, hanno permesso di creare l’esempio da emulare in tutto il territorio circostante generando un circolo virtuoso, così sano, da stimolare anche le altre piccole cantine limitrofe a prendere come riferimento tali misure per le proprie conduzioni. La produzione dei vini di Kaltern è vegana (ovvero in tutta la filiera non vengono impiegati prodotti di origine animale, prodotti utilizzati spesso ad esempio per la chiarifica e la stabilizzazione dei vini) ed in parte biologica, ma questo, conclude Moser, è una caratteristica intrinseca dei vini che produciamo, in quanto il vino, prima di tutto, dev’essere di altissimo livello qualitativo e prodotto nel rispetto della tradizione del territorio. La sostenibilità, aggiunge, potrebbe essere intesa come uno standard minimo da diffondere, un must comunicato con un approccio simile a quello dei più grandi e costosi vini francesi, dove, l’essere biologico e biodinamico è una caratteristica non indicata in etichetta che viene scoperta solo più avanti. Nei nostri vini la prima caratteristica ad essere scoperta dev’essere la qualità e la gioia nel berli, nella consapevolezza di far riferimento aduna realtà rispettosa dell’ambiente e con un’etica solida alle spalle. Nell’attesa della certificazione unica di sostenibilità di cui l’Italia si sta per dotare, Fair’n Green sarà sicuramente tra quelle certificazioni che imporranno standard sempre più stringenti e che prenderà sempre più piede nel nostro sistema. A cura di Giuseppe Petronio 
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