Diario di un sommelier

Diario di un Sommelier è la rubrica curata da Giuseppe Petronio, amante del vino e sommelier per passione, noto su Instagram come @peppetronio, in cui racconta in modo originale il mondo del vino, i propri assaggi e le esperienze che vive, selezionando le cantine che più lo colpiscono e mettendo sempre avanti i rapporti umani.

Arrow Right Top Bg

2 Febbraio, 2023

Nittardi ed il suo legame con l’arte

Nittardi ed il suo legame con l’arte Come spesso ho scritto qui nella mia rubrica, il vino è una forma d’arte a tutti gli effetti e rappresenta un concentrato di emozioni per tutti noi appassionati. Per arricchire questo concetto voglio iniziare questo articolo riportando le parole di Léon Femfert, oggi alla guida dell’azienda Nittardi fondata dai genitori Peter Femfert, gallerista d’arte con amore per il vino e per l’Italia, e Stefania Canali, storica e docente universitaria: Léon Femfert «Il vino è più di un prodotto agricolo. Dentro ciascuna bottiglia, nel vino stesso, assapori la terra da cui proviene, percepisci la forza di chi l’ha prodotto e la storia che lo ha plasmato. Per me, il vino è Cultura con la C maiuscola, come l’arte, la musica e la poesia». Nittardi si trova sulle colline tra Firenze e Siena in una posizione privilegiata a 450 metri di altezza, tra le morbide colline di San Donato, Castellina in Chianti e Panzano. La proprietà conta 160 ettari totali di cui 40 ettari vitati suddivisi in due corpi: una parte a Castellina in Chianti e una in Maremma. Nel Chianti Classico si coltivano Sangiovese, altre varietà autoctone e una piccola vigna di Merlot. In Maremma troviamo Sangiovese, Cabernet Sauvignon, Merlot, Petit Verdot, Cabernet Franc, Syrah, Vermentino, Roussanne e alcune varietà sperimentali. La tenuta Nittardi era, originariamente, una torretta utilizzata a scopo difensivo, utilizzata già nel XVI secolo e conosciuta con il nome di “Nectar Dei”. Nel corso dei secoli la struttura è passata in mano a diversi proprietari, tra cui spicca anche il grande Michelangelo Buonarroti, genio insuperabile le cui opere oggi affascinano milioni di persone. Con la loro attività vitivinicola, Peter Femfert e Stefania Canali hanno deciso di conservare in modo concreto il profondo legame tra vino, arte e cultura, che da sempre caratterizza la tenuta. La coppia, anno dopo anno, è riuscita a riportare agli antichi fasti la tenuta, reimpiantando alcuni vigneti nel 1992, aumentando i propri tenimenti espandendosi in Maremma, e chiamando come enologo il celebre Carlo Ferrini. Per mantenere ancora più stretto il legame con l’arte, ogni anno, sin dal 1981, un artista di fama internazionale realizza per il Chianti Classico “Casanuova di Nittardi” l’etichetta e la carta seta che avvolge le bottiglie, aggiungendo un ulteriore valore artistico al loro valore enologico. Per festeggiare il 40° anniversario del loro Chianti Classico “Vigna Doghessa” la famiglia Canali-Femfert ha deciso di indire un concorso artistico internazionale aperto anche ad artisti anche emergenti e di scegliere, per la vendemmia 2020, non uno ma ben sei artisti per vestire questa ricorrenza speciale e un settimo artista per il formato magnum. Il Chianti Classico Casanuova di Nittardi, con le sue etichette d’artista, nasce in prossimità della casa padronale a Castellina in Chianti e dal 2012 è espressione di una vigna particolarmente vocata, “Vigna Doghessa”: un appezzamento situato a 450 metri slm con terreni di media profondità, ricco di galestro ed alberese, che definiscono il carattere di questo Sangiovese. I filari, esposti verso il sud, godono di un microclima ideale per la produzione di vini che anno dopo anno riescono ad esprimere queste antiche terre come delle vere opere d’arte. L’edizione 2020 è frutto di un’annata “classica” che ha permesso la produzione di un Chianti Classico straordinario, complesso e ricco. L’intera produzione di Chianti Classico Casanuova di Nittardi “Vigna Doghessa” 2020 inoltre è stata suddivisa in circa 6000 casse, ciascuna con 6 bottiglie, una diversa dall’altra e tutte fasciate con la propria carta seta: una collezione nella collezione che (per chi non si accontenta di una sola bottiglia) è disponibile nelle migliori enoteche a partire da novembre scorso. La giuria del Premio Nittardi è stata composta da famosi galleristi, personalità di settore, artisti e collezionisti d’arte e tutte le opere vincitrici sono state esposte in una mostra gratuita “40 anni di vino e arte” presso la Galleria Palazzo Coveri a Firenze. L’arte è nel DNA dell’azienda infatti la casa padronale e i vigneti più prossimi sono infatti punteggiati da 45 sculture create da famose personalità e che creano un percorso artistico davvero unico: il Giardino delle Sculture. Nittardi grazie alla sua grande vocazione artistica, alla cultura e al vino riesce a quindi a trasmettere emozioni profonde, personali e uniche, non resta che degustare! A cura di Giuseppe Petronio  Mi trovi su Instagram @peppetronio Leon Femfert
Leggi
Arrow Right Top Bg

23 Gennaio, 2023

Quota 101 ottiene la certificazione Casaclima Wine

Quota 101 ottiene la certificazione Casaclima Wine Cari amici, questa mia prima pubblicazione del 2023 mi riporta su uno degli argomenti che ho più a cuore: la sostenibilità nel mondo del vino. Vi racconto di Quota 101, un’azienda vitivinicola a conduzione familiare immersa nei Colli Euganei, nelle vicinanze di Padova, area D.O.C. di origine vulcanica. Il suo nome deriva proprio dall’altitudine, perché è situata a 101 m.s.l.m. sulla cima di una collina, incastonata nel mezzo del Parco Regionale dei Colli Euganei, lontano da strade trafficate e con una vista mozzafiato che arriva fino a Venezia. I Colli Euganei, per chi non ne avesse mai sentito parlare, sono l’incredibile risultato geologico di fenomeni vulcanici risalenti a oltre 40 milioni di anni fa dove le colline hanno un cuore vulcanico ma non assomigliano ad una tipica catena montuosa. Ciascun colle è il risultato di uno specifico spostamento della crosta terrestre e di conseguenza possiede una forma unica e una particolare composizione del suolo e minerale. L’azienda segue una filosofia ben definita: i vini sono certificati biologici e prodotti nel rispetto dell’ambiente, e sebbene produrre abbia sempre un impatto, la sfida che si pone l’azienda è quella di ridurlo al minimo, migliorando continuamente la sostenibilità delle proprie azioni. L’idea parte dopo il restauro della vecchia cantina che oggi è la barricaia per l’affinamento dei vini. Nell’autunno del 2019 è stato dato il via alla costruzione di una nuova cantina in uno spazio in precedenza destinato alla stalla in disuso, e per farla è stata fatta la scelta di essere più rispettosi possibili nei confronti del bene più prezioso, la natura in cui l’attività aziendale si immerge. Questo percorso ha portato a dicembre 2022 questa realtà ad essere la nona cantina (sono effettivamente poche!) a certificare secondo il protocollo CasaClima Wine la propria struttura di produzione. La progettazione della nuova cantina, oltre ad aver posto una particolare attenzione all’aspetto della progettazione architettonica, ha scelto di rispettare i parametri e i criteri stabiliti da CasaClima Wine in termini di efficienza energetica e consumo di risorse. Con un impianto fotovoltaico da 50 KW, la scelta di un innovativo sistema costruttivo in legno X-Lam (pannelli di legno massiccio a strati incrociati, composti da più strati di lamelle o tavole, sovrapposti e incollati uno sull’altro a 90°) e una gestione idrica particolarmente attenta che ha permesso che si potesse mantenere le stesse condizioni idriche esistenti prima della costruzione grazie ad un sistema di vasche di raccolta che consente il recupero dell’acqua piovana. Tutta la scelta progettuale, oltre a seguire canoni di estetica o operativi, è stata fatta nel modo più rispettoso possibile nei confronti della natura: si è scelto infatti di rivestire le pareti esterne con delle tavole di larice naturale creando così una parete ventilata che, sfruttando le naturali caratteristiche del legno, permette di mantenere nel tempo un dialogo con l’ambiente circostante. Una quinta di alberi preesistente è stata mantenuta e salvaguardata durante la costruzione per fare da filtro tra il manufatto moderno e l’ambiente esterno alla proprietà, inoltre, l’edificio al piano superiore, è dotato di uno spazio che ha come prima funzione quella di essere luogo di appassimento delle uve, mentre nel resto dei mesi è lo spazio destinato agli eventi e alle degustazioni dotato di grandi vetrate per dare alla natura intorno la possibilità di mostrarsi nel suo splendido panorama. In questo spazio le pareti sono rivestite da uno speciale pannello fono assorbente che elimina il riverbero acustico, rendendo confortevole la conversazione. Scelte che, nel rispetto dei parametri della certificazione, non riguardano solo l’efficienza energetica, ma considerano anche altri aspetti, come il riciclo dell’acqua, il comfort degli ambienti, la qualità dell’aria, oltre a focalizzarsi anche su requisiti specifici come il packaging, l’impronta di CO2 delle bottiglie, abbattuta adottando delle bottiglie più leggere, o la valorizzazione degli scarti di lavorazione. Quota 101 si è preoccupata di curare ogni aspetto, dall’isolamento termico agli aspetti di fono-assorbimento nel locale di accoglienza all’utilizzo fonti rinnovabili attraverso un impianto fotovoltaico, preferendo illuminazione ad alta efficienza. La sostenibilità è fatta di tante scelte e Quota 101 ha scelto andare nella direzione giusta ponendo attenzione alle generazioni future e all’ambiente, perché il pianeta è un prestito ricevuto dai nostri figli che dobbiamo restituire nel miglior modo possibile, ed ognuno deve fare la propria parte! A cura di Giuseppe Petronio 
Leggi
Arrow Right Top Bg

5 Dicembre, 2022

La Scolca: un viaggio tra passione, storia e tradizione.

La Scolca: un viaggio tra passione, storia e tradizione. Come sapete una delle mie passioni più grandi è quella di raccontare le grandi famiglie del vino e le realtà storiche di questo mondo: impossibile non parlare di La Scolca. La tenuta La Scolca è stata acquistata nel 1919 e Giorgio Soldati, bisnipote del fondatore, si è dimostrato un validissimo e innovativo interprete del Gavi DOCG: sua è la creazione di vini e spumanti che hanno ampliato la gamma dei prodotti La Scolca senza mai tradire la fedeltà alla terra di Gavi e al vitigno cortese. È stato per volere di Giorgio Soldati, in qualità di primo presidente di Consorzio del Gavi, che La Scolca ha ottenuto la DOC nel 74 e la DOCG nel 98. Al momento dell’acquisto, la proprietà era in parte coperta da boschi, in parte coltivata a grano. Fu un’intuizione ben studiata piantare nel 1900 vigneti di Cortese in un territorio esclusivamente vocato alla coltivazione dei vigneti a bacca rossa: mai, come in questo caso, il nome dell’Azienda risultò profetico. Il nome dell’appezzamento dove sorge l’azienda derivava infatti dall’antico toponimo “Sfurca” ovvero “Guardare lontano” e la cascina che vi sorgeva era stata in passato appunto una postazione di vedetta, oltre a questo è facile associare il loro cognome al pieno il carattere fiero e tenace dei proprietari e dei loro vini. Oggi conduce l’azienda la figlia Chiara Soldati, quarta generazione con uno sguardo già al terzo millennio. II passato ed il futuro convivono in questa azienda che coniuga al meglio la naturalezza di chi vive in questo mondo da sempre con la rapidità di coloro che guardano avanti con la lungimiranza di capitani coraggiosi, mai come nel caso della famiglia Soldati i nomi hanno un significato simbolico. Non è per nulla un caso che lo scorso 30 maggio Chiara è stata nominata dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella Cavaliere del Lavoro per il settore agricolo e vitivinicolo. “Sono davvero molto orgogliosa per questa onorificenza che voglio condividere con la mia famiglia e tutto il mio team e che tocca non solo il Piemonte ma tutto il settore vitivinicolo italiano. – dichiara Chiara Soldati, CEO de La Scolca – E’ il riconoscimento di un impegno lungo 103 anni, fatto di sacrifici, di lavoro e di passione. Un motivo di estrema soddisfazione che non considero un punto di arrivo quanto piuttosto una nuova partenza. E’ la spinta per guardare al futuro con coraggio, convinzione e sempre maggiore determinazione e puntare con la consapevolezza degli onori e degli oneri che comporta essere un ambasciatore del vino italiano nel mondo”. Il 2022 sarà l’anno in cui La Scolca conseguirà la certificazione della sicurezza alimentareFSSC 22000/ISO 22000 e la certificazione per la sostenibilità secondo lo standard Equalitas. Una azienda che coniuga con eccellenza la tradizione, qualità e rispetto dell’ambiente, creando prodotti unici. Un esempio su tutti che voglio raccontarvi: La Scolca Riserva D’Antan. Definito come “il Gavi sospeso nel tempo”, è ottenuto con una selezione delle migliori cuvée di uve Cortese, inizialmente destinate alla produzione del Gavi dei Gavi etichetta nera e solo in grandi annate. Questo vino dopo un affinamento che può durare fino a dieci anni, unicamente in serbatoi d’acciaio e sui lieviti autoctoni, giunge alla bottiglia con quella inconfondibile intensità e nobiltà di sensazioni che solo il tempo dona ai Grandi Vini. Vino raro ed unico, da degustare meditando sulle straordinarie sensazioni gustative che fanno riaffiorare alla memoria, come nella ‘Recherche” proustiana, il sapore dl ricordi lontani. Insomma non resta che degustare i loro vini unici e fare i complimenti a questa fantastica realtà! P.s.: la domanda viene spontanea, perciò rispondo direttamente qui, Chiara è cugina dello scrittore, giornalista e regista Mario Soldati, autore del celebre “Vino al Vino. A cura di Giuseppe Petronio 
Leggi
Arrow Right Top Bg

9 Novembre, 2022

Cantina Fonzone Caccese: famiglia, sostenibilità e qualità

Cantina Fonzone Caccese: famiglia, sostenibilità e qualità Rubrica #vinosostenibile A giugno scorso ho avuto l’occasione di scoprire all’interno di un bellissimo percorso di degustazione condotto da Bibenda a Roma alcune delle aziende seguite da Luca D’Attoma, fondatore della Wine Evolution Consulting, enologo di fama internazionale, che ha segnato gli ultimi decenni dell’enologia italiana, pioniere della viticoltura biologica e grande esperto di biodinamica. Un percorso che ha attraversato l’Italia da nord a sud facendo tappa in Campania, nel cuore dell’Irpinia con l’azienda Fonzone Caccese. Su un colle di circa trenta ettari, nelle campagne di Paternopoli, in provincia di Avellino, all’interno della DOCG Taurasi, sorge una moderna cantina che domina un paesaggio mozzafiato scandito da vigneti di Aglianico, Falanghina, Fiano d’Avellino e Greco di Tufo. Una cantina a gestione familiare con l’obiettivo di valorizzare le varietà autoctone producendo vini sartoriali che raccontano nel bicchiere l’amore e il rispetto per il territorio, ma anche il valore dell’appartenenza ad una grande famiglia che condivide da sempre la passione per una viticoltura di precisione, finalizzata ad una produzione di altissima qualità. Storia e territorio Fondata nel 2005 da Lorenzo Fonzone Caccese, medico chirurgo con la passione per il vino, sin da subito l’azienda ha deciso di sposare un approccio sostenibile e di alto livello, assecondando i ritmi di madre natura e preservando la biodiversità. Oggi, la nuova generazione della famiglia Fonzone Caccese, rappresentata dai figli e dalle rispettive mogli, ha raccolto il testimone dimostrando di proseguire quel cammino alla ricerca dell’eccellenza avviato dal fondatore. Il colle su cui sorge la cantina si colloca nella sottozona “Campi Taurasini” e i vigneti si estendono sui due versanti dell’altura, beneficiando di molteplici esposizioni e di un’altitudine che varia dai 360 m ai 430 m/slm. La collina comprende sia suoli argilloso calcarei che suoli a tessiture più sciolte, di chiara origine sedimentaria, ed è circondata da due torrenti che ne influenzano il microclima caratterizzato da forti escursioni termiche tra il giorno e la notte. Inoltre, data la vicinanza in linea d’aria con il Vesuvio, nel sottosuolo è presente polvere vulcanica, deposito delle eruzioni avvenute nel corso dei secoli. La tenuta si completa con i vigneti situati a San Potito Ultra, Parolise, Altavilla Irpina e Montefusco con altitudini che, in alcuni casi, raggiungono fino ai 650 sul livello del mare. La filosofia produttiva Sostenibilità durante tutto il processo produttivo, è questa la base della filosofia produttiva dalla vigna alla cantina. L’attività dell’azienda si concentra nella direzione di una viticoltura sostenibile, valutando e minimizzando l’impatto di tutte le pratiche agricole ed enologiche messe in atto ed avendo come obiettivo principale la salvaguardia dell’ambiente e la salute dei consumatori. Nei vigneti non vengono utilizzati diserbanti e la difesa fitopatologica è in accordo con i criteri di lotta integrata. Il suolo viene trattato solo con concimi organici e sovesci e la potatura mira al rispetto della pianta e ad un carico di produzione molto basso per migliorare la qualità delle uve. Per favorire il più possibile la biodiversità, lo spazio interfilare è gestito con la tecnica dell’inerbimento di piante spontanee. L’equilibrio tra leguminose, graminacee ed altre specie è regolato con gli sfalci, e nelle aree di bordura sono state piantate essenze erbacee per offrire l’habitat ideale agli insetti impollinatori, piante che danno agli insetti “buoni” gli alimenti giusti così da renderli capaci di combattere gli insetti dannosi. L’azienda, che nel giro di pochi anni otterrà la certificazione biologica, è il linea quindi con quello che è il filo conduttore che lega le realtà seguite da Luca D’Attoma, un approccio etico in vigna e in cantina, vini che provengono da una filiera più snella e meno invasiva e rispettosa dell’ambiente, che valorizzano le caratteristiche dei vitigni e le peculiarità delle condizioni geoclimatiche, vini che in fin dei conti risultano essere più genuini, sinceri e buoni. Oggi l’azienda produce 8 vini monovarietali, che valorizzano le caratteristiche straordinarie dei vitigni simbolo dell’Irpinia, ma a breve arriveranno alcune interessanti novità per la Cantina Fonzone quindi mi raccomando non perdiamola di vista!  Cantina Fonzone Caccese: famiglia, sostenibilità e qualità A cura di Giuseppe Petronio 
Leggi
Arrow Right Top Bg

3 Novembre, 2022

Poderi Luigi Einaudi celebra i 125 anni dalla fondazione

Parlare di Poderi Luigi Einaudi rappresenta l’occasione per ricordare la grande storia di una famiglia oltre ad essere l’occasione di parlare dei loro pregiati vini piemontesi. Einaudi è un cognome che tutti noi conosciamo ed evoca il forte legame con che la famiglia ha con la storia della politica – Luigi Einaudi fu infatti il secondo Presidente della Repubblica Italiana, il primo ad essere eletto dal Parlamento italiano, membro dell’Assemblea Costituente del nostro Paese e governatore della Banca d’Italia – con la cultura – uno dei tre figli di Luigi, Giulio, fondò la famosa omonima Casa Editrice – e quello con la musica – Ludovico, nipote di Luigi, è un compositore e pianista di fama mondiale. Dalla nascita ai nostri giorni L’attività agricola nacque grazie all’iniziativa di Luigi che nel 1897 a Dogliani, un piccolo borgo il cui nome oggi è sinonimo della Docg che ha dato lustro al Dolcetto prodotto in questa terra, compra la tenuta di San Giacomo, una villa settecentesca attorniata da vigne ancora oggi residenza privata della famiglia che accoglie lo studio del Presidente, rimasto intatto nel tempo con tutto il suo fascino. Si racconta che Luigi Einaudi non mancò mai una vendemmia, anche nei lunghi anni che trascorse a Roma per onorare tutti gli impegni istituzionali. Dopo di lui, si occupò dell’azienda il secondogenito Roberto, nato proprio a Dogliani, nella Cascina di San Giacomo. Ingegnere meccanico, avviò una promettente carriera nella siderurgia come imprenditore, dedicandosi in parallelo alla sua amata terra con impegno ed energia, fu sempre un riferimento per la famiglia e l’azienda e motore del suo rinnovamento. Alla fine degli anni ‘80 Paola, figlia di Roberto, decise di prendere in gestione i Poderi, testimone poi passato successivamente al figlio, arrivando oggi alla quarta generazione della famiglia rappresentata da Matteo Sardagna Einaudi. A lui spetta il non facile compito di portare avanti il rispetto delle tradizioni di famiglia e, con coraggio e intuizione, dare nuova concretezza al valore di un nome già emblematico nel mondo enologico, seguendo un percorso di acquisizioni dei migliori Cru nei migliori territori, Barolo in primis, con l’obiettivo di valorizzarli il più possibile. I Poderi contano attualmente 150 ettari di proprietà e diverse cascine. L’azienda, che tutt’ora mantiene a Dogliani il suo cuore storico, è cresciuta espandendosi e attraversando le Langhe in diagonale, raggiungendo Neive dopo aver toccato Barolo, Monforte d’Alba e Verduno, affiancando all’attività agricola anche l’ospitalità, con il Relais che rappresenta un’oasi di pace nel cuore del Piemonte avvalorata dalla presenza di una suggestiva piscina a forma di bottiglia bordolese davvero unica ed iconica. 125 anni di storia Proprio quest’anno Poderi Luigi Einaudi celebra il 125° anniversario della fondazione dell’azienda, una ricorrenza importante che viene festeggiata con due vini iconici dell’azienda: Dogliani e Barolo. Il Dogliani per l’occasione è stato reso protagonista insieme al linguaggio della musica: Ludovico Einaudi, cugino di Matteo, ha composto e dedicato a questo vino la sinfonia “Ascolta Dogliani” per rappresentare il viaggio emozionale nella storia dei Poderi e nella loro intima armonia. Le note di Ludovico Einaudi sono racchiuse in un QR Code impresso su tutte le retro-etichette delle bottiglie di Dogliani e Dogliani Superiore Tecc. Calice in mano, ovunque, basterà inquadrare il codice con il cellulare per dare inizio alla musica e immergersi con tutti i sensi, udito compreso, nella magia di questo territorio e di questo vino. Per il Barolo è stata invece pensata una nuova veste celebrativa: grazie alla passione di Matteo per l’arte contemporanea il nuovo Barolo Monvigliero è stato “vestito” per la sua prima annata in commercio da un’etichetta d’arte. Frutto della valorizzazione di una recente acquisizione di un vigneto di Nebbiolo, di età circa 40 anni, posto ad una altitudine di 400 metri, esposta a sud, con radici in suoli profondi, ricchi di calcare e di gesso, caratteristiche morfologiche che garantiscono la produzione di vini di grande finezza, capaci di esprimere appieno quei capisaldi della filosofia aziendale che sono l’eleganza e l’armonia. La concomitanza dell’anniversario dei 125 anni e del debutto di Barolo Monvigliero, ha mosso il desiderio di creare una bottiglia speciale, da collezione, con una etichetta disegnata dall’artista mantovano di fama internazionale Stefano Arienti. Dal suo tratto immaginifico è scaturito il profilo di un etereo cavallo, archetipo ma allo stesso tempo presenza fisica e, come tutto ai Poderi Einaudi, fortemente legato alla terra. L’opera in etichetta si intitola “Cavalli su colonne, omaggio a Giulio Romano (2021)” ed è stata creata dall’artista in 10 diverse declinazioni e sarà riprodotta sull’intera tiratura di 8500 bottiglie, mentre ad un’edizione limitata di sole 250 magnum sarà riservata una riproduzione numerata e autografata. Oltre a questi grandi vini e solo per quest’anno, tutte le bottiglie del Langhe Nebbiolo e del Langhe Barbera saranno impreziosite da un bollino “125 anni” per ricordare l’anniversario. Un grande modo per festeggiare con dei vini capaci di emozionare, fortemente legati al territorio e alla tradizione, impreziositi da elementi quali musica, cultura e arte che sanno renderli unici. Complimenti e auguri a questa nostra eccellenza italiana!  Poderi Luigi Einaudi celebra i 125 anni dalla fondazione A cura di Giuseppe Petronio 
Leggi
Arrow Right Top Bg

12 Ottobre, 2022

Villa Bogdano 1880: natura, biodiversità e vigne storiche

Siamo a Lison di Portogruaro, vicino a Venezia, tra le Alpi e il litorale Adriatico e qui sorge l’azienda Villa Bogdano 1880. Una storia legata ai fasti della Serenissima, alla fine del ‘500 sorge infatti la Villa da cui trae ispirazione il nome in etichetta, restaurata nel 1880, periodo a cui si fa risalire l’inizio certo dell’attività vitivinicola in azienda. Una tenuta secolare edificata in un luogo incontaminato, proiettato verso un futuro sostenibile che parla di natura, vita e passione. In questi luoghi fanno capolino caprioli, gufi, talpe e numerose specie di uccelli durante migrazioni, svernamento e nidificazione. Ai margini dell’azienda è presente infatti un bosco planiziale risalente al 1200 e parte integrante della tenuta, eletto dalla Comunità Europea sito di Tutela delle Biodiversità Natura 2000, con numerose specie di flora e fauna protette, dichiarato nel 2018 dal Ministero per i beni e le attività culturali area di notevole interesse pubblico. I Vigneti Dei 105 ettari a vigneto della Tenuta, tutti condotti in regime biologico, 18 ettari sono definiti storici. Le 117 viti della varietà autoctona Tocai Friulano (Lison Classico Docg) infatti risalgono addirittura a inizio ‘900: rappresentano un patrimonio unico, oggetto di studi e ricerche. Altri impianti, sempre della varietà Tocai, risalgono invece agli anni ‘40 e ’50, mentre è presente in azienda un impianto di Merlot, messo a dimora negli anni ’60. In Tenuta, con l’obiettivo primario di valorizzare le varietà autoctone, sono coltivati il Refosco dal Peduncolo Rosso, il Glera e la Malvasia, storicamente diffusa e rinomata nel territorio già ai tempi della Repubblica di Venezia. Completano la gamma alcune varietà internazionali che si sono ben adattate al nostro territorio, quali Pinot Grigio, Chardonnay, Sauvignon Blanc, Pinot Nero, Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon e Merlot I vini L’azienda segue con cura e impegno tutto il ciclo di produzione, proponendo una vasta gamma di vini, tra cui una linea di varietali in purezza, composta sia da vitigni autoctoni che internazionali, una linea composta da 3 differenti tipologie di prosecco, ed una linea composta dalle seguenti selezioni: 185 – Lison Selezione – Tocai Friulano da vigne impiantate nel 1943, con 18 mesi di affinamento, in parte in vasche di vetrocemento e in parte in barrique di rovere francese di media tostatura. Un vino che spicca per le sue doti di intensità e struttura, emblema della valorizzazione delle vigne storiche dell’azienda. 186 – Refosco Dal Peduncolo Rosso Doc Riserva – Refosco Dal Peduncolo Rosso da vigne impiantate nel 1992 che segue 12 mesi di affinamento in vasche di vetrocemento, 18 mesi in botti di rovere di media tostatura da 45 hL. 187 – Chardonnay Selezione – Chardonnay da vigne impiantate nel 2015 con fermentazione in barrique di rovere francese di media tostatura, e permanenza nelle stesse per 18 mesi. 195 – Merlot Selezione – 85% Merlot, 15% Cabernet Sauvignon – da vigne impiantate rispettivamente nel 1960 e nel 2003, segue 12 mesi di affinamento in vasche di vetrocemento e 18 mesi in botti di rovere francese di media tostatura da 45 hL. Anche questa etichetta è identitaria del patrimonio aziendale L’adesione a The Old Vine Conference Per dare risalto a questo patrimonio unico a giugno 2022 Villa Bogdano 1880 diventa nuovo sponsor di The Old Vine Conference, associazione inglese per la valorizzazione delle vigne storiche fondata da Masters of Wines come Sarah Abbott e Alun Griffiths insieme a personalità di spicco del mondo vitivinicolo. Un passo importante per la tenuta che è da sempre impegnata nel mantenimento della biodiversità e della storia vitivinicola come i suoi vigneti storici tra cui un raro esemplare di Tocai Friulano allevato a cassone padovano, tecnica risalente ancora ai frati benedettini. The Old Vine Conference è stata costituita proprio per valorizzare queste vigne creando una connessione tra le aziende, studiosi, esperti, produttori e amanti del vino, con l’obiettivo di valorizzare e far riconoscere a livello globale le vigne storiche come una nuova categoria commerciale, mettendo in condivisione le migliori pratiche e strategie di gestione delle vigne. Complimenti a Villa Bogdano per la sua capacità di rispettare il contesto naturale, favorire la biodiversità e per la sapiente valorizzazione di un patrimonio viticolo storico unico! Villa Bogdano 1880: natura, biodiversità e vigne storiche A cura di Giuseppe Petronio 
Leggi
Arrow Right Top Bg

28 Settembre, 2022

I simboli del Verdicchio: Tombolini e l’anfora verde

L’azienda Tombolini ha radici lontanissime e più di cento anni di storia: tutto nasce quando Sante, giovane fante salvatosi dalla peggior disfatta dell’esercito italiano nel 1917 a Caporetto, torna ad Ancona e sposa Nemorina Staffolani, con cui avvia l’attività di famiglia nel 1921. Da allora, dopo varie vicissitudini, la strada prosegue con figli di Sante – Giovanni e Paolo – stabilizzano e ampliano l’attività, puntando sul Verdicchio e la vinificazione in acciaio, e adottando la celebre bottiglia ad anfora insieme ai produttori dell’epoca, cavalcando il miracolo economico degli anni ’50 e ’60 ed espandendo enormemente l’attività avviata padre. In quegli anni l’anfora diventa sinonimo di Verdicchio dei Castelli di Jesi. Tra i fondatori delle DOC più importanti delle Marche, il Verdicchio dei Castelli di Jesi e il Rosso Conero, la famiglia Tombolini è stata pioniera nel valorizzare i Castelli di Jesi, rendendolo celebre anche oltre oceano. Successivamente il marchio cambia in Castelfiora e, negli anni ’90 Fulvia, figlia di Giovanni, prende in carico l’azienda innovando la storica cantina, portando a 30 gli ettari di vigna, puntando sulla qualità della materia prima prodotta dai terreni di famiglia che converte alla sostenibilità e all’agricoltura biologica. Si concentra su un solo Verdicchio, lo veste con un abito da sera “all-black”, lo distribuisce con i marchi dell’eccellenza del vino italiano. Ed è così che riporta Tombolini a New York, Monaco e Tokio. Il richiamo della terra diventa irresistibile per Carlo Paoloni, figlio di Fulvia, che nel 2013 abbandona la sua carriera di banchiere a Londra per dedicarsi all’azienda di famiglia. Inizia così un nuovo corso con Castelfiora e Doroverde, entrambi Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore che ricercano, ciascuno in modo diverso, la massima espressione di questo straordinario vitigno delle Marche divenendo i due vini di punta dell’azienda. I vini Castelfiora – Verdicchio dei Castelli di Jesi DOC Classico Superiore è un vino in cui le caratteristiche uniche del Verdicchio, in particolare la sua ineguagliata longevità tra i bianchi autoctoni d’Italia, si sposano con una intatta freschezza anche dopo lustri di affinamento in bottiglia. E’ un Verdicchio in purezza ottenuto dalle migliori uve raccolte a mano negli appezzamenti più vocati della tenuta Tombolini: vigne caratterizzate da suoli particolarmente ricchi di argilla, arenaria e sabbia che donano al contempo potenza e finezza olfattiva. La pressatura avviene da grappoli interi, con inizio di fermentazione in acciaio che prosegue in contenitori di legno. Buona parte del vino affina in barili di rovere francese per circa 10 mesi, mentre una parte passa attraverso macerazioni di diverso tipo (incluso in otri di ceramica). Doroverde – Verdicchio dei Castelli di Jesi DOC Classico Superiore è un Verdicchio in purezza prodotto con uve provenienti da vigneti di circa 20 anni piantati su suoli argillo-calcarei che donano peculiare sapidità. E’ un vino che nasce dalla ricerca di un equilibrio perfetto tra il carattere vibrante del Verdicchio e la sua eleganza, tra la tipica freschezza del vitigno e una distintiva finezza. Le uve sono selezionate a mano con raccolta in cassetta cui segue la pressatura dei grappoli interi. La vinificazione avviene al riparo dall’aria per avviare mosti integri ad una fermentazione in acciaio cui segue l’affinamento su fecce fini per circa 6 mesi, mentre una frazione termina la fermentazione in contenitori di cemento al fine di ottenere maggiore complessità e piacevolezza. Doroverde rievoca nel nome i Dori, e cioè i greci siracusani che fondarono Ancona, ma anche il colore delle campagne dei Castelli di Jesi e del Verdicchio. Anfora come opera d’architettura Il 2021 è stato l’anno del centenario dalla fondazione dell’azienda, e per questo motivo Carlo decide di lanciare la nuova Anfora Tombolini “100 anni”, nata dopo un lungo studio di design insieme all’Architetto Simonetta Doni di Firenze. Una bottiglia verde, come i riflessi del Verdicchio, elegante e slanciata come una renana, che rivisita in chiave contemporanea, con stile e leggerezza, le iconiche anfore che la famiglia ha utilizzato sin dal 1954. Una bottiglia preziosa, un oggetto di design concepito per contenere vini di grande finezza, una forma sinuosa simbolo del nuovo corso, una bottiglia gioiello creata per contenere i migliori Verdicchio dell’azienda. Ma è già nel 1972 che l’anfora è anche opera d’architettura: è in quell’anno che Giovanni Tombolini incarica un noto designer, l’architetto Luigi Massoni di Milano di sviluppare l’anfora personalizzata per il primo Verdicchio dalla sua nuova cantina di Staffolo, ovvero l’anfora Castelfiora. Nel 2021 l’azienda è quindi una delle pochissime cantine marchigiane ad avere due modelli di anfora registrati e disegnati da grandi architetti. Il ritorno all’anfora rappresenta una scelta di rottura, coraggiosa e lungimirante, per tornare orgogliosi della propria storia e rendere immediatamente riconoscibile il territorio e la denominazione nei contesti più prestigiosi del vino. Rievocare l’anfora come simbolo di vini prestigiosi e di altissima qualità, oltre ad rievocare la storia di un territorio e di un vitigno autoctono straordinario. Complimenti a Tombolini per aver valorizzato l’unicità storica ed identitaria che solo in pochi possono permettersi di avere! I simboli del Verdicchio: Tombolini e l’anfora verde A cura di Giuseppe Petronio 
Leggi
Arrow Right Top Bg

29 Luglio, 2022

Sfumature di Pinot Nero

Sfumature di Pinot Nero Il Pinot Nero è di certo uno dei principi dei vitigni internazionali e trova la sua maggiore diffusione in Francia, in particolare nella Côte D’Or, in Borgogna, e nella Champagne, dove viene principalmente spumantizzato. Questo vitigno, tra i più nobili esistenti insieme al nostro Nebbiolo, rappresenta una grande sfida per gli enologi mondiali sia per la sua difficile coltivazione e vinificazione, sia perché è un vitigno che risulta estremamente dipendente dalle caratteristiche del terroir, interpretandolo al meglio…. nel bene e nel male. In Italia è ormai presente in diverse regioni, ma trova alcune delle sue migliori espressioni alla stessa latitudine della Borgogna, una linea che passa per le nostre regioni del nord, in particolare in Trentino-Alto Adige e in Lombardia, nell’Oltrepò Pavese. L’Alto Adige è stato il primo territorio nazionale a importarlo, ed è proprio da qui che inizio a raccontarvi della prima azienda: Cantina Andriano, fondata nel 1893, è la cantina sociale più antica della regione. Alla data di fondazione furono 31 i viticoltori che decisero di compiere la scelta lungimirante, riunendo le proprie forze, di dare vita alla prima cooperativa regionale. Cantina Andriano fu tra le prime cooperative a puntare senza indugio sulla qualità: si diffuse rapidamente tra i soci una gestione mirata della produzione, con una riduzione delle rese consapevole e condivisa da tutti i viticoltori partecipanti. Ad oggi i soci conferitori sono 60 e gli ettari vitati complessivi sono 80, tutti coltivati con tecniche agronomiche che tendono alla ricerca assoluta di qualità produttiva. Importante è il territorio: Andriano è un villaggio storico in prossimità di Bolzano che si estende sul versante occidentale del fiume Adige. Situato a 285 metri slm, è caratterizzato da colline ricoperte di vigneti, frutteti e boschi, con un paesaggio disegnato da torrenti scroscianti e stagni naturali, in un connubio affascinante tra vegetazione alpina e mediterranea. I vini che derivano da questo luogo esprimono pienamente le caratteristiche di ciascun piccolo appezzamento dei tanti soci conferitori e vengono suddivisi, a seconda della provenienza, della varietà di uva e dei metodi di lavorazione. Qui a giocare un ruolo fondamentale sulla impronta aromatica e qualitativa è sicuramente il suolo calcareo che regala ai vini un’impronta minerale e sapida, con i vigneti posizionati a quote tra i 260 e i 450 metri slm. Anche il fattore climatico è fondamentale: è il massiccio del Macaion a proteggere dal freddo del nord le viti di Andriano, mentre verso Sud-Est l’ampia apertura della valle garantisce a tutti gli appezzamenti un’esposizione solare dall’alba alle prime ore del pomeriggio. Nel pomeriggio il sole cala dietro alla montagna e, nelle giornate più torride, regala un benefico refrigerio a tutti i vigneti. Da questi fattori scaturisce un microclima particolare, caratterizzato anche dai venti freschi che scendono dal massiccio, e che, nel periodo finale della maturazione delle uve, fanno più marcata l’escursione termica fra il giorno e la notte. Ad Andriano proprio il buon equilibrio fra caldo e fresco fa sì che i vigneti beneficino di una fase vegetativa più lunga, e i grappoli di una maturazione più lenta e omogenea. Le note aromatiche sono più intense, i vini più rotondi al palato e, anche per questo, la Cantina si ispira come stile di produzione ai vini della Borgogna. La vendemmia, che in media inizia dieci giorni più tardi rispetto al lato opposto della valle, si svolge esclusivamente a mano, e la qualità delle uve raccolte – favorita da una resa molto bassa, pari a circa 49 hl/ha nella media di tutti i vitigni – consente all’enologo Rudi Kofler e alla sua squadra di realizzare in pieno la filosofia vinicola della Cantina. La ricerca ad interpretare al meglio la combinazione fra la collocazione geografica, il terreno e il clima, ha permesso di promuovere, al tempo stesso, l’identità del posto e la consapevolezza della qualità di tutti gli addetti del settore, con l’obiettivo comune di produrre dei vini in grado di eccellere in complessità, precisione e struttura, con uno stile elegante, con note fruttate marcate e con la capacità di narrare nel calice la propria origine ed essere riconoscibili. Il Pinot Nero Riserva Anrar di Andriano è un punto di riferimento per il Pinot Nero. Cresce in uno degli appezzamenti di Pinot Nero più ambiti dell’Alto Adige, a circa 470 metri di quota a Pinzon, nel comune di Egna, su terreni rossastri e argillosi di roccia calcarea, con stratificazioni di pietra dolomitica bianca. Le uve utilizzate provengono da un unico vigneto con esposizione verso Sud-Sudovest, in quella che in tutto l’Alto Adige si considera la culla nobile del Pinot Nero. Il vigneto è gestito da un socio conferitore storico, sicché il Pinot è vinificato con denominazione di vigna e in quantità limitata (da 4.000 a 5.000 bottiglie). Grazie all’elevata densità d’impianto (8.000 ceppi per ettaro), la resa per ceppo è molto bassa per natura. La vendemmia si esegue esattamente nel momento della maturazione organolettica ottimale, ma senza mai oltrepassare questa soglia, in modo da conservare le caratteristiche più tipiche del Pinot. Un terzo delle uve viene poi lavorato a grappolo intero, diraspando invece gli altri due terzi. L’affinamento si svolge in botti di legno nuovo, che conferiscono al vino dei sentori leggermente fumosi. Nel calice, Anrar è un vino quanto mai vivace e manifesta chiari sentori di frutti di bosco, foglie di tè e spezie. Le sue note fruttate sono complesse e sostenute da una stimolante acidità. È un vino rosso strutturato, ma al tempo stesso elegante e persistente, da gustare pienamente anche dopo un certo invecchiamento. Si può definire un grande Pinot Nero compatto, equilibrato con morbidi tannini a grana fine, di alta quota e molto longevo. Nel 2022 Anrar 2019 è stato giudicato da una giuria internazionale, al 24° concorso nazionale del Pinot Nero, Miglior Pinot Nero d’Italia 2022. Proseguendo su altre sfumature e sempre alla stessa latitudine troviamo Cembra Cantina di Montagna. Situata nel comune di Cembra a circa 700 metri slm, nell’omonima Valle a nord-est di Trento, dove la bellezza della montagna e la viticoltura si fondono in un paesaggio di grande fascino ed equilibrio. Un’armonia tra uomo e natura che è il risultato del coraggio, della determinazione e dell’amore per il territorio dei vignaioli cembrani, che si tramandano da generazioni il sapere enologico. Sono loro che hanno costruito pietra su pietra oltre 700 km di muretti a secco per sostenere le vigne lungo la valle, bilanciando grazia artigiana e pendenze estreme. D’altro canto, quest’arte ha meritato nel 2018 il riconoscimento come bene immateriale del patrimonio mondiale dell’UNESCO. Dal 1952 Cembra Cantina di Montagna rappresenta la cantina cooperativa più alta del Trentino. Questa terra, che vanta altimetrie, clima e sottosuoli unici, ha come protagonista il porfido, da sempre chiamato dai valligiani “oro rosso” in quanto spina dorsale della valle e preziosa materia prima. La cantina conta su circa 300 ettari vitati suddivisi in piccoli appezzamenti (con una superficie media inferiore al mezzo ettaro l’uno – considerato che sono 320 i soci conferitori) per lo più adagiati sulla sponda destra dell’Avisio, il fiume che nei millenni ha inciso e plasmato la valle, per poi tuffarsi nell’Adige. Le vigne godono di una straordinaria esposizione solare grazie alla loro dislocazione prevalente a sud e sono lambite dall’Ora del Garda, corrente che soffia dolcemente tra i filari favorendo un clima asciutto, molto importante per preservare la salute delle vigne. Un’escursione termica ottimale completa il microclima e contribuisce al bouquet aromatico e alla giusta acidità dei vini. I terreni qui sono generalmente franco-sabbiosi, ricchi di sabbia e carbonati, sciolti e ben drenati, ma soprattutto, come detto, di origine porfirica. Dal 2016 infatti CEMBRA aderisce al Sistema di Qualità Nazionale Produzione Integrata (S.Q.N.P.I.) che si basa sul rispetto dell’ambiente, la tutela della salute degli agricoltori e la sostenibilità economica e dal 2022 “rinasce” e presenta una nuova linea di etichette monovitigno, al fine di valorizzare in maniera ancora più netta le uve più rappresentative del territorio, inteso come un’unica, grande area eccezionalmente vocata. I vigneti del loro Pinot Nero, che oggi è sul mercato con l’annata 2019, crescono tra i 500 e i 600 metri slm e sono raccolti in media a fine settembre-inizio ottobre. La vinificazione molto rispettosa prevede una macerazione a freddo per qualche giorno e una fermentazione in anfore Tava, piccole botti di legno aperte e serbatoi d’acciaio inox con frequenti follature per estrarre aromi e colore per circa 15 giorni. Il Pinot Nero matura poi in piccole botti di rovere francese per 12 mesi. Di colore rosso rubino intenso, al naso si esprime in tutta la sua complessità ed eleganza rivelando note di frutta nera e rossa con sfumature di liquirizia e pepe nero. Al palato è pieno e strutturato, con una vena di freschezza e morbidi tannini. Queste prime due espressioni di Pinot Nero si differenziamo quindi estremamente, per territorio, clima, esposizioni, terreni e tecniche di vinificazione. Continuando a percorrere la stessa latitudine geografica ci spostiamo in Lombardia, in una realtà che ha fatto del Pinot Nero il suo vitigno portabandiera, stiamo parlando di Conte Vistarino. Siamo nello specifico nell’Oltrepò Pavese, nel sud-ovest della regione, punto di incontro di Lombardia, Piemonte, Liguria ed Emilia Romagna, territorio con una forma a grappolo d’uva: un lato è costituito dal corso del Po, il vertice opposto, verso sud, dalla massima elevazione della provincia di Pavia che è il monte Lesima (1724 m). Il territorio è costituito per un terzo da zone pianeggianti, cui segue un’ampia zona collinare che termina a sud sull’Appennino Ligure. Dire Oltrepò Pavese significa dire Pinot Nero, ma non è sempre stato così. È stato il Conte Augusto Giorgi di Vistarino a importare dalla Francia questo nobile vitigno nella sua tenuta nel 1850 e oggi, a oltre un secolo di distanza, è la sua trisnipote Ottavia a farne l’orgoglioso stendardo per i vini dell’azienda di famiglia. Proprio nel 1865, per esempio, venne prodotto dal Conte Vistarino – insieme all’amico Carlo Gancia – il primo Spumante Secco, e per ricordarlo quella data è diventata oggi il nome dello spumante di punta dell’azienda.  Da allora la famiglia porta avanti un lavoro costante volto ad esaltare il vitigno nel rispetto del territorio e della sua vocazione. Conte Vistarino ha una superficie complessiva di 620 ettari suddivisi tra boschi, prati, seminatavi, piante arboree da legno pregiato mentre 102 ettari sono destinati a vigneto. Il vitigno maggiormente rappresentato è il Pinot Nero: Conte Vistarino coltiva una decina di cloni di questa varietà su oltre 65 ettari e la vinifica per il 50% in bianco. Oltre la metà di questo vigneto è stato reimpiantato negli ultimi 25 anni da Conte Vistarino secondo criteri di qualità dettati da un mercato che proprio alla fine degli anni ‘80 si stava trasformando; un patrimonio fondamentale che consente oggi di ottenere uva adatta a produrre grandi vini. Per i nuovi impianti di Pinot Nero, Ottavia Vistarino ha privilegiato la scelta di portainnesti e cloni (tutti importati direttamente dalla Francia) con caratteristiche produttive precise: bassa produzione, grappolo e acino piccolo e grande potenziale aromatico. I terreni sono caratterizzati da marne argillose e si presentano prevalentemente calcarei (circa il 50% della composizione dei suoli) con percentuali variabili di argilla, sabbia e limo.  Conte Vistarino conduce tutti i vigneti secondo un’agricoltura integrata a basso impatto ambientale che punta ad ottimizzare le caratteristiche naturali di ogni parcella. La geografia della Tenuta è caratterizzata da un mosaico di piccole unità sparpagliate su una superficie molto estesa e il lavoro di zonazione effettuato in azienda negli anni per ottimizzare l’interazione tra vitigno e terroir è stato davvero molto lungo e dettagliato, e continuerà nei prossimi anni fino a coprire l’intero patrimonio vitato. La cantina, puntando sempre più sul concetto di Cru, produce tre espressioni di Pinot Nero fermo, a tiratura molto limitata (sotto le 5000 bottiglie/anno) e sono Pernice, Bertone e Tavernetto. Pernice è una delle massime espressioni enologiche dell’azienda. Il vigneto dove prende forma questo Oltrepò Pavese DOC si estende per 3,5 ettari in prossimità dell’omonima cascina a 350-400 metri di altezza. Esposto a mezzogiorno, gode di una vista magnifica sulle colline circostanti. Il terreno è tendenzialmente calcareo (52%) con la presenza di argilla, sabbia e pietrisco. Luigi Veronelli nel 1961 scrisse in Vini d’Italia del “Pinot eccellente della località Pernice, in Comune di Rocca de’ Giorgi, dal bel colore rubino chiaro e dall’intenso bouquet” e ancora oggi nel bicchiere il risultato è un vino complesso ed elegante con grandi potenzialità di invecchiamento e molto apprezzato dalla critica italiana e straniera. Bertone, Pinot Nero DOC Oltrepò Pavese, prende il nome dal vigneto dove nasce. Si tratta di una parcella di Pinot Nero situata – in linea d’aria – proprio sopra a Villa Fornace. Si trova a circa 400 metri slm ed è rivolta a sud-ovest. Il terreno conta su una buona presenza franco-argillosa e una significativa percentuale di sabbia. Questo appezzamento, circondato da un fitto bosco, gode di un microclima particolare e, per le caratteristiche del clone, del terreno e dell’esposizione, è caratterizzato da un minor vigore vegetativo e da un leggero anticipo di maturazione che lo porta ad essere il primo dei cru ad esser vendemmiato. Dalla sua prima annata di produzione, vendemmia 2013, ad oggi, ha raccolto il plauso della critica per la sua armonia e profondità. Tavernetto Pinot Nero DOC Oltrepò Pavese nasce nell’omonimo vigneto di 1,7 ettari esposto a sud-sud/est. L’appezzamento si trova a 350 metri slm di altitudine e gode di un andamento vegeto-produttivo molto equilibrato e storicamente è l’ultimo tra i cru ad esser vendemmiato. Nei suoli prevale la matrice argillo-limosa con un’elevata dotazione in calcare. Tutti e tre effettuano un affinamento in barriques di rovere francese dove viene svolta la fermentazione malo-lattica la primavera successiva alla vendemmia. Un vero e proprio viaggio tra le varie espressioni del Pinot Nero alle latitudini della Borgogna. Questo nobile, elegante ed enigmatico vitigno riesce a fare innamorare gli appassionati e ad esprimere il nostro paese con diverse sfumature, con colori che virano e che riflettono le diverse tonalità dei terroir di provenienza…. impossibile non apprezzarlo! A cura di Giuseppe Petronio  Stitched Panorama Stitched Panorama Italien Südtirol Terlan Weinanbau Blauburgunder Traube Italien Suedtirol Trentino Alto Adige Etschtal Terlan Weinanbau Kellerei Terlan Keller Cantina Weinkeller
Leggi
Arrow Right Top Bg

29 Giugno, 2022

Domenico Clerico: connubio tra arte e vino di qualità

Domenico Clerico: connubio tra arte e vino di qualità Domenico Clerico rappresenta un grande nome del Barolo in Italia e nel mondo, uomo di grande personalità, che ci ha lasciati nel 2017, a cavallo tra l’artigiano e l’artista che ha rivoluzionato il concetto della viticoltura nelle Langhe, animato dalla ricerca incessante della massima qualità e dal desiderio di sperimentare per raggiungere l’eccellenza che da sempre caratterizza i suoi vini, con l’obiettivo di renderli indimenticabili. Fin dal 1976, quando Domenico Clerico prese in mano l’azienda di famiglia a Monforte d’Alba – partendo da soli tre ettari di vigneto – e decise di scommettere su un territorio ancora poco conosciuto, convinto che attraverso un lavoro meticoloso in vigna e un’attenta vinificazione si potessero ottenere risultati straordinari. Un impegno lungo e costante, contrassegnato da grande passione e competenza: così Clerico è riuscito a scrivere la storia del Barolo, affermandosi come uno dei più importanti produttori a livello mondiale. Domenico Clerico appartiene a quella generazione che ha saputo credere nel sogno di una viticoltura innovativa fondata sulla ricerca della massima qualità, in grado di far scoprire le potenzialità inespresse di un territorio e di cambiare il modo di interpretare il più famoso vino rosso piemontese. L’unione delle forze con altri vignaioli ispirati dagli stessi principi e il coraggio di guardare all’estero cogliendo dalla Francia l’innovazione del diradamento in vigna e l’utilizzo delle barrique in cantina, daranno vita ad un Barolo basato sulla ricerca della concentrazione del corpo e del frutto. Nel tempo il legame di Clerico con Monforte si espande sempre più, con nuovi appezzamenti vitati che vengono acquisiti e che rendono sempre più forte e profondo il rapporto con questo luogo di produzione del Barolo, un legame esclusivo che porta ad esaltarne le caratteristiche tanto da far diventare il Barolo “Classico” il Barolo del Comune di Monforte D’Alba, eccellenza ed espressione qualitativa del territorio. Ma la sua cantina non è solo Barolo: con l’obiettivo di mettere in luce le potenzialità del territorio di Langa, Clerico è stato un precursore nello studio del Nebbiolo, della Barbera D’Alba e del Dolcetto, il vino da cui ha iniziato a costruire il suo sogno. Domenico, per la sua instancabile voglia di sognare e di volare con l’immaginazione del fanciullo, fin da ragazzo, era stato soprannominato dal padre “Aeroplanservaj” che in dialetto piemontese significa Aeroplano Selvatico, soprannome con cui ha chiamato uno dei suoi più celebri vini, l’unico che, a differenza di tutti gli altri vini prodotti a Monforte, proviene dal comune di Serralunga D’Alba. Il legame intenso di Domenico con la terra, il lavoro instancabile tra i filari e le peculiarità dei suoi vigneti hanno costruito negli anni un patrimonio unico. Un’eredità raccolta dalla moglie Giuliana Viberti Clerico e portata avanti da un team di appassionati collaboratori guidato oggi da Oscar Arrivabene, enologo e direttore generale, nell’assoluto rispetto dell’impronta schietta e senza compromessi del suo fondatore. Clerico è stato uno spirito libero e visionario che amava cimentarsi in avventure sempre nuove, un vero e proprio artista del vino. Ed è proprio per ricordare questo tratto della sua personalità che è nato il Premio. Su queste basi è stato istituito, in collaborazione con l’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino, il Premio Domenico Clerico con l’obiettivo di aiutare i giovani artisti ad inserirsi nel circuito dell’arte contemporanea e stimolare i nuovi talenti a raccontare il connubio tra arte e vino fatto di bellezza, radici, valori e legame con il territorio. Il vino prende il nome di Arte Edizione Limitata Langhe Rosso DOC: ogni anno 2 artisti vengono selezionati per creare 10 diverse etichette che catturano l’essenza di uno dei vini più rappresentativi dell’azienda e che meglio raccontano la sua storia “Arte”, un iconico Langhe Rosso che ha fatto la storia del territorio. Gli acquirenti di questo vino-opera d’arte potranno scegliere, tra una rosa di proposte composta dalle 10 opere degli artisti vincenti, l’etichetta preferita e personalizzare così la propria bottiglia doppia magnum (chiamata anche Jeroboam, 3 Litri) di Arte realizzata in soli 300 esemplari, effettuando la scelta solo su prenotazione attraverso il sito dell’azienda. L’opera più votata di ciascun artista, che sintetizza al meglio quel connubio tra arte e vino fatto di bellezza, radici e valori, verrà permanentemente esposta in cantina. Le vincitrici della scorsa edizione sono state Eleonora Ballario e Francisca Jitaru, autrici delle 10 diverse etichette, 5 per ognuna, che raccontano la personalità dell’Arte Langhe Rosso DOC di Domenico Clerico con un tratto originale ed espressivo. Blend che si compone della struttura e del carattere da Nebbiolo (90%), morbidezza ed eleganza dalla Barbera (10%). Le uve sono vinificate separatamente per ottenere la massima espressione di entrambe le varietà, seguono poi un affinamento in barriques di rovere francese per 12 mesi per poi essere assemblate prima dell’imbottigliamento. Arte simboleggia il desiderio di sperimentare e la curiosità di cercare strade nuove ed inesplorate, senza mai dimenticare la propria provenienza, un connubio tra arte e vino di qualità che rappresenta un motivo in più per innamorarsi dei vini di Clerico! A cura di Giuseppe Petronio 
Leggi